Con la sentenza n. 7720/2013, la Cassazione si è pronunciata su una controversia relativa a operazioni d’importazione eseguite per il tramite di un rappresentante doganale “indiretto”, usufruendo dell’esenzione Iva sulla scorta di una dichiarazione d’intento rivelatasi mendace, in quanto affermava uno status di esportatore abituale, in realtà inesistente.
Al riguardo, la Suprema corte ha ritenuto inconferente, anche se corretta, la prospettazione del rappresentante, secondo cui la dichiarazione doganale da esso compiuta va nettamente distinta dalla dichiarazione d’intento compiuta e sottoscritta dalla società importatrice, della quale, quindi, soltanto quest’ultima sarebbe destinata a rispondere.

Rilevano, sul punto, i giudici di legittimità che l’obbligazione Iva della quale il rappresentante doganale è chiamato a rispondere in via solidale deriva dall’importazione e non dalla dichiarazione di intenti (o dalla violazione di tale dichiarazione).
Secondo la normativa nazionale, infatti, l’Iva all’importazione è un diritto di confine, che deve essere accertato e riscosso nel momento in cui si verifica il presupposto impositivo, costituito dall’importazione (in terminis, v. la sentenza 20 luglio 2011, n. 15921).
La sospensione d’imposta – di cui all’articolo 8, comma 1, lettera c) e comma 2, del Dpr n.633 del 1972 (richiamata, quanto alle importazioni, dall’articolo 68 del medesimo decreto) – è istituto che non riguarda la sussistenza del debito Iva (né la relativa responsabilità, principale o solidale), bensì la esecutività di esso, in ragione della possibilità della sua estinzione satisfattiva mediante compensazione con i crediti Iva dell’esportatore abituale.

In questo contesto, l’ordinamento doganale comunitario contempla (all’articolo 5 del codice doganale comunitario, istituito dal regolamento Cee n. 2913/92 del 12 ottobre 1992) la facoltà dell’importatore di farsi rappresentare presso l’autorità doganale per l’espletamento di atti e formalità previsti dalla normativa doganale, sia in via “diretta”, quando il rappresentante agisce in nome e per conto di terzi (in questa categoria rientra lo spedizioniere doganale, limitatamente alla presentazione della dichiarazione), sia in via “indiretta”, quando il rappresentante agisce in nome proprio e per conto altrui.
La rappresentanza indiretta si estende a tutte le operazioni doganali, di guisa che il rappresentante, nella qualità di dichiarante, è responsabile solidalmente per il pagamento dei dazi nonché, in generale, dei diritti di confine, insieme col proprio rappresentato, a norma dell’articolo 201, paragrafo 3, del codice doganale comunitario. Nel caso di specie, si tratta di un’importazione regolare, per la quale la sospensione dell’imposta viene meno, con la conseguente reviviscenza dell’obbligo di pagamento, per effetto del non avveramento dell’intento (o della mendacità di esso) oggetto della dichiarazione di cui all’articolo 8 del Dpr n.633.

Secondo la Cassazione, non è applicabile al rappresentante indiretto la disposizione – prevista in caso occorra comunque il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione, nonostante il rilascio della dichiarazione d’intento contemplata dall’articolo 8, comma 2, del Dpr n. 633, evidentemente perché essa non attesta il vero – secondo la quale dell’omesso pagamento dell’imposta rispondono soltanto i cessionari, i committenti e gli importatori che hanno sottoscritto la dichiarazione d’intento, e non anche lo spedizioniere doganale che l’ha presentata (Dl 29 dicembre 1983, n. 746, articolo 2, comma 1).
Per i giudici di legittimità, il precetto contenuto in tale disposizione deve essere individuato – affinché la norma non rappresenti una violazione del diritto comunitario e sia come tale da disapplicare – nella esclusione della responsabilità in capo alla spedizioniere rappresentante diretto e non anche nella limitazione della responsabilità ai soli sottoscrittori della dichiarazione di intento, con esclusione degli altri dichiaranti doganali e, in particolare, di coloro che hanno compiuto le operazioni di importazione in nome proprio anche se per conto altrui.


Fonte: Agenzia Entrate

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