Notevole l'impegno che il decreto legge 112/2008 ha richiesto all'agenzia delle Entrate in sinergia con la Guardia di finanza, scommettendo sull'accertamento sintetico effettuabile, esclusivamente, nei confronti delle persone fisiche, ai sensi dell'articolo 38 del Dpr 600/73.

L'obiettivo è utilizzare tale metodologia per comprendere se il tenore di vita del contribuente è congruo rispetto ai redditi dichiarati.

L'articolo 38 del Dpr 600/1973, pur essendo rimasto sostanzialmente invariato dal 1974, garantisce un'applicazione pratica sempre al passo con i tempi.

Infatti, sono in corso "acquisizioni informative realizzate dagli Uffici mediante specifiche "campagne" esterne, coordinate a livello centrale, volte al rilevamento di cessioni di beni e di prestazioni di servizi considerabili "di lusso" effettuate da soggetti operanti nelle rispettive circoscrizioni (porti turistici, circoli esclusivi, scuole private, wellness center, tour operator, e così via)" (circolare n. 13/2009).

L'utilizzo di tali indici, rivelatori di agiatezza, anche diversi da quelli elencati nel decreto ministeriale del 1992, è legittimo proprio ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del medesimo Dm, che prevede la facoltà per gli uffici di utilizzare, per la determinazione sintetica del reddito complessivo, anche elementi e circostanze di fatto indicativi di capacità contributiva diversi da quelli espressamente previsti dallo stesso decreto. In altre parole, l'elenco dei beni rivelatori della reale capacità contributiva non è tassativo, attesa la possibilità per l'ufficio di individuarne diversi rispetto a quelli previsti dalla tabella del Dm. In tal caso, agli uffici è affidata la valutazione dei predetti elementi al fine di determinare il reddito presunto.

Pacifica è la considerazione di poter effettuare l'accertamento anche basandosi su un unico bene indice: la disponibilità, ad esempio, di una vettura di lusso o di una villa segnalano un tenore di vita che può essere in contrasto con i redditi dichiarati. E' quindi sufficiente un solo fatto noto, dimostrativo di agiatezza, a far presumere il fatto ignoto ossia la reale capacità contributiva (tra le altre, Cassazione 12671/2005).

E' indubbio che il contribuente non possa discutere sulla quantificazione del reddito collegato al bene indice di cui ha la disponibilità (Cassazione 14665/06).

Al riguardo, i giudici di piazza Cavour hanno affermato che la disponibilità dei beni indici rappresenta "una presunzione di "capacità contributiva" da qualificare "legale" ai sensi dell'art. 2728 c.c., perché è la stessa legge che impone al fatto (certo) di tale disponibilità la esistenza di una capacità contributiva….il giudice tributario non ha il potere di togliere a tali elementi la capacità presuntiva contributiva" (Cassazione 12187/2009). Il giudice di merito può solo valutare la idoneità della prova offerta dal contribuente a superare la presunzione legale posta dalla norma a favore dell'organo accertatore.

Quanto al dibattito sulla consecutività dei due periodi di imposta in cui è presente lo scostamento del 25% tra reddito calcolato e reddito dichiarato, i supremi Giudici hanno recentemente interpretato in modo rigorosamente letterale l'articolo 38, ritenendo che dalla norma non può dedursi che i due periodi di imposta debbano necessariamente essere consecutivi né "anteriori a quello per il quale si effettua l'accertamento, essendo sufficiente, secondo la disposizione in esame, che il reddito dichiarato non risulti congruo rispetto ai predetti elementi per due o più periodi di imposta" (Cassazione 237/2009).

In effetti, la disposizione normativa condiziona l'accertamento sintetico alla sola esistenza di uno scostamento nella misura del 25% per due annualità, senza nulla prescrivere circa la consecutività delle predette annualità.

Piuttosto è da tener presente che l'obiettivo del legislatore è quello di determinare la reale capacità contributiva del soggetto ed è per questo che la circolare 13/2009 sottolinea che "l'estensione ad una pluralità di anni d'imposta contigui consentirà di predisporre più articolate argomentazioni di prova in ordine agli effetti economico patrimoniali degli investimenti e dei disinvestimenti in rapporto alle spese "d'esercizio" e, soprattutto, ai fini della dimostrazione di un eventuale poco plausibile sottodimensionamento sistematico dei redditi complessivi dichiarati nel corso degli anni".

E' evidente che la notifica di accertamenti per anni d'imposta contigui rende la pretesa tributaria maggiormente ragionevole ovvero dotata di maggiore forza probatoria. In effetti, analisi estese su un arco temporale più ampio consentono di escludere da accertamento posizioni per le quali i redditi dichiarati, apparentemente non congrui in relazione alle spese sostenute, sono in realtà, influenzati da situazioni contingenti, piuttosto che da perduranti e sistematici comportamenti evasivi.

Tra le possibilità di difesa del contribuente vi è quella di dimostrare che non si ha la disponibilità del bene indice o che le relative spese di mantenimento sono sostenute da altri soggetti del nucleo familiare (Cassazione 8738/2002).

Naturalmente, per evitare la notifica dell'accertamento, la dimostrazione deve essere rigorosa e consistere in documentazione adeguata. Spetta, infatti, al contribuente provare di non aver prodotto il reddito che il fisco presume sia stato sottratto a tassazione. A tal fine sarà utile che il contribuente conservi la documentazione comprovante i propri disinvestimenti e quelli del nucleo familiare: ad esempio, se ha acquistato un immobile nel 2008 non basta produrre agli uffici la documentazione relativa al disinvestimento di un titolo avvenuto nel 2008, ma è necessario dimostrare che anche negli anni precedenti si era in possesso di tali somme.

Non sfugge ad accertamento sintetico neanche l'imprenditore agricolo che manifesti una capacità contributiva ulteriore rispetto a quella desumibile dai redditi agrari dichiarati (cfr Corte costituzionale 377/1995, Cassazione 27474/2008 e 10385/2009).

Del resto, come correttamente osservato dai Giudici supremi, "se così non fosse, basterebbe al contribuente che dispone di più fonti di reddito dichiarare il solo reddito fondiario per vedersi esentato da ulteriori accertamenti in ordine alle altre voci di reddito" (Cassazione 9505/2009).

In tali occasioni, al fine di verificare l'esistenza dello scostamento legittimante l'accertamento, si potrà efficacemente far riferimento ai dati Iva (volume d'affari e acquisti), maggiormente espressivi della reale capacità di spesa.

Non vi sono dubbi sull'applicazione anche retroattiva dei decreti di aggiornamento degli indici del redditometro. Tali disposizioni, infatti, emanate ai sensi dell'articolo 38 del Dpr 600/73, assumono la natura di norme procedimentali (cfr Cassazione 19252/2005 e 328/2006), che attuano la norma primaria e, in quanto tali, possono essere applicate a tutte le annualità ancora accertabili.

In tal senso, depone il fatto che la norma stessa regolamenta il potere di accertamento dell'amministrazione finanziaria incidendo sulla disposizione di cui all'articolo 38 del Dpr 600/1973, contenuta proprio nel decreto che disciplina i poteri e le modalità di accertamento.

L'utilizzo di tale strumento non risulta condizionato, quindi, da alcun limite temporale, trovando applicazione anche per gli anni pregressi alla emanazione dei decreti di aggiornamento (Cassazione 19403/2005).

In altri termini, si ritiene che l'utilizzo dei beni indici di capacità contributiva non si risolve nella determinazione di una nuova e diversa modalità di quantificazione del reddito, quanto piuttosto in uno strumento assegnato all'ufficio al fine di individuare il reddito realmente percepito addossando ai contribuenti l'onere della "prova contraria". Del resto, la Corte costituzionale (sentenza 297/2004) ha chiarito che "nessun vulnus costituzionale può ravvisarsi nella scelta di un regolamento del Ministro delle finanze" essendo stata rispettata la riserva di legge relativa "in quanto l'art. 38 stabilisce che il regolamento deve prendere in considerazione elementi e circostanze di fatto certi" fissando "delle linee direttive a cui si deve attenere l'accertamento compiuto tramite regolamento perchè lo stesso sia valido (deve scostarsi di almeno un quarto da quanto dichiarato per almeno due periodi imposta), con salvezza della prova contraria del contribuente".

D'altronde "l'aspettativa di una maggiore probabilità di sottrarsi alla scoperta di irregolarità o infrazioni non integra un diritto tutelabile, e, quindi, può essere vanificata dalla legge sopraggiunta che renda più ampi ed efficaci gli interventi degli organi preposti a detta scoperta" (Cassazione 1728/1999).

Coerentemente con la ratio ispiratrice dell'accertamento sintetico e con il procedimento di determinazione dello stesso, che partendo dalla spesa risale al reddito, quello accertato sinteticamente costituisce reddito disponibile (rectius: reddito complessivo netto) dal quale non sono deducibili, per espressa previsione normativa (articolo 38, comma 7, del Dpr 600/1973), gli oneri deducibili di cui all'articolo 10 del Tuir. Conseguentemente, al fine di accertare l'esistenza dello scostamento del 25%, il reddito sintetico va confrontato con il reddito imponibile dichiarato dal contribuente, onde procedere a un esame di grandezze omogenee.

Fonte: Agenzia Entrate

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