I nuovi compensi per gli intermediari.

Con il Provvedimento del 2 febbraio 2011, il Direttore dell’Agenzia delle Entrate stabilisce i nuovi compensi per gli intermediari a partire dalle attività svolte nel 2010. In particolare, per gli incaricati della trasmissione telematica delle dichiarazioni elaborate e trasmesse tramite Entratel, per le banche convenzionate e le Poste Italiane Spa che ricevono e trasmettono le dichiarazioni e per gli intermediari che effettuano il pagamento telematico in nome e per conto del contribuente, il compenso è rideterminato nella misura di 1,03 euro per ciascuna operazione. L’adeguamento del compenso discende dalla variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, rilevata dall’ISTAT nel periodo tra settembre 2007 - agosto 2008 e settembre 2009 - agosto 2010. <br /><br /><br /><span style="font-style:italic;">Fonte: Fisco Oggi</span>

I nuovi compensi per gli intermediari.

Con il Provvedimento del 2 febbraio 2011, il Direttore dell’Agenzia delle Entrate stabilisce i nuovi compensi per gli intermediari a partire...

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La malattia si comunica solo on line.

Con la Circolare n. 21 del 31 gennaio 2011, L'INPS ricorda che la Legge n. 183/2010 (c.d. “Collegato Lavoro”) prevede che i medici del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) o con esso convenzionati sono tenuti ad inviare telematicamente all'INPS i certificati attestanti la malattia dei lavoratori dei datori di lavoro. Nessuna punizione per il medico che non invia il certificato di malattia on line per cause tecniche. Il medico inadempiente senza giustificato motivo rischia, invece, la disdetta della convezione con il SSN. <br /><br /><br /><span style="font-style:italic;">Fonte: Il Sole 24 Ore</span>

La malattia si comunica solo on line.

Con la Circolare n. 21 del 31 gennaio 2011, L'INPS ricorda che la Legge n. 183/2010 (c.d. “Collegato Lavoro”) prevede che i medici del S...

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Natura del credito per giudice ordinario o tributario.

La giurisdizione delle Commissioni tributarie presuppone la natura “tributaria” della controversia, con la conseguenza che il contenzioso avente a oggetto crediti non aventi carattere fiscale va devoluto alla cognizione del giudice ordinario.<br />Questo, in breve, il chiarimento fornito dalle sezioni unite della Cassazione con la sentenza 1864 del 27 gennaio, in un giudizio riguardante la debenza di somme dovute dall’interessato a seguito di un procedimento penale a suo carico.<br /><br />La vicenda e i giudizi di merito<br />A seguito di procedimento penale conclusosi con la condanna dell’imputato anche al pagamento della multa, delle spese processuali e di un’ammenda per inammissibilità del ricorso in Cassazione, l’agente della riscossione della provincia di Napoli notificava all’interessato una cartella di pagamento con la quale venivano richiesti oltre 21mila euro a titolo di “Cassa depositi e prestiti, Cassa ammende, Registro multe - Ammende - Sanzioni amministrative e Registro recuperi spese giustizia”.<br /><br />L’intimato proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale del capoluogo campano, che accoglieva il gravame, annullando l’atto impugnato.<br />L’Agenzia delle Entrate appellava la pronuncia di primo grado, eccependo che la fattispecie riguardava una materia non rientrante nella giurisdizione delle Commissioni tributarie.<br /><br />La Commissione regionale, peraltro, con sentenza 155/23/2007, dichiarava l’inammissibilità dell’impugnazione, rilevando che la relativa questione era stata dedotta per la prima volta in appello. A questo punto, l’Agenzia ricorreva dinanzi alla Corte di cassazione, censurando l’anzidetta statuizione in quanto la Ctr avrebbe dovuto riconoscere l’ammissibilità dell’eccezione e decidere nel merito, declinando la propria giurisdizione in favore del giudice ordinario.<br /><br />La pronuncia delle sezioni unite<br />I giudici di legittimità hanno preliminarmente statuito “in base al combinato disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 3 e 57” l’ammissibilità della questione di giurisdizione sollevata dall’ufficio, puntualizzando in proposito che l’eccezione in parola “rientra fra quelle proponibili anche per la prima volta in appello (v., in tal senso, anche C. Cass. 2008/24883)”.<br /><br />Quanto poi alla questione, di interesse in questa sede, del sollevato difetto di giurisdizione, le sezioni unite - premesso che “la giurisdizione delle Commissioni presuppone la natura tributaria della controversia, essendo stata, fra l’altro, dichiarata l’illegittimità della norma che riservava loro anche la cognizione delle sanzioni comunque irrogate dagli uffici finanziari (Corte cost. 2008/130)”, e rilevato che nel caso de quo si trattava, invece, di crediti “non aventi carattere fiscale” - hanno definito il giudizio riconoscendo nella fattispecie la giurisdizione ordinaria.<br />La fase di legittimità – i cui oneri, liquidati in 3.200 euro, 200 dei quali per esborsi, oltre le spese prenotate a debito, sono stati addossati al privato soccombente – si è conclusa con la cassazione della sentenza impugnata e la rimessione delle parti al competente giudice ordinario per la prosecuzione del giudizio.<br /><br />Considerazioni<br />La sentenza 1864/2011, intervenendo in ordine ai limiti della giurisdizione tributaria, conferma l’indirizzo secondo il quale il comma 1 dell’articolo 2 del Dlgs 546/1992 - nella parte in cui prevede che “Appartengono alla giurisdizione tributaria le controversie aventi ad oggetto… le sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari…” - va interpretato nel senso che, laddove si sia in presenza di pretese sanzionatorie non aventi carattere tributario, sussiste non la giurisdizione delle Commissioni tributarie ma quella del giudice ordinario.<br /><br />Tale interpretazione trova, tra gli altri, un autorevole precedente nella sentenza 130/2008 (non a caso richiamata dalle sezioni unite nella fattispecie in commento) con la quale la Corte costituzionale, intervenendo in tema di giurisdizione su sanzioni irrogate dall’Agenzia delle Entrate per l’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, ha a suo tempo dichiarato l’illegittimità costituzionale del citato articolo 2, comma 1, del Dlgs 546/1992, “nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie relative alle sanzioni comunque irrogate da uffici finanziari, anche laddove esse conseguano alla violazione di disposizioni non aventi natura tributaria” (si vedano, al riguardo, i chiarimenti forniti dall’Agenzia con la circolare 56/2008).<br /><br />I principi espressi dalla Consulta nella sentenza 130/2008, ribaditi in successive pronunce anch’esse sulla definizione dei limiti della giurisdizione tributaria, affermano dunque una regola di portata generale in ordine all’individuazione della competenza giurisdizionale sulle “sanzioni comunque irrogate da uffici finanziari”.<br /><br />Analogamente, nella sentenza 238/2009, sempre la Corte costituzionale ha ricordato che “Per costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, la giurisdizione del giudice tributario ‘deve ritenersi imprescindibilmente collegata’ alla ‘natura tributaria del rapporto’ (ordinanze n. 395 del 2007; n. 427, n. 94, n. 35 e n. 34 del 2006), con la conseguenza che l’attribuzione alla giurisdizione tributaria di controversie non aventi tale natura comporta la violazione del divieto costituzionale di istituire giudici speciali posto dall’art. 102, secondo comma, Cost. (sentenze n. 141 del 2009; n. 130 e n. 64 del 2008)”.<br /><br />In sostanza, come si evince anche dalla sentenza delle sezioni unite in commento, poiché l’ambito della giurisdizione tributaria è delimitato dall’articolo 2 del Dlgs 546/1992, occorre verificare la natura del credito cui si riferisce la pretesa portata all’attenzione del giudice, con il conseguente radicamento della giurisdizione speciale tributaria solo ove il rapporto presupposto abbia, per l’appunto, natura “tributaria”.<br /><br /><br /><span style="font-style:italic;">Fonte: Agenzia Entrate</span>

Natura del credito per giudice ordinario o tributario.

La giurisdizione delle Commissioni tributarie presuppone la natura “tributaria” della controversia, con la conseguenza che il contenzioso av...

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Una polizza che non assicura sconti. Indeducibili i premi per l’ex moglie.

L’assicurazione sulla vita versata a favore dell’ex moglie non può essere dedotta dal reddito complessivo dichiarato dal marito separato. La regola non cambia anche se è stato il Tribunale, in occasione della causa di divorzio, a disporre il pagamento.<br /> <br />Così ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza n. 2236 del 31 gennaio.<br /><br />Il fatto<br />Un contribuente presentava ricorso alla Ctp per una cartella di pagamento emessa a causa del disconoscimento, da parte dell’Agenzia delle Entrate, della deduzione effettuata, in occasione della dichiarazione dei redditi, del premio relativo alla polizza vita versata a favore della moglie divorziata.<br />Il ricorso veniva respinto, in prima battuta, dalla Commissione tributaria provinciale e, successivamente, anche dal giudice d’appello, che accoglieva le ragioni dell’Amministrazione finanziaria.<br /> <br />I motivi del ricorso<br />A questo punto il contribuente ricorreva alla Suprema Corte, sostenendo:<br />l’illegittimità della cartella di pagamento, perché non emessa a seguito di rettifica dei dati indicati nella dichiarazione dei redditi, ma per una diversa interpretazione della disciplina relativa agli oneri deducibili da parte del coniuge separato o divorziato. Di conseguenza, secondo il ricorrente, la “pretesa” del fisco non poteva scaturire da un controllo automatizzato svolto ai sensi dell’articolo 36-bis e l’iscrizione a ruolo non doveva prescindere da un accertamento preventivo<br />la violazione e falsa applicazione dell’articolo 10, comma 1, lettera c), del Tuir, oltre che insufficiente e/o contraddittoria motivazione. La norma in questione prevede la deducibilità degli assegni periodici corrisposti al coniuge divorziato o separato (esclusi quelli per il mantenimento dei figli) disposti dall’autorità giudiziaria.<br /><br />Le risposte dei giudici<br />Inammissibile, secondo i giudici, il primo motivo di ricorso, perché nuova la motivazione presentata, “giacché non dedotta” nei precedenti gradi di merito. La questione, inoltre, precisano i magistrati della Cassazione, “è rimessa alla discrezionalità della parte, e quindi non rilevabile d’ufficio”.<br /> <br />In relazione, invece, alla presunta violazione e falsa applicazione dell’articolo 10 del Tuir, la Suprema corte ha ritenuto infondato il motivo del ricorso e ha confermato il giudizio espresso in appello, secondo il quale “la deducibilità è limitata agli oneri costituiti dall’assegno di mantenimento del coniuge divorziato, e il beneficio non si estende ai premi pagati per l’assicurazione sulla vita a favore della moglie, ancorché ciò fosse stabilito con la sentenza del tribunale”.<br />Il pagamento della polizza vita a favore della moglie divorziata, infatti, non è materia di giurisdizione tributaria, ma riguarda la regolamentazione dei rapporti tra gli ex coniugi sotto il profilo civilistico. La questione, in sostanza, precisa la sentenza, non può “rilevare ai fini fiscali, non essendo consentita un’interpretazione analogica della disciplina di favore in siffatta materia”.<br /> <br />I magistrati ribadiscono che la deduzione Irpef prevista dall’articolo 10 del Tuir è applicabile limitatamente all’assegno di mantenimento versato periodicamente, il beneficio viene meno se si effettua il pagamento in un’unica soluzione. No allo sconto fiscale, quindi, nell’ipotesi descritta nel ricorso, dove il premio è versato a un “terzo” (la società assicuratrice) e non direttamente al coniuge e, “presumibilmente”, con un solo versamento.<br /> <br />A rafforzare le decisione, l’ordinanza 383/2001 della Corte costituzionale, che ha considerato la scelta discrezionale del legislatore di differenziare le due tipologie di assegno “né irragionevole né in contrasto con il principio di capacità contributiva” (cfr Cassazione 16462/2002, 795/2000).<br />Bocciate, in conclusione, le ragioni del contribuente e respinto il ricorso.<br /><br /><br /><span style="font-style:italic;">Fonte: Agenzia Entrate</span>

Una polizza che non assicura sconti. Indeducibili i premi per l’ex moglie.

L’assicurazione sulla vita versata a favore dell’ex moglie non può essere dedotta dal reddito complessivo dichiarato dal marito separato. La...

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Quesito: mettere in regola coniuge.

mia miglia ha un piccolo negozio di abbigliamento, può assumere me come dipendente a tempo determinato per poi fare la domanda di disoccupazione?

Quesito: mettere in regola coniuge.

mia miglia ha un piccolo negozio di abbigliamento, può assumere me come dipendente a tempo determinato per poi fare la domanda di disoccupaz...

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Quesito: compensazione debiti amministratore unico.

sono il titolare di una s.r.l. artigiana , formata da due soci, io con il<br />55% artigiano e mio fratello con il 45% socio di capitali, io sono anche<br />amministratote unico .Vorrei sapere se posso compensare i miei contributi da<br />artigiano con il credito iva derivante dalla società

Quesito: compensazione debiti amministratore unico.

sono il titolare di una s.r.l. artigiana , formata da due soci, io con il 55% artigiano e mio fratello con il 45% socio di capitali, io sono...

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Quesito: comodato-detrazioni utenze.

ho una seconda casa in comproprietà con mio marito. Vorremmo darla in comodato d’uso gratuito a mai sorella e a suo marito. Il marito vorrebbe detrarre il 50% delle utenze a lui intestate. Puo’ detrarle avendo un contratto contestato con la moglie o il contratto deve essere esclusivamente intestato a lui?

Quesito: comodato-detrazioni utenze.

ho una seconda casa in comproprietà con mio marito. Vorremmo darla in comodato d’uso gratuito a mai sorella e a suo marito. Il marito vorreb...

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Niente fideiussione se l'opera appaltata è già finita.

Nel caso in cui si ammettesse che la conclusione delle opere non sia di per sè preclusiva per la richiesta del mutuo e della successiva concessione della fideiussione, si concretizzerebbe un'anomala applicazione dell'istituto della garanzia, non coerente con quello disegnato dal Legislatore.<br /><br />La Corte dei conti, interpellata da un Sindaco ai sensi dall'art. 7, comma 8, L. 5 giugno 2003, n. 131, affronta la corretta applicazione delle norme fissate in materia di fideiussione dall'art. 207, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.<br /><br />In particolare, l'ipotesi in esame, concernente il caso di garanzia fideiussoria prestata dal comune in favore di terzi, i quali assumano mutui destinati ad investimenti consistenti in lavori per opere a fini culturali, sociali o sportivi su terreni di proprietà dell'ente, risulta consentita dal citato TUEL, ove se ne prevedono circostanziate modalità e condizioni senza fissarne, però, un limite temporale.<br /><br />Infatti, sul presupposto che le opere di realizzazione/ristrutturazione siano state interamente realizzate a regola d'arte, il Comune chiede se la fideiussione possa essere concessa ai terzi esecutori delle opere stesse solo prima che l'opera sia stata eseguita o possa ammettersi anche ad opere ultimate.<br /><br />Verificare legittimità e limiti degli interventi fideiussori che la P.A. intende realizzare, vale a salvaguardarne l'azione: sostenere finanziariamente cittadini, imprese o società mediante l'assunzione di garanzie, espongono infatti l'Ente ad un intervento diretto in caso d'insolvenza del primo obbligato, con tutti i risvolti finanziari, contabili e d'imputabilità che ne possono scaturire.<br /><br />Ancorché il contratto di fideiussione, con cui il fideiussore garantisce personalmente, nei confronti del creditore, l'adempimento di un'obbligazione altrui, sia un istituto privatistico (artt. 1936 e segg. cod. civ.), ha trovato sede anche nell'ordinamento degli Enti locali:<br /><br />- una prima completa trattazione gli viene riservato con l'art. 49, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, come integrato dall'art. 15, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336; l'abrogata norma ora corrisponde all'art. 207, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, come integrato col comma 68, art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311;<br /><br />- l'articolo del Tuel non ha subito modifiche di rilievo rispetto alla previgente normativa: solo al comma 2 è stato sostituito il riferimento all'art. 12, L. 23 dicembre 1992, n. 498, col richiamo all'art. 116, comma 1, Tuel, per recepire la norma in precedenza recata dalla L. n. 498 del 1992;<br /><br />- una novità riguarda le emissioni obbligazionarie in pool: il comma 68, art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311, ha aggiunto al citato art. 207 il comma 1-bis, consentendo che l'ente capofila presti un'unica garanzia fideiussoria, a fronte dell'intera emissione;<br /><br />- un limite al rilascio di fideiussioni era comunque già stabilito dall'art. 5, D.L. 28 novembre 1988, n. 511, come convertito dalla L. 27 gennaio 1989, n. 20.<br /><br />L'attuale normativa consente agli Enti locali di rilasciare garanzia fideiussoria, con apposita delibera consiliare, solo per assumere mutui che, a loro volta, sono ammessi solo per finanziare investimenti.<br /><br />Pur non rappresentando un indebitamento diretto, il rilascio di fideiussione limita la capacità d'indebitamento dell'Ente che offre tale garanzia, poiché le quote annuali degli interessi relativi alle operazioni d'indebitamento garantite da fideiussione concorrono al calcolo del limite massimo consentito per l'indebitamento.<br /><br />Il legislatore ha voluto evitare il rilascio di fideiussioni prive della reale possibilità per l'ente di far fronte agli eventuali relativi pagamenti e, nel contempo, che si addivenisse ad un'eccessiva diminuzione della possibilità d'assumere mutui.<br /><br />Va poi rilevato il divieto (art. 207 Tuel), di assumere garanzie fideiussorie nei confronti di terzi per fini diversi dall'assunzione di mutui, peraltro riconducibile al generale divieto per gli enti locali d'indebitarsi per spese non d'investimento, atteso che il rilascio di fideiussione che espone l'Ente al rischio d'escussione in caso d'insolvenza del debitore è assimilata dal legislatore ad un'ipotesi d'indebitamento e, come tale, limitata ad investimenti comportanti futuri vantaggi per la collettività.<br /><br />Il vigente ordinamento consente di prestare garanzia fideiussoria a favore di terzi nei soli casi di mutui per realizzare/ristrutturare opere a fini culturali, sociali o sportivi, su terreni di proprietà dell'ente locale subordinandoli ad una serie di condizioni riconducibili alla tutela della realizzazione dell'investimento a favore della comunità amministrata. In ultima analisi, dunque:<br /><br />a) l'ente locale può rilasciare garanzie fideiussorie per operazioni d'indebitamento a favore di:<br /><br />- aziende speciali, consorzi e comunità montane;<br /><br />- società di capitali che afferiscono all'ente o dallo stesso partecipate, per assumere mutui destinati alla realizzazione di opere necessarie al corretto svolgimento del servizio pubblico, e per la realizzazione d'infrastrutture ed altre opere d'interesse pubblico che non rientrino nelle competenze istituzionali di altri enti; in questo caso, l'ente rilascia fideiussione limitatamente alle rate d'ammortamento da corrispondere da parte della società sino al secondo esercizio finanziario successivo a quello dell'entrata in funzione dell'opera; inoltre, la fideiussione può essere rilasciata in misura non superiore alla propria quota percentuale di partecipazione alla società, per un concorso proporzionale dei soci al rilascio della garanzia;<br /><br />- terzi, per l'assunzione di mutui destinati a realizzare/ristrutturare opere a fini culturali, sociali o sportivi, su terreni di proprietà dell'ente locale; in quest'ipotesi, però, devono sussistere alcune condizioni essenziali: il progetto è approvato dell'ente; va stipulata apposita convenzione col soggetto mutuatario per regolare la possibilità d'utilizzo delle strutture, in funzione delle esigenze della collettività locale; la struttura realizzata, al termine della concessione, è acquisita al patrimonio dell'ente; la convezione da stipularsi deve regolare i rapporti tra ente e mutuatario nel caso di sua rinuncia all'opera.<br /><br />b) circa il tipo d'indebitamento che può essere garantito, è riservato un diverso trattamento alle società per azioni ed ai terzi rispetto agli altri soggetti: per aziende speciali, consorzi e comunità montane può essere garantita qualsiasi operazione, ma nel caso delle società per azioni e dei terzi deve trattarsi esclusivamente di mutuo; in particolare:<br /><br />1. le aziende speciali possono indebitarsi per fini istituzionali previsti ex lege, o per costruire nuovi impianti ovvero ampliare e migliorare attrezzature/impianti esistenti;<br /><br />2. per i consorzi che gestiscono attività imprenditoriali o servizi sociali, valgono le stesse regole delle aziende speciali; per gli altri consorzi valgono invece le norme previste per gli enti locali;<br /><br />3. le comunità montane possono contrarre mutui per acquisire terreni montani e per rimboschirli, e per investimenti relativi alle loro funzioni istituzionali/delegate.<br /><br />c) la garanzia dell'ente locale è alternativa/integrativa delle garanzie direttamente prestate dal soggetto mutuatario;<br /><br />d) le fideiussioni, deliberate dal Consiglio, sono sottoposte ai seguenti limiti: l'importo degli interessi annuali garantiti concorre alla formazione del limite complessivo all'indebitamento dell'ente e non può superare 1/5 di tale tetto; per le società di capitali, la garanzia dell'ente locale non può protrarsi oltre il secondo esercizio successivo a quello d'entrata in funzione dell'investimento, e deve riguardare una quota delle rate d'ammortamento non eccedente quella di partecipazione dell'ente alla società stessa.<br /><br />Poiché l'art. 207 Tuel rientra tra quelli che possono essere modificati attraverso il regolamento di contabilità (art. 152, comma 4, Tuel), il magistrato contabile ha in più occasioni ritenuto che l'Ente possa diversamente disciplinare la materia, ad esempio ampliando il novero dei soggetti nei confronti dei quali rilasciare garanzia, piuttosto che i presupposti per il suo rilascio, ferma restando la sussistenza di un adeguato interesse pubblico che motivi tale negozio, ovvero prevedere anche altre forme di garanzia, da gestire però sempre secondo criteri di prudenza.<br /><br />Per converso, a tutela degli equilibri di bilancio, non va trascurato il tema dei limiti per la concessione di garanzie fideiussorie, con particolare riferimento all'aspetto delle controgaranzie che l'ente locale fideiubente dovrebbe, per prudenza, pretendere dal beneficiario, tali da consentirgli quantomeno una posizione di privilegio in caso d'attivazione della fideiussione; è sempre nel regolamento di contabilità che queste questioni possono essere disciplinate, ricercando il giusto bilanciamento tra i diversi interessi e, laddove ciò avvenga, la disciplina regolamentare difforme prevale e sostituisce la disposizione di legge statale contenuta nell'art. 207 TUEL.<br /><br />Tutto quanto premesso, e per ritornare al nocciolo della questione, l'interpellata Corte dei conti-Sardegna, con deliberazione n. 6/2011/PAR del 18 gennaio 2011, pur precisando che la norma in questione non detta espressamente un termine entro il quale assumere il mutuo e riconoscere la garanzia, comunque rileva che la disposizione richiama la qualità di mutuatario in capo al soggetto concessionario fin dal momento della stipula della prevista convenzione con l'ente locale (TUEL, art. 207, comma 3, lett. a e lett. c), così ammettendo, quindi, che possa essere assistito da garanzia fideiussoria dell'ente pubblico solo il mutuo da utilizzarsi da parte del privato per provvedere alle convenute opere d'investimento produttive d'incremento patrimoniale e insistenti su terreni di proprietà comunale.<br /><br />Ciò, in quanto l'ente locale deve preventivamente ponderare le condizioni di massima che caratterizzeranno sia l'esecuzione delle opere/lavori, sia lo svolgimento successivo del rapporto convenzionale stipulato, oltreché la propria eventuale esposizione debitoria, e di qui la necessità che il ricorso al mutuo sia previamente portata a conoscenza dell'ente locale già in sede di convenzione, discendendone la possibilità che il mutuatario possa anche richiedere la fideiussione all'ente stesso.<br /><br />Viceversa, nel caso di opera interamente realizzata dal terzo, ovvero già completata nel rispetto delle clausole convenzionali a suo tempo concordate, l'interesse primario dell'ente locale proprietario alla realizzazione dell'investimento risulta sostanzialmente già conseguito e, pertanto, la sopraggiunta necessità di contrarre il mutuo non può che discendere da esigenze proprie esclusivamente del terzo.<br /><br />In conclusione, in assenza d'espressa tipizzazione normativa e con indefinite fattispecie che potrebbero in concreto determinarsi, il giudice dei conti non rinviene convincenti ragioni a sostegno di una tale ulteriore ipotesi; pertanto, ove si ammettesse che la conclusione delle opere non sia di per sè preclusiva per la richiesta del mutuo e della successiva concessione della fideiussione, si concretizzerebbe un'anomala applicazione dell'istituto della garanzia, non coerente con quello disegnato dal legislatore.<br /><br />(Corte dei conti Sardegna, Delibera 08/01/2011, n. 6)<br /><br /><br /><span style="font-style:italic;">Fonte: IPSOA</span>

Niente fideiussione se l'opera appaltata è già finita.

Nel caso in cui si ammettesse che la conclusione delle opere non sia di per sè preclusiva per la richiesta del mutuo e della successiva conc...

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Tutela dei consumatori, bocciata la commercializzazione di prodotti senza etichetta.

I barattoli di conserva o di pomodoro non possono uscire dallo stabilimento senza la propria etichetta identificativa. Scatta infatti il tentativo di frode commerciale se il barattolo di pomodoro o di conserva esce dallo stabilimento senza etichetta. L'apposizione della stessa deve essere contestuale al confezionamento perchè è da quel momento che decorre la scadenza del prodotto o il termine minimo di conservazione. Questo è il principio affermato dalla Cassazione, terza sezione penale, con la sentenza del 18 gennaio 2011 n. 1061.<br />Il fatto<br /><br />Il tribunale del riesame di Salerno, con ordinanza del 5 marzo del 2010, rigettava l’istanza avanzata nell’interesse del legale rappresentante di una società per azioni, diretta ad ottenere la revoca del sequestro preventivo di 3446 barattoli di pomodori risultati privi del codice identificativo del lotto di produzione e della data di produzione, disposto in danno del predetto, quale indagato per il delitto di tentata frode in commercio.<br /><br />Secondo l’ipotesi accusatoria recepita dal giudice per le indagini preliminari, la società per azione aveva consegnato per il confezionamento i barattoli oggetto del sequestro ad una società a responsabilità limitata perché la stessa provvedesse alla successiva commercializzazione, dopo avere apposto sui barattoli delle etichette false, non solo in ordine al lotto di produzione, ma anche alla società produttrice.<br /><br />La società per azioni, avverso la pronuncia del Tribunale di Salerno, proponeva ricorso in cassazione.<br /><br />Difesa della società per azioni in Cassazione<br /><br />L’avvocato della società deduce la violazione degli articoli 2, 14 e 27 del Dlgs 1992/109 perché la ricostruzione del tribunale si fonda sull’erronea premessa che esiste l’obbligo giuridico di apporre i codici identificativi del produttore e dell’anno di produzione contestualmente al riempimento del contenitore.<br /><br />Nel caso di specie la merce era ancora nella disponibilità giuridica del produttore, in quanto solo materialmente si trovava presso il deposito della ditta di etichettatura.<br /><br />Inoltre, il legale ha contestato che erroneamente era stata ravvisata una condotta inequivocabilmente idonea a trarre in inganno i futuri acquirenti delle confezioni di conserva di pomodoro sulla base della mera assenza di qualsiasi indicazione sulle confezioni del produttore; la tesi del tribunale si fonda su mere congetture ossia sull’illazione che la mancanza delle indicazioni fosse preordinata a future etichettature fraudolente, invece, la mancata contestuale indicazione riscontrata dagli inquirenti era dipesa dal mancato funzionamento della macchine aziendali per improvvise e temporanee carenze di erogazione di energia elettrica.<br /><br />La posizione della Cassazione<br /><br />La Cassazione rigetta il ricorso presentato dalla società per azioni e conferma il sequestro dei beni. I giudici di legittimità ricordano che l’articolo 7 del Dpcm 11 aprile del 1975 n. 428 - come modificato dall’articolo 27 del decreto legislativo del 27 gennaio del 1992 n. 109 – ha istituito un controllo qualitativo delle esportazioni di pomodori pelati e di concentrati . Inoltre la norma prevede che i contenitori dei prodotti fabbricati in Italia e destinati al consumatore, oltre alle menzioni obbligatorie prescritte dalle norme generali in materia di etichettatura, devono riportare: il nome o la ragione sociale o il marchio depositato della sede del fabbricante; la sede dello stabilimento; una dicitura di identificazione del lotto impressa o litografata o apposta in maniera indelebile sul contenitore o sul dispositivo di chiusura.<br /><br />Proseguono i giudici, che i barattoli contenenti i pomodori o le conserve di pomodoro non possono uscire dalla stabilimento produttivo senza l’indicazione dei dati identificativi. Tali indicazioni devono essere apposte al momento del confezionamento.<br /><br />La contestualità, ancorché non espressamente prevista dalla norma richiamata, si desume dal sistema perché dal confezionamento decorre la data di scadenza del prodotto o del termine minimo di conservazione. Spostare in avanti la data di produzione equivale anche a posticipare quella di scadenza del prodotto.<br /><br />La contestualità ha anche la finalità di evitare frodi comunitarie effettuate mediante l’immissione sul mercato di eccedenze produttive.<br /><br />Secondo la Cassazione, l’uscita dallo stabilimento di produzione di confezioni prive dei dati identificativi, mancando qualsiasi segnalazione su un eventuale malfunzionamento delle macchine predisposte per l’apposizione di tali dati, può, mediante l’apposizione di una data di produzione diversa da quella effettiva, costituire atto idoneo a porre in commercio prodotti aventi caratteristiche diverse da quelle effettive.<br /><br />Tale ipotesi nel caso concreto risulta avvalorata dalla circostanza che presso il depositario sono stati rinvenuti anche barattoli privi di segni identificativi, palesemente alterati. Di qui le accuse mosse ai vertici delle aziende. Infatti, affinché sussista la configurabilità del tentativo della frode in commercio, anche se il prodotto non è ancora uscito dalla sfera di disponibilità del produttore (e nella fattispecie secondo i giudici del merito era uscito perché già consegnato al depositario), è sufficiente che venga preparato con caratteristiche diverse da quelle dichiarate o prescritte dalla legge.<br /><br />Confezionare un prodotto senza la contestuale apposizione dei dati identificativi imposti dalla legge equivale a preparare un prodotto destinato al commercio in maniera diversa da quella prescritta. Per queste ragioni, era legittimo il sequestro delle confezioni prive di indicazioni.<br /><br />(Sentenza Cassazione penale 18/01/2011, n. 1061)<br /><br /><br /><span style="font-style:italic;">Fonte: IPSOA</span>

Tutela dei consumatori, bocciata la commercializzazione di prodotti senza etichetta.

I barattoli di conserva o di pomodoro non possono uscire dallo stabilimento senza la propria etichetta identificativa. Scatta infatti il ten...

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Enti non commerciali: arriva in rete la versione definitiva del Modello Unico.

Il 2 febbraio 2011 è stato pubblicato il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate che approva in via definitiva il Modello Unico ENC relativo al periodo d’imposta 2010. Il Modello definitivo che dovrà essere compilato dagli enti non commerciali ed equiparati, esclusi i trust soggetti all’IRES, riporta sostanzialmente le medesime novità già introdotte nella bozza. In particolare, viene introdotta la sezione dedicata all’incentivo fiscale previsto dalla c.d. "Tremonti tessile" in favore delle imprese del settore tessile e della moda che effettuano investimenti destinati alla realizzazione di campionari nell'UE (D.L. 40/2010). Trova posto, inoltre, il prospetto riservato alla disciplina del transfer pricing e la sospensione d’imposta prevista per i “contratti di rete”, introdotta dalla manovra correttiva 2010. <br /><br /><br /><span style="font-style:italic;">Fonte: Fisco Oggi</span>

Enti non commerciali: arriva in rete la versione definitiva del Modello Unico.

Il 2 febbraio 2011 è stato pubblicato il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate che approva in via definitiva il Modello Uni...

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Milleproroghe 2011: sono stati accolti gli emendamenti dell’Anci da parte del Governo.

I Comuni avranno la possibilità di utilizzare ancora i proventi degli oneri di urbanizzazione per finanziare la spesa corrente. I tetti all’indebitamento imposti dalla legge di stabilità, inoltre, potranno essere raggiunti in modo graduale. L’ANCI ha reso noto, il 2 febbraio 2011, che il Governo ha accolto in questo modo alcuni tra i più importanti emendamenti presentati al D.L. n. 225/2010 (c.d. “Milleproroghe”). Si attende ora la presentazione in Parlamento, da parte del Governo, degli emendamenti dell’ANCI ufficialmente accolti. <br /><br /><br /><span style="font-style:italic;">Fonte: Il Sole 24 Ore</span>

Milleproroghe 2011: sono stati accolti gli emendamenti dell’Anci da parte del Governo.

I Comuni avranno la possibilità di utilizzare ancora i proventi degli oneri di urbanizzazione per finanziare la spesa corrente. I tetti all’...

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Modalità e termini di esecuzione dei rimborsi dell’imposta sul valore aggiunto.

1. Modalità di richiesta di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto <br />1.1. I rimborsi dell’imposta sul valore aggiunto di cui all’articolo 38-bis, comma 1, <br />del decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 633, e <br />successive modificazioni, sono richiesti tramite presentazione della <br />dichiarazione annuale ai fini dell’imposta sul valore aggiunto o della <br />dichiarazione unificata di cui all’articolo 3, comma 1, del decreto del <br />Presidente della Repubblica del 22 luglio 1998, n. 322, e successive <br />modificazioni.<br />1.2. In sede di presentazione della dichiarazione, nell’apposito quadro, i richiedenti <br />possono scegliere, ai sensi dell’articolo 20, comma 1, del decreto <br />interministeriale 28 dicembre 1993, n. 567, per l’erogazione del rimborso in <br />conto fiscale con le modalità previste dall’articolo 20, comma 4, dello stesso <br />decreto interministeriale ed entro i limiti previsti dalle vigenti disposizioni al <br />momento della richiesta di rimborso. <br />1.3. La rettifica della somma richiesta a rimborso in conto fiscale avviene mediante <br />presentazione di una dichiarazione annuale dell’imposta sul valore aggiunto o <br />di una dichiarazione unificata integrativa. La presentazione di una <br />dichiarazione integrativa determina la valutazione del competente ufficio <br />dell’Agenzia delle Entrate ai fini dell’esecuzione del rimborso. <br />1.4.Qualora i rimborsi di cui al punto 1.1 siano richiesti da un ente o società <br />controllante è fatto obbligo alla società controllata che ha trasferito l’eccedenza <br />di credito d’imposta all’ente o società controllante di presentare, <br />preventivamente, la propria dichiarazione. <br />2. Comunicazioni dei dati relativi ai rimborsi <br />2.1. Entro dieci giorni dall’invio della dichiarazione, l’Agenzia delle Entrate, <br />qualora il richiedente abbia scelto l’erogazione del rimborso in conto fiscale <br />con le modalità previste dall’articolo 20, comma 4, del decreto <br />interministeriale 28 dicembre 1993, n. 567, trasmette all’agente della <br />riscossione presso cui il richiedente è intestatario del conto fiscale i dati relativi <br />alle richieste di rimborso con le modalità ed il contenuto di cui all’allegato A. <br />2.2. Sono approvate le specifiche tecniche concernenti le modalità di scambio delle <br />informazioni tecniche tra Agenzia delle Entrate ed agenti della riscossione di <br />cui agli allegati B e C.<br />3. Attività dell’agente della riscossione nel caso di scelta del richiedente per <br />l’erogazione del rimborso con le modalità previste dall’articolo 20, comma 4, del <br />decreto interministeriale 28 dicembre 1993, n. 567 <br />3.1.Qualora il richiedente abbia effettuato la scelta di cui al punto 1.2, l’agente <br />della riscossione, entro dieci giorni dalla comunicazione di cui al punto 2.1, <br />chiede al richiedente, se dovuta, la prestazione di una delle garanzie di cui <br />all’articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre <br />1972, n. 633 ovvero la dichiarazione sostitutiva prevista dalla lettera c), settimo <br />comma, del medesimo articolo 38-bis. <br />3.2. L’agente della riscossione, nel rispetto dei criteri e dei termini di cui al comma <br />4 dell’articolo 20 del decreto interministeriale 28 dicembre 1993, n. 567, eroga <br />il rimborso tramite accreditamento sul conto corrente bancario o postale <br />comunicato dall’intestatario del conto fiscale. <br />3.3. Per quanto non espressamente previsto dal presente provvedimento continuano <br />ad applicarsi, in quanto compatibili, le vigenti disposizioni in materia di <br />rimborsi erogabili mediante le modalità di cui all’articolo 78, commi dal 33 al <br />38, della legge del 30 dicembre 1991, n. 413, e relativi decreti attuativi <br />concernenti l’istituzione ed il funzionamento del conto fiscale. <br />4. Attività dell’agente della riscossione nel caso di mancata scelta del richiedente <br />4.1.Qualora il richiedente non abbia effettuato la scelta di cui al punto 1.2, il <br />rimborso disposto dal competente ufficio è erogato con le modalità e i termini <br />previsti dall’articolo 20, comma 4-bis, del decreto interministeriale 28 <br />dicembre 1993, n. 567.<br />5. Effetti <br />5.1. I rimborsi dell’imposta sul valore aggiunto sono eseguiti secondo le modalità <br />previste dal presente provvedimento a decorrere da quelli richiesti con le <br />dichiarazioni relative al periodo di imposta 2010. <br />Motivazioni <br />L’articolo 10, comma 1, lett. a), n. 3.1, del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, <br />convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, ha sostituito l’ottavo <br />ed il nono periodo del comma 1 dell’articolo 38-bis, del decreto del Presidente della <br />Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 633, introducendo l’attuale ultimo periodo, a norma <br />del quale, con provvedimento del Direttore dell’Agenzia, sono stabilite le ulteriori <br />modalità ed i termini per l’esecuzione dei rimborsi dell’imposta sul valore aggiunto. <br />Tale disposizione, finalizzata all’incremento dell’efficienza nella gestione dei <br />rimborsi di imposte, rappresenta un ulteriore progresso verso la semplificazione degli <br />adempimenti dei contribuenti, in un’ottica di costante miglioramento del rapporto con <br />il fisco. <br />Dal 1 febbraio 2011 sarà possibile richiedere i rimborsi dell’IVA, a partire da <br />quelli annuali relativi all’anno d’imposta 2010, direttamente in sede di presentazione <br />della dichiarazione annuale, senza più la necessità di presentare il modello VR <br />cartaceo all’agente della riscossione. La dichiarazione IVA 2011 contiene infatti il <br />nuovo quadro VR, semplificato rispetto al tradizionale modello in quanto alcuni dati <br />sono già presenti in altri quadri. <br />Inoltre, i contribuenti che presentano la dichiarazione IVA annuale entro il mese <br />di febbraio sono esonerati dalla presentazione della “comunicazione annuale dati <br />IVA”. <br />Al fine di dare attuazione alle predette disposizioni, con il presente <br />provvedimento sono disciplinate le attività dell’Agenzia delle Entrate e dell’agente <br />della riscossione e sono approvate le specifiche tecniche per la trasmissione dei flussi telematici di interscambio delle informazioni tecniche relative alla gestione dei <br />rimborsi in conto fiscale. <br />Riferimenti normativi <br />a) Attribuzioni del Direttore dell’Agenzia delle Entrate: <br />Decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (art. 57; art. 62; art. 66; art. 67, comma 1; <br />art. 68, comma 1; art. 71, comma 3, lettera a); art. 73, comma 4); <br />Statuto dell’Agenzia delle Entrate, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 42 del 20 <br />febbraio 2001 (art. 5, comma 1; art. 6, comma 1); <br />Regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle Entrate, pubblicato nella Gazzetta <br />Ufficiale n. 36 del 13 febbraio 2001 (art. 2, comma 1); <br />Decreto del Ministro delle Finanze 28 dicembre 2000, pubblicato nella Gazzetta <br />Ufficiale n. 9 del 12 gennaio 2001. <br />b) Disciplina normativa di riferimento <br />Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive <br />modificazioni: istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto (articolo 38-<br />bis); <br />Legge 30 dicembre 1991, n. 413: Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per <br />razionalizzare, facilitare e potenziare l’attività di accertamento; disposizioni per la <br />rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonché per riformare il <br />contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al <br />Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; <br />istituzioni dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale (articolo 78, commi dal 27 <br />al 38); <br />Decreto interministeriale 28 dicembre 1993, n. 567: regolamento di attuazione <br />dell'art. 78, commi da 27 a 38, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, concernente <br />l'istituzione del conto fiscale; 6<br />Decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241: norme di semplificazione degli adempimenti <br />dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell’imposta sul valore aggiunto, <br />nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni (articolo 25); <br />Decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322: regolamento recante <br />modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, <br />all'imposta regionale sulle attività produttive e all'imposta sul valore aggiunto, ai sensi <br />dell'articolo 3, comma 136, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (articoli 2 e 3); <br />Decreto 1° febbraio 1999: apertura di contabilità speciale per l’effettuazione dei <br />rimborsi da conto fiscale; <br />Legge 23 dicembre 2000, n. 388: disposizioni per la formazione del bilancio annuale e <br />pluriennale dello Stato (articolo 34); <br />Decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto <br />2009, n. 102: provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini (articolo 10, comma <br />1, lett. a), n. 3.1)

Modalità e termini di esecuzione dei rimborsi dell’imposta sul valore aggiunto.

1. Modalità di richiesta di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto 1.1. I rimborsi dell’imposta sul valore aggiunto di cui all’articolo ...

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Risposte a quesiti relativi all’obbligo di comunicazione delle operazioni realizzate da soggetti passivi IVA con operatori economici black list.

1. Operazioni oggetto di comunicazione <br />1.1 Importazioni <br />D: La base imponibile dei beni importati comprende, di regola, oltre ai dazi <br />doganali, anche il costo dei servizi di trasporto. Considerato, inoltre, che il tasso di <br />cambio doganale - adottato per stabilire il valore doganale della merce - non <br />coincide con quello utilizzato per la registrazione dell’acquisto in contabilità <br />generale, si chiede di precisare quali dati rilevino ai fini dell’obbligo di <br />comunicazione. <br />R: In linea generale, la bolletta doganale acquisisce, ai fini IVA, la natura di <br />documento equipollente alla fattura. Le importazioni devono, quindi, essere <br />segnalate nell’ambito delle operazioni passive – di cui ai righi A19 e seguenti del <br />modello di comunicazione – tenendo conto dei dati indicati nelle bollette doganali. <br />Peraltro, se la registrazione in contabilità generale dell’operazione di <br />importazione è antecedente rispetto all’annotazione nei registri IVA della bolletta<br />doganale, l’importatore deve tener conto, ai fini dell’obbligo di segnalazione, dei <br />dati indicati in contabilità generale, salva la successiva integrazione dei dati <br />eventualmente mancanti – al momento in cui riceve la bolletta doganale e senza <br />applicazione di sanzioni – da inserire nei righi A28 e A29 del modello di <br />comunicazione. <br />1.2 Spese di trasferta dei dipendenti <br />D: Si chiede di precisare se i documenti di spesa intestati ai dipendenti in <br />trasferta e inclusi nella nota spese debbano essere indicati nel modello di <br />comunicazione, qualora tali spese attengano a operazioni economiche realizzate con <br />soggetti localizzati in Paesi a regime fiscale privilegiato. <br />R: In considerazione della finalità di contrasto alla frode e all’evasione <br />fiscale perseguita con l’introduzione dell’obbligo di comunicazione, sono escluse <br />dall’ambito applicativo di tale adempimento le prestazioni di servizi (ad esempio <br />prestazioni di trasporto, prestazioni alberghiere, ecc.) di cui fruisce il dipendente in <br />occasione di trasferte in Paesi a regime fiscale privilegiato in tutti i casi in cui dette <br />spese – di regola, di importo esiguo – siano correttamente classificate nel costo del <br />personale secondo i principi contabili adottati dall’impresa. <br />1.3Cessioni gratuite di beni <br />D: Si chiede se debbano essere segnalate le cessioni gratuite di beni realizzate <br />con operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi c.d. black list. <br />R: Le cessioni gratuite di beni sono, in linea generale, operazioni soggette ad <br />IVA ai sensi dell’art. 2, secondo comma, n. 4), del D.P.R. n. 633 del 1972. <br />Conseguentemente, le stesse formano oggetto dell’obbligo di comunicazione <br />se la controparte è un operatore economico situato in un Paese c.d. black list. <br />Tuttavia, sono escluse dall’obbligo di comunicazione - in quanto cessioni non <br />soggette ad IVA - le cessioni gratuite di beni la cui produzione o il cui commercio<br />non rientra nell’attività propria dell’impresa - semprechè il relativo costo unitario <br />non sia superiore a euro 25,82 - ovvero di beni per i quali, all’atto del loro acquisto o <br />importazione, non sia stata operata la detrazione dell’imposta ai sensi dell’art. 19-<br />bis1 del D.P.R. n. 633 del 1972. Analogamente, devono ritenersi escluse <br />dall’obbligo di segnalazione le cessioni di campioni gratuiti di modico valore <br />appositamente contrassegnati che, ai sensi dell’art. 2, terzo comma, lett. d), del <br />medesimo D.P.R. n. 633 del 1972, non sono considerate cessioni di beni. <br />1.4Acquisti da un operatore economico non black list con rappresentante <br />fiscale nominato in un Paese a regime fiscale privilegiato <br />D: Devono essere comunicati gli acquisti effettuati presso il rappresentante <br />fiscale - nominato in un Paese black list - di un fornitore che non è stabilito in un <br />Paese a regime fiscale privilegiato? <br />R: La circolare n. 53 del 2010 (cfr. paragrafo 2.1) ha incluso tra le operazioni <br />soggette all’obbligo di comunicazione le operazioni realizzate da un soggetto <br />passivo IVA nei confronti del rappresentante fiscale di un operatore economico <br />avente sede, residenza ovvero domicilio in un Paese a regime fiscale privilegiato, <br />anche qualora il rappresentante fiscale sia nominato in un Paese non incluso nella <br />black list. Tale soluzione è coerente con il ruolo del rappresentante fiscale, vale a <br />dire quello di mandatario del soggetto estero “rappresentato”, tramite il quale <br />quest’ultimo adempie gli obblighi d’imposta previsti dalla legge ed esercita i diritti <br />derivanti dall’applicazione del tributo. <br />Pertanto, in linea con tale orientamento interpretativo, sono escluse <br />dall’adempimento in esame le prestazioni di servizi e le cessioni di beni realizzate <br />presso il rappresentante fiscale, nominato in uno degli Stati o territori inclusi nella <br />black list, qualora l’operatore economico “rappresentato” – che costituisce la <br />controparte dell’operazione - non sia localizzato in alcuno di detti Stati o territori.<br />1.5Acquisti di servizi territorialmente rilevanti nel Paese del prestatore <br />D: La fattura relativa ai servizi territorialmente rilevanti nello Stato a regime <br />fiscale privilegiato espone l’imposta pagata dal soggetto passivo IVA al prestatore <br />estero. Si chiede di precisare se nel modello di comunicazione debba essere indicata <br />separatamente l’eventuale imposta pagata all’estero. <br />R: L’art. 3 del D.M. 5 agosto 2010 ha esteso l’obbligo di comunicazione alle <br />prestazioni di servizi acquistate presso operatori economici aventi sede, residenza o <br />domicilio in un Paese black list non soggette ad IVA in quanto prive del requisito <br />della territorialità. Come si evince dal modello, tali operazioni - il cui ammontare è <br />comprensivo dell’imposta pagata all’estero - devono essere indicate nel rigo A27 del <br />modello di comunicazione (“Importo complessivo degli acquisti di servizi”) al lordo <br />dell’eventuale imposta assolta all’estero. <br />1.6Commissioni bancarie addebitate da un istituto di credito residente in <br />un Paese a regime fiscale privilegiato <br />D: Si chiede di precisare se debba essere comunicata l’operazione consistente <br />nell’addebito di commissioni bancarie da parte di un istituto di credito localizzato in <br />un Paese a regime fiscale privilegiato. <br />R: L’addebito di commissioni bancarie da parte dell’istituto di credito <br />localizzato in un Paese black list concretizza un’operazione esente a norma dell’art.<br />10, primo comma, n. 1), del D.P.R. n. 633 del 1972, a fronte dalla quale il soggetto <br />passivo IVA provvede all’autofatturazione indicando in fattura, anziché l’IVA <br />dovuta, gli estremi normativi in base ai quali l’operazione risulta esente. Come <br />precisato nella circolare 12 marzo 2010, n. 12\E (cfr. paragrafo 3.1), la fattura deve <br />essere annotata nel registro delle fatture emesse e in quello delle fatture di acquisto <br />(cfr. artt. 23 e 25 del D.P.R. n. 633 del 1972). Conseguentemente, l’operazione in <br />argomento deve essere segnalata posto che la stessa si realizza con un operatore <br />economico stabilito in un Paese black list ed è, altresì, soggetta all’obbligo di <br />registrazione. <br />1.7Operazioni attive e passive dei tour operator<br />D: Si chiede di precisare come debbano essere classificate nell’ambito del <br />modello di comunicazione le operazioni attive e passive dei tour operator atteso che <br />nelle relative fatture l’IVA non è esposta separatamente. <br />R: Le operazioni realizzate dai tour operator con operatori economici stabiliti in <br />Paesi a regime fiscale privilegiato dovrebbero, a rigore, essere indicate nel modello <br />di comunicazione tra le operazioni imponibili. Peraltro, atteso che le fatture emesse <br />a fronte delle suddette operazioni non evidenziano separatamente l’imposta e, <br />conseguentemente, stante l’impossibilità di indicare l’importo complessivo della <br />relativa imposta, le operazioni devono essere indicate tra le operazioni non soggette <br />ad IVA, al fine di superare i problemi tecnici che si presenterebbero in sede di <br />trasmissione del modello di comunicazione. <br />1.8Carte carburanti per rifornimenti effettuati dal contribuente italiano in <br />Paese a fiscalità privilegiata <br />D: Sono da inserire nella black list le carte carburanti per rifornimenti <br />effettuati dal contribuente italiano in Paese a fiscalità privilegiata (esempio, in <br />Svizzera)? <br />R: La disciplina della c.d. scheda carburante, contenuta nel DPR n. 444 del <br />1997, si applica agli acquisti di carburante effettuati nel territorio dello Stato, non <br />anche agli acquisti effettuati al di fuori del territorio nazionale. <br />In via generale, le operazioni di acquisto di carburante e lubrificanti per <br />autotrazione effettuate da soggetti IVA presso distributori stabiliti in paesi black list, <br />in quanto operazioni non soggette all’imposta sul valore aggiunto, non sono soggette <br />all’obbligo di registrazione ai fini IVA e, quindi, neppure alla comunicazione in <br />esame. L’obbligo di comunicazione, infatti, per quanto concerne le operazioni non <br />soggette a registrazione ai fini IVA, riguarda solo le prestazioni di servizi <br />territorialmente non rilevanti nello Stato agli effetti dell’imposta sul valore <br />aggiunto, in virtù di espressa previsione contenuta nell’articolo 3 del D.M. 5 agosto <br />2010. <br />1.9Vendite non documentate da fattura <br />D. Si chiede conferma del fatto che le operazioni dei commercianti al <br />dettaglio e dei soggetti equiparati, effettuate senza emissione di fattura (scontrino <br />fiscale o ricevuta fiscale) non devono essere comunicate tra le operazioni black list,<br />in quanto manca la possibilità per il contribuente di identificare la controparte. <br />R.: Ai sensi dell’articolo 22 del dPR 26 ottobre 1972, n. 633, i soggetti che <br />svolgono attività di commercio al minuto e assimilate sono esonerati dall’obbligo di <br />emissione della fattura sempreché la stessa non sia richiesta dal cliente non oltre il <br />momento di effettuazione dell’operazione. I medesimi soggetti sono, però, tenuti, <br />per evidenti necessità di controllo da parte dell’Erario, alla certificazione fiscale dei <br />corrispettivi mediante il rilascio della ricevuta o dello scontrino fiscale. <br />Ne consegue che, limitatamente all’ipotesi in cui operi la semplificazione di cui al <br />richiamato articolo 22 e vengano emessi, al posto della fattura, la ricevuta o lo <br />scontrino fiscale, poiché da tali documenti non è possibile desumere tutti gli <br />elementi informativi da indicare nella comunicazione delle operazioni effettuate nei <br />confronti di un operatore economico avente sede, residenza o domicilio in un Paese <br />black list, di cui all’articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2010, n. 40, i dettaglianti ed i soggetti agli stessi equiparati sono esonerati dal predetto obbligo di <br />comunicazione. <br />1.10 Stabili organizzazioni <br />D. La ris. n. 121/E/2010 ha precisato che rientrano negli obblighi di <br />comunicazione anche le operazioni svolte da una stabile organizzazione in un paese <br />black list di un contribuente italiano, nei confronti di clienti e fornitori pure <br />domiciliati in black list. <br />Si chiede se tale regola deve estendersi anche ad operazioni verso contribuenti black <br />list effettuate da stabili organizzazioni di contribuenti italiani in paesi non black list <br />R.: Al fine di prevenire fenomeni a particolare rischio di frode fiscale, <br />l’articolo 3, comma 1, del decreto ministeriale 5 agosto 2010 ha esteso l’obbligo di <br />comunicazione di cui all’articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2010, n. 40 anche <br />“alle prestazioni di servizi che non si considerano effettuate nel territorio dello <br />Stato agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto e che sono rese o ricevute nei <br />confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio nei Paesi <br />cosiddetti black list”. <br />La risoluzione n. 121/E del 29 novembre 2010 - da interpretare, in accordo al <br />richiamato decreto, limitatamente alle sole prestazioni di servizi non soggette ad <br />imposta per carenza del requisito territoriale - ha chiarito che le stesse, se effettuate <br />dalla stabile organizzazione in un paese black list di un operatore passivo italiano, <br />sono soggette all’obbligo di comunicazione di cui al citato articolo 1 del decreto <br />legge n. 40 del 2010. <br />Principio desumibile dal suddetto documento di prassi è che il rapporto che lega la <br />stabile organizzazione e la casa madre è un rapporto di trasparenza, nel senso che la <br />prima costituisce un’articolazione della seconda e non un soggetto distinto dalla <br />medesima. <br />In applicazione, quindi, del medesimo principio di “trasparenza”, anche per le <br />prestazioni di servizi poste in essere nei confronti di un operatore economico <br />stabilito in un Paese black list, dalla stabile organizzazione, situata in un Paese a <br />fiscalità ordinaria, di un soggetto economico residente in Italia, andrà adempiuto <br />l’obbligo di comunicazione di cui al citato articolo 1 del decreto legge n. 40 del <br />2010. <br />1.11 Cessioni e acquisti di beni “estero su estero” <br />D. Si chiede conferma del fatto che le cessioni di beni effettuate <br />direttamente all’estero (fuori campo IVA art. 7-bis, DPR 633/72) e gli acquisti di <br />beni all’estero senza successiva importazione (in quanto ivi mantenuti o consumati, <br />come acquisti di carburanti o simili) sono esonerati da comunicazione, non <br />rientrando nei casi di operazioni “non soggette” previsti dalla norma (operazioni con <br />obbligo di fatturazione e prestazioni di servizi con carenza del requisito di <br />territorialità). <br />Dette cessioni o acquisti estero su estero devono essere comunicate solo se effettuate <br />dalla stabile organizzazione del soggetto residente (ris. 121/E/2010). <br />R. Con riferimento all’ipotesi di operazioni effettuate dalla stabile <br />organizzazione di un soggetto passivo Italiano in un paese c.d. black list , con <br />risoluzione n. 121 del 2010, è stato affermato il principio secondo cui le operazioni <br />che avvengono tra la stabile organizzazione di un soggetto economico residente in <br />Italia, stabilita in un Paese black list, e soggetti economici ivi operanti, va adempiuto <br />l’obbligo di comunicazione di cui all’art. 1 del D.L. n. 40 del 2010. <br />Tale obbligo deve, tuttavia, essere interpretato conformemente a quanto disposto <br />dall’articolo 3, comma 1, del D.M. 5 agosto 2010 – peraltro espressamente <br />richiamato nel documento di prassi citato - che ha esteso l’obbligo di comunicazione<br />alle sole prestazioni di servizi non soggette ad imposta per carenza del requisito <br />territoriale. <br />Pertanto, poiché le cessioni/acquisti di beni non soggetti ad imposta sul valore <br />aggiunto non sono soggette all’obbligo di comunicazione in esame, si è dell’avviso <br />che le medesime considerazioni valgano anche quando la cessione/acquisto venga <br />effettuata dalla stabile organizzazione del soggetto residente nei confronti di un <br />operatore economico avente sede, residenza o domicilio in un Paese black list. <br /> <br />1.12 Dichiarazione in caso di fusione <br />D. Applicando le istruzioni che furono previste per gli elenchi clienti e <br />fornitori italiani del 2007, la società incorporante deve presentare, per il periodo in <br />cui ha avuto effetto una operazione di fusione, due distinte comunicazioni: una per <br />sé stessa ed una separata per il soggetto incorporato relativamente alle operazioni <br />effettuate tra l’inizio del periodo e la data di efficacia giuridica dell’operazione. <br />Dovrà inoltre essere presentata, se non vi ha provveduto la società estinta, la <br />dichiarazione per il periodo chiuso prima della data di effetto dell’operazione. In <br />entrambi i casi nel frontespizio andrà riportato il codice carica 9. <br />Si chiede conferma di tale impostazione, in quanto diversi sono invece i criteri <br />fissati dall’Agenzia delle entrate per la comunicazione delle operazioni superiori a <br />3.000 euro (Provvedimento del 22 dicembre 2010). In questo caso, infatti, <br />l’incorporante dovrà trasmettere un unico elenco contenente anche i dati del <br />soggetto estinto. <br />R. Al fine di individuare le modalità di assolvimento dell’obbligo di <br />comunicazione delle operazioni intercorse con paesi c.d. black list occorre osservare <br />che tale adempimento, a differenza del soppresso elenco clienti e fornitori e <br />dell’attuale comunicazione delle operazioni IVA rilevanti, ha cadenza periodica <br />mensile ovvero, al ricorrere dei presupposti, trimestrale. <br />Ciò vuol dire che, nel caso in cui nel corso dell’anno il soggetto obbligato alla <br />comunicazione si estingua a seguito di un’operazione straordinaria, il soggetto <br />risultante è tenuto a presentare il modello di comunicazione per il quale il termine di <br />presentazione non risulti ancora scaduto al momento in cui l’operazione <br />straordinaria ha effetto, anche se relativo ad operazioni effettuate anteriormente dal <br />soggetto estinto. <br />Nel caso in cui relativamente ad un periodo di riferimento debbano essere <br />comunicate operazioni in parte effettuate dal soggetto estinto ed in parte effettuate <br />dal nuovo soggetto risultante dall’operazione straordinaria, quest’ultimo potrà <br />presentare un’unica comunicazione riepilogativa, analogamente a quanto previsto <br />per la comunicazione delle operazioni IVA superiori a 3.000 euro. <br />2. Momento rilevante ai fini della comunicazione <br />2.1 Acquisto di servizi in reverse-charge<br />D: Si chiede di precisare il momento rilevante ai fini della comunicazione di <br />un acquisto di servizi, per il quale si applica il meccanismo del reverse-charge, <br />qualora l’operazione sia registrata nelle scritture contabili obbligatorie prima <br />dell’assolvimento dell’imposta mediante detto meccanismo. <br />R: Secondo i chiarimenti resi con la circolare 21 ottobre 2010, n. 53 (cfr. <br />paragrafo 3.1) il momento rilevante per determinare il periodo in cui comprendere le <br />operazioni da segnalare coincide con la data di registrazione nei registri IVA delle <br />fatture relative alle operazioni realizzate ovvero – se precedente o alternativa - alla <br />data registrazione di tali operazioni nelle scritture contabili obbligatorie. Pertanto, <br />l’acquisto di servizi deve essere segnalato tenendo conto della data di annotazione <br />dell’operazione nei registri di contabilità generale qualora - come rappresentato nel <br />quesito - la stessa sia anteriore all’annotazione dell’autofattura nei registri IVA. <br />2.2 Note di variazione relative ad operazioni realizzate prima del 1° <br />luglio 2010 <br />D: Si chiede di precisare se le note di variazione, emesse o ricevute, relative <br />ad operazioni registrate prima del 1° luglio 2010 - vale a dire prima del termine di <br />decorrenza dell’obbligo di comunicazione - debbano essere incluse nel modello di <br />comunicazione. <br />R: In base all’art. 5, comma 1, del D.M. 30 marzo 2010, l’obbligo di <br />comunicazione delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi realizzate con <br />operatori economici stabiliti in Paesi black list trova applicazione con riferimento <br />alle operazioni effettuate dal 1° luglio 2010. Pertanto, sono escluse dall’obbligo di <br />comunicazione le note di variazione (emesse o ricevute) relative ad operazioni poste <br />in essere prima della predetta data in quanto tali operazioni non hanno formato <br />oggetto di comunicazione. <br />2.3 Fatture di acconto <br />D: Si chiede di precisare il momento rilevante, ai fini della comunicazione, di <br />un’operazione consistente nella fornitura di beni destinati ad essere esportati qualora <br />la controparte corrisponda un acconto sul prezzo. <br />R: L’obbligo di comunicazione ha ad oggetto le operazioni realizzate con <br />operatori economici stabiliti in Paesi black list registrate ovvero soggette a <br />registrazione. Atteso che al momento del pagamento di ciascun acconto sul prezzo <br />concordato per la fornitura dei beni destinati all’estero deve essere emessa, e <br />successivamente registrata, la relativa fattura, il momento rilevante, ai fini <br />dell’obbligo di comunicazione, coincide con la data di registrazione delle fatture <br />relative agli acconti ricevuti nei registri IVA ovvero nelle scritture contabili. In tal <br />caso, l’importo dell’operazione da indicare nel modello di comunicazione <br />corrisponde all’ammontare dell’acconto fatturato.<br />3. Determinazione della periodicità <br />3.1 Transazioni con Cipro, Malta e Corea del Sud <br />D: Si chiede di precisare se, ai fini del calcolo della periodicità (mensile <br />ovvero trimestrale) di presentazione del modello di comunicazione, in sede di prima <br />applicazione del nuovo adempimento, si debba tener conto delle operazioni <br />realizzate - prima del 1° luglio 2010 - con operatori economici localizzati nei <br />territori di Cipro, Malta e Corea del Sud. <br />R: In base all’art. 2 del D.M. 30 marzo 2010 per stabilire la periodicità, <br />mensile ovvero trimestrale, di presentazione della comunicazione si deve aver <br />riguardo all’ammontare totale di ciascuna categoria di operazioni da comunicare <br />realizzate nei quattro trimestri precedenti rispetto a quello di riferimento. <br />Come precisato con la circolare n. 53 del 2010, l’art. 4, comma 1, del D.M. 5 <br />agosto 2010 esclude dal novero delle operazioni che formano oggetto dell’obbligo di <br />comunicazione, già a partire dal mese di luglio 2010, quelle realizzate con soggetti <br />stabiliti nei territori di Cipro, Malta e Corea del Sud. Conseguentemente, già in <br />occasione del primo invio del modello di comunicazione, tali operazioni non <br />assumono rilevanza ai fini della determinazione della periodicità di presentazione <br />del modello. <br />3.2 Opzione per la periodicità mensile <br />D: I soggetti che sono tenuti alla presentazione della comunicazione <br />telematica con periodicità trimestrale possono presentarla con periodicità mensile <br />per l'intero anno solare. Tale scelta, che deve essere manifestata barrando nel <br />modello relativo alla prima comunicazione mensile l’apposita casella denominata <br />“Variazione di periodicità”, vincola il contribuente alla presentazione mensile per <br />l’intero anno solare. Si chiede se un contribuente trimestrale che nella <br />comunicazione periodica di luglio abbia optato per la periodicità mensile di <br />presentazione, nel caso in cui intenda mantenere anche per l’anno 2011 la periodicità mensile, debba nuovamente barrare la casella “Variazione di periodicità” <br />nella comunicazione di gennaio 2011. <br />R: La scelta della periodicità mensile, da parte di un contribuente trimestrale, <br />vincola quest’ultimo almeno fino al termine dell’anno solare nel corso del quale ha <br />esercitato la scelta stessa e, comunque, fino a successiva revoca da esercitarsi <br />barrando nel modello relativo alla prima comunicazione utile l’apposita casella <br />denominata “Variazione di periodicità”. In tale senso, devono considerarsi integrate <br />le istruzioni relative al modello di comunicazione.<br />4. Comunicazione integrativa e ravvedimento operoso <br />4.1 Rapporti tra comunicazione integrativa e ravvedimento operoso <br />D: Secondo le istruzioni al modello di comunicazione, la casella relativa alla <br />comunicazione integrativa va utilizzata soltanto quando, scaduti i termini di <br />presentazione della comunicazione, il contribuente intende rettificare o integrare la <br />stessa presentando, entro l’ultimo giorno del mese successivo alla scadenza del <br />termine per la presentazione della comunicazione originaria, una nuova <br />comunicazione completa di tutte le sue parti, per il periodo d’imposta cui si riferisce <br />la comunicazione. Presupposto per poter presentare la comunicazione integrativa è <br />che sia stata validamente presentata la dichiarazione originaria. Si chiede quali siano <br />i rapporti tra questa forma di integrazione ed il ravvedimento operoso di cui all’art. <br />13, D.Lgs. n. 472/97 e quale sia il termine ultimo entro il quale il contribuente può <br />avvalersi di tale istituto (un anno dalla commissione della violazione oppure la data <br />di presentazione della dichiarazione annuale IVA relativa all’anno di commissione <br />della violazione stessa). <br />R: Scaduti i termini di presentazione della comunicazione, il contribuente che <br />intende rettificare o integrare la stessa può presentare, entro l’ultimo giorno del mese <br />successivo alla scadenza del termine per la presentazione della comunicazione <br />originaria, una nuova comunicazione completa di tutte le sue parti, su un modello conforme a quello approvato, senza corresponsione di alcuna sanzione. In tale <br />ipotesi è necessario barrare, sul frontespizio del modello, la casella “Comunicazione <br />integrativa”. <br />Scaduto il suddetto termine, come chiarito dalla circolare n. 53/E del 21 <br />ottobre 2010, tornano applicabili le regole generali in tema di sanzioni, nonché <br />l’istituto del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13, comma 1, lettera b), del <br />decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 (come da ultimo modificato <br />dall’articolo 1, comma 20, lettera a), della legge 13 dicembre 2010, n. 220). In <br />particolare, l’omessa presentazione della comunicazione o la trasmissione della <br />stessa con dati incompleti od inesatti è punita con la sanzione amministrativa di cui <br />all’articolo 11, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, <br />elevata al doppio. Se la violazione non è stata già constatata e comunque non sono <br />iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento di <br />cui l’autore della violazione sia venuto a conoscenza, quest’ultimo potrà sanare <br />l’omissione, inviando per la prima volta la comunicazione, ovvero sanare la <br />trasmissione della medesima con dati incompleti o inesatti, inoltrandola corretta, <br />senza barrare, in entrambe le ipotesi, la casella denominata “Comunicazione <br />integrativa”. Inoltre, affinché il ravvedimento si perfezioni, dovrà versare la <br />sanzione di cui al citato articolo 11, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. <br />471 del 1997 in misura ridotta ad un ottavo del minimo secondo quanto disposto dal <br />ricordato articolo 13, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 472 del 1997. <br />Quanto al termine entro il quale perfezionare tale ravvedimento, poiché la <br />comunicazione in parola è stata introdotta esclusivamente per finalità di contrasto <br />alle frodi fiscali e finanziarie operate, tra l’altro, nella forma dei cosiddetti <br />“caroselli” e “cartiere” (e, quindi, non risulta legata ai termini e alle modalità di <br />trasmissione della dichiarazione annuale IVA), il versamento della sanzione in <br />misura ridotta dovrà essere eseguito entro il termine di un anno dalla omissione o <br />dall’errore.<br />4.2 Regolarizzazione senza sanzioni entro il 31 gennaio 2011 (Circolare <br />28 ottobre 2010 n. 54/E) – Estensione all’omessa presentazione per <br />errore “scusabile” <br />D: L’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 54/E del 2010, riconoscendo <br />l’esistenza di “obiettive condizioni di incertezza”, ha comunicato che non applicherà <br />sanzioni in caso di errori commessi nella compilazione delle comunicazioni del <br />periodo da luglio a novembre per i contribuenti mensili e delle comunicazioni del <br />periodo da luglio a settembre per i contribuenti trimestrali. È necessario, però, che le <br />violazioni vengano sanate attraverso l’invio di comunicazioni integrative entro il 31 <br />gennaio 2011. Si chiede di precisare se la regolarizzazione senza sanzioni riguardi <br />soltanto le Comunicazioni validamente presentate oppure sia ammessa anche nel <br />caso di omessa presentazione per errori cosiddetti “scusabili”, ossia per un errore <br />che attraverso l’impiego della normale diligenza non si sarebbe comunque <br />realizzato, ma è sorto per effetto di successive interpretazioni circa l’inclusione di <br />transazioni di cui obiettivamente si dubitava dell’obbligo di comunicazione. <br />R.: Come previsto dalla circolare n. 54/E del 28 ottobre 2010, <br />l’Amministrazione finanziaria non applicherà, in sede di controllo, sanzioni in caso <br />di eventuali violazioni concernenti la compilazione dei modelli di comunicazione <br />relativi al trimestre luglio/settembre 2010, per i soggetti tenuti a presentare il <br />modello con periodicità trimestrale, ovvero ai mesi da luglio a novembre 2010, per i <br />soggetti tenuti a presentare il modello con periodicità mensile. Tale esimente opera a <br />condizione che i contribuenti provvedano a sanare le eventuali violazioni con <br />l’invio, entro il 31 gennaio 2011, di modelli di comunicazione integrativa. <br />Dal tenore letterale del richiamato provvedimento di prassi, emerge, quindi, <br />chiaramente che il presupposto per poter procedere alla regolarizzazione di <br />violazioni commesse senza l’applicazione delle relative sanzioni è l’inoltro di una <br />comunicazione, originaria e valida, seppur incompleta e/o non esatta.<br />Resta, di conseguenza, preclusa la possibilità di beneficiare dell’esonero <br />dall’applicazione delle sanzioni nell’ipotesi di omessa presentazione della <br />comunicazione. <br />4.3 Mancanza del codice identificativo degli operatori economici <br />localizzati in Paesi a regime fiscale privilegiato <br />D: Consapevoli che non sarà possibile ottenere i codici fiscali o equipollenti <br />di tutti i soggetti collocati nei Paesi a fiscalità privilegiata e gli indirizzi delle <br />aziende estere, il contribuente italiano non potendo regolarizzare entro il prossimo <br />31 gennaio le liste, sarà soggetto a sanzioni? <br />R: Con circolare n. 54/E del 28 ottobre 2010 è stata riconosciuta, in via <br />generale, l’esistenza di “obiettive condizioni di incertezza” in relazione alle <br />violazioni commesse in sede di prima applicazione delle disposizioni introdotte <br />dall’articolo 1 del decreto legge n. 40 del 2010. In particolare, in applicazione <br />dell’art. 10, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del <br />contribuente) è stata prevista la disapplicazione delle sanzioni in caso di eventuali <br />violazioni rilevate in sede di controllo concernenti la compilazione dei modelli di <br />comunicazione relativi: <br /> - al trimestre luglio/settembre 2010, per i soggetti tenuti a presentare il <br />modello con periodicità trimestrale; <br />- ai mesi da luglio a novembre 2010, per i soggetti tenuti a presentare il <br />modello con periodicità mensile. <br />In entrambi i casi l’esimente opera a condizione che i contribuenti <br />provvedano a sanare eventuali violazioni, inviando, entro il 31 gennaio 2011, i <br />modelli di comunicazione integrativa. <br />Nel caso in cui il soggetto passivo non abbia regolarizzato gli errori o le <br />omissioni commesse entro i citati termini, la valutazione circa la ricorrenza <br />dell’errore scusabile - consistente nell’impossibilità, per il soggetto passivo italiano, di ottenere i codici fiscali o equipollenti o gli altri dati richiesti dei soggetti black list<br />con cui ha intrattenuto rapporti commerciali - rimane di competenza degli organi <br />accertatori, tenuti a verificare, caso per caso, la sussistenza dei requisiti per <br />l’applicazione dell’esimente, conformemente alle regole generali di applicazione <br />delle sanzioni di cui al d.lgs n. 472 del 1997. <br />4.4. Codici fiscali <br />D. In caso di mancanza di un codice fiscale estero, può essere indicato <br />nell’apposito campo A1 – casella 11, il numero di iscrizione alla camera di <br />commercio del cliente o fornitore di black list? Se la controparte non comunica <br />alcun codice identificativo, è possibile lasciare il campo in bianco? In questo caso è <br />necessario acquisire una dichiarazione della controparte circa l’inesistenza di alcun <br />codice identificativo? <br />R. Ai sensi dell’articolo 4 del decreto 30 marzo 2010, nel modello di <br />comunicazione di cui all’articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2010, n. 40, deve <br />essere incluso, tra l’altro, il “numero del codice fiscale attribuito al soggetto con il <br />quale è intercorsa l’operazione dallo Stato in cui il medesimo è stabilito, residente o <br />domiciliato, ovvero, in mancanza, altro codice identificativo”. <br />Qualora, quindi, manchi un codice fiscale estero, si ritiene possibile indicare, <br />nell’apposito campo, un altro dato allo stesso similare (quale, ad esempio, può <br />considerarsi il numero di iscrizione alla camera di commercio del cliente o <br />fornitore), sempreché il medesimo renda immediata ed univoca l’identificazione <br />dell’operatore economico avente sede, residenza o domicilio in un Paese black list. <br />Nel caso in cui il soggetto passivo italiano si trovi nell’impossibilità di ottenere <br />qualunque codice identificativo dei soggetti black list con cui ha intrattenuto <br />rapporti commerciali, la valutazione circa l’applicazione, in tale ipotesi, dell’esimente dell’errore scusabile ai fini della non applicazione delle sanzioni per <br />erronea compilazione del modello di comunicazione, è rimessa comunque agli <br />organi accertatori. <br /><br /><br /><span style="font-style:italic;">Fonte: circolare Agenzia Entrate 2/E del 28 gennaio 2011</span>

Risposte a quesiti relativi all’obbligo di comunicazione delle operazioni realizzate da soggetti passivi IVA con operatori economici black list.

1. Operazioni oggetto di comunicazione 1.1 Importazioni D: La base imponibile dei beni importati comprende, di regola, oltre ai dazi doganal...

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Corte Ue: se l'Iva è pagata a monte per il mediatore il rimborso è out.

La controversia verte sull'interpretazione degli articoli 11 e 27 della sesta direttiva Cee e vede contrapposti una società belga e il Fisco nazionale. In particolare l'Amministrazione fiscale ha ritenuto di non dover rimborsare alla società l'Iva relativa alle cessioni di tabacchi lavorati che la controparte della società non ha pagato. La società in questione è registrata come soggetto passivo Iva per l'attività economica che esercita e che consiste nel commercio all'ingrosso di tabacchi lavorati. A tale titolo interviene in qualità di intermediaria nella catena di commercializzazione di tali prodotti tra i fabbricanti e/o gli importatori, da una parte, e i rivenditori e i dettaglianti dall'altra.<br /><br />La questione al centro della disputa<br />Ciò posto, dagli atti risulta che i tabacchi lavorati ceduti alla società, ai fini dell'esercizio della propria attività, sono già muniti di fascette fiscali, apposte dai fornitori in veste di fabbricanti o importatori di tali prodotti, secondo quanto indicato dall'articolo 58 del codice Iva belga.<br />Le fatture sulle cessioni effettuate in favore della società contengono la dicitura "tabacchi lavorati: IVA assolta alla fonte e non detraibile". Non viene pertanto indicato alcun importo distinto a titolo di Iva.<br />La stessa situazione si verifica per le cessioni che la società effettua in favore delle rispettive controparti. Difatti, anche con riferimento alle stesse compare la stessa dicitura, e non viene indicato alcun importo distinto a titolo di Iva.<br /><br />La richiesta avanzata al Fisco nazionale<br />La società ha chiesto all'Amministrazione finanziaria belga il rimborso dell'Iva relativa ad alcune cessioni di tabacchi lavorati in favore di una controparte, in seguito alla perdita definitiva del credito derivante da tali cessioni a causa della dichiarazione di fallimento intervenuta ai danni della controparte.<br />Tale domanda era respinta dall'Amministrazione finanziaria sulla scorta della considerazione che, a fronte di tali cessioni, non era stata contabilizzata Iva, posto che l'imposta relativa ai tabacchi lavorati era stata assolta dal produttore insieme alle accise, come unico prelievo erariale, effettuato secondo quanto previsto dall'articolo 58 del codice Iva.<br /><br />Il ricorso al giudice nazionale e alla Corte Ue<br />Proposto ricorso dinanzi al tribunale di primo grado, la società non vedeva riconosciute le proprie ragioni; proponeva pertanto ricorso in appello. Il giudice adito, decideva di sottoporre alla Corte di Giustizia la seguente questione pregiudiziale: "Se la normativa belga, in particolare l'art. 58, paragrafo 1, in combinato disposto con l'art. 77, paragrafo 1, n. 7, del codice IVA, sia o meno conforme all'art. 27 della sesta direttiva (…), che consente agli Stati membri di adottare misure di semplificazione, e/o all'art. 11, parte C, n. 1, di tale medesima direttiva, che accorda un diritto al rimborso dell'IVA in caso di mancato pagamento totale o parziale, per il fatto che essa (...) introduce una semplificazione dell'imposizione dell'IVA sulla cessioene di tabacchi mediante un unico prelievo alla fonte, e (...) non riconosce il diritto al rimborso dell'IVA per la perdita totale o parziale del prezzo ai soggetti passivi che hanno sopportato l'IVA su tali tabacchi nelle fasi intermedie". In sostanza il giudice 'a quo' chiede di conoscere se gli articoli 11 e 27 della sesta direttiva debbano essere interpretati nel senso che essi ostino a una normativa nazionale come quella belga. Tale normativa prevedendo la riscossione dell'IVA, mediante fascette fiscali, in un'unica soluzione e alla fonte presso il fabbricante o l'importatore di tabacchi lavorati, esclude il diritto, per i fornitori intermedi che intervengono successivamente nella catena delle ulteriori cessioni, di ottenere il rimborso dell'Iva in caso di mancato pagamento del prezzo di tali prodotti da parte dell'acquirente.<br /><br />La normativa comunitaria<br />L'articolo 11 della sesta direttiva, prevede che: "in caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o di riduzione di prezzo dopo che l'operazione è stata effettuata, la base imponibile viene debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri. Tuttavia, in caso di non pagamento totale o parziale, gli Stati membri possono derogare a questa norma".<br />L'articolo 27 di tale direttiva stabilisce invece che "il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione, può autorizzare ogni Stato membro ad introdurre misure particolari di deroga alla presente direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta o di evitare talune frodi o evasioni fiscali. Le misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta non devono influire, se non in misura trascurabile, sull'importo complessivo delle entrate fiscali dello Stato membro riscosso allo stadio del consumo finale".<br /><br />La normativa nazionale <br />L'articolo 77 del codice belga sull'Iva stabilisce che: "Fatta salva l'applicazione dell'art. 334 della legge programmatica 27 dicembre 2004, l'imposta prelevata per una cessione di beni, una prestazione di servizi o un acquisto intracomunitario di un bene viene rimborsata fino all'ammontare del relativo importo: (…) allorché il credito del prezzo è andato interamente o parzialmente perduto".<br />L'articolo 58 del medesimo codice prevede che: "Per quanto riguarda i tabacchi lavorati che sono importati, acquisiti ai sensi dell'art. 25 ter o prodotti in Belgio, l'imposta viene prelevata ogniqualvolta sia dovuto il diritto di accisa belga, in forza delle disposizioni legislative o regolamentari relative al regime fiscale dei tabacchi. L'imposta viene calcolata sulla base del prezzo indicato sulla fascetta fiscale, o, se non è stato stabilito un prezzo, sulla base imponibile del diritto di accisa".<br /><br />Le valutazioni della Corte <br />La Corte muove innanzitutto dalla considerazione della stretta necessità che deve caratterizzare le misure di cui all'articolo 27 della sesta direttiva. Difatti, detta disposizione autorizza gli Stati membri a prevedere misure nazionali di deroga, nel rispetto dell'essenziale finalità di semplificare la riscossione dell'imposta e di evitare frodi o evasioni fiscali. Pertanto, tale finalità va perseguita nei limiti strettamente necessari al raggiungimento degli scopi che la normativa comunitaria si prefigge. Al di fuori di tali limiti, non può essere invocato il rispetto dei criteri di calcolo della base imponibile previsti dal riportato articolo 11 della sesta direttiva.<br />Occorre pertanto riportare il senso di tale premessa all'interno della fattispecie posta al vaglio pregiudiziale della Corte di Giustizia.<br />A tal proposito, risulta che il regime derogatorio istituito dalla normativa nazionale, che consente di riscuotere l'Iva con fascette fiscali, risponde sia alla finalità di prevenire frodi ed abusi che a quella di garantire la semplificazione della riscossione dell'imposta.<br />Tale riscossione, in forza di tale regime derogatorio, viene effettuata, in una unica fase della catena di commercializzazione dei prodotti, prevedendo che l'imposta sia riscossa contemporaneamente ai diritti di accisa, prima che intervenga il fatto generatore dell'imposta.<br /><br />Il caso proposto<br />Nella fattispecie in esame, la società in questione (che risulta essere un fornitore intermedio), interviene successivamente al produttore o all'importatore nella catena delle ulteriori cessioni di tali prodotti. Ciò comporta che i fornitori intermedi, all'atto delle cessioni effettuate in loro favore dal loro fornitore, non sono tenuti a versare alcun importo Iva a monte che possa far sorgere il diritto alla detrazione immediata e integrale di tale imposta secondo l'articolo 17, n. 2, della sesta direttiva.<br />Inoltre non risultano a loro volta debitori di alcun importo Iva a valle, secondo quanto previsto dall'articolo 10, n. 2, della direttiva, all'atto delle cessioni effettuate all'acquirente di tali prodotti.<br />Ciò posto, premesso che le fatture relative a tali diverse cessioni, non indicano alcun importo Iva distinto, ma un prezzo comprensivo dell'importo Iva versato dal fabbricante o dall'importatore e recante la dicitura "Tabacchi lavorati: IVA assolta alla fonte e non detraibile", e atteso che i fornitori intermedi non sono tenuti al pagamento dell'Iva sulle cessioni di tabacchi lavorati, non possono chiederne il rimborso (articolo 11 della sesta direttiva) in caso di mancato pagamento del prezzo di tali cessioni da parte dell'acquirente.<br /><br />Le motivazioni della Corte<br />Secondo la Corte poi, riconoscere il rimborso a un fornitore intermedio dell'importo Iva per mancato pagamento del prezzo da parte dell'acquirente delle cessioni di tabacchi lavorati influirebbe in misura significativa sull'importo dell'imposta dovuta allo stadio del consumo finale. Ciò determinerebbe un contrasto con quanto previsto dall'articolo 27 n. 1, della sesta direttiva.<br />A tal proposito, tenuto conto del fatto che le misure di deroga di cui al citato articolo 27 della direttiva sono consentite per semplificare la riscossione dell'imposta o di evitare frodi o evasioni fiscali, nel caso di specie tale scopo sarebbe frustrato. Il fatto di consentire a un fornitore intermedio di ottenere il rimborso di un importo Iva, o addirittura della sua totalità, quando l'acquirente, adducendo il proprio stato di insolvenza, non paga il prezzo delle cessioni, rischierebbe addirittura di complicare la riscossione dell'IVA, oltre che favorire gli abusi e le frodi.<br /><br />Le conclusioni<br />Secondo la Corte non ostano a una normativa nazionale, come quella oggetto della causa principale, che, prevedendo la riscossione di tale imposta con fascette fiscali in un'unica soluzione e alla fonte presso il fabbricante o l'importatore di tali prodotti per semplificare la riscossione dell'Iva e lottare contro la frode o l'evasione fiscale connesse ai tabacchi lavorati, esclude il diritto, per i fornitori intermedi che intervengono successivamente nella catena delle ulteriori cessioni, di ottenere il rimborso dell'Iva in caso di mancato pagamento del prezzo dei suddetti prodotti da parte dell'acquirente.<br /><br /><br /><span style="font-style:italic;">Fonte: Agenzia Entrate</span>

Corte Ue: se l'Iva è pagata a monte per il mediatore il rimborso è out.

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I compensi agli intermediari si adeguano al costo della vita.

Nuovi compensi per gli intermediari a partire dalle attività svolte nel 2010.<br />Per gli incaricati della trasmissione telematica delle dichiarazioni elaborate e trasmesse tramite Entratel, per le banche convenzionate e le Poste Italiane Spa che ricevono e trasmettono le dichiarazioni e per gli intermediari che effettuano il pagamento telematico in nome e per conto del contribuente, il corrispettivo è rideterminato in 1,03 euro per ciascuna operazione.<br />Lo stabilisce il provvedimento del direttore dell’Agenzia del 2 febbraio, pubblicato oggi sul sito delle Entrate.<br /> <br />L’adeguamento delle spettanze, in precedenza fissato ad un euro, discende da disposizioni normative: la misura del compenso può essere adeguata quando la variazione percentuale del valore medio dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (Ifo), relativa al periodo di dodici mesi terminante il 31 agosto, supera il 2% rispetto al valore medio del medesimo indice, rilevato con riferimento allo stesso periodo del 2008 ovvero all’anno per il quale ha effetto l’ultimo adeguamento.<br /> <br />Nel primo periodo preso in considerazione (settembre 2007/agosto 2008 - settembre 2008/agosto 2009) la variazione percentuale rilevata dall’Istat è stata del + 1,4. Pertanto, per le attività svolte nel 2009, il compenso è rimasto invariato a un euro.<br /> <br />Invece, per il periodo settembre 2007/agosto 2008 - settembre 2009/agosto 2010, la variazione dell’Ifo è risultata pari a +2,6%; da ciò l’adeguamento del compenso, che per il 2010, passa a 1,03 euro.<br /><br /><br /><span style="font-style:italic;">Fonte: Agenzia Entrate</span>

I compensi agli intermediari si adeguano al costo della vita.

Nuovi compensi per gli intermediari a partire dalle attività svolte nel 2010. Per gli incaricati della trasmissione telematica delle dichiar...

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