Non si può parlare di "parti comuni" quando un edificio è costituito da una sola unità abitativa, oltre che da eventuali pertinenze, con la conseguenza che non può esserci un autonomo limite di spesa, a esse riferito, sul quale applicare la detrazione fiscale connessa ai lavori di ristrutturazione edilizia. Inoltre, nella fattura d'acconto, a differenza di quella a saldo, non risulta necessaria l'indicazione del costo della manodopera come condizione per fruire del beneficio. Questo, in sintesi, il contenuto della risoluzione n. 167/E del 12 luglio 2007.

La risoluzione: tra richiami e novità

La risoluzione scaturisce dall'istanza di interpello con cui l'Amministrazione finanziaria è stata chiamata a rispondere su diverse questioni, alcune delle quali, in realtà, già affrontate in precedenti documenti di prassi.

Tra queste, due riguardano il tetto di spesa, pari a 48mila euro, su cui applicare la detrazione. Tale limite:

a decorrere dal 1° ottobre "si riferisce alle singole unità immobiliari sulle quali sono stati effettuati gli interventi di recupero e, pertanto, prescinde dal numero degli aventi diritto alla detrazione". La circolare n. 28/E, infatti, aveva già precisato che "il limite sul quale calcolare la detrazione Irpef è ora fissato espressamente nella sua misura massima e complessiva in relazione all'immobile e va suddiviso tra i soggetti che hanno diritto alla detrazione"

è unico anche se gli interventi di ristrutturazione interessano non solo l'unità abitativa, ma anche le pertinenze della stessa. Al riguardo viene richiamata la recente risoluzione n. 124/E del 4 giugno 2007.

Infine, il richiamo alla risoluzione n. 184/E del 2002, per rispondere alla terza e ultima delle questioni che possono definirsi "pacifiche". L'intervento aveva previsto, in presenza di diversi beneficiari, una semplificazione nell'iter procedimentale finalizzato a ottenere la detrazione: è sufficiente che gli adempimenti richiesti dalla norma siano posti in essere da uno solo degli aventi diritto, mentre ai restanti rimane l'onere di indicare nel modello di dichiarazione dei redditi il codice fiscale del primo.

Fattura d'acconto e costo della manodopera

Nella risoluzione n. 167/E, per la prima volta, è stata invece affrontata la questione riguardante l'indicazione anche nella fattura d'acconto del costo della manodopera.

L'obbligo di evidenziare nella fattura il costo della manodopera era stato inserito dall'articolo 35, comma 19, del Dl n. 223/2006, a pena di decadenza dal beneficio della detrazione.

L'Agenzia delle entrate, ritenendo che non sia necessaria l'indicazione del suddetto costo anche nella fattura d'acconto, ha però puntualizzato che in quella a saldo deve essere indicato "il costo relativo alla manodopera impiegata per l'intera esecuzione dei lavori, tenendo conto anche della manodopera impiegata da eventuali subappaltatori".

Limite di spesa autonomo per le "parti comuni"?

Il documento di prassi in commento ha affrontato nuovamente la questione relativa alle "parti comuni".

Infatti, dalle circolari n. 121 del 1998 e n. 95 del 2000 si poteva desumere che la locuzione "parti comuni", utilizzata dal legislatore nell'articolo 1117, comma 1, del Codice civile, andasse considerata "in senso oggettivo, e non soggettivo", e pertanto fosse corretto parlare di parti comuni a due o più unità immobiliari, anche se di proprietà di un solo soggetto.

La risoluzione n. 167/E, però, ha aggiunto un'importante precisazione: perché possa parlarsi di "parti comuni", le unità abitative devono essere necessariamente due o più, altrimenti l'aggettivo "comuni", riferito a muri maestri, scale, tetti, portone, eccetera, non avrebbe un senso, per quanto l'edificio sia costituito, oltre che dall'unità abitativa, anche da pertinenze.

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