Il decreto legge 223/2006 ha introdotto rilevanti novità per le cosiddette società "non operative", ovvero quelle società che non soddisfano determinati parametri di natura contabile.

Il comma 1 dell'articolo 30 della legge 724/1994 fissò originariamente tali parametri, "salva la prova contraria", fissando contemporaneamente i casi in cui i suddetti non erano applicabili.
In relazione a tale normativa, è successivamente intervenuta anche la legge 662/1996 che, nel quadro di una rivisitazione della norma in premessa, introdusse uno specifico riferimento al rimborso del credito Iva.

L'articolo 30 della legge 724/1994 individua i destinatari della disposizione.
Sono le società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché le società e gli enti di ogni tipo non residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato.
Pertanto, sono escluse dall'ambito applicativo della norma le società di capitali, i Caf, le società sportive e le società per azioni costituite dagli enti locali territoriali (circolare 48/97).

Secondo le modifiche apportate dal Dl 223/2006, i soggetti su individuati "si considerano, salvo prova contraria, non operativi se l'ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal conto economico, ove prescritto, è inferiore alla somma degli importi che risultano applicando le seguenti percentuali: a) il 2% al valore dei beni indicati nell'articolo 85, comma 1, lettera c), del Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del presidente della repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, anche se costituiscono immobilizzazioni finanziarie, aumentato del valore dei crediti; b) il 6% al valore delle immobilizzazioni costituite da beni immobili e da beni indicati nell'articolo 8-bis, primo comma, lettera a), del decreto del presidente della repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, anche in locazione finanziaria; c) il 15% al valore delle altre immobilizzazioni, anche in locazione finanziaria".

L'applicazione della norma viene esclusa, altresì, per i soggetti che vengono a trovarsi nel primo periodo d'imposta, per le società in amministrazione controllata o straordinaria, per le società ed enti i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati italiani, per i soggetti esercenti pubblici servizi di trasporto e per le società con un numero di soci non inferiore a 100.

Va sottolineato che, a suo tempo, la circolare 48/1997 precisò che "va considerato periodo di normale svolgimento dell'attività quello in cui è stata svolta l'attività produttiva prevista dall'oggetto sociale".
In tal senso, fu considerato "non normale" il periodo in cui i soggetti in questione sono interessati da procedure di messa in liquidazione ordinaria o coatta, ovvero fallimento.
Ciò perché i periodi interessati da tali procedure non si caratterizzano per l'attività precipua del soggetto, ma piuttosto per la "definizione dei rapporti della società con i terzi per consentire la ripartizione del patrimonio residuo tra i soci".

Viceversa, la medesima nota di prassi considerò "normale" sia il periodo che precede l'inizio della liquidazione, "anche se di durata inferiore a quella prevista ordinariamente", che quello inerente a un esercizio di durata inferiore a quella stabilita nell'atto costitutivo a causa di operazioni straordinarie, quali fusione, scissione, eccetera.

In relazione, inoltre, al concetto di "primo periodo d'imposta" doveva intendersi "quello di inizio attività, coincidente con l'apertura della partita IVA, a prescindere dall'inizio dell'attività produttiva".

Infine, la prova che poteva essere fornita, al fine di vincere la presunzione di non operatività, doveva basarsi su un carattere di straordinarietà dal quale derivavano "conseguenze obiettivamente riscontrabili, non suscettibili di valutazioni soggettive".

In ogni caso, l'articolo 35 del Dl 223/2006, integrando quanto già previsto in precedenza, ha ammesso la possibilità di chiedere al direttore regionale dell'Agenzia delle entrate la disapplicazione delle norme in esame, nell'ipotesi di "oggettive situazioni di carattere straordinario" che hanno impedito il rispetto dei parametri in precedenza esposti.

In tal senso, la circolare 28/2006 sottolinea come "si riconduce in tale ambito anche la causa di esclusione collegata all'esistenza di un periodo non normale svolgimento dell'attività, che, in assenza della modifica in commento, avrebbe operato in modo automatico in quanto ricompresa tra le cause di esclusione di cui al previdente articolo 30".

Come già accennato, già la legge 662/96 intervenne in materia di rimborso del credito Iva.
Fu, infatti, stabilito che i soggetti non operativi non potevano essere ammessi al rimborso dell'eccedenza "di credito risultante dalla dichiarazione presentata ai fini dell'imposta sul valore aggiunto per l'anno che comprende l'esercizio, o la maggior parte dell'esercizio...".
Il comma 15 dell'articolo 35 del Dl 223/2006 è intervenuto ulteriormente, stabilendo non solo la impossibilità del rimborso del credito risultante dalla dichiarazione presentata, nella fattispecie considerata di non operatività, ma anche di effettuare la compensazione o di cedere il credito in questione.

A tale proposito, va preso in esame il concetto di credito "risultante dalla dichiarazione", poiché in passato è stato oggetto di dubbi e perplessità.
In sostanza, ciò che restava da definirsi era se si dovesse negare il rimborso del credito maturato relativamente all'anno di "non operatività", oppure se si dovesse considerarlo per intero e, quindi, comprensivo dei crediti eventualmente riportati dagli anni precedenti.

La Corte di cassazione, con sentenza n. 13079 del 17/6/2005, ha definitivamente sciolto ogni dubbio, avvalorando la seconda ipotesi.
In sintesi, sulla base delle seguenti considerazioni:

  • dal punto di vista dell'interpretazione letterale, l'espressione prima riportata non consente di elaborare ulteriori condizioni, stante il suo riferimento all'eccedenza che emerge ("indistintamente") dalla dichiarazione
  • dal punto di vista sistematico del regime Iva, poi, deve considerarsi come il credito annuale, ovvero l'eccedenza detraibile, non necessariamente richiedibile a rimborso, attese le condizioni specifiche che sono richieste per tale evento, transiti "fisiologicamente" all'anno d'imposta successivo.

Ne consegue, perciò, che in nessun modo è ipotizzabile l'esclusione dal credito maturato "complessivo", emergente dalla dichiarazione annuale, di quello relativo agli anni precedenti e oggetto di riporto.

A tale situazione va, peraltro, ad aggiungersi quanto stabilito dall'articolo 35 del Dl 223/2006 che, riformando il comma 4 della legge 724/1994, ha previsto che, se per tre periodi di imposta consecutivi si verifica l'assenza di operazioni attive, il credito già maturato non potrà più essere riportato in avanti, a scomputo dell'Iva a debito relativa ai periodi successivi.

Le nuove disposizioni si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto legge (4 luglio 2006).

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