Nel corso dell’anno d’imposta 2009, una società bulgara riportava nel registro Iva acquisti e nella dichiarazione dei redditi, relativa al mese di dicembre 2009, una fattura emessa da un fornitore in data 30 dicembre 2009, con un’Iva pari a circa 83.000 euro. Poiché tale fattura non doveva in realtà essere emessa, con verbale datato 15 ottobre 2010 provvedeva ad annullarla.
La società, però, provvedeva tardivamente a regolarizzare la detrazione, operata in base alla suddetta fattura, con il pagamento integrale dell’Iva inizialmente detratta in base al detto documento fiscale, poi annullato, nonché dei relativi interessi.
Riscontrata l’omessa registrazione tempestiva dell’annullamento della fattura, l’Amministrazione finanziaria bulgara emetteva un avviso di accertamento, impugnato dalla società dinanzi al competente Tribunale distrettuale.

Le pronunce delle Corti nazionali
Il Tribunale distrettuale annullava l’avviso di accertamento, ritenuto illegittimo, pur riscontrando un comportamento fiscale della società, passibile di sanzione.
Il Fisco ricorreva per cassazione e, dinanzi, a tale secondo giudice, la società eccepiva che la sanzione irrogata violava il diritto dell’Unione e, in particolare, i principi di neutralità e proporzionalità dettati in tema di Iva.
La Corte di ultima istanza, allora, sospendeva il procedimento e proponeva alla Corte di giustizia dell’Unione europea una serie di questioni pregiudiziali, di seguito riassunte.

Le questioni pregiudiziali
1) Se il principio di neutralità fiscale autorizzi uno Stato membro ad irrogare una sanzione per omessa registrazione tempestiva dell’annullamento di una fattura, benché tale annullamento sia stato successivamente registrato nella contabilità ed il soggetto interessato abbia pagato le relative imposte ed interessi; 2)  se gli articoli 242 e 273 della direttiva Iva autorizzano gli stati membri ad irrogare nei confronti di tale soggetto passivo un’ammenda pari all’importo dell’Iva non assolta in tempo utile; 3) se rilevi il fatto che non sia stato arrecato pregiudizio alcuno all’erario; 4) se l’irrogazione dell’ammenda descritta violi il principio di proporzionalità.

La decisione dei giudici comunitari
La Corte di giustizia premette che, in assenza di un sistema comune di sanzioni, applicabile nel campo della riscossione dell’Iva, ogni Stato membro può adottare le misure che ritiene più idonee al fine di garantire il gettito di tale tributo ed evitare le relative frodi, fermo restando il rispetto del fondamentale principio di neutralità fiscale; principio – questo – che trova concreta applicazione anche attraverso il sistema di rettifica delle detrazioni d’imposta.
Il diritto bulgaro, che incita i soggetti passivi a regolarizzare nel più breve tempo possibile l’importo dell’imposta dovuta a seguito dell’annullamento dell’operazione a base della detrazione, mira proprio a garantire l’esatta e celere riscossione del tributo.
A tal fine, la previsione di un’ammenda non può apparire lesiva del divieto della doppia imposizione, considerato che essa – nonostante corrisponda all’importo dell’Iva non assolta nel termine stabilito – non pare avere natura impositiva, ma esclusivamente sanzionatoria.
L’equa quantificazione di tale ammenda è appannaggio esclusivo del giudice nazionale: in argomento, la Corte rileva soltanto che la normativa bulgara prevede un sistema sanzionatorio progressivo, in cui la sanzione è proporzionale al ritardo tenuto per la rettifica. Infine, la Corte ritiene compito del giudice nazionale valutare l’esistenza di frodi Iva.

Le conclusioni della Corte
Il principio di neutralità fiscale non osta a che l’Amministrazione fiscale di uno Stato membro infligga a un soggetto passivo di imposta, che non ha adempiuto, nel termine previsto dalla legislazione nazionale, il suo obbligo di contabilizzare e dichiarare elementi rilevanti ai fini del calcolo dell’Iva da lui dovuta, un’ammenda pari all’importo di tale imposta non assolta entro il termine suddetto quando, successivamente, il soggetto passivo ha regolarizzato l’inadempimento ed ha assolto l’integralità dell’imposta dovuta insieme agli interessi.
Spetta al giudice nazionale valutare, tenuto conto degli articoli 242 e 273 della direttiva Iva, se, date le circostanze della controversia nel procedimento principale, segnatamente il termine entro cui l’irregolarità è stata rettificata, la gravità dell’irregolarità e l’eventuale esistenza di una frode o di una elusione della legislazione applicabile imputabili al soggetto passivo, l’importo della sanzione inflitta ecceda quanto necessario al fine di assicurare l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare la frode.


Fonte: sentenza Corte di giustizia Ue, causa C-259/2012 del 20 giugno 2013

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