Massima:
In tema di imposte sui redditi, in base al dettato del D.P.R. 22 dicembre
1986, n. 917, art. 6, comma 2, le somme percepite dal contribuente a titolo
risarcitorio possono costituire reddito imponibile ma solo quando abbiano la
funzione di reintegrare un danno concretatosi nella mancata percezione di
redditi.
*Massima redatta dal servizio di documentazione economica e tributaria
Testo:
Svolgimento del processo
M.V. otteneva la condanna del suo datore di lavoro al risarcimento dei
danni da demansionamento liquidati dal Pretore di Milano (con sentenza n.
3660 del 22 ottobre 1997) in somma pari a L. 101.385.309. La Banca Nazionale
dell'Agricoltura, datore di lavoro del V., gli accreditava la somma
detraendo le ritenute fiscali pari a L. 41.567.976 che versava all'Esattoria
Imposte dirette di Roma.
M.V. presentava quindi istanza di rimborso dell'IRPEF per L. 45.380.000
e impugnava il silenzio rifiuto dell'amministrazione finanziaria; riteneva
infatti che la somma di cui alla condanna emessa dal Pretore di Milano non
era soggetta a imposizione fiscale ai fini IRPEF in quanto non rappresentava
alcuna reintegrazione di reddito patrimoniale non percepito ma piuttosto il
risarcimento del danno alla professionalita' e all'immagine derivato dal
demansionamento.
Il ricorso del contribuente veniva respinto in primo grado dalla
Commissione Tributaria Provinciale (sentenza n. 87/10/01) e in appello dalla
Commissione Tributaria Regionale di Milano (sentenza n. 45/23/03) che
interpretava le disposizioni del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 6, comma 2, e
quelle del D.L. n. 41 del 1995, nel senso dell'imponibilita' dell'indennita'
percepita dal contribuente per essere in generale soggette "a tassazione le
somme e i valori comunque percepiti anche a titolo risarcitorio a seguito di
provvedimento dell'autorita' giudiziaria relativa a questioni di lavoro".
Ricorre per cassazione M.V. affidandosi di impugnazione.
Si difendono con controricorso il Ministero e l'Agenzia delle Entrate.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso si deduce, in relazione all'art. 360
c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986,
art. 1, art. 6, comma 2, art. 48 e D.L. n. 41 del 1995, art. 32 (convertito
in L. n. 85 del 1995).
Con il secondo motivo di ricorso si deduce, in relazione all'art. 360
c.p.c., n. 5, la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un
punto decisivo della controversia.
Il ricorrente insiste nel sottolineare la natura di risarcimento non
patrimoniale e non derivante dall'accertamento di una perdita reddituale del
suo credito accertato in giudizio nei confronti del datore di lavoro e
rivendica quindi il suo diritto al rimborso delle ritenute illegittimamente
detratte dalla somma corrisposta dal datore di lavoro e non restituite
dall'amministrazione finanziaria. Fa rilevare a tale proposito che nessuna
diminuzione stipendiale si era verificata nel quadro dell'accertato
demansionamento e afferma l'erroneita' dell'interpretazione delle
disposizioni di cui al D.P.R. n. 917 del 1986 e al D.L. n. 41 del 1995,
recepita dalla CTR milanese.
Il ricorso e' manifestamente fondato.
La giurisprudenza di legittimita' e' ferma nel ritenere che in tema di
imposte sui redditi, in base al dettato del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917,
art. 6, comma 2, le somme percepite dal contribuente a titolo risarcitorio
possono costituire reddito imponibile ma solo quando abbiano la funzione di
reintegrare un danno concretatosi nella mancata percezione di redditi
(Cassazione civile sezione 5^ n. 9111 del 21 giugno 2002 e n. 11682 del 21
maggio 2007). Sicche' ad esempio non sono assoggettabili a tributo
l'indennita' corrisposta dal datore di lavoro, a titolo di risarcimento del
danno, per la reintegrazione delle energie psicofisiche spese dal lavoratore
oltre l'orario massimo di lavoro da lui esigibile.
Il ricorso va pertanto accolto con conseguente cassazione della sentenza
impugnata e decisione nel merito di accoglimento del ricorso introduttivo
del contribuente diretto all'accertamento della non soggezione a tassazione
IRPEF della somma percepita dalla Banca Nazionale dell'Agricoltura, a
seguito della sopracitata sentenza n. 3660/1997 del Pretore di Milano, e al
conseguente diritto al rimborso delle ritenute fiscali effettuate dal datore
di lavoro.
Sussistono i presupposti di legge per la compensazione delle spese
dell'intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo
nel merito, accoglie il ricorso introduttivo proposto in primo grado dal
contribuente. Compensa le spese processuali dell'intero giudizio.
Fonte: Min.Finanze
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