Il messaggio pubblicitario, che ha come scopo quello di evidenziare il "valore aggiunto" che dovrebbe rendere piu' appetibile il prodotto reclamizzato rispetto ai concorrenti, deve corrispondere alle reali caratteristiche del prodotto stesso, indipendentemente dalle competenze del pubblico al quale si rivolge.Nel merito, l’Autorità ha fondato la qualificazione della pubblicità considerata come ingannevole su un duplice presupposto:

>>> l’affermazione, posta all’inizio della pubblicazione, sul possesso della certificazione europea UNI EN 124 nella versione 1995, in realtà posseduta solamente per alcuni prodotti presenti nel catalogo;

>>> l’indicazione che i chiusini e le caditoie sono prodotti dalla s.p.a., azienda certificata ISO 9001, mentre l’attività di produzione è svolta presso stabilimenti situati in Cina ed appartenenti a diversa impresa.

Sotto entrambi i profili il provvedimento impugnato è legittimo e giustificato, contrariamente a quanto ha ritenuto il Tar.

L’attività di promozione dei prodotti e la connessa pubblicità degli stessi non può prescindere, infatti, dalla veridicità delle affermazioni che a tale scopo si intendono indirizzare al pubblico dei potenziali acquirenti: e se, come osserva il Tar, è certamente usuale che prodotti realizzati in Cina siano poi commercializzati con il marchio della impresa che li progetta e li controlla in Italia, nondimeno non può essere consentita l’affermazione, a fini promozionale, che gli articoli così realizzati sono prodotti dalla società italiana, poiché tale affermazione non corrisponde al vero.

In altre parole, il messaggio pubblicitario, che ha come scopo quello di evidenziare il “valore aggiunto” che dovrebbe rendere più appetibile il prodotto reclamizzato rispetto ai concorrenti, deve corrispondere alle reali caratteristiche del prodotto stesso, indipendentemente dalle competenze del pubblico al quale si rivolge: ciò è reso palese dall’art. 1 d.lgs. n. 74 del 1992, secondo il quale per pubblicità ingannevole deve intendersi “qualsiasi pubblicità che in qualunque modo, compresa la sua presentazione, induca in errore o possa indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che, a causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento economico ovvero che, per questo motivo, leda o possa ledere un concorrente”.

La circostanza che la sfera dei potenziali acquirenti sia costituita da esperti del settore, enfatizzata dal Tar, non toglie evidenza alla non veridicità della caratteristica sottolineata (“prodotti dalla società, azienda certificata ISO 9001”), secondo il comune senso delle parole come potrebbe essere inteso dalle persone raggiunte dal messaggio.

Del pari, non tutti i prodotti contenuti nel catalogo in esame posseggono la certificazione europea EN 124/95, invece attestata nella parte generale del catalogo, che ha valore di presentazione e promozione degli articoli proposti: come riconosce il Tar, dalla seconda parte della pubblicazione, specificamente dedicata alla descrizione dei prodotti, emerge che non tutti i dispositivi rispettano la più aggiornata normativa tecnica europea, mentre alcuni sono conformi solo a quella del 1987.

Contrariamente a quanto ritiene la sentenza impugnata, da tale specificazione non può tuttavia trarsi la conseguenza della non ingannevolezza del massaggio promozionale: per non essere ingannevole, il messaggio deve, infatti, essere veritiero, e quello in esame, pur destinato ad imprenditori del settore, non lo è.

(Consiglio di Stato Decisione 22/03/2010, n. 1629)


Fonte: IPSOA

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