Il quinto capitolo e il paragrafo 4.4 della circolare n. 32/E del 19 ottobre contengono importanti chiarimenti in merito a problemi controversi riguardanti i versamenti e i prelievi, risultanti dai rapporti e dalle operazioni di natura finanziaria effettuate e non riportati nelle scritture contabili del contribuente, e in materia di preventivo contraddittorio con il contribuente, di cui ai numeri 7) degli articoli 32, del Dpr n. 600 del 1973, e 51 del Dpr n. 633 del 1972.

Premessa di carattere generale è che l'innesco del potere di cui ai citati numeri 7) "non possa avvenire ad libitum da parte degli organi procedenti, richiedendosi invece che sia comunque iniziata un'attività di controllo, anche in funzione selettiva nell'ambito della programmazione dell'attività stessa".
A tal fine, è sufficiente che sia attivata una delle procedure di cui agli articoli 31, 31-bis, 37, 38, 39, 40, 41, del Dpr n. 600 del 1973, 51, primo comma, 54, 55 e 65, del Dpr n. 633 del 1972, 23, 24 e 25 del Dlgs n. 446 del 1997. "Ulteriori motivi di innesco delle indagini in questione - continua la circolare - sono individuabili nelle ipotesi delineate nella circolare 131/E del 30 luglio 1994 - parte terza - dal punto di vista soggettivo e oggettivo, alle quali opportunamente si rinvia".

Ciò posto, scopo dell'indagine finanziaria consiste nell'acquisizione della copia dei conti relativi ai singoli rapporti o a operazioni di natura finanziaria, compresi eventuali servizi e garanzie, intrattenuti dal contribuente con banche, poste, intermediari finanziari, imprese di investimento, organismi di investimento collettivo del risparmio e società fiduciarie, al fine di riscontrare che gli accreditamenti e i prelevamenti siano coerenti con la contabilità del soggetto sottoposto a controllo o, con riguardo alle persone fisiche, siano compatibili con la loro complessiva capacità contributiva.
"Qualora, invece, alle predette movimentazioni non sia possibile dare immediata rilevanza e concludenza ai fini dell'accertamento - prosegue la circolare - l'ufficio procedente, pur nell'ambito delle sue autonome valutazioni discrezionali, aziona opportunamente l'interpello preventivo del contribuente".

A tal fine, si pone la delicata questione dell'obbligatorietà o meno del predetto interpello preventivo.
Ebbene, nel paragrafo 4.4 della circolare è precisato che "In ordine alla valenza da attribuire alla partecipazione del contribuente, dal tenore letterale della disposizione e secondo un recente consolidato orientamento, l'invito a comparire costituisce una mera facoltà dell'ufficio e non un obbligo; pertanto il mancato invito dell'ufficio medesimo non inficia la legittimità della rettifica, ove basata sulle presunzioni previste dalle norme in esame. Peraltro, detto orientamento sostiene che la mancata instaurazione del contraddittorio non degrada la prevista presunzione legale a presunzione semplice, fermo restando, quindi, l'onere probatorio contrario in capo al contribuente (da ultimo, Cassazione n. 8253/2006 e n. 5365/2006)".

Tuttavia, la circolare tiene comunque a precisare che "il preventivo contraddittorio...si configura, in via di principio, come un passaggio opportuno per provocare la partecipazione del contribuente, finalizzata a consentire un esercizio anticipato del suo diritto di difesa", anche al fine di evitare l'emissione di avvisi di accertamento infondati alla luce delle prove utilizzabili dal contribuente.

Circa il contenuto del predetto onere probatorio posto in capo al contribuente, lo stesso potrà consistere nella "dimostrazione circa l'irrilevanza ai fini impositivi dei movimenti finanziari acquisiti o rilevati; l'indicazione dei soggetti effettivamente beneficiari dei prelevamenti; l'annotazione dei predetti movimenti nelle scritture contabili o in dichiarazione, ai fini della determinazione del reddito" e, più in generale, nella "indicazione di qualsivoglia ulteriore chiarimento ritenuto necessario dall'ufficio procedente per la valorizzazione dei dati e delle informazioni ai fini della loro presuntiva utilizzazione in sede di accertamento".

I documenti atti ad assumere valida valenza giustificativa sono quelli provenienti dalla Pubblica amministrazione, da soggetti aventi pubblica fede (notai, pubblici ufficiali eccetera), da soggetti terzi in qualità di "parte" di rapporti contrattuali di diversa natura, così come nel caso di rimborsi, risarcimenti, mutui, prestiti eccetera.

La circolare chiarisce, poi, che, in caso di mancata adesione all'invito a comparire, ovvero in caso di mancata risposta alle domande, restano ferme le previsioni normative in tema di presunzioni.
Da ultimo, con riferimento al dubbio che si era posto, riguardante la legittimità o meno del contraddittorio esperito da un organo diverso dall'ufficio competente, da individuarsi normalmente nella Guardia di finanza, la circolare precisa che "stante la diretta riconducibilità all'attività di accertamento della valutazione delle risposte e dei chiarimenti forniti dal contribuente, spetta esclusivamente all'ufficio locale - istituzionalmente e territorialmente competente in ragione del domicilio fiscale del contribuente soggetto a controllo - la decisione finale circa l'attitudine degli esiti acquisiti a costituire il presupposto da porre a base della rettifica o dell'accertamento, secondo lo schema legale della presunzione e del conseguente onere della prova liberatoria offerta dal contribuente. Qualora tale fase "dialettica" sia stata svolta con l'intervento di altro organo competente e, segnatamente, dalla Guardia di finanza, il contributo offerto da tale contraddittorio, se ritenuto appagante per l'analisi dell'ufficio, esonera quest'ultimo dalla successiva ripetizione dell'esperimento, sempreché formalizzato in un processo verbale"; nel caso contrario, l'ufficio provvederà a ripetere il contraddittorio.

Tale interpretazione, oltre a essere conforme ai generali principi di efficienza, efficacia ed economicità dell'azione amministrativa, risulta altresì conforme al dettato normativo, che prevede la collaborazione della Guardia di finanza, estendendole le "norme e le facoltà" di cui agli articoli 51 e 52 del Dpr n. 633 del 1972, e 33 del Dpr n. 600 del 1973.

Superata la fase del contraddittorio, occorre concentrarsi sulla valenza probatoria dei versamenti e dei prelievi da porre a base di una delle tipologie di accertamento di volta in volta applicabile.
A tal fine, la circolare chiarisce preliminarmente che l'endiadi "dati ed elementi" utilizzata dalla nuova previsione normativa, rispetto alla previgente espressione "singoli dati ed elementi", non deve indurre "a un facile sovradimensionamento della relativa soppressione nel senso che la stessa non rappresenta sostanzialmente un allargamento delle modalità di utilizzo degli elementi di prova".

Più in particolare, "tale abolizione, in concreto, non consente di ritenere che la contestazione dei singoli addebiti possa avvenire per "masse" o addirittura sulla base di un mero "saldo contabile", atteso che, anche dopo tale soppressione, l'analisi deve riguardare ogni singolo elemento della movimentazione, quand'anche ricompresa in un'operazione unica e, a maggior ragione, quando si tratti di operazioni autonome".

Con specifico riferimento ai prelevamenti, per i quali la legge prevede che nel caso in cui il contribuente - da identificarsi esclusivamente nel soggetto obbligato alla tenuta delle scritture contabili - non ne indichi il beneficiario effettivo, siano considerati ricavi o compensi, la circolare precisa che ratio legis della disposizione normativa è "procedimentalizzare l'analisi, da parte dell'ufficio finanziario, della maggiore capacità di spesa non giustificata dal contribuente, e correlare tale maggiore capacità di spesa con le ulteriori operazioni attive effettuate presuntivamente in nero".
Su questo specifico punto si innesta la problematica dei "costi occulti" correlabili ai ricavi e ai compensi non dichiarati e risultanti dalle indagini bancarie, affrontata nel paragrafo 5.5 (il cui commento sarà pubblicato sul giornale di giovedì 26).

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