Il reddito imponibile cui far riferimento per beneficiare del patrocinio gratuito è quello al netto degli oneri deducibili. Questa, in sintesi, la risposta dell'Agenzia al quesito posto da un ufficio dell'Amministrazione finanziaria, chiamato a verificare lo status di "non abbienza". A fronte della soluzione prospettata dall'ufficio locale, che riteneva corretto prendere in considerazione il reddito complessivo, al lordo degli oneri deducibili, il parere dell'amministrazione centrale fornito con la risoluzione n.15/E del 21 gennaio, si discosta da questa impostazione e opta per un'interpretazione letterale dell'articolo 76 del Dpr n. 115/2002: non solo il reddito imponibile Irpef risultante dall'ultima dichiarazione concorre a definire lo status di "non abbienza", ma anche le altre tipologie di reddito elencate nel suddetto articolo.

L'Agenzia precisa come la norma in esame non tratti di materia fiscale, per cui ritiene necessario ripercorrere la definizione che dà il Tuir di base imponibile ai fini fiscali: "l'imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell'articolo 10".

Per godere del beneficio, l'imponibile Irpef, integrato con altri redditi, non deve superare i 9723,84 euro. Il tetto si eleva di 1032,91 euro per ognuno dei familiari conviventi con l'interessato. Sempre in materia di convivenza con coniuge o altri familiari, il reddito di riferimento per valutare la fruibilità del patrocinio gratuito è dato dalla somma dei singoli redditi percepiti nello stesso periodo dai conviventi, compreso l'interessato.

Vanno annoverati, inoltre, anche i "redditi che per legge sono esenti dall'Irpef o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo dell'imposta, ovvero ad imposta sostitutiva".

Quanto al richiamo della sentenza n. 144 del 1992 della Corte costituzionale da parte dell'ufficio istante, l'Agenzia precisa che la stessa pone l'accento solo sul rischio di revoca dell'assistenza legale gratuita, nel caso di verifiche che riscontrino tenori di vita sospetti e redditi derivanti da scelte economiche illecite. Le affermazioni della Corte, dunque, non giustificano la soluzione prospettata dall'ufficio locale.

Fonte: Agenzia Entrate - Giulia Marconi

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