Nel risarcimento del danno per ingiusta detenzione conseguente ad errore giudiziario, non può configurarsi il riconoscimento di un autonomo danno biologico per invalidità totale temporanea connessa in modo esclusivo alla perdita della libertà personale, nè per l’impotentia coeundi e generandi se inevitabilmente conseguente allo stato di reclusione.

La Corte di Cassazione si pronuncia sul risarcimento del danno per l’ingiusta condanna alla reclusione conseguente ad errore giudiziario. Il Collegio osserva che il fondamento del risarcimento de quo si rinviene nell’art. 643 c.p.p., per il quale la riparazione deve essere commisurata alla durata della espiazione della pena e alle conseguenze personali e familiari derivanti dalla condanna, a meno che il condannato non abbia dato causa all’errore giudiziario con dolo o colpa grave, mentre nessuna rilevanza è attribuita al concorso causale della vittima dell’errore, come avvenuto nel caso di specie. Nel giudicare del solo danno non patrimoniale (non essendo stata riconosciuta l’esistenza di un danno patrimoniale) la Cassazione esclude con fermezza che possa ritenersi sussistente uno stato di invalidità temporanea totale nel periodo di reclusione e a causa dello stesso, che sia distinguibile dalla condizione ineludibile conseguente alla perdita della libertà personale. Infatti, la configurazione di un danno biologico per invalidità connessa unicamente al periodo di reclusione – a meno che non sia provata una invalidità effettiva temporanea – costituirebbe ingiustificata duplicazione del danno riconosciuto in conseguenza dello stato di privazione della libertà personale. Lo stesso deve concludersi per la lamentata “impotentia coeundi e generandi” dovuta alla condizione di detenzione, la quale, inevitabilmente, impediva al condannato di procreare e di esprimere la propria sessualità in quel periodo. Potrebbe invece ritenersi aperta la possibilità di riconoscere il danno riguardo la impossibilità di divenire padre, per avere la moglie del condannato raggiunto nel tempo della ingiusta reclusione l’età del climaterio; nella sentenza tale riconoscimento è escluso per una diversa ragione e cioè perché non sufficientemente provata la preesistenza della relazione tra i due soggetti al perido di detenzione.

(Cassazione penale Sentenza, Sez. III, 12/11/2010, n. 40094)


Fonte: IPSOA

0 commenti:

 
Top