Le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di immobili ad opera delle persone fisiche, qualificabili, sotto il profilo fiscale, come redditi diversi, di cui all’articolo 67, comma 1, del Tuir, subiscono un trattamento differenziato a seconda della tipologia del cespite alienato.
Precisamente, è prevista l’imponibilità delle plusvalenze derivanti dalla cessione, a titolo oneroso, di fabbricati acquistati o costruiti da non più di cinque anni, mentre le plusvalenze realizzate a seguito di cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione, sono in ogni caso tassabili, a prescindere dal periodo di possesso dell’immobile.
La norma, pertanto, contempla due distinte ipotesi di plusvalenza, scaturenti, l’una, dalla cessione a titolo oneroso di immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni e, l’altra, dalla cessione di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria: tali ipotesi si distinguono, dunque, per il fatto che nella prima assume rilevanza un elemento temporale che nella seconda non è previsto.

In particolare, in caso di beni immobili diversi dalle aree edificabili, l’imponibilità della plusvalenza è condizionata al fatto che la cessione intervenga entro cinque anni dall’acquisto o dalla costruzione del cespite, salve alcune particolari eccezioni.
La ratio della norma è quella di assoggettare a tassazione i guadagni derivanti dalle cessioni di beni immobili posti in essere con finalità speculative. Tale intento si presume dalla circostanza che l’arco temporale che intercorre tra la data di acquisto e la data di vendita dello stesso sia inferiore a cinque anni.

Le cessioni di aree edificabili, secondo la norma richiamata, sono invece in ogni caso imponibili.
Per individuare il corretto trattamento fiscale applicabile a una cessione immobiliare, quindi, è indispensabile esaminare l’immobile oggetto di compravendita.

Nella fattispecie sottoposta alla Commissione tributaria provinciale di Prato, il ricorrente aveva ceduto un fabbricato a uso magazzino, con riferimento al quale, al momento della vendita, l’Amministrazione comunale aveva già rilasciato un permesso di demolizione e ricostruzione di edifici (dodici civili abitazioni).
L’ufficio – ritenendo che non fosse stato ceduto il fabbricato, bensì l’area edificabile – con avviso di accertamento recuperava a tassazione la plusvalenza non dichiarata, in applicazione dell’articolo 67, comma 1, lettera b), del Dpr 600/1973; ciò in quanto oggetto della vendita non era il mero fabbricato astrattamente suscettibile di demolizione, ma la potenzialità edificatoria del terreno (concretizzata dal permesso di costruire rilasciato dal Comune) e quindi l’immediata trasformabilità del bene (da magazzino a dodici civili abitazioni), che conferivano al cespite un valore economico ben superiore a quello che avrebbe posseduto un vecchio capannone destinato ad attività manifatturiera.

Lo ha confermato la Ctp di Prato (sentenza n. 329/03/2014), secondo la quale “correttamente l’Ufficio ha ritenuto che oggetto della vendita non fosse il fabbricato destinato alla demolizione, ma il terreno con la sua capacità edificatoria, già concretizzatasi a seguito del rilascio del permesso di costruire da parte del comune. …Nel caso di specie … l’ulteriore potenzialità edificatoria costituisce, sulla base delle circostanze, un dato oggettivo e non un futuro ed incerto, rimesso alle intenzioni degli acquirenti”.

Nel caso de quo, dunque, non era stato trasferito un mero fabbricato da demolire (la cui cessione genera una plusvalenza tassabile solo se intervenuta nel quinquennio dal momento dell’acquisto), ma di un’area edificabile, la cui cessione genera una plusvalenza tassabile indipendentemente dalla data di acquisto.

D’altro canto, se l’articolo 67, comma 1, lettera b), sottopone a tassazione operazioni speculative (cessione di fabbricati acquistati da meno di cinque anni, di aree edificabili eccetera), ove il fabbricato sia interessato da permesso di edificazione, ciò che rileva, anche per chi acquista il fabbricato, non è certo l’edificio stesso, quanto piuttosto la potenzialità edificatoria dell’area su cui la struttura insiste.
Il fabbricato, dunque, rappresenta l’elemento formale (quello rappresentato in atto) del negozio traslativo, ma l’oggetto giuridico sotteso, nella sostanza, è il terreno e soprattutto gli edifici su di esso realizzabili.

La posizione assunta dai giudici della Ctp di Prato trova conforto in innumerevoli documenti di prassi (cfr risoluzione 181/2007; risoluzione 395/2008 “oggetto della compravendita non possono essere più considerati i fabbricati, oramai privi di effettivo valore economico, ma, diversamente, l'area su cui gli stessi insistono, riqualificata in relazione alla potenzialità edificatorie in corso di definizione”), nonché nella giurisprudenza di merito: “la cessione di un fabbricato successivamente demolito dal cessionario al fine di un più intenso utilizzo configura, nella sostanza, una cessione di terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria” (Ctp Ravenna, 18/7/2002, n. 228; nello stesso senso, ex multis, Ctr Bologna, 7/2008; Ctp Ravenna, n. 161 del 19 novembre 2010; Ctr Roma, 17 febbraio 2012, n. 37; Ctp Bolzano, 17 giugno 2013, n. 87).

Anche la Corte di giustizia europea (causa C-461/08) ha chiarito che la cessione di un’area su cui sorge un fabbricato la cui demolizione è già iniziata e poi la successiva riedificazione formano un’operazione unica avente a oggetto, nel suo complesso, non la cessione del fabbricato esistente, ma quella di un terreno: “le operazioni di cessione e di demolizione formano un’operazione unica con riferimento all’IVA avente, nel suo complesso, ad oggetto non la cessione del fabbricato esistente e del suolo attiguo, ma quella di un terreno non edificato, indipendentemente dallo stato di avanzamento dei lavori di demolizione del vecchio fabbricato al momento dell’effettiva cessione del terreno” (in questa prospettiva, anche sentenza C-43/11 del 17 gennaio 2013).


Fonte: Agenzia Entrate

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