Le prestazioni di servizi rese nel nostro Paese da una società non residente rilevano ai fini Iva in Italia soltanto se si configurano come attività "analoghe" a quelle di consulenza e assistenza tecnica e legale, in cui prevale la componente intellettuale e valutativa sull'organizzazione tecnica tipica dell'attività imprenditoriale. Lo precisa l'Agenzia con la risoluzione n. 178/E del 29 aprile, ricordando che in sede d'interpello non è possibile determinare se il principio dell'analogia è ravvisabile nel caso in esame.

Nella risoluzione i tecnici delle Entrate non possono infatti esprimere giudizi di fatto ma devono limitarsi a chiarire la portata delle norme tributarie. Nel caso in esame sono coinvolte una società produttrice di prodotti farmaceutici e un'impresa tedesca che deve fornirle servizi di consulenza. La committente, istante, chiede se i servizi in questione, consistenti in consigli, pareri, giudizi, precisazioni e chiarimenti, si configurano come servizi di consulenza tecnico-legale o piuttosto come prestazioni di tipo generico. Soltanto nel primo caso, infatti, i servizi forniti rilevano ai fini Iva in Italia, paese della committente, e non in Germania, territorio del prestatore.

La società italiana interpellante vorrebbe optare per la natura "generica" dei servizi, ritenendo che questi, pur avendo un contenuto intellettuale, richiedono una complessa organizzazione di mezzi tecnici, tale da concretizzarsi come attività d'impresa. Ne deriva che le operazioni esulerebbero dalla disciplina Iva italiana, come previsto dall'articolo 7, terzo comma del decreto Iva.

L'Agenzia non entra nel merito della questione, non potendo esprimere giudizi di fatto in sede d'interpello. Preferisce così richiamare quanto affermato dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee in materia.

Quest'ultima ha stabilito che il discrimen tra servizi generici e assistenza tecnica e legale non è dato dalla professione del soggetto che fornisce le prestazioni ma piuttosto dalla natura e dalla finalità da esse perseguita. Si delinea così un criterio di "analogia" che allarga le maglie normative e estende la disciplina riservata all'assistenza tecnica e legale anche alle attività ad essa riconducibili, benché compiute da soggetti diversi da avvocati, consulenti, periti contabili e ingegneri. Ciò che conta ai fini fiscali è avere finalità e contenuti analoghi a quelli delle attività tipiche, non ravvisabili nelle operazioni in cui prevale l'organizzazione tecnica sul profilo intellettuale della prestazione.

Le Entrate avevano già precisato il peso della componente intellettuale nella risoluzione 153/2002, in cui si chiariva che questa caratteristica è uno degli elementi strutturanti l'attività di consulenza, insieme al peso che assume la valutazione personale di chi la effettua.


Fonte: Agenzia Entrate - Giulia Marconi

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