Il "silenzio" sul know how si paga e si tassa dove si è svolta l'attività che ha generato il "sapere". L'Agenzia chiarisce che le somme percepite da un ex dipendente non residente, in seguito alla stipula di un "patto di non concorrenza", sono da classificare come redditi di lavoro dipendente e, pertanto, imponibili nello Stato in cui è stata svolta l'attività da cui derivano i compensi.

A supporto della precisazione, contenuta nella risoluzione n. 234/E del 10 giugno, il richiamo congiunto alla normativa interna e a quella convenzionale italo-belga tesa a evitare le doppie imposizioni.

L'input nasce da un interpello proposto da una multinazionale belga con 400 sedi dislocate in vari Paesi che si avvale della collaborazione specializzata di 30mila dipendenti. Questi, nel periodo contrattuale di lavoro subordinato acquisiscono un know how tutelato mediante sottoscrizione di un "patto di non concorrenza". In sostanza, dietro compenso, accettano di mantenere il segreto professionale alla scadenza del contratto di lavoro per un determinato periodo di tempo.

La domanda è: come qualificare questo tipo di reddito e dove (in quale Stato) è soggetto a tassazione?

Per l'istante si tratta di redditi diversi e, in quanto tali, imponibili nel Paese di residenza del percipiente, ma, anche in presenza di una diversa classificazione reddituale, andrebbero tassati in Belgio.

Nella risoluzione, nessuna perplessità sulla qualificazione tributaria delle somme derivanti dalla stipula di patti di non concorrenza: sono a tutti gli effetti connesse al rapporto di lavoro subordinato e vanno considerate redditi di lavoro dipendente. A sostegno, anche il consolidato orientamento della Cassazione, che più volte ha ribadito la non estendibilità del "patto di concorrenza" a rapporti diversi da quelli di lavoro subordinato.

A tali somme va applicato il meccanismo della tassazione separata per evitare che le stesse, collegate a un rapporto di lavoro protratto nel tempo, concorrano alla formazione del reddito imponibile complessivo in un unico periodo d'imposta.

Anche in relazione al secondo punto del quesito e, cioè, in quale Paese assoggettare a tassazione le cifre, la conclusione dell'Agenzia non collima con quella della multinazionale.

Anche se l'ex dipendente in questione risiede in Belgio, le somme a esso corrisposte in conseguenza di un "patto di non concorrenza" vanno collegate al reddito prodotto in Italia.

In particolare, l'articolo 23 del Tuir, che disciplina la tassazione dei redditi dei non residenti, stabilisce che i descritti importi si considerano prodotti nel territorio dello Stato se derivanti da attività svolte in Italia e se corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti.

Inoltre, la convenzione tra Italia e Belgio contro le doppie imposizioni dispone che "i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di una attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tale attività non venga svolta nell'altro Stato contraente. Se l'attività è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tal titolo sono imponibili in questo altro Stato".

Dalla lettura combinata delle due normative si evince che i compensi corrisposti per la tutela del know how acquisito in Italia vanno qui assoggettate a tassazione e non nel Paese di residenza del dipendente che le percepisce.


Fonte: Agenzia Entrate

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