L’articolo 145 del codice generale delle imposte della Francia, aggiornato dalle varie leggi finanziarie, stabilisce le condizioni di applicazione del regime fiscale delle società controllanti. Per tale regime, occorre che il costo della partecipazione sia di un certo importo e di una proporzione non inferiore al 10% del capitale sociale della società emittente. L’articolo 146, nella versione delle annualità fiscali di cui alla causa principale, prevede la possibilità di un credito di imposta da far valere sull’anticipo di imposta versato a fronte dei proventi della partecipazione. L’articolo 158 bis, definisce la composizione del reddito da partecipazione in cui viene annoverato anche il credito di imposta.

L’oggetto della controversia
La controversia vede protagonisti da una parte l’Amministrazione finanziaria francese e, dall’altra, una società d’oltralpe la cui richiesta è finalizzata a ottenere il riconoscimento di rimborso di un anticipo di imposta sul credito di imposta. La pretesa nasce da un operazione di distribuzione dei dividendi maturati da partecipazioni in società controllate stabilite sia nel territorio nazionale che in altri Stati membri.
La società ricorrente percepisce dividendi versati da sue società controllate stabilite in altri Stati membri. Al momento della redistribuzione dei dividendi, la società versava, come previsto dalla normativa nazionale, un anticipo di imposta. Successivamente, però, la ricorrente faceva richiesta del rimborso di tale anticipo versato in quanto ritenuto incompatibile con le disposizioni comunitarie. Per tale motivo proponeva ricorso al Tribunale amministrativo di Versailles che, per suo conto, respingeva la richiesta presentata. Allo stesso modo anche l’Amministrazione finanziaria francese vedeva respingersi il ricorso tanto da impugnare la sentenza dinanzi al Consiglio di Stato. Il Consiglio, rilevando che una società capogruppo francese non è tenuta a versare alcuna imposta sulle società per i dividendi che derivano dalle controllate a prescindere dal luogo di stabilimento, ha ritenuto legittimo il meccanismo dell’anticipo di imposta. Ma così come è strutturato, il meccanismo del credito di imposta, finisce per attenuare l’ammontare dei dividendi ridistribuiti in quanto non è un credito a fronte di dividendi che provengono dalle società controllate.

Le questioni pregiudiziali
Tre sono le questioni poste all’attenzione della Corte. Nella prima i giudici europei hanno valutato la conformità agli articoli 49 e 63 TFUE di una normativa nazionale finalizzata a eliminare una doppia imposizione sui dividendi. Tale meccanismo di eliminazione è tale da consentire alla società capogruppo la possibilità di imputare, sull’anticipo di imposta, il credito di imposta collegato alla distribuzione dei dividendi. E questo nella sola ipotesi in cui le società che distribuiscono i dividendi siano stabilite sul territorio nazionale. Nella seconda questione, hanno valutato la legittimità, rispetto al diritto dell’unione, di un regime fiscale che non consente il rimborso delle somme versate, a titolo di imposta, dalla società capogruppo. Una decisione scaturita dal fatto che tali somme non costituiscono un onere contabile e fiscale e per questo ingenerano un arricchimento senza giusta causa. La terza e ultima questione è finalizzata a valutare se, nel rispetto dei principi di equivalenza ed effettività, sia plausibile un meccanismo dei rimborsi come quello applicato in Francia secondo cui, per le società controllate stabilite fuori dal territorio transalpino, è necessario fornire elementi che permettano di determinare l’ammontare dell’imposta versata nei territori di appartenenza.

L’analisi degli eurogiudici
Riguardo alla prima questione il riferimento è costituito dall’art. 49 TFUE che stabilisce per le persone fisiche e giuridiche il diritto a svolgere la propria attività indistintamente nel territorio dell’Unione. Dai fatti indicati nella causa principale è innegabile una diversità di trattamento normativo dei dividendi distribuiti a seconda della localizzazione nel territorio nazionale o meno della società controllata. La normativa francese, infatti, anche se esenta i dividendi distribuiti dalle controllate non residenti dall’imposta dovuta dalla società madre, comunque riserva a tali dividendi un trattamento meno favorevole. Di fatto, tali dividendi risultano decurtati rispetto a quelli distribuiti da società controllate residenti nel territorio nazionale. Anche se l’Amministrazione francese ammette questo diverso trattamento, comunque è del parere che una normativa siffatta non incide sulla libertà di stabilimento delle società controllate. Tuttavia, per altro verso, l’Amministrazione ritiene che, laddove l’anticipo di imposta sia imputato all’utile distribuibile agli azionisti, il trattamento dei dividendi risulta di eguale misura a prescindere dal territorio di stabilimento della società controllata. Per i togati europei non sono plausibili le giustificazioni fornite dall’Amministrazione francese, la cui normativa è all’origine del diverso trattamento dei dividendi. Questa diversità di trattamento sarebbe ammissibile soltanto per motivi imperativi e di interesse generale, argomentazioni che, però, non sono state menzionate dalla parte in causa. Le argomentazioni esposte riguardo al principio della libertà di stabilimento valgono anche per valutare la normativa fiscale francese in relazione al diverso trattamento dei dividendi distribuiti agli azionisti. La prima questione pregiudiziale è risolta dai giudici dichiarando la normativa fiscale francese non compatibile con gli articoli 49 e 63 del TFUE in quanto suscettibile di favorire la distribuzione di dividendi delle società controllate ma stabilite in Francia rispetto a quelle stabilite in altro Stato membro.

La seconda questione pregiudiziale
Sulla seconda questione, in base alla costante giurisprudenza comunitaria, il diritto dell’Unione non nega che uno Stato membro possa respingere il rimborso per versamenti di imposte indebitamente percepite nella circostanza che un diverso atteggiamento possa causare un arricchimento senza giusta causa di chi ne ha diritto. L’unica eccezione, al diritto al rimborso, concessa dal diritto dell’Unione, si verifica quando le somme riscosse riguardano un tributo indebitamente riscosso ma opportunamente traslato dal soggetto passivo sull’acquirente. In questo caso una normativa tributaria nazionale non è ammissibile con riferimento al diritto dell’Unione.

La terza e ultima questione
Nella terza e ultima questione si pone il problema se sia conforme alla normativa comunitaria la richiesta di informazioni dettagliate sulle imposte versate in altri Stati membri dalle società controllate che il soggetto impositore non effettua nei confronti delle società stabilite nel proprio territorio. La questione si pone in considerazione delle agevolazioni fiscali da concedere per le imposte versate all’estero. Nel caso in questione consistono nel riconoscere un credito di imposta, al momento della distribuzione dei dividendi, in virtù dei tributi versati nello Stato di stabilimento della società controllata. Secondo gli eurogiudici una normativa fiscale che prevede la richiesta di elementi specifici sui tributi versati all’estero, che andranno a tramutarsi in un credito di imposta, è conforme al diritto dell’Unione.

La sentenza della Corte
La normativa dell’Unione europea, precisamente agli articoli 49 e 63 TFUE, non consente in alcun modo che la normativa nazionale di uno Stato membro sia tale da non permettere di imputare sull’anticipo di imposta il credito di imposta che deriva dalla distribuzione dei dividendi agli azionisti delle società controllate con sede fuori dal territorio dello Stato.
La disciplina tributaria di uno Stato deve essere tale da consentire la possibilità di un rimborso dell’onere fiscale a carico della società controllante, anche qualora sia possibile, per tale società, traslare tale balzello tra gli azionisti. Infine il rimborso non può essere subordinato alla fornitura, da parte del soggetto, degli elementi necessari a risalire al trattamento fiscale sul dividendo oltre confine.

Fonte: sentenza Corte UE del 08.15.2011 procedimento C-310/09

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