I contribuenti che si collocheranno "naturalmente" all'interno dell'intervallo di confidenza, potranno considerarsi generalmente in linea con le risultanze degli studi di settore. L'attività di accertamento si rivolgerà, principalmente, nei confronti di quei contribuenti "non congrui" che hanno dichiarato un ammontare di ricavi o compensi inferiori al ricavo o compenso minimo di riferimento derivante dall'applicazione delle risultanze degli studi di settore. L'indicazione è contenuta nella circolare n. 5/E del 23 gennaio, con la quale l'agenzia delle Entrate ha fornito sia chiarimenti sull'impianto normativo sia indicazioni sulle modalità da seguire nell'attività di accertamento basata sulle risultanze degli studi di settore.

Il tutto alla luce delle novità introdotte dalla Finanziaria 2008 e, ancor prima, dal Dl 81/2007, il cui articolo 15, comma 3-bis, ha attribuito natura sperimentale agli indicatori di normalità economica e riconosciuto natura di presunzioni semplici ai maggiori ricavi, compensi o corrispettivi da essi desumibili.

Con la stessa disposizione è stata introdotta un'altra importante novità: i contribuenti che dichiarano un ammontare di ricavi o compensi inferiori a quelli desumibili dagli indicatori di normalità economica non saranno soggetti ad accertamenti automatici e, in caso di accertamento, spetterà all'Amministrazione finanziaria fornire elementi di prova per motivare gli scostamenti accertati.

Anche l'ultima Finanziaria, al comma 252 dell'articolo 1, ha sottolineato il principio per cui è onere dell'agenzia delle Entrate motivare e fornire elementi di prova per avvalorare l'attribuzione dei maggiori ricavi o compensi derivanti dall'applicazione degli indicatori di normalità, con la conseguenza che i contribuenti che dichiareranno ricavi o compensi inferiori a quelli previsti dagli indicatori in questione non saranno soggetti ad accertamenti automatici.

In conclusione, agli indicatori di normalità economica non viene riconosciuta una piena capacità di rappresentare adeguatamente l'effettiva situazione produttiva del contribuente. La stima degli studi settore potrà essere utilizzata, in sede di accertamento, con modalità da considerare "sperimentali", e i maggiori ricavi o compensi da essi desumibili costituiranno una "presunzione semplice".

La valutazione delle risultanze derivanti dall'applicazione degli studi di settore e la centralità del contraddittorio

Nella circolare sono stati peraltro ribaditi alcuni punti sui quali la prassi dell'agenzia delle Entrate si era già soffermata: la fondatezza della stima dipende sostanzialmente dalla capacità del campione di soggetti utilizzati di rappresentare in modo adeguato le situazioni di "normalità economica" di una determinata realtà produttiva, nonchè dalla effettiva coincidenza della situazione del singolo contribuente, oltre che con quella propria della realtà produttiva cui appartiene, con la situazione di "normalità economica" presa a base per la selezione del campione rappresentativo.

Da questo assunto deriva che l'Amministrazione sarà tenuta a osservare attentamente, volta per volta, le caratteristiche del singolo contribuente, per stabilire se la sua situazione produttiva coincida effettivamente con quella del gruppo o dei gruppi omogenei in cui viene classificata e non presenti caratteristiche tali da poterla considerare "non normale" dal punto di vista economico.

Non saranno quindi, più ammessi in futuro atti di accertamento basati sugli studi di settore caratterizzati dal semplice rinvio, "automatico", alle risultanze degli studi stessi.

Il posizionamento dei contribuenti soggetti agli studi settore che si collocano all'interno dell'intervallo di confidenza

In più occasioni è stato posto all'Amministrazione finanziaria il problema di come si debba considerare la posizione del contribuente "non congruo", che dichiara ricavi o compensi compresi all'interno dell'intervallo di confidenza segnalato dal software Gerico.

Nelle precedenti circolari 110/1999 e 148/1999, era stato affermato che i valori di adeguamento alle risultanze degli studi di settore dovevano effettuarsi tenendo conto del valore del ricavo di riferimento puntuale.

Negli stessi documenti di prassi si sosteneva che l'adeguamento del ricavo all'interno dell'intervallo di confidenza fosse comunque da ritenersi un ricavo o compenso possibile, ferma restando la facoltà dell'ufficio di chiedere al contribuente di giustificare per quali motivi avesse ritenuto di adeguarsi a un livello di ricavi o compenso inferiore a quello di riferimento puntuale.

D'altra parte, la stessa Amministrazione, nella circolare 110/1999, conveniva sul fatto che l'intervallo di confidenza fosse ottenuto come media degli intervalli di confidenza al livello del 99,99% per ogni gruppo omogeneo, ponderata con le relative probabilità di appartenenza, pertanto ammettendo implicitamente la legittimità, per il contribuente, di collocarsi all'interno dello stesso.

D'ora in poi, invece, secondo quanto si legge nella circolare 5/2008, i contribuenti che si collocheranno "naturalmente" all'interno dell'intervallo di confidenza potranno considerarsi generalmente in linea con le risultanze degli studi di settore. Con i nuovi indirizzi operativi agli uffici periferici si è voluto, infatti, affermare che i valori rientranti all'interno del predetto "intervallo" hanno un'elevata probabilità statistica di costituire il ricavo/compenso fondatamente attribuibile a un soggetto che esercita un'attività avente le caratteristiche previste dallo studio di settore.

Da qui l'indicazione, anticipata all'inizio, per cui l'attività di accertamento sulla base degli studi di settore dovrà essere rivolta principalmente nei confronti di quei contribuenti "non congrui" che hanno dichiarato un ammontare di ricavi o compensi inferiori al ricavo o compenso minimo di riferimento derivante dall'applicazione delle risultanze degli studi di settore.

Fonte: Agenzia Entrate - Lanfranco De Santis

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