Domanda
L'azienda in cui lavoro è dotata di quattro telecamere (tre esterne e una interna), appositamente segnalate e della cui esistenza tutti i dipendenti sono informati, più sei rilevatori di movimento, posti all'interno; il tutto viene normalmente attivato la sera quando l'azienda chiude, fino al mattino dopo. Mi sono accorta per caso che alcuni di questi rilevatori di movimento presentano al loro interno una microcamera, della cui presenza nessun lavoratore è stato informato. Questo mi sembra molto scorretto e mi auguro almeno che i rilevatori presenti nei bagni siano privi di videocamera. Quali sono le sanzioni previste per l'omessa informativa del mio datore di lavoro?

Risposta
Il provvedimento a carattere generale del Garante per la privacy dell'8 aprile 2010 (che sostituisce integralmente il precedente provvedimento del 29 aprile 2004 in tema di videosorveglianza), ha ribadito l'obbligo per il datore di lavoro che voglia effettuare la videosorveglianza esclusivamente per ragioni organizzative o produttive, ovvero per la sicurezza del lavoro, di osservare le regole "procedurali" previste dall'art. 4 dello Statuto dei lavoratori (L. n. 300/70). Detto art. 4 subordina l'installazione degli impianti audiovisivi al preventivo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, ovvero in difetto di tale accordo, all'autorizzazione preventiva del Servizio Ispettivo della Direzione Provinciale del Lavoro.

Inoltre, è fondamentale affinchè i trattamenti di dati personali derivanti dalla videosorveglianza siano leciti e corretti ("trattamenti" che sono costituiti dalla rilevazione di immagini che permettono di identificare le persone) che sia data sempre un'informativa preventiva ai soggetti interessati. Tale informativa può essere data in via generale ricorrendo a un cartello analogo al fac-simile proposto dal Garante stesso (con gli opportuni adattamenti che diano conto della sola rilevazione di immagini, o anche della eventuale registrazione e/o dell'eventuale collegamento diretto della videosorveglianza privata con le forze di polizia), cartello che deve essere posizionato prima del raggio d'azione delle telecamere (per consentire all'interessato la scelta di non accedere all'area coperta dal raggio d'azione) e non necessariamente a contatto con gli impianti e che deve essere sempre chiaramente visibile, anche nelle ore notturne. Va segnalato però che il Garante, nel suo provvedimento dell'8 aprile 2010, invita anche ad integrare l'informativa resa tramite i cartelli con un testo completo (contenente tutti gli elementi previsti dall'art. 13 del Codice della privacy) reso facilmente disponibile agli interessati.

Quanto all'aspetto sanzionatorio, il mancato rispetto delle anzidette prescrizioni costituisce una violazione amministrativa punita con il pagamento di una somma variabile da 30.000 a 180.000 euro; mentre per l'omessa o inidonea informativa continua ad applicarsi la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 6.000 a 36.000 euro. Inoltre, se dall'utilizzo illecito di sistemi di videosorveglianza nei luoghi di lavoro deriva un controllo a distanza dell'attività dei lavoratori (che è assolutamente vietato dalla legge), il fatto è sanzionato anche penalmente ai sensi dell'art. 171 del D.Lgs. n. 196/03 e dell'art. 38 della L. n. 300/70.

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