La questione, relativa all’assoggettabilità ad ICI dei fabbricati rurali, trae origine da un contrasto giurisprudenziale, sorto in seno alla Suprema Corte, a fronte di soluzioni differenziate, ma accomunate dall’inesistenza di una specifica norma in materia di ICI che esentasse direttamente i fabbricati rurali ed individuasse con chiarezza e precisione le caratteristiche di ruralità degli stessi.
Sull’argomento, poi, di recente, per colmare detta lacuna e porre fine al copioso contenzioso, il legislatore, con l’art. 23, comma 1-bis, D.L. n. 207 del 2008, convertito con modificazioni dalla L. n. 14 del 2009, è intervenuto sull’art. 2 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, che definisce l’ambito oggettivo di applicazione dell’ICI (fabbricati, aree edificabili e terreni agricoli), disponendo che i fabbricati rurali, anche se iscritti o iscrivibili in catasto, non si considerano «fabbricati».
Pertanto, tutti i fabbricati in possesso dei requisiti di ruralità (ivi compresi quelli di proprietà delle cooperative agricole di valorizzazione, trasformazione, manipolazione e commercializzazione dei prodotti conferiti dai soci) di cui all’art. 9 del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, si considerano oggettivamente fuori dal campo di applicazione dell’imposta comunale.
Tale intervento legislativo, che prescrive l’esenzione dall’ICI per tutti i fabbricati rurali, è stato qualificato sia dalle Sezioni Unite della Suprema Corte, con la sentenza in commento, che dalla Corte Costituzionale, con sentenza n. 227 del 14 luglio 2009, come una disposizione di interpretazione autentica e, quindi, applicabile retroattivamente (Cass. SS. UU. n. 9941 del 2009), dato il richiamo contenuto nella norma all’art. 1, comma 2, L. n. 212 del 2000.
Nello specifico, le SS. UU. hanno statuito che, ai fini dell’accertamento della ruralità, rileva l’accatastamento, in quanto la ruralità dei beni immobili strumentali all’attività agricola deriva dall’essere essi oggettivamente adibiti all’attività rurale, indipendentemente dall’identità tra titolare del fabbricato e titolare del fondo, potendo la ruralità essere riconosciuta anche agli immobili delle cooperative che svolgono attività di manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli conferiti dai soci.
In questo modo, dunque, è stato superato il più recente orientamento giurisprudenziale della stessa Corte, che, invece, aveva affermato l’assoggettamento ad ICI della generalità dei fabbricati rurali a fronte della mancanza di un’esplicita esenzione normativa e del fatto che la "ruralità" producesse effetti solo ai fini dell’accatastamento e dell’eventuale attribuzione della rendita, presupposti questi contestabili ma necessari e sufficienti ai fini dell’assoggettamento dell’imponibile all’imposta stessa.
Conseguentemente, quindi, alla luce della nuova disposizione d’interpretazione autentica ad efficacia retroattiva, tale orientamento, secondo le SS. UU., può dirsi superato in favore dell’esenzione ICI per tutti i fabbricati accatastati come rurali.
Per cui, se il contribuente ha ricevuto un accatastamento non coerente con la qualifica di ruralità, per ottenere l’esenzione dall’imposta comunale dovrà contestare gli atti del Territorio. Viceversa, sarà il Comune a dover impugnare l’attribuzione della categoria catastale, laddove, invece, lo stesso ritenga di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta.
Mentre, per i fabbricati non iscritti in catasto, l’assoggettamento all’imposta sarà condizionato all’accertamento dei requisiti di ruralità positivamente concluso dal giudice tributario investito della domanda di rimborso proposta dal contribuente.
Se, poi, il provvedimento di attribuzione è divenuto vincolante ed il contribuente, per qualsiasi ragione, non ha mai versato alcuna somma a titolo di ICI, non si pongono problemi di sorta, in quanto la valenza retroattiva della nuova disposizione toglie all’Amministrazione finanziaria qualsiasi titolo per avanzare pretese impositive. Invece, se il contribuente ha provveduto ad effettuare versamenti e si è nei termini (48 mesi dal versamento), basterà la presentazione di una formale richiesta di rimborso, per porre fine alla questione. Il rimborso, oltretutto, a fronte della rilevata illegittimità costituzionale dell’art. 2, c. 4, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Legge finanziaria 2008), per irragionevolezza ed incompatibilità con il principio di uguaglianza, nella parte in cui vietava il rimborso ICI ai periodi d’imposta precedenti al 2008 (Corte Cost., sent. n. 227 cit.), è riconosciuto anche per i periodi d’imposta precedenti a tale data, in quanto la retroattività propria di un’interpretazione autentica non tollera eccezioni al significato attribuito alla legge interpretata.
In questo modo, quindi, l’esenzione ICI sui fabbricati rurali, oltre ad essere normativamente prevista, risulta, altresì, garantita laddove ricorrano i requisiti di ruralità.

(Cassazione civile Sentenza, Sez. SS.UU., 21/08/2009, n. 18565)

Fonte: IPSOA

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