L’Agenzia delle entrate ha fornito, con la risoluzione 48/E del 2013, alcuni chiarimenti in merito ai criteri di determinazione del credito d'imposta previsto dall’articolo 165 del Tuir per i cittadini italiani che, pur mantenendo la residenza fiscale nel Paese, lavorano all'estero, alle dipendenze di datori di lavoro stranieri.
Le imposte versate fuori confine a titolo definitivo, ha precisato l’Amministrazione, devono essere ridotte proporzionalmente al rapporto tra la retribuzione convenzionale determinata in base all’articolo 51, comma 8-bis, del Tuir, e il reddito di lavoro dipendente che sarebbe stato tassabile in via ordinaria in Italia.

Premessa
Il mantenimento della residenza in Italia comporta in linea generale l'obbligo di pagare le imposte nel nostro paese anche sui redditi prodotti all'estero sulla base del principio della world wide taxation (articolo 3 del Tuir).
Per la determinazione del valore imponibile da dichiarare in relazione ai redditi di lavoro dipendente prodotti all'estero da un soggetto residente in Italia, l'articolo 51, comma 8-bis, del Tuir stabilisce che, in tutte le ipotesi di reddito di lavoro dipendente “prestato all'estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che, nell'arco di dodici mesi, soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni”, il reddito di lavoro dipendente è determinato non in base alla retribuzione effettiva percepita bensì su valori convenzionali stabiliti ogni anno con decreto del ministero del Lavoro e delle politiche sociali.
La doppia imposizione conseguente al pagamento delle imposte nel paese di residenza del dichiarante oltre che nel paese di produzione del reddito, viene neutralizzata mediante l'applicazione delle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni ovvero, per i casi in cui non sia stato stipulato alcun accordo, mediante l'applicazione dell'articolo 165 del Tuir, che prevede la possibilità, per il contribuente fiscalmente residente in Italia, di ottenere un credito d’imposta per le tasse pagate all’estero sui redditi ivi realizzati.

L’interpretazione
Nell’ipotesi di redditi prodotti all’estero che concorrono solo parzialmente alla base imponibile italiana, il comma 10 dell’articolo 165 del Tuir dispone che anche l’imposta estera deve essere ridotta in misura corrispondente. Esemplificando, ciò è quanto avviene per i dividendi di partecipazioni qualificate (che concorrono al reddito nella misura del 49,72%), gli stipendi dei frontalieri (che concorrono per la quota eccedente gli 8mila euro) e quelli dei lavoratori all’estero in via continuativa, tassati in basse alle retribuzioni convenzionali.
In tali ipotesi, il credito per le imposte pagate all’estero sul reddito effettivo prodotto oltre frontiera va riconosciuto non interamente ma solo proporzionalmente alla quota parte che concorre alla formazione della base imponibile (articolo 36, comma 30, del Dl 223/2006).
Pertanto, per la determinazione del credito d'imposta ex articolo 165 del Tuir, le imposte pagate all'estero a titolo definitivo devono essere ridotte in proporzione al rapporto tra la retribuzione convenzionale determinata ex articolo 51, comma 8-bis, del Tuir e il reddito di lavoro dipendente che sarebbe stato tassabile in via ordinaria - e non in misura convenzionale - in Italia.

Una diversa interpretazione, sottolinea l’Amministrazione, oltre a non essere coerente con la finalità della norma, rischia evidenti effetti distorsivi e discriminatori. Infatti, a parità di altre condizioni, le diverse modalità di tassazione adottate dallo Stato estero in cui la prestazione lavorativa si è effettivamente svolta possono andare a incidere sull’importo del credito.
L’articolo 165 del Tuir prevede espressamente un confronto tra reddito prodotto all'estero, da determinarsi secondo l’ordinamento tributario nazionale e reddito complessivo (di cui il reddito prodotto all’estero è parte integrante).
In caso contrario, assumendo come riferimento il reddito tassato all'estero (sulla base della normativa fiscale straniera), si verificherebbe una contraddizione, giacché quest'ultimo, essendo afferente a un ordinamento tributario non italiano, non concorre alla formazione del reddito complessivo.

Il documento di prassi, pertanto, ritiene più aderente al dettato normativo dell'articolo 165, comma 10, del Tuir, ai fini del calcolo dell'imposta estera detraibile, rapportare il reddito estero, determinato in misura convenzionale, al reddito che risulterebbe tassabile, in via ordinaria, se la medesima attività lavorativa fosse prestata in Italia.


Fonte: Agenzia Entrate

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