Non sussistono profili di violazione degli articoli 3 e 24 della Costituzione nella disposizione del processo tributario che, a pena di inammissibilità dell'impugnazione, prevede l'obbligo di depositare, presso la Commissione tributaria provinciale che ha emesso la sentenza impugnata, copia dell'appello notificato a mezzo del servizio postale.
Questo l'esito della sentenza n. 17 del 20 gennaio, con la quale la Consulta ha dichiarato la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale del comma 2 dell'articolo 53 del Dlgs 546/1992 sollevata, in riferimento ai citati articoli della Carta della Repubblica, dalla Commissione tributaria regionale dell'Emilia Romagna con ordinanza n. 190/2010.

Il giudizio tributario e l'ordinanza di rimessione
Con sentenza n. 138/6/07 del 25 giugno 2007, la Ctp di Bologna respingeva i ricorsi proposti da una Snc contro due avvisi di accertamento, con i quali il locale ufficio dell'Agenzia delle Entrate aveva rideterminato i ricavi per due periodi d'imposta.

L'interessata ricorreva in appello con atto al quale resisteva l'ufficio tributario che, in via pregiudiziale, chiedeva l'inammissibilità del ricorso per violazione del comma 2 dell'articolo 53 del Dlgs 546/1992, stante il mancato deposito, da parte dell'appellante, della copia dell'atto di impugnazione presso la Ctp che aveva emesso la pronuncia impugnata.
Nell'udienza in Commissione tributaria regionale, la parte privata insisteva nella richiesta di accoglimento del proprio appello e, in via subordinata, qualora fosse stato ritenuto applicabile il disposto del comma 2 del citato articolo 53, con conseguente inammissibilità del ricorso, eccepiva l'illegittimità costituzionale di detta norma in riferimento agli articoli 2, 3 e 24 della Costituzione.

Tanto premesso - e rilevato che comunque il contribuente aveva proceduto al deposito dell'appello presso la Ctp alcuni giorni prima dell'udienza di secondo grado e che "la norma non fissava il termine per la consegna della copia dell'appello" - il collegio regionale, con ordinanza 190/2010, sollevava questione di legittimità costituzionale dell'articolo 53 in parola nella parte in cui stabilisce che "ove il ricorso non sia notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, l'appellante deve, a pena di inammissibilità, depositare copia dell'appello presso l'ufficio di segreteria della commissione tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata".
Secondo il giudice d'appello, in particolare, così strutturata, la norma avrebbe determinato una violazione del diritto di difesa (articolo 24 della Costituzione), dovendo ritenersi incostituzionale la descritta sanzione di inammissibilità nelle ipotesi - come quella di specie - in cui l'appellante abbia comunque instaurato "regolarmente il contraddittorio attraverso non solo la vocatio in ius ma depositando lo stesso presso il giudice di appello".
Ad avviso della Ctr, in questo modo, l'esercizio dell'azione sarebbe perfezionato e la conoscenza dell'impugnazione da parte del giudice di primo grado verrebbe comunque assicurata, poiché la segreteria della Ctr, in base all'ultimo comma dello stesso articolo 53, è tenuta a richiedere al primo giudice la trasmissione del fascicolo del processo.

Per quanto riguarda la violazione dell'articolo 3 della Carta costituzionale, l'ordinanza di rimessione rilevava che la disposizione censurata introdurrebbe una disparità di trattamento tra chi, per la notifica dell'appello alla controparte, si avvale dell'ufficiale giudiziario e chi, invece, vi provvede a mezzo del servizio postale, mediante spedizione dell'atto in plico raccomandato con avviso di ricevimento.

La decisione della Corte costituzionale
Con la sentenza 17/2011, la Consulta ha dichiarato l'infondatezza della questione sollevata, con riferimento a entrambe le norme censurate.

Nell'occasione, il giudice delle leggi ricorda di essersi già espresso sulla portata dell'articolo 53, comma 2, del Dlgs 546/1992 con la sentenza 321/2009 e l'ordinanza 43/2010, dove venne precisato che scopo della norma in questione è quello di informare tempestivamente la segreteria del giudice di primo grado in ordine all'intervenuto appello, ciò al fine di impedire una erronea attestazione circa il passaggio in giudicato della sentenza emessa da detto giudice.
Tale finalità, spiega la sentenza in esame, "diversamente da quanto ritenuto dalla Commissione rimettente, non è realizzata dall'obbligo, posto a carico della segreteria del giudice di appello dall'art. 53, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, di richiedere alla segreteria presso il giudice di primo grado la trasmissione del fascicolo processuale con la copia autentica della sentenza impugnata "subito dopo il deposito del ricorso in appello"".
Invero, detta richiesta interviene soltanto dopo la costituzione in giudizio dell'appellante "e, pertanto, non consente alla segreteria della Commissione tributaria provinciale di avere tempestiva notizia della proposizione del gravame".

Date tali premesse, la Consulta esprime l'avviso che la scelta di sanzionare, con l'inammissibilità del ricorso, il mancato deposito presso la Ctp, che ha emesso la sentenza impugnata, dell'appello notificato a mezzo del servizio postale, non costituisce un'opzione costituzionalmente censurabile, non risultando superato il limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà delle scelte compiute in tema di disciplina del processo e di conformazione degli istituti processuali.

Più precisamente, puntualizza la Corte, ricollegandosi alla richiamata sentenza 321/2009, non è irragionevole che il legislatore abbia posto a carico dell'appellante l'onere di depositare copia dell'atto di impugnazione a pena di inammissibilità, così da perseguire "il duplice obiettivo, da un lato, di non gravare la segreteria del giudice di appello di compiti informativi necessariamente intempestivi (perché successivi alla costituzione in giudizio dell'appellante) ed organizzativamente onerosi e, dall'altro, di assicurare la tempestività e la completezza della comunicazione dell'interposta impugnazione, imponendo allo stesso appellante, che abbia proposto appello senza avvalersi dell'ufficiale giudiziario, di effettuare tale comunicazione".
In definitiva, nessuna violazione dell'articolo 24 della Costituzione discende dalla norma in questione, perché il richiesto deposito è un adempimento "che la parte può eseguire senza andare incontro a particolari difficoltà e, dunque, certamente non tale da rendere estremamente difficile l'esercizio del diritto di difesa (ordinanza n. 43 del 2010)".

Passando poi alle censure sollevate dall'ordinanza di rimessione rispetto all'articolo 3 della Costituzione, la sentenza 17/2011 rileva che non può ravvisarsi la paventata disparità di trattamento tra chi, per la notifica dell'appello, si avvale dell'ufficiale giudiziario e chi, invece, utilizza lo strumento della raccomandata postale.
Al riguardo, i giudici della Consulta puntualizzano che, nel primo caso, la notificazione è eseguita con il tramite di un soggetto pubblico obbligato a dare immediato avviso scritto dell'avvenuta notifica al cancelliere del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e, pertanto, "la natura pubblica dell'ufficio cui è affidato il compimento dell'atto e lo specifico dovere che gli è imposto dalla legge giustificano la mancata previsione di un effetto di decadenza (inammissibilità) correlato all'inosservanza del detto dovere".
Di contro, laddove la notifica dell'atto d'impugnazione venga compiuta in via diretta dall'interessato, a mezzo del servizio postale, "l'unico deterrente per indurre l'appellante a fornire tempestivamente alla segreteria del giudice di primo grado la documentata notizia della proposizione dell'appello stesso è rappresentato dalla sanzione della inammissibilità prevista dalla norma denunciata".

Considerazioni
In base al comma 2 dell'articolo 53 del Dlgs 546/1992, la ritualità dell'atto di appello in materia tributaria, nel caso in cui l'impugnazione sia stata proposta senza avvalersi dell'ufficiale giudiziario, è condizionata dall'onere che incombe sull'appellante di "depositare copia dell'appello presso l'ufficio di segreteria della commissione tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata".
Ciò vale tanto per l'ipotesi in cui l'atto di gravame sia stato notificato mediante consegna presso l'ufficio controparte del giudizio, tanto per il caso in cui, per la notificazione, l'appellante si sia avvalso del servizio postale, mediante spedizione dell'atto in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento.

La disposizione - aggiunta nel testo dell'originario comma 2 dell'articolo 53 a opera dell'articolo 3-bis, comma 7, del Dl 203/2005 - già in passato è stata oggetto di censura dinanzi alla Corte costituzionale, che peraltro non ha ravvisato gli estremi per una declaratoria di incostituzionalità del precetto normativo.
Così, dapprima la sentenza 321/2009 (vedi "Notifica ricorso in appello, la norma non si tocca" su FiscoOggi del 21 dicembre 2009), poi l'ordinanza 43/2010 hanno ritenuto che la norma non lede le garanzie fissate dagli articoli 3 e 24 della Costituzione.
In particolare, la sentenza 321 ha anche individuato nei trenta giorni dalla proposizione dell'appello il termine ultimo (non specificato dall'articolo 53) per il deposito di copia del ricorso presso la segreteria del giudice che ha emesso la sentenza impugnata.

I principi espressi dalla Consulta sono condivisi anche dalla giurisprudenza della Cassazione, che, con la sentenza 8209/2010 (vedi "L'appello è a cura del postino? In trenta giorni il deposito in Ctp" su FiscoOggi del 30 aprile 2010), ha confermato che, in caso di notificazione dell'appello tributario effettuato senza intermediazione dell'ufficiale giudiziario, l'appellante - a pena di inammissibilità del gravame - è tenuto anche a depositare, entro trenta giorni dalla proposizione del ricorso di secondo grado, presso la segreteria del primo giudice, copia del ricorso.

La sentenza 17/2011 della Corte costituzionale, intervenendo in un quadro interpretativo ormai consolidato, ribadisce ancora una volta l'indefettibilità e l'importanza dell'adempimento in questione, puntualizzando a ulteriore difesa della correttezza della scelta legislativa che "Del resto, la decisione di non avvalersi della notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario è rimessa alla scelta, non subordinata ad alcuna condizione, dell'appellante" e che, qualora quest'ultimo decida di non avvalersi dell'ufficiale giudiziario per notificare il ricorso in appello ma di procedervi a mezzo del servizio di spedizione postale, "deve essere consapevole di assumere l'onere di depositare la copia notificata dell'atto di impugnazione presso la segreteria della Commissione tributaria provinciale, al fine di adempiere a quei compiti informativi che, nell'altro caso, sono assolti dall'ufficiale giudiziario, ai sensi dell'art. 123 disp. att. cod. proc. civ.".


Fonte: Agenzia Entrate

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