Obbligo di tracciabilità.

ALFA chiede chiarimenti in ordine all’applicabilità dell’obbligo di<br /> tracciabilità dei pagamenti/versamenti di importo superiore ad euro 516,46 di cui<br /> all’articolo 25, comma 5, della legge 13 maggio 1999, n. 133, a tutti i soggetti<br /> che beneficiano del regime agevolativo di cui alla legge 16 dicembre 1991, n.<br /> 398.<br /> In particolare, viene fatto presente che, attualmente, l’istante ha fornito<br /> istruzioni operative ai propri uffici territoriali volte a circoscrivere<br /> l’adempimento della tracciabilità alle società/associazioni sportive<br /> dilettantistiche e, in virtù della legge n. 350 del 2003, ai soggetti ad esse<br /> assimilate, escludendo quindi le proloco e le altre associazioni senza scopo di<br /> lucro.<br /> <br /> <div> <div> A parere dell’istante, tale orientamento scaturisce, innanzitutto, dal dettato</div> <div> dell’articolo 25, comma 1-bis, della legge n. 133 del 1999, il quale prevede</div> <div> espressamente l’estensione dell’applicazione della disposizione di cui al comma</div> <div> 2 dello stesso articolo alle associazioni proloco.</div> <div> Pertanto, la circostanza che il legislatore abbia ritenuto di specificare</div> <div> l’estensione del comma 2 alle proloco lascia intendere, ad avviso dell’istante,</div> <div> che, in via di principio, la norma in questione non si applichi alle stesse</div> <div> associazioni per i restanti commi.</div> <div> Per altro verso, l’articolo 25, comma 5, della legge n. 133 del 1999 pone</div> <div> l’obbligo di tracciabilità unicamente in capo a “società, enti e associazioni</div> <div> sportive dilettantistiche” (estensibili agli enti assimilati dalla legge n. 350 del</div> <div> 2003) e non anche alle proloco e alle altre associazioni senza scopo di lucro.</div> <div> Analoga considerazione emerge, secondo l’istante, dall’articolo 4 del</div> <div> decreto ministeriale 26 novembre 1999, n. 473 (regolamento attuativo</div> <div> dell’articolo 25 della legge n. 133 del 1999).</div> <div> Ciò posto, tenuto conto dei rilevanti riflessi per gli organizzatori che</div> <div> derivano dalla mancata osservanza della tracciabilità, l’istante chiede chiarimenti</div> <div> in merito al fine di confermare o meno le istruzioni impartite ai propri uffici</div> <div> dipendenti.</div> <div> Viene, altresì, chiesto di conoscere il momento in cui decorrono gli effetti</div> <div> della decadenza dal regime di cui alla legge n. 389 del 1991 laddove venga meno</div> <div> il requisito della tracciabilità.</div> <div> <br /></div> <div> SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA</div> <div> In merito al primo quesito non viene prospettata alcuna soluzione</div> <div> interpretativa.</div> <div> In riferimento al secondo, invece, l'istante ritiene che la decadenza</div> <div> intervenga a partire dal mese successivo a quello in cui sono venuti meno i</div> <div> requisiti, così come previsto dal punto 6.9 della circolare n. 247/E del 1999, poi</div> </div> <div> <div> modificata dal punto 7 della circolare n. 43/E del 2000. Tale criterio è del resto</div> <div> già previsto dal decreto ministeriale 18 maggio 1995, Allegato E, punto 2, in</div> <div> relazione al superamento del plafond.</div> <div> PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE</div> <div> L’articolo 25, comma 5, della legge n. 133 del 1999 dispone che i</div> <div> pagamenti effettuati a favore di società, enti ed associazioni sportive</div> <div> dilettantistiche, nonché i versamenti da questi operati, se di importo superiore a</div> <div> lire 1.000.000 [euro 516,46], “sono eseguiti (…) tramite conti correnti bancari o</div> <div> postali a loro intestati ovvero secondo altre modalità idonee a consentire</div> <div> all’amministrazione finanziaria lo svolgimento di efficaci controlli, che possono</div> <div> essere stabilite con decreto del Ministro delle finanze (…)”.</div> <div> In attuazione del citato articolo 25, comma 5, della legge n. 133 del 1999,</div> <div> il decreto del Ministro delle finanze 26 novembre 1999, n. 473, ha individuato,</div> <div> all’articolo 4, le modalità di effettuazione dei versamenti effettuati dagli enti</div> <div> sopra richiamati, comprese le erogazioni liberali a favore degli stessi, i contributi</div> <div> a qualsiasi titolo concessi, le quote associative ed i proventi che non concorrono</div> <div> a formare il reddito imponibile, stabilendo che tali versamenti possono essere</div> <div> eseguiti, oltre che tramite conti correnti bancari o postali, anche mediante carte di</div> <div> credito o bancomat. Analoghe modalità devono essere utilizzate per</div> <div> l’effettuazione dei pagamenti a favore dei medesimi enti (sempre che siano di</div> <div> importo superiore alla soglia normativamente prevista).</div> <div> Con circolare n. 43/E datata 8 marzo 2000 è stato chiarito che i predetti</div> <div> versamenti e pagamenti possono essere operati anche attraverso “altri sistemi</div> <div> (…) che consentano concretamente lo svolgimento di efficaci e adeguati controlli</div> <div> quali, ad esempio, assegni non trasferibili intestati alla associazione sportiva</div> <div> destinataria (…)”.</div> <div> In sostanza, l’articolo 25, comma 5, della legge n. 133 del 1999 impone il</div> <div> ricorso a mezzi di pagamento che consentano la tracciabilità delle</div> </div> <div> <div> movimentazioni di denaro al fine di garantire lo svolgimento di efficaci controlli</div> <div> da parte dell’Amministrazione finanziaria. La stessa disposizione ricollega</div> <div> chiaramente la previsione delle specifiche modalità di pagamento e versamento</div> <div> alla possibilità di continuare ad applicare le disposizioni agevolative di cui alla</div> <div> legge n. 398 del 1991.</div> <div> Deve quindi dedursi la volontà del legislatore di estendere la norma che</div> <div> impone la tracciabilità delle movimentazioni di denaro in capo agli enti che</div> <div> abbiano optato per l’applicazione della legge n. 398 del 1991, in modo che venga</div> <div> assicurata la possibilità di operare i necessari controlli in relazione a tutti i</div> <div> contribuenti che si avvalgano del regime di favore recato dalla medesima legge.</div> <div> Pertanto, la disposizione dell’articolo 25, comma 5, della legge n. 133 del</div> <div> 1999 si applica agli enti che siano destinatari delle disposizioni di cui alla legge</div> <div> n. 398 del 1991, a prescindere dalla circostanza che gli stessi risultino o meno</div> <div> espressamente destinatari anche delle “altre disposizioni tributarie riguardanti le</div> <div> associazioni sportive dilettantistiche”.</div> <div> In sintesi, il citato articolo 25, comma 5, della legge n. 133 del 1999 si</div> <div> applica non solo ai soggetti richiamati dal medesimo articolo ed a quelli cui siano</div> <div> state espressamente estese le “altre disposizioni tributarie riguardanti le</div> <div> associazioni sportive dilettantistiche” (ovvero le società sportive dilettantistiche</div> <div> costituite in società di capitali senza fine di lucro, in forza dell’articolo 90,</div> <div> comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289; le associazioni bandistiche e</div> <div> cori amatoriali, filodrammatiche, di musica e danza popolare, legalmente</div> <div> costituite senza fini di lucro, ai sensi dell’articolo 2, comma 31, della legge 24</div> <div> dicembre 2003, n. 350), ma anche alle associazioni senza fini di lucro e alle</div> <div> associazioni pro-loco, in quanto destinatarie del regime fiscale recato dalla legge</div> <div> n. 398 del 1991.</div> <div> Quanto poi alla seconda questione, si ritiene che, in linea con quanto</div> <div> sostenuto dall’istante, qualora vengano meno nel corso dell’anno i presupposti</div> <div> per l’applicazione del regime speciale di cui alla legge n. 398 del 1991, ivi</div> <div> compreso quindi il requisito della tracciabilità dei pagamenti, l’applicazione del</div> </div> <div> <div> tributo con il regime ordinario dovrà avvenire dal mese successivo a quello in cui</div> <div> sono venuto meno i requisiti (cfr. circolare n. 247/E del 1999, come modificata</div> <div> dalla circolare n. 43/E del 2000, nonché la risoluzione n. 123/E del 2006).</div> </div> <div> <br /></div> <div> <br /></div> <div> <br /></div> <div> <i>Fonte: Risoluzione Agenzia Entrate n. 102/E del 19/11/2014</i></div> <div> <br /></div> <div> <br /></div>

Obbligo di tracciabilità.

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Scattata dal 1° luglio anche la tracciabilità dei pagamenti da 1.000€ da parte della P.A.

<br /> Dal 1° luglio è entrata in vigore la tracciabilità dei pagamenti dai € 1.000 in su, anche per i pagamenti di stipendi, pensioni, compensi e ogni altro emolumento comunque corrisposto dalle Pubbliche Amministrazioni centrali e locali e dai loro enti. Il divieto di pagamenti in contanti dai € 1.000 è stato previsto dal Decreto salva – Italia e avrebbe dovuto entrare in vigore già marzo per i pagamenti da parte della P.A., ma il Decreto fiscale (art. 3, comma 4-bis, D.L. n, 16/2012) ne ha prorogato l’attuazione al 1° luglio. Se il soggetto che dovrà percepire le somme (dipendente, pensionato) non ha comunicato entro il 30 giugno al proprio ente o istituto di previdenza lo strumento prescelto per il pagamento tracciabile (conto corrente, libretto postale o strumenti telematici di pagamento), per un periodo transitorio di 3 mesi, quindi fino al 30 settembre, le somme vengono sospese e girate su un conto di servizio transitorio; da lì, gli importi saranno accreditati al dipendente o pensionato appena questi avrà comunicato lo strumento di pagamento prescelto. In ogni caso, nel periodo transitorio, il soggetto potrà comunque chiedere il pagamento con un “assegno di traenza”, anche se non titolare di un conto o libretto.<br /> <br /> <br /> <i>Fonte: Il Sole 24 Ore</i><br />

Scattata dal 1° luglio anche la tracciabilità dei pagamenti da 1.000€ da parte della P.A.

Dal 1° luglio è entrata in vigore la tracciabilità dei pagamenti dai € 1.000 in su, anche per i pagamenti di stipendi, pensioni, compensi e...

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La tracciabilità dei pagamenti non può garantire l’impunità.

Le fatture emesse da società cartiere sono prive del valore riconosciuto ai documenti regolari e di conseguenza non possono trovare valido ingresso nella contabilità Iva. In tal caso, è legittimo il sequestro preventivo anche se i pagamenti sono tracciabili.<br />Lo afferma la Corte di cassazione con l’ordinanza 4947 dell’8 febbraio.<br /> <br />I fatti<br />La legale rappresentante di una Srl, indagata del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (articolo 2 del Dlgs 74/2000), ha impugnato il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip, per circa 372mila euro. La donna, che si era avvalsa di fatture soggettivamente e oggettivamente inesistenti nelle dichiarazioni relative agli anni di imposta 2006 e 2007 al fine di evadere l’Iva e le imposte sui redditi, si è vista rigettare il ricorso anche dal tribunale in sede di riesame e, poi, dalla Corte di cassazione, nonostante la stessa imputata ritenesse di aver dimostrato l’effettiva esistenza delle transazioni commerciali sia attraverso la documentazione relativa ai pagamenti (tutti tracciabili, in quanto effettuati a mezzo bonifico bancario o assegno non trasferibile) sia mediante l’affermazione che le ditte fornitrici, che avevano emesso le fatture, avevano poi regolarmente consegnato la merce. Tali argomentazioni non hanno convinto i giudici di legittimità che, confermando l’ordinanza del Tribunale, hanno affermato che “il provvedimento impugnato può superare indenne il vaglio di legittimità cui è stato sottoposto, avendo i giudici del riesame compiutamente svolto il loro ruolo di garanzia in ossequio a quanto loro imposto dalla legge”.<br /> <br />Osservazioni<br />In materia di misure cautelari reali adottate per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, la Corte compie una triplice valutazione: dopo aver individuato in astratto i poteri di verifica del Tribunale con riferimento alle condizioni di legittimità della stessa misura cautelare, la Cassazione afferma in concreto il ruolo di garanzia del giudice del riesame e ripercorre l’analisi degli elementi fattuali rappresentativi della sussistenza del fumus del reato, e cioè dell’astratta probabilità della sua effettiva realizzazione.<br /> <br />In generale, costituisce principio consolidato (Cassazione 18532/2010 e 27715/2010) che il giudice del riesame deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, con l’obbligo di esaminare tutte le confutazioni e gli elementi che possano incidere sulla configurabilità e sulla sussistenza del fumus del reato contestato, e con la preclusione di ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza e alla gravità degli stessi, anticipatoria della decisione sulla questione di merito concernente la responsabilità dell’indagato (Cassazione 23944/2008).<br />Deve, quindi, proprio per il suo ruolo di garanzia, valutare tutte le risultanze processuali in modo coerente e puntuale, esaminando sia le allegazioni probatorie del pubblico ministero sia le difese delle parti private che non si risolvano nella mera negazione degli addebiti o in una diversa lettura degli elementi acquisiti e che piuttosto assumano rilevanza in modo immediato, evidente e oggettivamente determinante in relazione al fumus.<br /><br />Nella fattispecie sottoposta al suo esame, la Corte ha affermato che “i giudici del riesame … hanno compiutamente analizzato gli elementi in fatto rappresentativi della sussistenza del ‘fumus’ del reato…”.<br />In particolare, nei gradi di merito era emerso che la Guardia di finanza aveva accertato, per le operazioni soggettivamente inesistenti, che le società fornitrici presentavano assoluta carenza strutturale (mancanza di mezzi adeguati per il trasporto o per l’accoglimento di partite di carne) e di personale e che, di conseguenza, le operazioni commerciali fatturate dalle stesse non erano mai avvenute con tali operatori commerciali bensì risultavano essere state compiute da una società comunitaria con sede all’estero; mentre, per le operazioni oggettivamente inesistenti, gli scambi riguardavano una ditta individuale italiana. <br />In tale contesto, non solo le “fatture false” non consentivano alla società acquirente la detrazione dell’Iva, ma soprattutto comportavano per la società il rischio di una condanna per il reato previsto dall’articolo 2 del Dlgs 74/2000 nonché la conferma della misura cautelare, sussistendo senza alcun dubbio il fumus del predetto reato.<br /> <br />Ciò in quanto l’articolo 2 punisce “con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, alfine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture…per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi passivi fittizi”. Per la definizione di fatture o altri documenti, l’articolo 1, comma 1, lettera a), del medesimo decreto, prevede che “per fatture o altri documenti per operazioni inesistenti si intendono le fatture o gli altri documenti …, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi” e, quindi, da un lato l’inesistenza dell’operazione economica, sia essa oggettiva o soggettiva, totale o parziale, dall’altro la natura del documento che la certifica (Cassazione 46785/2011).<br /> <br />Le fatture relative a operazioni economiche inesistenti in tutto o in parte, sia che indichino un emittente diverso da quello che in realtà ha effettuato la prestazione sia che rappresentino operazioni mai compiute nella realtà commerciale, sono documenti privi del valore di attestazione che l’ordinamento riconosce alle fatture regolari o ad altri documenti aventi “rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie”, tanto che non possono trovare valido ingresso nella contabilità a fini Iva (Cassazione 647/2012 e 10394/2010).<br /><br />E’ evidente che dal quadro indiziario valutato dai giudici di merito emergano elementi tali che la Corte non ha potuto non confermare la legittimità del vincolo di indisponibilità dei beni proprio del sequestro, strumentale all’esigenza di impedire all’imputata la commissione di nuovi reati o di ulteriori conseguenze del reato già commesso. La dichiarazione annuale “fraudolenta” (articolo 2, Dlgs 74/2000), infatti, non è soltanto mendace ma è caratterizzata da un particolare “coefficiente di insidiosità” per essere supportata da un particolare impianto contabile e/o documentale.La Corte, inoltre, ha tenuto conto che “il delitto, di tipo commissivo e di mera condotta, seppure… diretto al risultato dell’evasione d’imposta…, ha natura istantanea e si consuma con la presentazione della dichiarazione annuale ai fini delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto…” (Cassazione 27/2000), con la conseguenza che, trattandosi di un reato di danno (Cassazione 41444/2011), senza tale presentazione, il solo comportamento di utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti si configurerebbe come ante factum strumentale e prodromico per la realizzazione dell’illecito, e perciò non punibile.<br /><br /><br /><span style="font-style:italic;">Fonte: Agenzia Entrate</span>

La tracciabilità dei pagamenti non può garantire l’impunità.

Le fatture emesse da società cartiere sono prive del valore riconosciuto ai documenti regolari e di conseguenza non possono trovare valido i...

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