La sopravvenienza di nuovi elementi, da parte dell’Agenzia delle Entrate, legittima l’accertamento integrativo, qualora l’ufficio, successivamente all’accertamento originario, venga a conoscenza di elementi fattuali, probatoriamente rilevanti, sconosciuti al momento dell’emissione dell’avviso di accertamento originario.
È quanto precisato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 576 del 15 gennaio 2016.

I fatti
A una società contribuente veniva notificato un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate determinava una maggiore imposta Irpeg, oltre interessi e sanzioni, conseguente a una maggiore plusvalenza derivante dalla rettifica del corrispettivo conseguito con una cessione di ramo di azienda.
A seguito di alcune segnalazioni interne, l’Agenzia veniva a conoscenza del fatto che il medesimo ramo di azienda era stato riacquistato dalla stessa società contribuente con attribuzione di un valore di avviamento di gran lunga superiore a quello determinato in occasione della prima cessione.
Conseguentemente veniva emesso un avviso di accertamento integrativo, con il quale veniva stabilita una maggiore plusvalenza rispetto a quella originariamente determinata con il primo avviso di accertamento.

Avverso l’avviso di accertamento integrativo la società contribuente proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale, che lo rigettava con sentenza, poi riformata in sede di appello.
In particolare, i giudici di secondo grado ritenevano insussistente il requisito – della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi – richiesto, ai fini dell’accertamento integrativo, dall’articolo 43, comma 3, del Dpr 600/1973, secondo il quale “l’accertamento può essere integrato o modificato in aumento mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi da parte dell'Agenzia delle Entrate…”.

Avverso la sentenza di secondo grado, proponeva ricorso, per cassazione, l’Agenzia delle Entrate, per far valere, in particolare, la violazione e falsa applicazione del citato articolo 43, comma 3.

La sentenza
Con la sentenza in commento, la Cassazione ha chiarito che “La sopravvenienza di ‘nuovi elementi’ richiesti dalla norma per l’emissione dell’accertamento integrativo non può essere restrittivamente interpretata quale sopravvenienza di ‘nuovi elementi reddituali’, poiché l’emersione di nuovi cespiti imponibili legittima senz’altro l’adozione di un autonomo avviso di accertamento”.

L’articolo 43, comma 3, Dpr 600/1973, nella misura in cui “richiede genericamente la sopravvenienza di ‘nuovi elementi’, legittima il ricorso all’avviso di accertamento integrativo allorché l’Ufficio, successivamente all’accertamento originario, venga a conoscenza di elementi fattuali, probatoriamente rilevanti, sconosciuti al momento della emissione dell’avviso originario”.
A tal proposito, la Cassazione ha chiarito che “devono considerarsi sopravvenuti… anche i dati conosciuti da un ufficio fiscale, ma non ancora in possesso di quello che ha emesso l’avviso di accertamento al momento dell’adozione di esso (Sez. 5, Sentenza n. 11057 del 12/05/2006, Rv. 590591)”.
Non è invece consentito “emettere un avviso di accertamento integrativo sulla base della semplice rivalutazione o maggiore approfondimento di dati probatori già interamente noti all’Ufficio al momento della emissione dell’avviso originario (conforme Sez. 5, Sentenza n. 11421 del 03/06/2015, Rv. 635680; Sez. 5, Sentenza n. 8029 del 03/04/2013, Rv.625927)”.

Alla luce delle considerazioni che precedono, la Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia e, per l’effetto, ha annullato la sentenza, rinviando la decisione, anche per quanto riguarda le spese di lite, a una diversa sezione della Commissione tributaria regionale.

Accertamento integrativo e autotutela sostitutiva
In ambito tributario, al generale potere di annullamento d’ufficio si affiancano altre due forme di correzione di errori e di omissioni dell’Amministrazione finanziaria: l’autotutela “sostitutiva” e l’accertamento ‘integrativo’.

Attraverso l’esercizio dell’autotutela sostitutiva, l’ufficio annulla un atto, affetto da vizi formali, ed emana un nuovo atto privo di quel vizio.
Diversamente, con l’integrazione di un avviso di accertamento già emanato, l’ufficio produce un nuovo avviso contenente elementi rinvenuti in epoca successiva al primo accertamento, tali da modificare nella sostanza il presupposto d’imposta.
Al riguardo, è possibile citare la sentenza della Cassazione 21719/2011, ove si precisa che “il rimedio della ‘autotutela sostitutiva’ differisce dal potere di integrazione dell’atto impositivo in quanto quest’ultimo presuppone la esistenza di un precedente valido atto di imposizione, mentre il primo richiede quale condizione necessaria la eliminazione (anche implicita nel caso in cui l’atto riformato riproduca lo stesso contenuto dell’atto sostituito: Corte cass. V sei. 3.8.2007 n. 17119) del precedente atto impositivo illegittimo od infondato”.

Sia in caso di autotutela sostitutiva sia in caso di accertamento integrativo, l’ufficio è tenuto comunque a rispettare i termini decadenziali per l’accertamento.



Fonte: Agenzia Entrate

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