In tema di imposta di registro, l’art. 38 del DPR n. 131 del 1986 deve interpretarsi, per il dato letterale e per la “ratio” ad esso sottesa, nel senso della sua applicazione alle sole ipotesi di nullità e annullamento, analogamente all’ipotesi di revoca del beneficio per scioglimento del contratto, senza, quindi, ulteriori estensioni a quelle di inefficacia contrattuale derivante da altre e diverse ragioni. Il legislatore ha inteso prevedere la restituzione dell’imposta nei soli casi in cui la patologia dell’atto e la sua conseguente inidoneità alla produzione di effetti giuridici siano ascrivibili a vizi esistenti “ab origine” e non invece sopravvenuti. Ciò in quanto la restituzione dell’imposta regolarmente versata all’atto della registrazione può trovare giustificazione soltanto relativamente al contratto che nasce viziato, mentre ben difficilmente può motivarsi nel caso di un contratto che, pienamente valido e operante a far data dalla sua stipulazione, non è più tale per una causa sopravvenuta, qualunque essa sia (Cfr. Cass. 7340/2011, 4971/2003 e 2698/2002).

Ordinanza n. 791 del 20 gennaio 2015 (udienza 4 dicembre 2014)
Cassazione civile, sezione VI – 5 – Pres. Cicala Mario – Est. Perrino Angelina Maria
Imposta di registro – Art. 38 del DPR n. 131 del 1986 – Interpretazione del dato letterale e della “ratio” della disposizione – La sua applicazione è limitata alle ipotesi di nullità e annullamento del contratto – Non rilevano le ipotesi di inefficacia contrattuale derivanti da altre e diverse ragioni

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