Con l’ordinanza 20437 del 5 settembre, la Cassazione, accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate e confermando il proprio orientamento, ha stabilito che è pienamente legittimo l’avviso di accertamento emanato sulla base di documentazione acquisita durante una verifica fiscale nei confronti di un altro contribuente: si tratta infatti di una presunzione semplice dotata dei caratteri della gravità e della precisione, implicante l’inversione dell’onere probatorio, spettando al contribuente dimostrare l’infondatezza della pretesa fiscale.

La vicenda processuale
L’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione avverso una sentenza della Ctr Molise che, confermando la sentenza di primo grado, annullava gli avvisi di accertamento emessi per le annualità 1996 e 1997.
Il ricorso si basava su tre motivi; in particolare, per quanto di interesse in questa sede, col terzo motivo l’Agenzia denunciava la violazione dell’articolo 39 del Dpr 600/1973 e dell’articolo 54 del Dpr 633/1972, per avere la Commissione tributaria regionale escluso la rilevanza degli elementi probatori acquisiti presso terzi.

La pronuncia della Cassazione
La Corte suprema, con la breve ordinanza in commento, ha accolto il ricorso presentato dall’Agenzia cassando con rinvio, anche per la regolazione delle spese di lite, la sentenza impugnata.
Secondo i giudici, infatti, in tema di accertamento delle imposte su redditi, l’articolo 39, primo comma, lettera c), del Dpr 600/1973 (per l’Iva, si veda l’articolo 54, terzo comma, del Dpr 633/1972), espressamente prevede che “l'ufficio possa procedere a rettifica, indipendentemente dalla previa ispezione del contribuente, qualora l'esistenza di operazioni imponibili risulti da verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti, nonché da altri atti e documenti in suo possesso”; in questi casi, l’avviso di accertamento emesso sulla base di un’autonoma istruttoria, contrasterebbe con i principi di economicità ed efficienza dell'attività amministrativa, per non parlare poi delle norme specifiche che, in materia tributaria, disciplinano l’istruttoria e la motivazione degli atti impositivi e che consentono all’Amministrazione di avvalersi dell’attività di altri organi (articoli 51 e 52 del Dpr 633/1972; sul punto, si vedano, ex multis, Cassazione, sentenze 22724/2010, 24967/2005 e 28342/2005, nonché l’ordinanza 17005/2013).

Ulteriori osservazioni
La legittimità dell’istruttoria svolta sulla base di elementi acquisiti presso terzi e dei successivi atti impositivi trova un diretto fondamento normativo.
Ai fini Iva, l’articolo 54, terzo comma, del Dpr 633/1972, infatti, prevede che “l’ufficio può … procedere alla rettifica indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità del contribuente qualora l’esistenza di operazioni imponibili per ammontare superiore a quello indicato nella dichiarazione, o l’inesattezza delle indicazioni relative alle operazioni che danno diritto alla detrazione, risulti in modo certo e diretto, e non in via presuntiva, da verbali, questionari e fatture …, dagli elenchi allegati alle dichiarazioni di altri contribuenti o da verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti …”.
Di identico contenuto è la previsione dell’articolo 39, primo comma, lettera c), del Dpr 600/1973, in materia di imposte sui redditi.

La giurisprudenza di legittimità, preso atto del quadro normativo, ha assunto un consolidato orientamento favorevole alle tesi dell’Amministrazione finanziaria, stabilendo che non vi è alcuna preclusione all’utilizzo da parte della stessa di dati e notizie acquisite in sede di controllo presso un soggetto diverso dal destinatario dell’avviso di accertamento.
La Corte di cassazione, con l’ordinanza 22724/2010, ha affermato come “l’uso di elementi acquisiti nell’ambito di procedure riguardanti altri soggetti non viola disposizioni che regolano l’accertamento o il principio del contraddittorio, né il riparto dell’onere probatorio, atteso che il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e l’art. 54, comma 2 … dispongono che gli Uffici possono procedere alla rettifica sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, tratte da atti e documenti in loro possesso, anche quando si tratti di verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti (Cass. nn. 24967/05, 9100/01)”.

Ma vi è di più. L’acquisizione di tale documentazione comporta l’inversione dell’onere della prova, spettando al contribuente dimostrare che la stessa non è in grado di giustificare l’azione di accertamento.
In merito, i giudici di legittimità, con la pronuncia 24335/2010, hanno riconosciuto come “in materia di IVA, la legge prevede espressamente che l’Ufficio possa procedere a rettifica, indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità del contribuente, qualora l’esistenza di operazioni imponibili risulti da verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti … Ed è appena il caso di osservare che, secondo l’orientamento espresso da questa Corte, cui in assenza di argomenti di segno contrario anche questo Collegio intende aderire, alla riconosciuta legittimità dell’utilizzazione di documentazione reperita presso terzi consegue che l’onere della prova della fondatezza della pretesa tributaria si inverte, in forza delle prove aliunde acquisite, e ricade sul contribuente”.

Con specifico riferimento al valore probatorio della documentazione reperita e alla sua utilizzabilità, si segnala anche la sentenza 8255/2008 della Cassazione che, nel cassare la sentenza di merito, ha confermato la rilevanza anche della “contabilità in nero” rinvenuta presso terzi.
A quest’ultimo proposito, si veda anche la sentenza 23585/2009 della stessa Corte, secondo cui “l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità in tema di accertamento induttivo … esclude la sussistenza di alcuna violazione dei diritti del contribuente o del contraddittorio con l’Erario laddove l’accertamento sia fondato sugli elementi desunti da documenti extra-contabili rinvenuti presso terzi (legati da rapporto di clientela) la cui valenza probatoria è assunta a rango di indizio grave, preciso e concordante sufficiente per fondare presunzione di conseguimento dei ricavi non dichiarati”.


Fonte: Agenzia Entrate

0 commenti:

 
Top