Con l’interpello specificato in oggetto, concernente l’interpretazione
dell’art. 67 comma 1 lett. b), del TUIR è stato esposto il seguente
QUESITO
In data 11 marzo 2005, i coniugi interpellanti, A B e C D, e la sorella di
uno dei due, E F, hanno acquistato rispettivamente la nuda proprietà e l’usufrutto
di un’unità immobiliare.
L’immobile è stato destinato immediatamente ad abitazione principale
dell’usufruttuaria, come provato dal contratto di fornitura delle utenze
domestiche allegato all’istanza, sebbene la residenza anagrafica sia stata trasferita
formalmente in data 04 maggio 2006.
Nel settembre 2007, a seguito della morte del familiare, i coniugi,
consolidata la proprietà, manifestavano la volontà di alienare la piena proprietà
dell’immobile, per esigenze personali, prima del decorso di cinque anni
dall’acquisto.
Al riguardo, l’istante ha chiesto di conoscere se la cessione
dell’immobile in questione sia produttiva di plusvalenza imponibile ai sensi
dell’art. 67, comma 1, lett. b) del D.P.R. n. 917/1986.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL
CONTRIBUENTE
L’istante ritiene che non si configuri alcuna plusvalenza fiscalmente
rilevante in quanto l’immobile è stato adibito ad abitazione principale di un
familiare per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto e la cessione
dell’immobile stesso, ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. b) del D.P.R. n.
917/1986
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Nella categoria dei diritti reali si situano i cd. diritti reali su cosa altrui, i
quali, presuppongono una scissione di facoltà nell’ambito del diritto di proprietà,
nel senso che talune di esse sono compresse, con il consenso e talvolta, anche
contro la volontà del proprietario, così da permettere ad un terzo di esercitare un
diritto che ha come contenuto dette facoltà.
Ai sensi dell’art. 981 del codice civile, l’usufrutto attribuisce
all’usufruttuario il diritto di godere e di usare la cosa, facendone però salva la
destinazione economica.
Data la temporaneità dell’usufrutto (art. 979 c.c), in caso di morte del
titolare, il diritto di proprietà riacquista automaticamente la propria pienezza,
senza bisogno di alcuna forma giuridica di riappropriazione e senza dunque alcun
atto di retrocessione (si parla al riguardo di consolidazione). Colui che acquista il
diritto di nuda proprietà ha già potenzialmente acquistato il diritto della proprietà
integrale.
Quindi, quando interviene la consolidazione, il nudo proprietario
dell’immobile non acquista un nuovo diritto reale sull’immobile, ma vede
riespandersi il diritto di proprietà già presente nel suo patrimonio.
Pertanto, in sede di consolidazione della nuda proprietà con il diritto di
usufrutto, non trova applicazione l’art. 9 comma 5 del TUIR, il quale stabilisce
che “ai fini delle imposte sui redditi le disposizioni relative alle cessioni a titolo
oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o
trasferimento di diritti reali di godimento”.
Ciò premesso, al fine di verificare se nel caso in esame la cessione
dell’immobile determina l’emersione di una plusvalenza imponibile ai sensi
dell’art. 67 comma 1 lett. b), occorre riferirsi al momento dell’acquisto della
nuda proprietà.
La citata norma prevede, in linea generale, la tassazione della
plusvalenza derivante dalla cessione a titolo oneroso di immobili acquistati o
costruiti da non più di cinque anni, tranne che nell’ipotesi di unità immobiliare
urbane utilizzate come abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, per
la maggior parte del periodo intercorso tra la data di acquisto o costruzione e
quella di vendita.
Per quanto riguarda l’individuazione dei familiari occorre far riferimento
all’art. 5, ultimo comma del TUIR, ove si afferma che ai fini delle imposte
dirette, si intendono come tali, il coniuge, i parenti entro il terzo grado ed affini
entro il secondo grado. Nel caso in questione, l’immobile che si intende cedere è
stato acquistato da meno di cinque anni, durante i quali è stato abitato
dall’usufruttuaria. Quest’ultima, ai sensi degli artt. 76 comma 2 e 78 comma 2
c.c., è parente e affine dei coniugi nella misura di 2° grado.
Per quanto riguarda, invece, la locuzione “abitazione principale”, le
istruzioni al modello Unico chiariscono che “per abitazione principale si intende
quella nella quale il contribuente o i suoi familiari dimorano abitualmente”.
Al riguardo si fa presente che la circostanza che il contribuente dimora (o
ha dimorato per un certo periodo) abitualmente in un luogo diverso da quello
risultante dai registri anagrafici deve poter essere dimostrata sulla base di
circostanze oggettive, quali l’intestazione delle utenze domestiche, l’utilizzo effettivo dei servizi connessi e l’indicazione del domicilio nella corrispondenza
ordinaria.
Quindi, qualora gli interpellanti siano in grado di provare, attraverso le
modalità sopra esemplificate, che il familiare E F, a prescindere dalla residenza
anagrafica, abbia utilizzato l’immobile come abitazione principale per la maggior
parte del periodo intercorso tra l’acquisto e la vendita dell’immobile,
l’operazione di cessione, effettuata prima del decorso del quinquennio, non
comporterà l’assoggettamento a tassazione della plusvalenza realizzata.
Ove, non si verifichi tale condizione la plusvalenza da assoggettare a
tassazione risulta costituita dalla differenza tra il corrispettivo percepito per la
cessione dell’immobile del quale i venditori, a seguito dell’estinzione
dell’usufrutto hanno riacquistato la piena proprietà, e il prezzo da questi pagato
per la nuda proprietà, aumentato di ogni altro costo inerente al bene, ai sensi
dell’art. 68 del TUIR e rivalutato secondo gli indici ISTAT, come precisato dalla
circolare del 6 novembre 2002 n. 81, a seguito della sentenza della Corte
Costituzionale del 9 luglio 2002, n. 328.

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