Prestazioni di intermediazione in primo piano. Il Fisco passa al setaccio l'attività svolta dagli intermediari non residenti su richiesta di società italiane, delineandone i profili tributari e il corretto trattamento sul versante dell'Iva. Una rassegna minuziosa da cui emerge che, in omaggio al principio del reverse charge, il debitore dell'imposta nei confronti dell'Erario è sempre il committente del servizio, a patto che questo sia un soggetto passivo nazionale. Senza peso invece il luogo di residenza o domicilio del prestatore, che può trovarsi indifferentemente in un paese comunitario o extracomunitario. In ogni caso, infatti, le intermediazioni rese da un professionista che agisce in nome e per conto di terzi sono soggette all'Iva in Italia quando vengono qui effettuate o comunque quando sono eseguite per un soggetto d'imposta italiano.

È sull'analisi di questo nuovo criterio, introdotto dalla Finanziaria dell'anno scorso per collegare i rapporti di intermediazione al trattamento territoriale dell'operazione a cui si riferisce, che si concentra la risoluzione n. 437/E del 12 novembre.

Il documento di prassi prende le mosse da un'istanza di interpello presentata da un'azienda che costruisce e vende macchinari e impianti per la produzione e lavorazione del vino e di altre bevande. Per commercializzare i suoi prodotti, la società si avvale dell'opera di intermediazione di una serie di agenti non residenti, che possono essere di volta in volta soggetti passivi o cittadini privati comunitari o extracomunitari. Le operazioni per cui vengono richiesti i servizi di intermediazione sono esportazioni, cessioni intracomunitarie e cessioni di beni situati fuori dai confini italiani, sia in Stati appartenenti all'Unione europea che in territori extra-Ue.

Si profilano dunque quattro diverse ipotesi, in relazione alle quali l'agenzia delle Entrate definisce il trattamento fiscale da applicare e gli obblighi tributari da rispettare, sebbene su un piano esclusivamente astratto sulla base di indicazioni non valutabili in sede di interpello. In particolare, viene dato per scontato che gli intermediari non residenti che effettuano le prestazioni non siano identificati ai fini Iva in Italia, non abbiano nominato nel nostro paese un rappresentante fiscale né vi operino attraverso una stabile organizzazione.

Partendo da queste premesse, nei primi tre casi descritti dall'interpellante, ossia le esportazioni e le cessioni intracomunitarie di beni localizzati in Italia e le esportazioni di beni che si trovano in un altro Stato comunitario, le prestazioni di intermediazione sono considerate territorialmente rilevanti nel nostro paese. Il principio-guida è, infatti, quello della soggettività passiva d'imposta nel nostro paese del committente, che è a tutti gli effetti un'impresa nazionale. A sancirlo è la nuova lettera f-quinquies del quarto comma dell'articolo 7 del Dpr 633/1972, così come modificata dalla Finanziaria per il 2007, secondo cui le intermediazioni "si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando le operazioni oggetto dell'intermediazione si considerano ivi effettuate, a meno che non siano commesse da soggetto passivo in altro Stato membro dell'Unione europea" e "in ogni caso effettuate nel territorio dello Stato se il committente delle stesse è ivi soggetto passivo d'imposta".

Ne consegue che a essere debitrice dell'Iva nei confronti dell'Erario è la società autrice dell'interpello, in veste di committente del servizio. Su questa ricade dunque l'obbligo di emettere autofattura, come previsto dall'articolo 17, terzo comma, del decreto Iva, mentre risulta assolutamente irrilevante la circostanza che l'intermediazione sia resa da un soggetto passivo comunitario o extracomunitario.

Per quanto riguarda infine il regime di imponibilità delle operazioni esaminate, le intermediazioni relative alle esportazioni sono classificate come non imponibili, sia che le merci siano localizzate in Italia che in un altro Stato Ue. Con Iva ad aliquota ordinaria del 20% vanno invece tassate le intermediazioni relative alle cessioni intracomunitarie di beni in partenza dal nostro paese. Per assenza del requisito territoriale restano invece escluse dal campo di applicazione dell'imposta le intermediazioni su acquisti e vendite perfezionati fuori dai confini dell'Unione europea. È questo l'unico caso in cui il committente nazionale non è tenuto a emettere autofattura. Ugualmente fuori campo Iva, ma questa volta per mancanza del presupposto soggettivo, sono i servizi resi dagli intermediari quando questi operano in veste di privati.


Fonte: Agenzia Entrate

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