1 STUDI DI SETTORE

1.1 Continuità nello svolgimento dell'attività

D. Le nuove cause di esclusione degli studi di settore prevedono che
continuino ad applicarsi, tra l'altro, anche nelle ipotesi di chiusura e
riapertura qualora "l'attività costituisce mera prosecuzione di attività
svolte da altri soggetti ". Come si interpreta la nuova lettera b) del comma
4 dell'art. 10 della legge 146/98 in simili circostanze?

R. La disposizione prevista all'articolo 10, comma 4, lettera b), della
legge n. 146 del 1998, così come modificato dall'articolo 1, comma 16, della
legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), conferma tra le cause di
esclusione dall'applicazione degli studi di settore l'inizio o la cessazione
dell'attività nel periodo d'imposta. Tuttavia, la nuova disposizione precisa
che l'accertamento sulla base degli studi di settore si rende comunque
applicabile:

1. in caso di cessazione e inizio dell'attività, da parte dello
stesso soggetto, entro sei mesi dalla data di cessazione;

2. ovvero quando l'attività costituisce mera prosecuzione di attività
svolte da altri soggetti.

Con riguardo a tale ultima ipotesi (vale a dire quando l'attività
costituisce mera prosecuzione di attività svolte da altri soggetti), deve
ritenersi che la fattispecie si verifica quando l'attività presenta il
carattere della novità unicamente sotto l'aspetto formale ma che viene
svolta, ancorché da un altro soggetto, in sostanziale continuità.


Altra caratteristica è costituita dalla omogeneità dell'attività rispetto a
quella preesistente. Il requisito della omogeneità sussiste se le attività
sono contraddistinte da un medesimo codice di attività ovvero i codici di
attività sono compresi nel medesimo studio di settore.

In relazione alla concreta applicazione della disposizione, per tutti gli
altri casi, deve tuttavia evidenziarsi che la verifica "della prosecuzione
dell'attività" deve essere effettuata caso per caso con riguardo al contesto
generale in cui la nuova attività viene esercitata.

A titolo esemplificativo devono comunque ritenersi "prosecuzione di attività
svolte da altri soggetti" le seguenti situazioni di inizio di attività
derivante da:

- acquisto d'azienda;

- donazione o successione d'azienda;

- operazioni di trasformazione;

- operazioni di scissione e fusione d'azienda.


1.2 Indicatori di normalità economica

D. - I nuovi indicatori di normalità economica saranno calcolati da Gerico,
oppure saranno comunicati, mediante una sorta di invito al contraddittorio,
da parte degli ufici periferici?

- Nel caso di calcolo efettuato da Gerico, si avranno due livelli di
adeguamento (ossia quello di congruità e quello di normalità economica)
oppure l'adeguamento puntuale sarà tarato anche in funzione dei nuovi
indicatori?

R. Sia gli indicatori, previsti dall'art. 10-bis, comma 2, della legge n.
146 del 1998, così come introdotto dall'articolo 1, comma 13, della legge n.
296 del 2006, che gli indicatori di normalità economica previsti al comma
14, della citata legge n. 296 del 2006, incideranno direttamente sul
risultato derivante dall'applicazione degli studi di settore effettuato da
GERICO, nel senso che una eventuale "incoerenza" ad uno o più indicatori
comporterà una maggiore stima del ricavo o compenso.

Pertanto, sia il 'ricavo minimo' che il 'ricavo puntuale' sarà maggiorato in
relazione alle ipotesi di incoerenza agli indici di normalità economica
previsti dal comma 14. Si avrà comunque un solo livello di adeguamento: il
soggetto risulterà "non congruo" alle risultanze degli studi di settore nel
caso in cui i ricavi o compensi dichiarati risultino inferiori ai valori
stimati dallo studio di settore, tenendo conto anche dei maggiori ricavi o
compensi derivanti dall 'applicazione dei predetti indicatori.

Il software GERICO 2007 visualizzerà il maggior ricavo attribuibile a
ciascun indicatore di incoerenza di normalità economica.


1.3 Limiti all'accertamento

D. Il nuovo comma 4-bis del citato articolo 10 della legge 146/98 pone dei
limiti all'accertamento induttivo. Si chiede se la limitazione opera solo se
il contribuente è sia congruo sia adeguato ai nuovi indicatori economici? E
dunque, è lecito presumere che gli indicatori saranno accolti da Gerico?

Il limite di 50 mila euro non è una franchigia, nel senso che se superato
l'intero importo è recuperato a tassazione?

R. Il nuovo comma 4-bis, articolo 10, della legge 146 del 1998, introdotto
dal comma 17 della legge n. 296 del 2006, prevede una particolare inibizione
dell'attività di accertamento di tipo presuntivo nei confronti dei
contribuenti che dichiarano, anche per effetto dell'adeguamento in
dichiarazione, ricavi o compensi pari o superiori al livello della congruità
risultante dall'applicazione degli studi di settore, tenuto conto anche dei
valori di coerenza risultanti dagli specifici indicatori.

Infatti, per tali contribuenti non è possibile effettuare le rettifiche dei
ricavi o dei compensi sulla base di presunzioni semplici, ancorché gravi,
precise e concordanti, quando l'ammontare dei maggiori ricavi o compensi
accertabili, con un massimo di 50.000 euro, sia pari o inferiore al quaranta
per cento dei ricavi e compensi dichiarati. Il limite di 50.000 euro non
costituisce in alcun modo una franchigia, per cui se l'ammontare accertabile
sulla base di presunzioni semplici è superiore a tale importo è effettuabile
la rettifica dei ricavi o compensi nella misura complessiva risultante.


1.4 Valenza probatoria

D. Si chiede di capire l'esatta portata della nuova lettera b) del comma 1
dell'articolo 10 della legge 146/98, come modificato dal comma 23 della
finanziaria 2007.

R. La modifica normativa relativa all'articolo 10, comma 1, della legge n.
146 del 1998, prevista dall'art. 1, comma 23, lett. b), della legge n. 296
del 2006, è correlata alla abrogazione, effettata ad opera del decreto legge
n. 223 del 2006, del comma 2 del citato articolo 10 e ribadisce, ancora una
volta, la valenza probatoria degli studi di settore quale presunzione
relativa, dotata dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.


2 IRPEF

2.1 Ininfluenza della ripartizione al 50% dei carichi di famiglia in
relazione alle spese sostenute per gli stessi familiari

D. Le nuove regole di ripartizione delle detrazioni per i figli a carico
stabilite dall' art. 12, comma 1, lettera c) del Tuir, devono trovare
applicazione anche nella ripartizione delle deduzioni di cui all'art. 10,
comma 2 del Tuir e delle detrazioni di cui all'art. 15, comma 2 del Tuir,
oppure è confermata per queste ultime la possibilità per i genitori di
procedere alla libera ripartizione delle spese sostenute nell 'interesse dei
figli mediante un 'attestazione in calce al relativo documento di spesa?.

R. Il criterio di ripartizione degli oneri tra i genitori, previsto dalla
nuova formulazione dell'art. 12, comma 1, lettera c) del Tuir, vale
esclusivamente ai fini della ripartizione, tra i genitori stessi, delle
detrazioni per familiari a carico.

Per quanto riguarda le modalità di ripartizione tra i coniugi delle
deduzioni di cui all'art. 10, comma 2 e delle detrazioni di cui all'art. 15,
comma 2, del Tuir, restano confermate le indicazioni già fornite dai
precedenti atti di prassi ed in particolare dalle istruzione ai modelli di
dichiarazione. In particolare quando l'onere è sostenuto per i familiari a
carico, la detrazione o la deduzione spetta al contribuente al quale è
intestato il documento che certifica la spesa. Se, invece, il documento è
intestato al figlio fiscalmente a carico, le spese devono essere suddivise
tra i due genitori in relazione al loro effettivo sostenimento. Qualora i
genitori intendano ripartire le spese in misura diversa dal 50 per cento
devono annotare nel documento comprovante la spesa la percentuale di
ripartizione. Se uno dei due coniugi


è fiscalmente a carico dell'altro, quest'ultimo può considerare l'intera
spesa sostenuta, ai fini del calcolo della detrazione o della deduzione.


2.2 Detrazioni relative al solo 2007

D. La finanziaria reca diverse disposizioni agevolative in ordine
all'acquisto di particolari prodotti (ad esempio, PC per i docenti, comma
296, frigoriferi, comma 353, televisori, comma 357, etc). Poiché è noto che
molti di questi acquisti avvengono con particolari modalità, come il
pagamento mediante finanziarie o anche rinvii a periodi successivi – può
accadere che si inizi a pagare nel 2008 – è possibile riconoscere la
detrazione, atteso il principio di "cassa" tipico in queste circostanze?

R. Le detrazioni di cui all'art. 1, commi 296, 353 e 357, della legge
finanziaria 2007, competono, ove sussistano le diverse condizioni richieste
dalle norme in questione, a condizione che l'acquisto sia documentato
tramite una fattura, ovvero uno scontrino fiscale recante i dati
identificativi dell'acquirente (c.d. scontrino parlante), emessi nel 2007, a
prescindere dalle modalità di pagamento e dall'eventuale intervento di un
soggetto finanziatore.


2.3 Studenti fuori sede

D. La lettera i-sexies dell'articolo 15 del Tuir, introdotta dal comma 319
della legge finanziaria) introduce una nuova detrazione relativa ai canoni
di locazione derivanti da contratti stipulati da studenti universitari per
unità immobiliari situate nel comune in cui ha sede l'università o in comuni
limitrofi

Si chiede se possono beneficiare della detrazione per canoni di locazione
gli studenti universitari che prendono in locazione alloggi siti nel comune
sede dell 'Università, nel caso in cui il loro comune di residenza
appartenga alla stessa circoscrizione provinciale ovvero sia ubicato a meno
di 100 km di distanza.

R. La risposta al quesito è desumibile dalla stessa lettera dell'art. 15,
comma 1, lett. i-sexies, del TUIR introdotto dall'art. 1, comma 319, della
legge finanziaria 2007.

La norma stabilisce, tra l'altro, due condizioni al fine di poter usufruire
della detrazione delle spese per canoni di locazione pagati dagli studenti:

1. l'università deve essere ubicata in un comune distante da quello di
residenza dello studente almeno 100 km;

2. il comune di residenza dello studente in ogni caso deve appartenere
ad una provincia diversa da quella in cui è situata l'università.

Lo studente, o il familiare di cui lo stesso risulta fiscalmente a carico,
non può beneficiare della detrazione in relazione ai contratti di locazione
immobiliare, se le due predette condizioni non sono contemporaneamente
soddisfatte.


2.4 Interventi di recupero

D. La legge finanziaria, nel prorogare le agevolazioni fiscali previste, ai
fini dell 'Irpef e dell 'Iva, per gli interventi di recupero del patrimonio
edilizio, ha previsto che le stesse spettino a condizione che in fattura sia
indicato il costo della manodopera. Al riguardo, si chiedono chiarimenti
circa le tipologie di interventi cui si riferisce l'obbligo in discussione,
le modalità con cui debba essere rispettato tale obbligo e le tipologie di
contratto interessate.

R. La legge finanziaria ha prorogato, per l'anno 2007, le agevolazioni
fiscali previste, ai fini dell'Irpef e dell'Iva, in materia di interventi di
recupero del patrimonio edilizio (art. 1, comma 387).

Si tratta di una detrazione, riconosciuta ai fini dell'Irpef, in misura pari
al trentasei per cento delle spese sostenute ed effettivamente rimaste a
carico, nel limite di euro 48.000 per ciascuna unità immobiliare, per la
realizzazione degli interventi di cui alle lettere a), b), c), e d),
dell'art. 31, primo comma, della legge n. 457/78, e dell'applicazione
dell'aliquota Iva ridotta del dieci per cento sulle prestazioni aventi ad
oggetto gli stessi interventi.

Nel prorogare le agevolazioni fiscali sopra citate, la legge finanziaria, ha
previsto, altresì, al comma 388, che le stesse spettino a condizione che il
costo della relativa manodopera sia evidenziato in fattura.

Tale obbligo, inizialmente previsto, dall'art. 35, comma 19, del d.l. 4
luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto
2006, n. 248, ai fini della sola detrazione d'imposta del trentasei per
cento delle spese sostenute a decorrere dal 4 luglio 2006, nel limite di
48.000 euro per unità immobiliare, è stato introdotto al fine di contrastare
il lavoro irregolare nel settore dell'edilizia.


La finanziaria 2007 ha previsto che l'obbligo di evidenziazione in fattura
del costo della manodopera sia necessario anche per la fruizione
dell'agevolazione di cui all'art. 7, comma 1, lett. b), della legge 23
dicembre 1999, n. 488, consistente nell'applicazione dell'aliquota Iva
ridotta del 10 per cento agli interventi di recupero del patrimonio edilizio
di cui alle lettere a), b), c), e d) della legge n. 457 del 1978.

Circa le modalità con cui deve essere rispettato l'obbligo in discussione si
fa presente, in primo luogo, che il costo della manodopera può essere
indicato quale dato complessivo, senza che sia necessaria una evidenziazione
puntuale in ordine ai singoli dipendenti impiegati.

Inoltre, si precisa che nel caso di una ditta individuale, che renda la
prestazione di servizio attraverso l'attività del solo titolare, non andrà
indicato alcun costo per la manodopera da lui prestata. Peraltro dovrà
essere fatta menzione di tale circostanza nella fattura emessa.

Nel caso di un'impresa con dipendenti, in cui anche il datore di lavoro
partecipa alle fasi di lavoro, l'imprenditore avrà l'obbligo di specificare
il costo della manodopera impiegata, al netto del costo riferibile al
proprio apporto di lavoro.

Circa le tipologie di contratto interessate, non espressamente indicate
nella norma, si precisa che anche nel caso in cui i lavori siano effettuati
dalla ditta incaricata, avvalendosi, in tutto o in parte, delle prestazioni
lavorative rese da un soggetto non dipendente che opera in forza di un
contratto di opera o di un subappalto, nella fattura dovrà essere fatta
menzione di tale circostanza, evidenziando sia il costo della manodopera
impiegata direttamente, sia quello della manodopera impiegata da eventuali
appaltatori o subappaltatori, secondo l'ammontare da questi ultimi
comunicato.

Ciò in quanto il predetto costo rileva, comunque, come costo complessivo
della manodopera per l'esecuzione dell'intervento oggetto dell'agevolazione
fiscale in materia di recupero del patrimonio edilizio.

Infine, si ritiene che la norma debba intendersi applicabile, oltre che ai
contratti d'appalto e d'opera, anche alle ipotesi contrattuali riconducibili
alla categoria delle cessioni di beni con posa in opera degli stessi.


3 IVA

3.1 Accertamenti sulle vendite immobiliari

D. In relazione alle nuove prerogative dell 'amministrazione finanziaria in
materia di accertamento dei corrispettivi delle vendite di immobili,
introdotte dall'art. 35, commi 2, 3 e 4, del dl n. 223/2006, si chiede se
tali disposizioni si applichino solamente agli atti stipulati a partire dal
4 luglio 2006, data di entrata in vigore del decreto, oppure anche a quelli
precedenti (nei term ini di decadenza previsti dal DPR 633/72 e dal DPR
600/73). Ove si ritenga corretta la seconda soluzione, si chiede come possa
questa conciliarsi con l'abrogato art. 15 del dl n. 41/95, nella parte in
cui permetteva al cedente, in caso di vendita di fabbricato privo di
rendita, di emettere fattura integrativa per l'adeguamento al valore
catastale, entro dieci giorni dalla comunicazione dell 'attribuzione della
rendita, al fine di inibire all'amministrazione il potere di rettifica.

R. L'articolo 35, comma 2 del decreto legislativo 4 luglio 2006, n. 223,
prevede che, per le cessioni aventi ad oggetto beni immobili, la prova
dell'esistenza di operazioni imponibili per ammontare superiore a quello
indicato in dichiarazione possa essere validamente desunta dalla differenza
tra il valore normale dei beni ed il corrispettivo dichiarato. La richiamata
disposizione modifica l'articolo 54 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633 ed ha
natura procedimentale atteso che non muta il profilo sostanziale dei singoli
ambiti impositivi. Ne consegue che le disposizioni in esame hanno efficacia
anche per le rettifiche relative ai periodi d'imposta ancora accertabili.

Le medesime considerazioni valgono anche con riguardo alle rettifiche ai
fini delle imposte sul reddito, posto che l'articolo 35, comma 3 ha
parimenti modificato l'articolo 39, comma 1, del DPR 29 settembre 1973, n.
600. In coerenza con il contenuto delle disposizioni in esame, il successivo
comma 4 ha abrogato l'articolo 15 del D.L. 23 febbraio 1995, n. 41 che, come
chiarito con la risoluzione 29 aprile 1996, n. 62/E, individuava nel valore
catastale esclusivamente un valore indiziario sulla base del quale orientare
un'eventuale attività di accertamento, non anche il criterio per la
determinazione della base imponibile (costituita dall'ammontare complessivo
del corrispettivo effettivamente pattuito). Ne consegue che l'abrogazione
del sopra richiamato articolo 15 costituisce diretta conseguenza
dell'adozione di un diverso parametro di riferimento per l'individuazione
del corrispettivo, introdotto dal decreto legislativo n. 223 del 2006 per l'
esecuzione dei controlli sulle dichiarazioni.


3.2 Sanzione accessoria per violazioni degli obblighi di certificazione

D. Si chiede di sapere se, in base alla nuova disciplina introdotta dal dl
n. 262/2006, ai fini dell'applicazione della sanzione accessoria per
reiterate violazioni dell'obbligo di certificazione fiscale, i presupposti
si considerino realizzati anche se le tre violazioni sono state commesse
nello stesso giorno.

R. L'articolo 1, commi da 8 a 8-ter, del decreto legge n. 262 del 3 ottobre
2006 ha modificato la disciplina delle sanzioni accessorie in materia di
scontrino e ricevuta fiscale contenuta nell'articolo 12, comma 2, del
decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, che disponeva: "qualora siano
state definitivamente accertate, in tempi diversi, tre distinte violazioni
dell'obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale compiute
in giorni diversi nel corso di un quinquennio, ... è disposta la sospensione
della licenza o dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività ovvero
dell'esercizio dell'attività medesima per un periodo da quindici giorni a
due mesi.".

Ai fini dell'applicazione della sanzione accessoria oggi non è più
necessario che le violazioni siano definitivamente accertate, essendo
sufficiente la sola contestazione di tre distinte violazioni dell'obbligo di
emettere la ricevuta o lo scontrino fiscale nel corso di un quinquennio
effettuata ai sensi dell'articolo 16 del decreto legislativo 18 dicembre
1997, n. 472.

Inoltre, in base all'attuale formulazione del predetto articolo 12, non è
più necessario che le tre violazioni siano accertate "in tempi diversi", con
la conseguenza che, oggi, ai fini dell'applicazione della sanzione
accessoria in esame sono sufficienti solo tre distinte violazioni, anche
commesse nello stesso giorno.


3.3 Requisiti per il regime di franchigia Iva

D. Tra i requisiti di accesso al regime speciale di cui all 'art. 32-bis del
DPR 633/72, vi è l'assenza di cessioni all 'esportazione. Si chiede di
chiarire la portata di tale nozione, ovverosia se essa identifichi le sole
operazioni di cui all 'art. 8, primo comma, lettere a) e b), del DPR 633/72,
oppure anche quelle della lettera c), quelle assimilate di cui agli articoli
71 e 72, quelle di cui agli articoli 8-bis e 9.

R. L'art. 32-bis del DPR 26 ottobre 1972 n. 633, nello stabilire i requisiti
di accesso al regime dei contribuenti minimi in franchigia, esclude che
possano rientrare in detto regime i soggetti che effettuano cessioni
all'esportazione.

Nella norma si fa generico riferimento alle cessioni all'esportazione;
pertanto, attesa l'ampia formulazione, deve ritenersi che essa voglia
ricomprendere non solo le cessioni di cui all'articolo 8, primo comma,
lettere a) e b), del d.P.R. n. 633 del 1972, ma anche quelle di cui alla
lettera c) dello stesso articolo, nonché quelle disciplinate rispettivamente
dall'articolo 8-bis (operazioni assimilate alle cessioni all'esportazione),
dall'articolo 9 (servizi internazionali o connessi con gli scambi
internazionali), dall'articolo 71 (operazioni con lo Stato della Città del
Vaticano e con la Repubblica di San Marino) e dall'articolo 72 (trattati e
accordi internazionali).

A queste conclusioni si è pervenuti anche in considerazione del fatto che,
sul piano della traslazione dell'imposta, differenti sono gli effetti
dell'applicazione del regime di franchigia rispetto a quello di non
imponibilità.

Nel primo caso, infatti, gli operatori non addebitano l'imposta in via di
rivalsa e non hanno diritto alla detrazione dell'IVA assolta a monte, la
quale è incorporata nel prezzo sotto forma di c.d. "IVA occulta"; nel
secondo caso, invece, i soggetti non addebitano l'imposta a valle ma hanno
diritto a detrarre l'IVA assolta a monte.

Pertanto, i soggetti in franchigia che intendessero effettuare operazioni in
regime di non imponibilità ai sensi dell'articolo 8, primo comma, lettera
c), devono necessariamente uscire dal regime ed assoggettarsi alle regole
normali di applicazione dell'imposta; resta fermo che le medesime operazioni
possono essere realizzate come cessioni interne in regime di franchigia,
atteso che non comportano la spedizione dei beni al fuori del territorio
nazionale.

A conferma di ciò, si richiama la disposizione di cui all'articolo 41, comma
2-bis, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito dalla legge 29
ottobre 1993, n. 427, che stabilisce espressamente che le cessioni di beni
effettuate dai soggetti in franchigia non sono cessioni intracomunitarie e
sono, così, trattate alla stregua di cessioni interne senza diritto di
rivalsa (cfr. circolare n. 28/E del 4 agosto 2006, paragrafo 52.10).


3.4 Detrazione Iva vitto e alloggio in occasione di congressi

D. In relazione alle modifiche apportate dalla legge 296/2006 all'art.
19-bis1, lett. e), del DPR 633/72, si chiede se sia corretto ritenere che il
diritto di detrazione dell 'Iva sulle somministrazioni di pasti e sulle
prestazioni alberghiere erogate in occasione di convegni, congressi e simili
competa a tutti i soggetti passivi (es. partecipanti, relatori), fermi
restando, naturalmente, i presupposti dell'inerenza e dell'aferenza.

R. L'art. 19-bis1 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, in deroga a quanto
previsto dall'art. 19 dello stesso DPR n. 633/72, disciplina i casi di
esclusione o di riduzione della detrazione dell'Iva relativa all'acquisto di
determinati beni e servizi per i quali risulta difficile stabilire la loro
inerenza all'attività esercitata dal contribuente e la loro utilizzazione
per l'effettuazione di operazioni che danno il diritto alla detrazione.

In particolare, l'art. 19-bis 1 del DPR n. 63 3/72 sopra citato prevedeva,
al comma 1, lett. e), nel testo vigente fino al 31 dicembre 2006, la non
detraibilità dell'Iva relativa a prestazioni alberghiere e a
somministrazioni di alimenti e bevande, ad eccezione dell 'ipotesi in cui le
stesse formassero oggetto dell'attività propria dell'impresa.

L'art. 1, comma 304, della legge finanziaria ha modificato il comma 1, lett.
e), dell'art. 19-bis 1 sopra citato, prevedendo la detraibilità dell'imposta
relativa alle prestazioni alberghiere, alle somministrazioni di alimenti e
bevande, inerenti alla partecipazioni a convegni, congressi e simili,
erogate nei giorni di svolgimento degli stessi.

Il successivo comma 305 precisa però che, per l'anno 2007, la detrazione
sopra citata spetta solo nella misura del cinquanta per cento.

Al riguardo, si fa presente che, in base alle nuove disposizioni, sono
ammessi a fruire del diritto alla detrazione dell'Iva, addebitata in
relazione alle somministrazioni di pasti e alle prestazioni alberghiere
erogate in occasione di convegni, congressi e simili, tutti i soggetti
passivi che acquistano le predette prestazioni per lo svolgimento
dell'attività di impresa, arte o professione esercitata.

E' possibile quindi che, sussistendo i richiamati presupposti, anche i
relatori possano esercitare il diritto alla detrazione dell'Iva.


3.5 Reverse charge in edilizia: rilevanza della destinazione ultima della
prestazione.

D. Si domanda se il meccanismo dell'inversione contabile trova o meno
applicazione nelle ipotesi in cui il committente principale dei lavori edili
è un impresa alberghiera che efettua la ristrutturazione o la manutenzione
del fabbricato strumentale, o nel caso di un professionista che provvede
alla manutenzione del proprio studio.

R. Il meccanismo del reverse charge in edilizia, si applica alle prestazioni
di servizi rese da un soggetto subappaltatore che opera in uno dei settori
indicati nella sezione F delle tabelle di classificazione delle attività
economiche ATECOFIN (2004), nei confronti di un altro soggetto IVA, operante
nel settore edile, che agisce a sua volta quale appaltatore o
subappaltatore.

Non assume rilevanza, invece, la qualità del soggetto che si pone quale
committente principale, né il settore economico in cui lo stesso opera.
Infatti, il nuovo comma 6 dell'art. 17 del D.p.r. 633 del 1972, ai fini
dell'applicazione del regime del reverse charge non richiede che il
committente principale sia necessariamente un'impresa che opera nel settore
della costruzione o ristrutturazione di immobili. Come chiarito con la
circolare n. 37/E del 29 dicembre 2006, affinché il sistema dell'inversione
contabile trovi applicazione, occorre che ricorrano requisiti soggettivi
specifici, relativi all'appartenenza al comparto edilizio, solo in capo ai
soggetti appaltatori e subappaltatori e non anche a coloro che risultano
committenti degli interventi edili.

Pertanto il regime dell'inversione contabile deve trovare applicazione,
ricorrendo i presupposti sopra richiamati, anche nelle ipotesi in cui il
committente dei lavori sia una impresa alberghiera o un professionista, ma
ovviamente non nei suoi confronti (l'appaltatore applicherà regolarmente
l'IVA nei suoi confronti, in quanto il rapporto tra committente e
appaltatore non è interessato dalla norma di cui all'art. 17, comma 6).


3.6 Reverse charge: costruzione e installazione infissi

D. Si chiede di confermare se la produzione di infissi, accompagnata dalla
posa in opera, rientrando fra le attività di falegnameria (c.a. 20.30.2),
non sia soggetta al reverse charge, indipendentemente dalla circostanza che
il rapporto contrattuale con il committente si configuri come fornitura con
posa in opera oppure appalto.

R. La circolare n. 37 del 2006, individua le prestazioni per le quali deve
essere adottato il sistema del reverse-charge attraverso il riferimento alla
tabella di classificazione delle attività economiche ATECOFIN (2004). Più
precisamente, occorre far riferimento alla sezione F, che individua le
prestazioni rese nell'ambito del settore edile, intitolata "Costruzioni".

Il meccanismo del reverse-charge è applicabile, quindi, solo nei casi in cui
il soggetto subappaltatore opera nel quadro di un'attività riconducibile
alla predetta sezione F.

La produzione di infissi, rientrante nell'attività di falegnameria di cui
alla voce 20.30.2, non è riconducibile al settore edile e, pertanto, non è
soggetta al reverse-charge a prescindere dalla tipologia contrattuale che
lega il prestatore e il committente.


3.7 Interventi di recupero del patrimonio edilizio

D. L 'art. 3 del DPR 380/2001 ha incluso tra gli interventi di
ristrutturazione edilizia di cui alla lettera d) anche quelli di totale
demolizione e fedele ricostruzione di edifici preesistenti. Poiché non è
stato, però, soppresso l'art. 31 della legge n. 45 7/78, si chiede di sapere
se la predetta inclusione abbia o meno efetto ai fini dell 'applicazione
dell 'aliquota Iva del 10% ai sensi del n. 127-quaterdecies) della tabella
A, parteI, allegata al DPR 633/72.

In caso di risposta afermativa, si chiede di confermare se, qualora
l'intervento di totale demolizione e fedele ricostruzione riguardi un
fabbricato cd. "Tupini ", oppure un 'abitazione "prima casa ", sia possibile
applicare il trattamento di maggior favore (aliquota 4%) previsto per la
nuova costruzione di tali fabbricati e abitazioni.

R. La tabella A, parte III, n. 127-quaterdecies), del D.P.R. n. 26 ottobre
1972, n. 633, prevede l'applicazione dell'aliquota Iva ridotta del dieci per
cento per le prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto
relativi alla costruzione di case di abitazione non di lusso, diverse dalle
c.d. prime case, e alla realizzazione degli interventi di recupero del
patrimonio edilizio, di cui all'art. 31, comma 1, lett. c), d) ed e), della
legge n. 457/78, concernenti, rispettivamente, il restauro e il risanamento
conservativo, la ristrutturazione edilizia e la ristrutturazione
urbanistica.

Le previsioni contenute nella lett. d) dell'art. 31, della legge n. 457/78
sopra citata, sono state integrate per effetto dell'articolo 3 del Testo
Unico delle disposizioni legislative e regolamenti in materia edilizia,
approvato con D.P.R. n. 380/2001, che ha sostituito, con modificazioni,
l'art. 31 in discussione.

Ai sensi di tale ultimo art. 3, comma 1, lett. d), nella categoria degli
interventi di ristrutturazione sono ricompresi "anche quelli consistenti
nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di
quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per
l'adeguamento alla normativa antisismica".

Al riguardo, la scrivente ritiene che, sebbene la Tabella A, parte III, n.
127-quaterdecies), del D.P.R. n. 26 ottobre 1972, n. 633, faccia espresso
riferimento all'art. 31 della legge n. 457/78, e non all'art. 3 del D.P.R.
n. 380/2001, atteso il carattere interpretativo del predetto art. 3,
l'aliquota Iva agevolata del dieci per cento sia applicabile anche ai
contratti di appalto relativi alla demolizione e fedele ricostruzione, a
condizione che i lavori di ricostruzione dell'edificio avvengano nel
rispetto della volumetria e della sagoma di quello preesistente.

Ciò chiarito, in merito al secondo quesito, relativo alla realizzazione di
interventi di demolizione e fedele ricostruzione di un fabbricato cd.
"Tupini", oppure di una prima casa, la scrivente ritiene che non possa
trovare applicazione il trattamento fiscale di maggior favore, consistente
nell'applicazione dell'aliquota Iva agevolata del quattro per cento
prevista, ai sensi della Tabella A, parte II, del D.P.R. n. 633/72, punto n.
39), per i contratti di appalto relativi alla nuova costruzione di tali
fabbricati o abitazioni.

Ciò in considerazione del fatto che a seguito dell'interpretazione autentica
operata dal T.U. dell'edilizia, gli interventi di demolizione e fedele
ricostruzione non possono essere ricondotti alle ipotesi di nuova
costruzione, bensì concretizzano interventi di recupero di edifici
preesistenti.


4 SOCIETA' DI COMODO

4.1 Rilevanza dei beni a deducibilità limitata

D. L 'articolo 30, comma 2, della legge n. 724 del 1994 come da ultimo
modificato dalla legge n. 296 del 2006, prevede che per la determinazione
del valore dei beni si applicano le disposizioni di cui all'articolo 110,
comma 1, del TUIR. Si chiede di conoscere, laddove tra i beni rilevanti per
l'applicazione della norm ativa in questione siano compresi beni che non
generano componenti negativi fiscalmente rilevanti come ad esempio gli
automezzi di cui all'articolo 164 del TUIR, se il costo di tali beni debba
essere assunto in misura pari a quanto contabilizzato ovvero in misura pari
ai componenti negativi fiscalmente rilevanti che, nel caso di specie,
potrebbero essere anche pari a zero.

R. Si ritiene che, ai fini della disciplina sulle cd. "società di comodo",
debba assumersi, quale valore cui applicare i coefficienti previsti dalla
normativa in questione, l'importo determinato ai sensi dell'articolo 110,
comma 1, del TUIR, come espressamente prevede l'articolo 30, comma 2,
secondo periodo, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e successive
modificazioni.

In particolare, ai sensi dell'articolo 110, comma 1, lettera a), del TUIR,
"il costo è assunto al lordo delle quote di ammortamento già dedotte" ed è a
tale valore che occorre fare riferimento ai fini dell'applicazione delle
percentuali individuate dalle disposizioni concernenti le società non
operative, indipendentemente dalla deducibilità fiscale delle quote di
ammortamento dei beni sopra menzionati.


4.2 Gestione del credito Iva

D. Il comma 4 dell'articolo 30 della legge n. 724 del 1994 pone dei
rilevanti limiti alla utilizzabilità dei crediti IVA. Si chiede di conoscere
se è confermata l'interpretazione secondo cui l'eccedenza di credito IVA
viene perduta solo laddove non si svolgano nel triennio operazioni rilevanti
ai fini del tributo in esame e dunque a diferenza di quanto viene
letteralmente previsto dalla norma di riferimento che rinvia ad un ammontare
di operazioni rilevanti ai fini IVA non inferiore all 'importo che risulta
dalla applicazione delle percentuali di cui al comma 1 dell'articolo 30
della legge n. 724 del 1994.

R. A mente del comma 4 dell'articolo 30 della legge n. 724 del 1994,
"Qualora per tre periodi di imposta consecutivi la società o l'ente non
operativo non efettui operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore
aggiunto non inferiore all 'importo che risulta dalla applicazione delle
percentuali di cui al comma 1, l'eccedenza di credito non è ulteriormente
riportabile a scomputo dell 'IVA a debito relativa ai periodi di imposta
successivi". È pertanto all'importo che risulta dall'ammontare delle
percentuali di cui al comma 1 che occorre fare riferimento per stabilire se
il credito IVA possa essere o meno riportato in avanti. Deve escludersi
peraltro che il legislatore, al fine di individuare le società non operative
cui si applica il comma 4 in esame, abbia inteso affermare criteri diversi
da quelli previsti dal citato comma 1 ai fini delle imposte sui redditi e
dell'IRAP. Deve ritenersi, pertanto, che la norma in esame, disciplinante i
crediti IVA delle società non operative, trovi applicazione nei confronti
delle società che non abbiano superato il test di operatività di cui al
comma 1 del citato articolo 30.


4.3 Ammortamento

D. Come devono coordinarsi le norme in tema di società non operative e le
nuove previsioni in tema di irrilevanza fiscale dell 'ammortamento delle
aree su cui insistono fabbricati strumentali?

R. In tema di società non operative, ai fini dell'applicazione delle
percentuali ai beni indicati dalla norma, l'articolo 30, comma 2, della
legge 23 dicembre 1994, n. 724, prevede espressamente che "per la
determinazione del valore dei beni si applica l'articolo 110, comma 1, del
testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 91 7". In particolare, il citato
articolo 110, comma 1, alla lettera a), dispone che "il costo è assunto al
lordo delle quote di ammortamento già dedotte".

Pertanto, in caso di un "bene" costituito da un'area su cui insiste un
fabbricato strumentale, il "valore" da assumere ai fini dell'applicazione
della disciplina sulle società "non operative" è quello che rileva ai sensi
dell'articolo 110, comma 1, del TUIR, a prescindere dalla circostanza che il
"costo" da assumere ai fini della determinazione delle quote di ammortamento
deducibili, ai sensi dell'articolo 36, comma 7, del d.l. n. 223 del 2006,
sia al netto del costo dell'area.


4.4 Calcolo della media

D. Si chiede di conoscere se i valori relativi ai periodi di imposta
precedenti quali 2004 e 2005 potenzialmente interessati da cause di
esclusione dalla applicazione della norma non più operanti dopo le recenti
modifiche normative debbano essere o meno considerati nel calcolo in
questione. Si chiede, analogamente, di conoscere la rilevanza dei valori in
questione quando nel triennio di riferimento sia compreso il primo periodo
di imposta.

R La disciplina fiscale delle società "non operative" è stata introdotta nel
nostro ordinamento dall'articolo 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724.
Tale regime è stato più volte nel corso degli anni modificato allo scopo di
meglio contrastare la costituzione e lo sviluppo delle c.d. società di
comodo. Recentemente ha subito ulteriori modificazioni per effetto
dell'articolo 35, commi 15 e 16, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223,
convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248., nonché dell'articolo 1, commi
109 e seguenti, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (c.d. legge finanziaria
2007). La normativa in esame si applica, al ricorrere di determinati
presupposti soggettivi ed oggettivi, alle società e a taluni enti che
abbiano conseguito nel periodo d'imposta un ammontare di ricavi inferiore a
quelli minimi determinati come percentuale del valore di alcuni beni
patrimoniali. Ai fini di tale determinazione, i ricavi e i proventi nonché i
valori dei beni e delle immobilizzazioni vanno assunti in base alle
risultanze medie dell'esercizio e dei due precedenti.

Tale previsione, contenuta nel comma 2 primo periodo della normativa in
commento, non ha subito alcuna modifica ad opera di recenti disposizioni.
Pertanto - indipendentemente dall'introduzione di alcune nuove disposizioni
nella disciplina in esame - si ritiene che nel calcolo dei valori medi
debbano essere considerati i due periodi di imposta precedenti a quello in
osservazione, anche se interessati da cause di esclusione dall'applicazione
della norma.

Infatti, il comma 2 dell'art. 30 della L. 23 dicembre 1994, n. 724, come
riformulato dall'art. 3, comma 37, della L. n. 662 del 1996, stabilisce che
"Ai fini dell'applicazione del comma 1, i ricavi e i proventi nonché i
valori dei beni e delle immobilizzazioni vanno assunti in base alle
risultanze medie dell'esercizio e dei due precedenti".

Inoltre, se nel triennio da prendere a riferimento è compreso il primo
periodo di imposta, ai fini del computo di detta media, il valore dei beni e
delle immobilizzazioni dovrà essere ragguagliato al periodo di possesso
espresso in giorni su base annuale.


4.5 Istanza di interpello disapplicativo

D. La legge n. 296 del 2006 ha eliminato l'inciso relativo alla
straordinarietà come elemento necessario per la dimostrazione delle
situazioni che consentono l'esclusione dalla norm ativa in materia di
società non operative. Si chiede conferma che tale modifica norm ativa rende
maggiormente accessibile la possibilità di accoglimento in situazioni quali,
ad esempio, il mancato possesso della quota di con trollo della società che
non consente dunque la possibilità di gestione della politica di
distribuzione dei dividendi. Si tratterebbe, nel caso di specie, di una
situazione sicuramente oggettiva ma non straordinaria. Si chiede, inoltre,
nonostante la modifica normativa sia in vigore dal 1 gennaio 2007 se le
istanze di interpello relative al periodo di imposta 2006 anche se formulate
prima del 31 dicembre 2006 possano essere analizzate alla luce delle nuove
disposizioni normative.

R. Sì, in linea di massima, la possibilità di attribuire rilevanza anche a
circostanze non straordinarie amplia la casistica che giustifica la
disapplicazione della norma. In particolare, potranno trovare accoglimento
le istanze delle holding in tutti i casi in cui la normativa sia stata
disapplicata nei confronti delle partecipate, ma anche quando si dimostri,
ad esempio, che l'eventuale distribuzione di tutti gli utili della
partecipata non sarebbe stata comunque sufficiente per evidenziare proventi
almeno pari a quelli minimi determinati in via presuntiva con l'applicazione
dei coefficienti.

La disposizione che ha eliminato il riferimento al carattere straordinario
delle cause di esclusione trova applicazione anche per il periodo d'imposta
in corso al 4 luglio 2006.


5 REDDITO DI LAVORO AUTONOMO

5.1 Cessione del pacchetto clienti e di elementi immateriali

D. In relazione alla previsione contenuta nell'art. 36, comma 29, lett. b),
del decreto-legge n. 223 del 2006, in merito alla applicabilità del regime
di tassazione separata ai corrispettivi di cui all'art. 54, comma 1-quater,
del Tuir, solo se percepiti in una unica soluzione, si pongono i seguenti
quesiti:

1. • il regime di tassazione separata può applicarsi nell'ipotesi in
cui il

corrispettivo venga percepito in più soluzioni ma nel medesimo periodo

di imposta? In tale ipotesi si può ritenere applicabile la norma di cui

all 'articolo 17, comma 1, lettera g- ter), del Tuir?

2. • nell 'ipotesi in cui, invece, il corrispettivo in questione sia
percepito in più periodi di imposta e la percezione dello stesso sia
correlata alla cessazione dell 'attività, si può applicare il regime dei
redditi diversi di cui all'art. 67 del Tuir?

R. Nell'articolo 54 del Tuir il decreto-legge n. 223 del 2006 ha inserito un
nuovo comma 1 -quater che stabilisce la concorrenza alla formazione del
reddito da lavoro autonomo del corrispettivo percepito a seguito di cessione
della clientela e di elementi immateriali riferibili all'attività
professionale.

Contestualmente, il richiamato decreto-legge n. 223 ha introdotto nel comma
1 dell'articolo 17 del Tuir, relativo al regime della tassazione separata,
la lettera g-ter), la quale prevede l'assoggettamento a tassazione separata
dei corrispettivi per cessione della clientela, purché percepiti in unica
soluzione.

Anche se la lettera della norma da ultimo richiamata fa riferimento al
pagamento in "un'unica soluzione" si ritiene che il regime di tassazione
separata sia applicabile anche nel caso in cui il corrispettivo sia
percepito in più rate, ma nello stesso periodo d'imposta.

Anche in tale ipotesi, infatti, risulta rispettata la ratio ispiratrice
della norma, diretta ad evitare che un corrispettivo (presumibilmente molto
elevato), si cumuli con gli altri redditi percepiti nell'anno, determinando
l'applicazione in capo al contribuente di scaglioni ed aliquote più elevate.

Nella diversa ipotesi in cui il corrispettivo per la cessione della
clientela sia percepito in più periodi d'imposta, la modalità di tassazione
sarà, in ogni caso, quella ordinaria.

Per quanto concerne l'ipotesi di corrispettivo rateale percepito da un
soggetto che, dopo la cessione della clientela, intende cessare l'attività,
si ritiene che resti ferma, in relazione a tutte le rate, la qualificazione
reddituale operata dall'art. 54, comma 1-quater, del Tuir.

Infatti, attraverso la modifica all'articolo 54 del Tuir, con l'inserimento
del nuovo comma 1 -quater nell'art. 54 del Tuir, il legislatore ha inteso
ricondurre nell'ambito del reddito di lavoro autonomo i corrispettivi
percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali
"comunque riferibili all'attività artistica o professionale".

Pertanto, la cessione del "pacchetto clienti" genera interamente reddito
professionale da assoggettare a tassazione ordinaria ai sensi dell'art. 54
del Tuir.

Questo comporta, tra l'altro, che il lavoratore autonomo deve conservare la
partita IVA fino all'incasso dell'ultima rata.

Del resto, come già precisato in passato dall'Amministrazione finanziaria,
l'attività del professionista non si può considerare cessata fino
all'esaurimento di tutte le operazioni, ulteriori rispetto all'interruzione
delle prestazioni professionali, dirette alla definizione dei rapporti
giuridici pendenti, ed, in particolare, di quelli aventi ad oggetto crediti
strettamente connessi alla fase di svolgimento dell'attività professionale.


5.2 Spese anticipate dal committente

D. Alla luce di quanto disposto dal comma 5 dell'articolo 54 del TUIR e di
quanto chiarito dall 'agenzia delle entrate nella circolare n. 28 /E del 4
agosto 2006 si chiede una ulteriore delucidazione sulle modalità di
riaddebito da parte del professionista in capo al committente delle spese
anticipate dal committente medesimo. In particolare, si deve ritenere che in
capo al committente nel momento in cui lo stesso sostiene il costo non possa
essere negata l'inerenza del medesimo indipendentemente dal comportamento
che, successivamente, verrà seguito dal professionista che ha beneficiato
della spesa.

Si chiede inoltre quale debbano essere gli adempimenti che devono essere
seguiti dai professionisti beneficiari di una spesa quando il documento di
spesa viene inviato al committente da parte dell 'erogatore del servizio in
modo indistinto (si pensi alla cena alla quale hanno partecipato più
profession isti)

R. L'articolo 36 del D.L. n. 223/06 convertito in L. n. 248/06, al comma 29,
lett. a), n. 2), ha modificato la disposizione contenuta nel comma 5
dell'art. 54 del TUIR in tema di determinazione del reddito di lavoro
autonomo. Il citato comma 5, infatti, è stato integrato stabilendo che le
spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazione di alimenti e
bevande in pubblici esercizi sono integralmente deducibili da parte del
professionista nel caso in cui siano sostenute direttamente dal committente
per conto del professionista medesimo e da questi addebitate in fattura.

In tale particolare ipotesi non opera quindi il limite alla deducibilità di
tali spese, ordinariamente previsto nella misura del 2 % dell'ammontare dei
compensi annui.

Questa Agenzia con la richiamata circolare n. 28/E ha spiegato quali siano
gli adempimenti che professionista e committente devono seguire per gestire
correttamente le spese per prestazioni alberghiere e somministrazione di
alimenti e bevande al fine di evitare indebite duplicazioni nella deduzione
di tali spese.

In relazione al quesito proposto si osserva che l'ammontare delle spese di
vitto e alloggio che il committente sostiene (e che successivamente
comunicherà al professionista) rientrano (momentaneamente) tra i costi
indeducibili. Solo a seguito della parcella emessa dal professionista
(comprensiva dei compensi e della quota di spese già pagate dal committente)
il committente potrà portare in deduzione l'intero costo sostenuto come
compenso erogato al professionista (imputando a costo nel conto economico
l'intera prestazione al lordo dei rimborsi spese).

È solo in tale momento, attraverso l'inequivoca ricomprensione della spesa
tra i costi relativi alla prestazione professionale acquisita nell'esercizio
dell'impresa, arte e professioni, che si manifesta l'inerenza dell'esborso.
Per quanto riguarda il secondo quesito relativo al documento di spesa
inviato al committente da parte dell'erogatore del servizio in modo
indistinto si ritiene che la deduzione da parte del professionista che
riaddebita l'importo è subordinata alla circostanza che la fattura emessa
dall'albergatore o dal ristoratore contenga l'indicazione del soggetto
(professionista) nei cui confronti la prestazione viene resa e, nel caso si
tratti di più soggetti, specifichi quale parte del corrispettivo si
riferisce a ciascuno dei professionisti stessi.

Solo in tal caso infatti il professionista potrà qualificare la spesa come
prestazione di vitto e alloggio effettuata per lo svolgimento dell'incarico
ricevuto che non soggiace alla limitazione del 2% mentre l'impresa
committente, ricevuta la parcella, imputerà a costo la prestazione
maggiorata dei rimborsi spese.


6 AUTO AZIENDALI

6.1 Deducibilità

D. Con riguardo al nuovo testo dell'art. 164, bis del TUIR si chiede, nel
caso di auto concessa in uso promiscuo da una impresa al dipendente con un
benefit calcolato in misura forfetaria pari a 1000, quale risulti essere la
quota deducibile dal reddito d 'impresa nell 'ipotesi in cui una parte di
tale importo sia addebitato al dipendente e porti pertanto ad una riduzione
del benefit tassato.. Ipotizzando un addebito di 400, il quantum deducibile
per l'impresa risulta essere pari a 1000 o a 600? Nel caso in cui fosse pari
a 600 quale risulta essere il trattamento fiscale dell'addebito efettuato
dall 'impresa per 400?

R. Nel caso in cui il dipendente corrisponda delle somme a fronte
dell'utilizzo del veicolo per rimborsare in tutto o in parte il relativo
costo sostenuto dall'impresa, si ribadisce che dette somme vanno a decurtare
il reddito di lavoro dipendente. In tal caso, considerato che le somme
rimborsate dal dipendente concorrono a formare il reddito dell'impresa, è da
ritenere che i costi effettivamente sostenuti dall'impresa, per un ammontare
corrispondente a dette spese, possano essere portati in deduzione dal
reddito in quanto strettamente correlati al componente positivo tassato. In
ogni caso l'importo complessivamente deducibile dall'impresa, a titolo di
fringe benefit e di altri costi, non può eccedere quello delle spese
sostenute per l'autoveicolo dato in uso promiscuo.

Si considerino i seguenti esempi:

Esempio 1


Costi sostenuti dall 'impresa

210


Fringe benefit

100


Somme rimborsate
40 L 'impresa registrerà:

· un componente positivo di reddito, incluso nell'utile
civilistico, pari a 40 a fronte dei costi rimborsati;

· una variazione fiscale in aumento pari a 110, per riprendere a
tassazione i costi sostenuti (210) al netto del fringe benefit (60) e delle
somme rimborsate (40), che sono deducibili.

Esempio 2

Costi sostenuti dall'impresa

80


Fringe benefit

100


Somme rimborsate

40

L 'impresa registrerà:

· un componente positivo di reddito, incluso nell'utile civilistico,
pari a 40 a fronte dei costi rimborsati;

· nessuna variazione fiscale in aumento o in diminuzione, in quanto
ai costi complessivamente sostenuti (80) vanno sottratti il fringe benefit
(60) e le somme rimborsate, ma solo fino a concorrenza dei predetti costi
(20).


6.2 Regime mezzi strumentali

D. Considerando il nuovo testo dell'art. 164, bis ed in particolare il fatto
che si riconosce possibile il regime proprio dei mezzi strumentali di cui
alla lettera a) del numero 1 anche per quelli posseduti dagli agenti e
rappresentanti in alternativa al regime tipico di deducibilità per l'80%, è
corretto ritenere superate la precedente tesi dell 'amministrazione
finanziaria (ad esempio sostenuta nelle circ. n. 37/E del 13 febbraio 1997 e
n. 48/E del 10 febbraio 1998) secondo cui erano da ritenere tali solo "i
veicoli senza i quali l'attività stessa non può essere esercitata" (beni
posseduti dalle imprese che li noleggiano per cerimonia, dalle auto scuole
ecc.)?

R. Le modifiche operate dal D.l. n. 262 al regime fiscale dei veicoli di
proprietà dell'impresa non hanno interessato in alcun modo il comma 1,
lettera a), dell'articolo 164 del TUIR. Si è del parere, pertanto, che a
tale riguardo debbano intendersi confermate tutte le indicazioni fornite
nelle circolari 13 febbraio 1997, n. 37/E, e 10 febbraio 1998, n. 48/E.


6.3 Provvedimento di identificazione degli automezzi

D. In attuazione delle disposizioni di cui all 'articolo 35 del decreto
legge n. 223 del 2006 è stato varato il Provvedimento del 6 dicembre 2006.
Si chiede di conoscere se le indicazioni in esso con tenute possano avere
valenza retroattiva o, invece, i criteri contenuti nel provvedimento possano
essere utilizzati esclusivamente dal periodo di imposta 2007 anche in
considerazione delle previsioni di cui alla legge n. 212 del 2000.

R. Per espressa previsione del menzionato articolo 35, comma 11, del d.l. n.
223 del 2006, i veicoli con le caratteristiche individuate dal suddetto
provvedimento dovranno essere assoggettati a regime proprio degli
autoveicoli di cui al comma 1, lettera b), dell'articolo 164 del Tuir ai
fini delle imposte dirette. Tale disposizione si applica a decorrere dal
periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del citato
decreto.


7 SCORPORO DEI TERRENI

7.1 Fabbricati non "cielo terra"

D. Qual è il trattamento da riservare ai fabbricati non "cielo terra"? E'
applicabile anche in tale ipotesi la regola dello scorporo del valore dell
'area su cui insistono o meglio su cui insite il fabbricato di cui fanno
parte?

R. La disposizione in commento opera in riferimento alle quote di
ammortamento riferibili a tutte le aree sulle quali insiste un fabbricato e
trova, quindi, applicazione nei confronti di tutti i soggetti per i quali
tali aree costituiscono un bene relativo all'impresa. La disposizione è
conseguentemente applicabile nei confronti di tutti i titolari di reddito
d'impresa a prescindere dai principi contabili (nazionali o internazionali)
di redazione del bilancio adottati. In particolare la disposizione si
applica anche alle singole unità immobiliari presenti all'interno di un
fabbricato ossia anche per gli immobili che non possono essere definiti
"cielo - terra" per i quali i principi contabili internazionali non
richiedono la separata indicazione in bilancio del valore del terreno. Si
precisa che si definiscono immobili "cielo - terra" quelli che occupano
tutto lo spazio edificabile con un'unica unità immobiliare, come nel caso di
un capannone industriale.


7.2 Individuazione del valore dell'area

D. L 'individuazione del valore dell 'area non su base forfetaria ma in base
al valore desumibile dall'atto di acquisto dell'area qualora autonomo e
indipendente rispetto a quello del fabbricato, è applicabile anche per il
caso di acquisti già posti in essere in periodi precedenti rispetto a quelli
in corso al 4 luglio 2006?

R. La necessità di effettuare il confronto tra il valore dell'area indicato
in bilancio e il criterio forfetario, applicando la percentuale del 20 o 30
per cento sul costo complessivo, viene meno, per espressa previsione
normativa contenuta nel medesimo comma 7, nel caso in cui l'area sia stata
autonomamente acquistata in epoca antecedente rispetto alla successiva
costruzione del fabbricato: in tale ipotesi il valore ammortizzabile sarà
pari al solo costo effettivamente sostenuto per la realizzazione del
fabbricato.

Si ritiene, al riguardo, che la disposizione trova applicazione anche per
gli acquisti effettuati nei periodi d'imposta precedenti a quello in corso
alla data del 4 luglio 2006.


7.3 Concessione a terzi in locazione

D. Nel caso di applicazione della regola forfetaria (20% o 30%) per
l'individuazione del valore dell 'area, come può individuarsi la natura dell
'immobile (industriale o meno) nel caso di concessione a terzi dello stesso
in locazione? Occorre verificare utilizzo posto in essere dal conduttore? E,
ipotizzando una risposta afermativa al quesito precedente, quale
comportamento occorre tenere nel caso di cambio dell 'utilizzo ad esempio
per finita locazione?

R. Nel caso di immobili dati in locazione, anche finanziaria, o in comodato,
ai fini della determinazione del valore ammortizzabile, il proprietario
dell'immobile dovrà tener conto del concreto utilizzo dell'immobile da parte
dell'utilizzatore. Per i fabbricati acquisiti o costruiti dopo l'entrata in
vigore della norma, l'utilizzo rilevante ai fini della classificazione del
fabbricato tra quelli industriali o meno, deve essere verificato con
riferimento al periodo di imposta in cui il bene è entrato in funzione. Per
i fabbricati già posseduti rileva l'utilizzo del bene nell'esercizio
considerato dall'ultimo bilancio approvato prima dell'entrata in vigore del
decreto legge 223 del 2006.

Si ritiene che la qualificazione del fabbricato, ai fini dell'applicazione
della norma in esame, non possa essere successivamente modificata nel caso
di un suo diverso utilizzo, neanche a seguito di intervenuta variazione
catastale della destinazione d'uso.

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