Con l’istanza di interpello di cui all’oggetto, concernente l’interpretazione

dell’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972,

n. 633, è stato esposto il seguente

QUESITO

La Sig.ra XY, residente nella Repubblica di San Marino, ha intenzione di

aprire la partita Iva al fine di svolgere la propria attività professionale presso il

Comune di Venezia.

L’interpellante intende conoscere se sia possibile aprire la partita Iva come

qualsiasi residente in Italia, indicando il domicilio fiscale ove svolgerà l’attività

professionale.

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL

CONTRIBUENTE

L’interpellante ritiene di poter aprire la partita Iva in Italia, indicando nel

modello il domicilio fiscale del luogo ove svolgerà l’attività lavorativa.

PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE

Ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della Direttiva CE del 28 novembre

2006, n. 112, (cui sono uniformate le norme nazionali in tema di soggettività

IVA) “ Si considera “soggetto passivo” chiunque esercita in modo indipendente

e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai

risultati di detta attività. Si considera “attività economica” ogni attività di

produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le

attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilate. Si

considera, in particolare, attività economica lo sfruttamento di un bene

materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi caratteri di stabilità”.

Per quanto attiene al diritto interno, soggetto passivo è colui che, operando

“nell’esercizio d’impresa, arti o professioni” (cfr articoli 4 e 5 del dPR n. 633 del

1972) effettua “cessioni di beni o prestazioni di sevizi” (articoli 2 e 3 del

medesimo dPR) rilevanti nel “territorio dello Stato” (articolo 7).

Per quanto riguarda, in particolare, le prestazioni di servizi, cui si riferisce

l’istanza di interpello, il comma 3 del sopra menzionato articolo 7 prevede che:

“Le prestazioni di servizi si considerano effettuate nel territorio dello Stato

quando sono rese da soggetti che hanno il domicilio nel territorio stesso o da

soggetti ivi residenti che non abbiano stabilito il domicilio all’ estero, nonché

quando sono rese da stabili organizzazioni in Italia di soggetti domiciliati e

residenti all'estero; non si considerano effettuate nel territorio dello Stato

quando sono rese da stabili organizzazioni all'estero di soggetti domiciliati o

residenti in Italia.”.

Dalla disamina di tale ultima norma si desume che un operatore

economico pone in essere operazioni attive in Italia se in qualità di prestatore si

trova, in via sequenziale, in una delle seguenti situazioni:

1) è domiciliato in Italia (anche se risiede all’estero);

2) è residente in Italia senza domicilio all’estero;

3) è domiciliato o residente all’estero ma possiede una stabile

organizzazione in Italia.

In presenza di uno di questi elementi, deve ritenersi, in linea generale, che

le prestazioni di servizi siano da considerarsi effettuate in Italia.

Sul punto, per definire il concetto di residenza e di domicilio è utile

richiamare le precisazioni fornite con la circolare del Ministero delle Finanze del

2 dicembre 1997, n. 304, secondo la quale “ (…) l’aver stabilito il domicilio

civilistico in Italia ovvero l'aver fissato la propria residenza nel territorio dello

Stato sono condizioni sufficienti per l'integrazione della fattispecie di residenza

fiscale, indipendentemente dall'iscrizione nell’anagrafe della popolazione

residente.

In tal caso, pertanto, occorre rifarsi alle nozioni civilistiche di residenza e

di domicilio, per il richiamo espresso del citato art. 2, comma 2 del TUIR, e

all'interpretazione che di esse ha fornito la Suprema Corte di Cassazione.

La residenza è definita dal codice civile come "il luogo in cui la persona

ha la dimora abituale". Pertanto è possibile affermare che essa è determinata

dall’abituale volontaria dimora di una persona in un dato luogo, sicché

concorrono ad instaurare tale relazione giuridicamente rilevante sia il fatto

oggettivo della stabile permanenza in quel luogo sia l'elemento soggettivo della

volontà di rimanervi, la quale, estrinsecandosi in fatti univoci evidenzianti tale

intenzione, è normalmente compenetrata nel primo elemento (Cass. 5 febbraio

1985, n. 791). (…) la giurisprudenza prevalente sostiene che il domicilio è un

rapporto giuridico col centro dei propri affari e prescinde dalla presenza

effettiva in un luogo (Cass. 29 dicembre 1960, n. 3322).

Esso consiste dunque principalmente in una situazione giuridica che,

prescindendo dalla presenza fisica del soggetto, è caratterizzata dall'elemento

soggettivo, cioè dalla volontà di stabilire e conservare in quel luogo la sede

principale dei propri affari ed interessi (Cass. 21 marzo 1968, n. 884).”.

Alla luce della circolare sopra citata, risulta evidente che:

- è irrilevante l’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente ai fini

dell’individuazione del soggetto passivo d’imposta in Italia;

- la residenza è intesa quale res facti, poiché non può prescindere

dall’insistere sul luogo, con relativa stabilità, del soggetto e l’elemento

intenzionale assume rilevanza secondaria;

- il domicilio è, invece, definito res iuris in quanto situazione giuridica

caratterizzata dalla volontà di stabilire e conservare in un determinato

luogo la sede principale dei propri affari ed interessi (vedi in questo senso

la sentenza della Corte di Cassazione del 21 marzo 1968, n. 884).

Nel caso di specie, non v’è dubbio che l’intenzione dell’interpellante sia

quella di costituire nel territorio italiano il centro dei propri interessi, ed ivi

svolgere l’attività lavorativa. Pertanto, la circostanza che nel territorio italiano

venga costituito il domicilio fiscale, pur in presenza della residenza in un paese

terzo (Repubblica di San Marino) non è di ostacolo a considerare l’istante quale

soggetto passivo di imposta alla stregua di un soggetto residente.

Peraltro, poiché l’istante non svolge, nel paese di residenza, così come

rappresentato nella richiesta, alcuna attività professionale o imprenditoriale, nel

modello AA9/9, da presentarsi ai sensi dell’articolo 35 del decreto in materia Iva,

dovrà indicare il domicilio fiscale ossia il luogo ove sarà svolta l’attività

lavorativa, al fine di dotarsi di una partita Iva ordinaria.

RISOLUZIONE N. 369/E del 3 ottobre 2008


Fonte: Min.Finanze

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