La S.C. interpreta la contrattazione collettiva di comparto del 2001 ritenendo che elimini ogni differenza tra gli insegnanti precari e quelli di ruolo nel godimento del congedo di maternità. La disciplina contrattuale collettiva nazionale per gli insegnanti nel 1995 differenziava la posizione degli insegnanti precari e quelli di ruolo nel godimento del congedo di maternità, riconoscendo quest'ultimo solo ai secondi.

La distinzione è venuta meno definitivamente per espressa previsione collettiva successiva nel 2003, mentre la contrattazione collettiva del 2001 taceva sul punto, pur estendendo in generale ai lavoratori a termine le regole dei lavoratori di ruolo. Da ciò il problema affrontato dalla S.C. nella sentenza in esame, che esamina una questione di diritto intertemporale, proprio con riferimento alla contrattazione del 2001, e riconosce i congedi in questione anche ai lavoratori a termine.

In materia, va ricordato che la posizione degli insegnanti a termine con riferimento alla maternità è stata esaminata in termini generali dalla Corte costituzionale, con l'ordinanza n. 337 del 01/10/2003, che ha affermato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, ultimo comma, del decreto-legge 26 novembre 1981, n. 677, convertito, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 26 gennaio 1982, n. 11 sollevata in riferimento agli artt. 3, 36, primo comma, ultima parte e 97, primo comma, della Costituzione, ciò in quanto nell'ordinanza di rimessione non vi era alcun cenno dell'avvenuto mutamento del quadro normativo, avvenuto con l'introduzione, quale norma di interpretazione autentica e, quindi, con carattere retroattivo, dell'art. 8 del decreto-legge 29 marzo 1991, n. 103, convertito con modifiche dall'art. 1, comma 1, della legge 1 giugno 1991, n. 166 (a sua volta, abrogato dall'art. 86, comma 2, lettera h) del decreto legislativo 26 marzo 2001, n, 151, il cui art. 57 ne riproduce sostanzialmente il contenuto). Il nuovo contratto 2003, all’art. 19 c. 14, ha poi esteso il trattamento di maggior favore (100% dello stipendio – art. 12) previsto per il personale a tempo indeterminato, anche al personale supplente, cui compete il 100% della retribuzione anche nel caso non possa assumere servizio perché già in astensione obbligatoria al momento della sottoscrizione del contratto.

Nella giurisprudenza di legittimità, Cass. Sez. L, Sentenza n. 1745 del 06/03/1996 ha affermato che, riguardo alle dipendenti delle amministrazioni dello Stato, degli enti pubblici territoriali e degli altri enti pubblici assunte a termine, anche il trattamento economico di maternità loro dovuto nel caso in cui il periodo di astensione obbligatoria inizi successivamente alla cessazione del rapporto, e non oltre il decorso di sessanta giorni da tale cessazione, è posto a carico del soggetto pubblico già datore di lavoro, ai sensi della disposizione interpretativa di cui all'art. 8 del D.L. 29 marzo 1991 n. 103, convertito nella legge 1 giugno 1991 n. 166, che fa riferimento al combinato disposto degli artt. 15, primo comma, e 17 della legge n. 1204 del 1971, senza distinguere tra le ipotesi, previste dall'art. 17, in cui la risoluzione del rapporto interviene dopo l'inizio del periodo di interdizione dal lavoro ovvero antecedentemente ad esso. (Nella specie la S.C. ha annullato la sentenza impugnata, che, nell'ipotesi in questione, aveva ritenuto obbligato l'INPS).

(Sentenza Cassazione civile 22/07/2010, n. 17234)


Fonte: IPSOA

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