Circolare dell’Agenzia delle Entrate: ufficializzate le risposte ai quesiti del Map 2011.

Con la Circolare n. 29/E del 27 giugno 2011 l’Agenzia delle Entrate risponde ai quesiti posti dai commercialisti e dai consulenti fiscali nel corso della diretta televisiva Map (Modulo di aggiornamento professionale) del 26 maggio 2011. Tra i temi trattati, il reddito d’impresa e casi particolari di deducibilità, l’ammissibilità della contabilità separata Iva in corso d’anno e l’autofatturazione, i poteri del rappresentante legale e la progettazione di un immobile in un Paese extra Ue ai fini Iva.

Circolare dell’Agenzia delle Entrate: ufficializzate le risposte ai quesiti del Map 2011.

Con la Circolare n. 29/E del 27 giugno 2011 l’Agenzia delle Entrate risponde ai quesiti posti dai commercialisti e dai consulenti fiscali ne...

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Circolari e Risoluzioni Agenzia Entrate.

<a href="http://click.be3a.com/click_it.html?ADVD=2862179.171432.1.0562995.">Circolare n. 16 del 19/04/11</a><br /> Risposte a quesiti in materia di controllo delle compensazioni Iva – Nuovo canale di assistenza dedicato<br /> <br /><a href="http://click.be3a.com/click_it.html?ADVD=2862179.171432.2.0562995."> Circolare n. 15 del 14/04/11</a><br /> Articolo 42, decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 – Reti di imprese<br /><br /><a href="http://click.be3a.com/click_it.html?ADVD=2862179.171432.3.0562995.">Risoluzione n. 41 del 05/04/11</a><br /> Consulenza giuridica - Attività finanziarie esercitate da concessionarie automobilistiche - Rilevanza quali operazioni esenti nella determinazione del pro rata Iva - Articolo 19, comma 5 e 19- bis, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633<br /> <br /><a href="http://click.be3a.com/click_it.html?ADVD=2862179.171432.4.0562995."> Risoluzione n. 40 del 04/04/11</a><br /> Istituzione della causale contributo per il versamento, tramite modello F24, dei contributi dovuti dagli iscritti al Consiglio provinciale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Latina<br /><br /><a href="http://click.be3a.com/click_it.html?ADVD=2862179.171432.5.0562995.">Risoluzione n. 39 del 04/04/11</a><br /> Istituzione dei codici tributo per il versamento di somme dovute a seguito delle comunicazioni inviate ai sensi all’articolo 36-bis del D.P.R. n. 600/1973<br /><br /><a href="http://click.be3a.com/click_it.html?ADVD=2862179.171432.6.0562995.">Risoluzione n. 38 del 04/04/11</a><br /> Istituzione dei codici tributo per il versamento, tramite modello F24, dell’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali regionale e comunale derivante dalla locazione degli immobili ad uso abitativo ubicati nella provincia dell’Aquila – Articolo 2, comma 228, della legge 23 dicembre 2009, n. 191<br /><br /><a href="http://click.be3a.com/click_it.html?ADVD=2862179.171432.7.0562995.">Risoluzione n. 37 del 31/03/11</a><br /> Istituzione dei codici tributo per il versamento, tramite modello “F24”, delle sanzioni ed interessi di cui all’ articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, per somme dovute a titolo di imposta sostitutiva delle imposte ipotecaria e catastale per i contratti di leasing immobiliare di cui all’articolo 1, comma 16, della legge 13 dicembre 2010, n. 220<br /><br /><a href="http://click.be3a.com/click_it.html?ADVD=2862179.171432.8.0562995.">Risoluzione n. 36 del 31/03/11</a><br /> Consulenza giuridica – Reverse charge cessione di telefoni cellulari e dispositivi a circuito integrato<br /><br /><a href="http://click.be3a.com/click_it.html?ADVD=2862179.171432.9.0562995.">Risoluzione n. 35 del 25/03/11</a><br /> Istruzioni per la compilazione del modello 730/2011 - Esonero dalla presentazione della dichiarazione - Chiarimenti.

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Circolare n. 16 del 19/04/11 Risposte a quesiti in materia di controllo delle compensazioni Iva – Nuovo canale di assistenza dedicato ...

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Circolare 16/E del 19 aprile 2011: Risposte a quesiti in materia di controllo delle compensazioni Iva.

1.1. Compensazione del credito Iva annuale 2009 nel corso del 2011 <br />D. Si chiede conferma che, ai fini del controllo del superamento dei limiti di <br />compensabilità stabiliti dal decreto-legge n. 78 del 2009, gli utilizzi del credito <br />Iva annuale 2009 (codice tributo 6099, anno 2009), effettuati nel 2011, debbano <br />essere sommati agli utilizzi del medesimo credito effettuati nel corso del 2010. <br />R. L’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997 dispone che la <br />compensazione dei crediti risultanti dalle dichiarazioni “deve essere effettuata <br />entro la data di presentazione della dichiarazione successiva”. In applicazione di <br />questo principio di carattere generale, il credito risultante dalla dichiarazione Iva <br />relativa all’anno d’imposta 2009 – per la parte chiesta in compensazione e non <br />utilizzata nel corso dell’anno solare 2010 – può continuare ad essere utilizzato <br />anche nel corso dell’anno solare 2011, fino alla data di presentazione della <br />dichiarazione Iva relativa all’anno d’imposta 2010. <br />Le compensazioni del credito Iva relativo all’anno d’imposta 2009 effettuate nel <br />corso dell’anno solare 2011 concorrono al raggiungimento dei limiti di<br />compensabilità stabiliti dall’articolo 10 del decreto-legge n. 78 del 2009, in <br />continuità con quelle effettuate nel corso dell’anno solare 2010. Come chiarito <br />dalla circolare n. 1/E del 15 gennaio 2010, infatti, i predetti limiti sono da <br />intendersi come riferiti all’anno di maturazione del credito e non all’anno solare <br />di utilizzo in compensazione. Il plafond di riferimento, pertanto, è unico <br />indipendentemente dall’anno in cui avviene l’utilizzo. <br />Così, ad esempio, un contribuente che abbia già utilizzato nel corso del 2010 il <br />credito Iva relativo all’anno 2009 per 9.000 euro, può utilizzare nel corso del <br />2011 ulteriori 7.000 euro relativi allo stesso credito a condizione che: <br />- dalla dichiarazione relativa all’anno 2009 risulti un credito Iva da utilizzare <br />in compensazione almeno pari a 16.000 euro; <br />- sulla medesima dichiarazione sia stato apposto il visto di conformità (dato <br />che la somma degli utilizzi supera il limite di 15.000 euro). <br />1.2. Compensazione di crediti trimestrali e annuale relativi alla stessa <br />annualità <br />D. Si chiede conferma che, ai fini del controllo del superamento dei limiti di <br />compensabilità stabiliti dal decreto-legge n. 78 del 2009, gli utilizzi del credito <br />Iva annuale 2010 (codice tributo 6099, anno 2010), effettuati a partire dal 1 <br />gennaio 2011, non debbano essere sommati agli eventuali utilizzi di crediti Iva <br />trimestrali relativi alla medesima annualità (codici tributo 6036, 6037, 6038, <br />anno 2010) precedentemente effettuati. <br />R. In linea generale, un credito maturato in un periodo d’imposta può essere <br />utilizzato in compensazione già a partire dall’inizio del periodo d’imposta <br />successivo. <br />Il credito Iva relativo all’anno d’imposta 2010, pertanto, può essere utilizzato in <br />compensazione già a partire dal 1 gennaio 2011, purché, ovviamente, non ecceda <br />il limite di 10.000 euro, per il superamento del quale è necessario attendere il <br />giorno 16 del mese successivo alla presentazione della dichiarazione. <br />Al raggiungimento di tale limite, riferito al credito annuale 2010, non concorrono <br />le eventuali compensazioni di crediti Iva relativi ai primi tre trimestri dello stesso <br />anno (risultanti, quindi, dalle istanze mod. Iva TR presentate nel corso del 2010). <br />Come chiarito dalla circolare n. 1/E del 15 gennaio 2010, infatti, i crediti Iva <br />infrannuali rappresentano un plafond distinto rispetto al credito Iva annuale. Tale <br />distinzione permane anche se i crediti sono relativi alla medesima annualità. <br />1.3. Compensazione di crediti relativi ad annualità pregresse <br />D. In seguito al controllo della dichiarazione presentata per il periodo d’imposta <br />2008, ad un contribuente viene riconosciuta la spettanza di un credito Iva <br />maggiore rispetto a quello dichiarato. E’ possibile utilizzare da subito in <br />compensazione il maggior credito riconosciuto, indicando nel mod. F24 l’anno <br />di riferimento 2008, oppure è necessario preventivamente “rigenerarlo” tramite <br />riporto nella prima dichiarazione utile? <br />R. In esito all’attività di liquidazione delle imposte risultanti dalle dichiarazioni, <br />l’Agenzia delle Entrate può comunicare ai contribuenti la spettanza di un credito <br />maggiore rispetto a quanto dichiarato. In questi casi il contribuente viene invitato <br />a dare conferma dell’effettiva spettanza del maggior credito liquidato ed a <br />scegliere tra la richiesta di rimborso o l’utilizzo in compensazione/detrazione. <br />Qualora si propenda per l’utilizzo in compensazione, è necessario tener conto di <br />quanto disposto dal richiamato articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, <br />che prevede che la compensazione dei crediti risultanti dalle dichiarazioni “deve <br />essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva”. <br />In riferimento all’esempio proposto, il maggior credito Iva relativo all’anno <br />d’imposta 2008 non può più essere utilizzato in compensazione se nel frattempo <br />è stata presentata la dichiarazione Iva relativa all’anno d’imposta 2009. In questo <br />caso il contribuente, per poter disporre del maggior credito in compensazione, <br />deve necessariamente esporlo nella prima dichiarazione utile, al fine di <br />estenderne la validità equiparandola a quella dei crediti formatisi nello stesso <br />periodo. <br />Se la dichiarazione Iva relativa all’anno d’imposta 2010 non è ancora stata <br />presentata, le alternative possibili sono le seguenti: <br />- presentare una dichiarazione Iva integrativa a favore relativa all’anno <br />d’imposta 2009 (qualora ne ricorrano i presupposti), esponendo il maggior <br />credito nel rigo VL8 “Credito risultante dalla dichiarazione per il 2008”. Il <br />credito emergente dalla dichiarazione integrativa potrà essere utilizzato in <br />compensazione con codice tributo 6099 e anno di riferimento 2009; <br />- esporre il maggior credito nella dichiarazione Iva relativa all’anno <br />d’imposta 2010, nel rigo VL8 “Credito risultante dalla dichiarazione per il <br />2009” (anche se, in questo caso, il credito è relativo all’anno ancora <br />precedente). Il credito emergente dalla dichiarazione potrà essere utilizzato <br />in compensazione con codice tributo 6099 e anno di riferimento 2010. <br />In entrambe le ipotesi, le compensazioni dovranno rispettare le regole stabilite <br />dall’articolo 10 del decreto-legge n. 78 del 2009.<br />1.4. Presentazione di più dichiarazioni relative alla stessa annualità <br />D. Un contribuente presenta la dichiarazione Iva nel mese di febbraio con <br />esposizione di un credito da utilizzare in compensazione superiore a 15.000 <br />euro. Sulla dichiarazione è apposto il visto di conformità. <br />Nel mese di settembre, in sede di predisposizione e presentazione della <br />dichiarazione dei redditi, vengono erroneamente inclusi nel modello Unico <br />anche i quadri relativi alla dichiarazione Iva, già inviata in forma autonoma a <br />febbraio. Sul modello Unico non viene apposto il visto di conformità. <br />L’erronea presentazione della dichiarazione Iva all’interno del modello Unico <br />inficia la possibilità di compensare il credito Iva da essa emergente per importi <br />superiori a 15.000 euro? <br />R. Preliminarmente, è opportuno ribadire che la presentazione di dichiarazioni <br />multiple (cioè relative allo stesso contribuente, alla stessa imposta, allo stesso <br />periodo) va limitata alle sole ipotesi di correzione/integrazione della <br />dichiarazione originaria, ai sensi dell’articolo 2, commi 8 e 8-bis, del d.P.R. n. <br />322 del 1998. La presentazione di una seconda dichiarazione fa presumere, <br />quindi, la volontà di correggere eventuali errori ed omissioni commessi nella <br />redazione della prima dichiarazione. <br />Nel caso rappresentato, la dichiarazione Iva presentata all’interno del modello <br />Unico (senza visto di conformità) viene considerata “correttiva nei termini” (e <br />quindi sostitutiva) della dichiarazione Iva precedentemente presentata in forma <br />autonoma (con visto di conformità). Per questo motivo, eventuali deleghe di <br />pagamento contenenti compensazione di credito Iva per importi superiori a <br />15.000 euro, presentate successivamente all’invio del modello Unico, sono <br />oggetto di scarto da parte della procedura automatizzata di controllo delle <br />compensazioni Iva, che rileva l’assenza del visto di conformità sull’ultima <br />dichiarazione Iva validamente presentata<br />1<br /> .<br />In questa situazione, il contribuente che intende ripristinare la possibilità di <br />compensare il proprio credito Iva per importi superiori a 15.000 euro, può agire <br />in due modi alternativi: <br />- annullare l’invio del modello Unico, contenente la dichiarazione Iva <br />erroneamente inclusa; in questo modo si restituisce efficacia alla <br />dichiarazione Iva originariamente presentata in forma autonoma, su cui è <br />apposto il visto di conformità. In questo caso è necessario, tuttavia,<br />presentare nuovamente la dichiarazione dei redditi, originariamente <br />contenuta nel modello Unico oggetto di annullamento. Tale modalità <br />operativa è attuabile, senza incorrere in sanzioni, entro il termine ordinario <br />di presentazione della dichiarazione; <br />- presentare una terza dichiarazione Iva in forma autonoma, con apposizione <br />del visto di conformità. Tale dichiarazione, per i motivi sopra esposti, viene <br />considerata sostitutiva della dichiarazione Iva compresa nel modello Unico <br />(senza visto di conformità). <br />In entrambi i casi il credito Iva, per importi superiori a 15.000 euro, sarà <br />nuovamente disponibile per la compensazione a partire dal giorno 16 del mese <br />successivo a quello di regolarizzazione della posizione. <br />1.5. Correzione/annullamento di modelli F24 <br />D. Nel mese di marzo 2011, avendo ancora a disposizione un residuo credito Iva <br />relativo all’anno d’imposta 2009, si è inteso pagare tramite compensazione le <br />ritenute relative al mese di febbraio per un importo di 8.000 euro. Tuttavia, in <br />sede di compilazione del modello F24, in corrispondenza del codice tributo <br />6099, è stato indicato per errore l’anno di riferimento 2010 (in luogo di 2009). <br />Rilevato l’errore, in data 8 aprile 2011 è stata chiesta (ed ottenuta) presso un <br />ufficio territoriale la correzione dell’anno di riferimento da 2010 a 2009. <br />Si chiede se, a seguito della correzione, possa intendersi ricostituita la <br />possibilità di utilizzare in compensazione il credito relativo all’anno 2010, per <br />interi 10.000 euro, senza preventiva presentazione della relativa dichiarazione <br />Iva. <br />R. Preliminarmente va chiarito che gli uffici devono attentamente valutare le <br />istanze presentate dai contribuenti relative alla correzione dei dati esposti nei <br />modelli F24 presentati e, con particolare riferimento alle istanze di correzione <br />afferenti gli utilizzi di crediti IVA, devono altresì verificare che la variazione <br />richiesta sia compatibile con le prescrizioni dell’articolo 10 del decreto-legge n. <br />78 del 2009 che disciplina le modalità per utilizzare in compensazione tali <br />crediti. Ciò premesso, la correzione dell’anno di riferimento di un credito Iva <br />esposto nel modello F24, operata dopo le necessarie verifiche circa la <br />disponibilità e la spendibilità sotto il profilo temporale, comporta l’imputazione <br />della compensazione ad un diverso plafond rispetto a quello originariamente <br />indicato. Il conseguente aggiornamento degli utilizzi dei due plafond interessati <br />avviene in via automatizzata, normalmente entro il secondo giorno lavorativo <br />successivo a quello di correzione del modello F24.<br />In riferimento al caso prospettato, la compensazione Iva è stata inizialmente <br />imputata al plafond relativo all’anno 2010 (utilizzabile, per importi non superiori <br />a 10.000 euro, anche in assenza di preventiva presentazione della dichiarazione). <br />A seguito della correzione operata dall’ufficio, la stessa compensazione è stata <br />invece imputata al plafond relativo all’anno 2009 (risultante dalla dichiarazione <br />Iva presentata per quell’anno), con conseguente ricostituzione del credito relativo <br />all’anno 2010, che torna disponibile nella sua interezza (rectius, nel limite di <br />10.000 euro visto che non è ancora stata presentata la relativa dichiarazione) a <br />partire dal secondo giorno lavorativo successivo a quello di correzione. <br />Discorso analogo vale per l’annullamento di un modello F24 con utilizzo di <br />credito Iva e saldo pari a zero. Anche in questo caso, il relativo plafond viene <br />automaticamente ricostituito e torna disponibile per la compensazione <br />ordinariamente entro il secondo giorno lavorativo successivo a quello di <br />annullamento del modello F24.<br /><br /><br /><span style="font-style:italic;">Fonte: Agenzia Entrate</span>

Circolare 16/E del 19 aprile 2011: Risposte a quesiti in materia di controllo delle compensazioni Iva.

1.1. Compensazione del credito Iva annuale 2009 nel corso del 2011 D. Si chiede conferma che, ai fini del controllo del superamento dei lim...

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<a href="http://click.be3a.com/click_it.html?ADVD=2811177.171432.1.0356128."> Circolare n. 7 e allegato del 28/02/11 </a><br /><br />Le regole di determinazione del reddito dei soggetti tenuti alla adozione dei principi contabili internazionali IAS/IFRS - Parte generale - Decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38, legge 24 dicembre 2007, n. 244 e decreto del Ministero dell'Economia e delle finanze 1mo aprile 2009, n. 48<br /><br /><br /><a href="http://click.be3a.com/click_it.html?ADVD=2811177.171432.2.0356128."> Circolare n. 6 del 24/02/11</a><br /><br />Articolo 1, comma 1, decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225. Proroga dei termini di presentazione del modello EAS<br /><br /><br /><a href="http://click.be3a.com/click_it.html?ADVD=2811177.171432.3.0356128."> Risoluzione n. 15 del 18/02/11</a><br /><br />Consulenza giuridica - polizze estere offerte in regime di libera prestazione dei servizi in Italia. Obblighi di monitoraggio fiscale e presupposti per l'esonero<br /><br /><br /><a href="http://click.be3a.com/click_it.html?ADVD=2811177.171432.4.0356128."> Risoluzione n. 22 del 22/02/11<br /></a><br />Interpello ai sensi dell'articolo 11, legge 27 luglio 2000, n. 212 - IVA - N. 39) della Tabella A, Parte seconda, allegata al DPR 26 ottobre 1972, n. 633<br /><br /><br /><a href="http://click.be3a.com/click_it.html?ADVD=2811177.171432.5.0356128."> Risoluzione n. 21 del 22/02/11</a><br /><br />Trattamento tributario ai fini IVA dei 'buoni acquisto o regalo'<br /><br /><br /><a href="http://click.be3a.com/click_it.html?ADVD=2811177.171432.6.0356128."> Risoluzione n. 20 del 22/02/11</a><br /><br />Quesito riguardante il trattamento fiscale, ai fini IVA, della cessione dei diritti 'quote tonno rosso'<br /><br /><br /><a href="http://click.be3a.com/click_it.html?ADVD=2811177.171432.7.0356128."> Risoluzione n. 19 del 21/02/11</a><br /><br />Imprese assicuratrici estere operanti in Italia in libera prestazione di servizi - chiarimenti sulle modalità di versamento dell'imposta dovuta sui premi riscossi - istituzione codice identificativo '70' per il versamento tramite il modello F24 - Accise da parte del rappresentante fiscale<br /><br /><br /><a href="http://click.be3a.com/click_it.html?ADVD=2811177.171432.8.0356128."> Risoluzione n. 18 del 21/02/11</a><br /><br />Istituzione del codice tributo 'RUOL' per il versamento, tramite modello 'F24 Accise', delle somme iscritte a ruolo per imposte erariali e relativi accessori ai sensi dell'articolo 31 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122<br /><br /><br /><a href="http://click.be3a.com/click_it.html?ADVD=2811177.171432.9.0356128."> Risoluzione n. 17 del 18/02/11</a><br /><br />Consulenza giuridica - Deducibilità contributi previdenziali sospesi a seguito di calamità naturali - articolo 36, comma 32, del D.L. n. 223 del 2006<br /><br /><br /><a href="http://click.be3a.com/click_it.html?ADVD=2811177.171432.10.0356128."> Risoluzione n. 16 del 18/02/11</a><br /><br />Istituzione del codice tributo per la restituzione, mediante il modello F24, da parte dei soggetti finanziatori, degli importi rimasti giacenti sul conto vincolato nel caso in cui il contributo, nella forma di finanziamento agevolato, concesso in seguito agli eventi sismici verificatisi nella regione Abruzzo il 6 aprile 2009 e alla Convezione sottoscritta tra ABI e Cassa Depositi e Prestiti (CDP) “Ricostruzione Abruzzo”, sia oggetto di revoca totale o parziale, ovvero di altre cause di estinzione anticipata

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Circolare n. 7 e allegato del 28/02/11 Le regole di determinazione del reddito dei soggetti tenuti alla adozione dei princip...

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Documenti fiscali: Circolare 8/E del 2 marzo 2011.

<span style="font-weight:bold;">OGGETTO : Modalità di effettuazione delle ritenute alla fonte per le somme<br />liquidate a seguito di procedure di pignoramento presso terzi. Provvedimento<br />del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 34755 del 03.03.2010. Chiarimenti</span> <br /><br /><br />1. RITENUTE ALLA FONTE SUI PAGAMENTI EFFETTUATI A<br />SEGUITO DI PIGNORAMENTO PRESSO TERZI <br /><br />1.1. Le somme pignorate presso terzi: riferimenti civilistici e processual-<br />civilistici<br />Prima di entrare nel merito delle disposizioni di carattere fiscale previste dal<br />Provvedimento, è utile introdurre alcuni concetti generali di natura civilistica e<br />processual-civilistica.<br />In base all’art. 1173 del codice civile ( di seguito c.c.), le obbligazioni possono<br />derivare da contratto, da fatto illecito e da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle secondo l’ordinamento giuridico (promesse unilaterali, titoli di credito,<br />gestione di affari etc..). <br />L’art. 2740 del c.c. stabilisce che il debitore risponde dell’adempimento delle<br />obbligazioni con tutti i suoi beni, presenti e futuri, salve le limitazioni<br />espressamente stabilite dalla legge.<br />Se l’adempimento dell’obbligazione non avviene spontaneamente da parte del<br />debitore, il creditore, salvi i casi in cui possieda già un titolo esecutivo (ad es. un<br />titolo cambiario), può agire in giudizio per la tutela dei propri diritti al fine di<br />ottenere una pronuncia giurisdizionale che ne disponga l’adempimento.<br />In caso di pronuncia favorevole al creditore passata in giudicato, se il debitore<br />non osserva il comando contenuto nella stessa, il creditore può intraprendere<br />l’espropriazione forzata attraverso il pignoramento dei beni del debitore, ai sensi<br />degli articoli 491 e seguenti del codice di procedura civile ( di seguito c.p.c.).<br />Il pignoramento può riguardare beni immobili o mobili. Se ha ad oggetto beni<br />mobili, può essere eseguito presso il debitore medesimo ovvero presso un terzo, a<br />sua volta debitore del debitore; in quest’ultimo caso, a mente dell’art. 543 del<br />c.p.c., il pignoramento può riguardare i crediti del debitore verso terzi o le cose<br />del debitore che sono in possesso di terzi.<br />Tanto premesso, si osserva che, in base al citato art. 21, comma 15, della legge n.<br />449 del 1997, in caso di pignoramento presso terzi, le disposizioni sulle ritenute<br />alla fonte devono essere applicate qualora il credito sia riferito a somme per le<br />quali, ai sensi delle medesime disposizioni, deve essere operata una ritenuta alla<br />fonte.<br /><br />1.2 Terzo erogatore tenuto ad effettuare la ritenuta <br />L’articolo 1, comma 1, del Provvedimento stabilisce che in caso di pagamenti<br />effettuati a seguito di pignoramenti presso terzi, il terzo erogatore, ove rivesta la<br />qualifica di sostituto d’imposta ai sensi degli articoli 23 e seguenti del DPR n.<br />600 del 1973, deve operare, all’atto del pagamento, una ritenuta del 20 per cento<br />a titolo di acconto dell’Irpef dovuta dal creditore pignoratizio.<br /><br />La norma ha previsto l’applicazione di una ritenuta in misura fissa al fine di<br />mettere il terzo in condizione di effettuare l’adempimento senza dover svolgere<br />indagini sulla tipologia del reddito erogato; l’esigenza di semplificazione, che<br />risponde a quella dell’erario di dare effettiva attuazione al prelievo, comporta che<br />il terzo non sia tenuto a svolgere indagini per verificare se le somme debbano o<br />meno subire la ritenuta. Sarà, pertanto, onere del creditore dimostrare che le<br />stesse attengono ad ipotesi per le quali la ritenuta non deve essere operata,<br />restando inteso che altrimenti il terzo provvederà ad applicarla, come verrà<br />precisato meglio nel paragrafo 1.3 della presente Circolare. <br />L’articolo 1, comma 2, del Provvedimento specifica che deve trattarsi di somme<br />assoggettabili a ritenuta alla fonte in base alle disposizioni contenute nel titolo III<br />del DPR n. 600 del 1973, nell’art. 11, commi 5, 6 e 7, della legge n. 413/1991,<br />nonché nell’art. 33, comma 4, del DPR n. 42/1988.<br />Pertanto, l’obbligo di effettuare la ritenuta da parte del terzo erogatore sorge<br />quando sono soddisfatte contemporaneamente le seguenti condizioni:<br />1. deve trattarsi di una somma per la quale deve essere operata una ritenuta<br />alla fonte, ai sensi delle richiamate disposizioni ;<br />2. il creditore pignoratizio deve essere un soggetto Irpef;<br />3. il terzo erogatore deve rivestire la qualifica di sostituto di imposta in base<br />a quanto previsto dagli artt. 23 e seguenti del DPR 600/1973; deve, cioè,<br />rientrare fra i soggetti cui la legge tassativamente conferisce l’obbligo di<br />pagare le imposte in luogo d’altri, per fatti e situazioni a questi riferibili. <br />Il terzo erogatore ha l’obbligo di effettuare la ritenuta anche nell’ipotesi in cui il<br />debitore pignorato non rivesta la qualifica di sostituto di imposta.<br />In altri termini, l’obbligo della ritenuta sorge per il fatto oggettivo che il credito<br />sia riferito a somme per le quali le disposizioni fiscali prevedono l’applicazione<br />di una ritenuta. Si pensi, ad esempio, all’ipotesi in cui un professionista vanti un<br />credito nei confronti di un suo cliente (persona fisica non imprenditore) e instauri<br />un giudizio per la soddisfazione di tale credito. Se la sentenza di condanna del<br />cliente esita in una esecuzione forzata comportando il pignoramento delle somme<br />giacenti su un conto corrente acceso dal cliente inadempiente presso un istituto di<br />credito, quest’ultimo (terzo esecutato), rivestendo la qualità di sostituto di<br />imposta in base alle richiamate disposizioni, è tenuto ad effettuare le ritenute<br />sulle somme assegnate al professionista (creditore pignoratizio), anche se, in<br />mancanza di esecuzione forzata, non sarebbe stato operato il prelievo alla fonte<br />da parte del cliente (debitore), in quanto persona fisica non imprenditore.<br /><br />1.3 Somme soggette a ritenuta da parte del terzo erogatore<br />L’art. 1, comma 1, del Provvedimento fa riferimento ad una ritenuta alla fonte a<br />titolo di acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. La ritenuta,<br />pertanto, deve essere effettuata nei confronti dei creditori pignoratizi soggetti<br />IRPEF e non anche nei confronti di enti e società soggetti IRES. <br />La precisazione, introdotta dal Provvedimento a fronte di una disposizione<br />normativa che menziona genericamente l’obbligo di effettuare una ritenuta<br />d’acconto, intende semplificare gli adempimenti del terzo erogatore in<br />considerazione della marginalità delle ipotesi in cui i soggetti IRES (enti e<br />società di capitali) subiscono ritenute alla fonte. <br />Pertanto, il terzo erogatore che corrisponda somme in favore di soggetti diversi<br />dalle persone fisiche e dalle società di persone, non è tenuto ad effettuare la<br />ritenuta alla fonte, fermo restando l’obbligo di indicare nella dichiarazione dei<br />sostituti di imposta i dati del percettore e l’ammontare delle somme erogate;<br />quest’ultimo adempimento, infatti, in base a quanto previsto dall’art. 2, comma 1,<br />lett. d), del Provvedimento, è posto a carico dell’erogatore anche nei casi in cui<br />egli non operi un prelievo alla fonte o perché il creditore pignoratizio non è un<br />soggetto Irpef ovvero perché le somme erogate non hanno natura reddituale<br />(salvo quanto si dirà in seguito in merito alle somme erogate agli Agenti della<br />riscossione) o non scontano ritenute alla fonte in base alle disposizioni<br />richiamate.<br />Nei confronti dei soggetti IRPEF, invece, ai sensi dell’articolo 1 del<br />Provvedimento, il soggetto erogatore è tenuto ad operare la ritenuta d’acconto nella misura del 20 per cento sulle somme assoggettabili a ritenuta ai sensi delle<br />disposizioni contenute nel titolo III del Decreto del Presidente della Repubblica<br />29 settembre 1973, n. 600 e successive modificazioni, nell’articolo 11, commi 5,<br />6 e 7 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 nonché nell’articolo 33, comma 4, del<br />Decreto del Presidente della Repubblica 4 febbraio 1988, n. 42. Ne consegue che<br />il prelievo alla fonte non deve essere effettuato se la somma non rientra fra quelle<br />assoggettabili a ritenuta in base alle richiamate disposizioni.<br />Ad esempio, se il dipendente (creditore pignoratizio), in esecuzione di una<br />sentenza di condanna del datore di lavoro (debitore) al pagamento di retribuzioni<br />arretrate, ottiene il pignoramento delle somme giacenti su un conto corrente<br />bancario del datore di lavoro, l’istituto bancario (terzo erogatore) sarà tenuto ad<br />effettuare la ritenuta del 20 per cento all’atto del pagamento delle somme in<br />favore del dipendente, trattandosi di redditi di lavoro dipendente, per i quali, a<br />norma dell’art. 23 del DPR 600/73, è previsto il prelievo alla fonte.<br />Ugualmente, sarà tenuto ad operare la ritenuta il terzo che eroga ad un soggetto<br />IRPEF utili o dividendi su partecipazioni sociali per i quali l’art. 27 del DPR n.<br />600 del 1973 prevede l’assoggettamento ad imposta mediante ritenuta alla fonte.<br />Ad analoghe conclusioni si perviene nel caso in cui il terzo eroghi somme di cui<br />all’art. 11, commi 5 e 6, della legge n. 413 del 1991 (indennità di esproprio,<br />occupazione temporanea, risarcimento danni da occupazione acquisitiva, ecc..)<br />per le quali il successivo comma 7 ne prevede, all’atto della corresponsione, una<br />ritenuta alla fonte nella misura del 20 per cento.<br />Viceversa, se il locatore di un immobile (creditore pignoratizio), in esecuzione<br />di una sentenza di condanna del locatario (debitore) al pagamento di pigioni di<br />affitto arretrate, riesce a pignorare lo stipendio dell’inquilino presso il suo datore<br />di lavoro (terzo erogatore), quest’ultimo non deve effettuare alcuna ritenuta, in<br />quanto i redditi di fabbricato non rientrano tra quelli che, ai sensi delle<br />disposizioni enunciate, devono essere assoggettati a ritenuta alla fonte.<br />Analogamente, la ritenuta non andrà effettuata se il terzo eroga somme che<br />costituiscono componenti positive del reddito d’impresa, ad eccezione delle<br />ipotesi in cui anche per tale tipologia di reddito è previsto un prelievo alla fonte,<br />come nel caso di provvigioni inerenti a rapporti di commissione (articolo 25 -bis <br />del DPR 600 del 1973) o di corrispettivi dovuti dal condominio all’appaltatore<br />(articolo. 25 -ter del medesimo decreto).<br />La ritenuta non deve essere, altresì, operata se le somme siano erogate dal terzo a<br />titolo di risarcimento di un danno emergente, che abbia, cioè, provocato una<br />lesione effettiva e immediata al patrimonio del creditore pignoratizio (art. 6, co.<br />2, del Tuir).<br />Il Provvedimento non pone a carico del terzo obblighi di indagine in merito alla<br />qualificazione reddituale delle somme, anzi, nel prevedere una ritenuta in misura<br />fissa, presuppone che il terzo non sia normalmente a conoscenza della tipologia<br />di reddito che sta erogando. <br />Ai sensi dell’art. 1, comma 2, del Provvedimento, infatti, “Il terzo erogatore non<br />effettua la ritenuta se è a conoscenza che il credito è riferibile a somme o valori<br />diversi da quelli assoggettabili a ritenuta alla fonte……. ” .<br />In un’ottica di semplificazione e al fine di agevolare l’applicazione della ritenuta,<br />il terzo è tenuto ad applicarla sempre, poiché la norma non pone a suo carico<br />obblighi di accertamento.<br />Tenuto conto dell’esigenza di dare effettività alle condizioni richieste dalla<br />norma e, in particolare, a quelle evidenziate nei punti 1 e 2 del precedente<br />paragrafo 1.2, qualora il creditore pignoratizio attesti mediante dichiarazione da<br />rendersi ai sensi degli artt. 47 e 76 del DPR n. 445 del 2000 l’insussistenza, in<br />tutto o in parte, di tali condizioni, il terzo erogatore è esonerato dall’obbligo di<br />operare la ritenuta. Con la suddetta dichiarazione, il creditore pignoratizio<br />comunica al terzo anche l’ammontare eventualmente corrispondente all’imposta<br />sul valore aggiunto che non deve essere assoggettato a ritenuta.<br />L’Amministrazione Finanziaria potrà riscontrare la correttezza di quanto<br />dichiarato dal creditore pignoratizio atteso che il terzo erogatore è tenuto a<br />indicare nel proprio modello 770 i dati relativi al pagamento effettuato anche<br />nell’ipotesi in cui non abbia operato la ritenuta in argomento.<br /><br />In caso di dichiarazione mendace, ferme restando le sanzioni penali, la<br />circostanza che il creditore non indichi nella propria dichiarazione dei redditi le<br />somme percepite, in sede di accertamento dovrà essere valutata come circostanza<br />aggravante ai fini dell’applicazione delle correlate sanzioni.<br />Nel caso in cui la somma da erogare comprenda crediti di diversa natura, aventi<br />rilevanza reddituale soltanto in parte, il terzo erogatore applicherà la ritenuta solo<br />sulla parte imponibile che il creditore pignoratizio indica nella dichiarazione di<br />cui sopra. Conseguentemente, il terzo erogatore sarà tenuto a indicare nella<br />dichiarazione dei sostituti di imposta i vari importi corrisposti, specificando per<br />quali di essi è stato effettuato il prelievo alla fonte e in che misura.<br />Se, per esempio, nella somma da corrispondere pari a 100 euro, sono compresi <br />compensi per prestazioni di lavoro autonomo pari a 70 euro, imposta sul valore<br />aggiunto pari a 14 euro (20per cento di 70) e spese anticipate dal professionista<br />in nome e per conto del cliente pari a 16 euro, la ritenuta deve essere effettuata<br />solo sui compensi, pari a 70 euro, in quanto le restanti somme non scontano<br />prelievo fiscale. <br />Se, invece, nella somma da corrispondere, pari a 100 euro, sono compresi<br />compensi per prestazioni di lavoro autonomo pari a 70 euro, imposta sul valore<br />aggiunto pari a 14 euro e interessi moratori o dilatori pari a 16 euro, le ritenute<br />devono essere applicate sui compensi, pari a 70 euro, e altresì sugli interessi, pari<br />a 16 euro, posto che questi ultimi, a mente dell’art. 6, comma 2, del Tuir,<br />costituiscono redditi della stessa natura di quelli da cui derivano i crediti su cui<br />tali interessi sono maturati.<br />Infine, qualora dal provvedimento del giudice dovesse risultare che le somme da<br />erogare sono già al netto di ogni ritenuta di legge, il terzo erogatore deve operare<br />il prelievo alla fonte del 20 per cento, ricorrendone le condizioni, se il creditore<br />non è in grado di dimostrare l’avvenuta effettuazione della ritenuta. Ad esempio,<br />se l’ordinanza di assegnazione dispone che le somme (crediti di lavoro) pignorate<br />dal dipendente (creditore pignoratizio) presso la banca (terzo pignorato) del<br />datore di lavoro (debitore) sono già al netto delle ritenute di legge, il dipendente,<br />per non subire l’ulteriore decurtazione del 20 per cento (ritenuta che deve<br />applicare la banca/terzo pignorato), deve dimostrare che il datore di lavoro ha già<br />applicato sulle retribuzioni per le quali è stato attivato il pignoramento le ritenute<br />di cui all’articolo 23 del DPR n. 600 del 1973.<br />Rimane fermo, in ogni caso, l’obbligo del terzo erogatore di riportare nel proprio<br />modello 770 le somme erogate con indicazione o meno della avvenuta<br />effettuazione della ritenuta del 20 per cento. <br /><br />1.4 Doppia ritenuta<br />Le somme da corrispondere al creditore pignoratizio potrebbero scontare una<br />ulteriore ritenuta rispetto a quella che il terzo erogatore è tenuto ad effettuare in<br />base alla nuova disciplina (art. 21, comma 15, legge n. 449/1997). Come meglio<br />avanti precisato, ciò si verifica, in particolare, nell’ipotesi in cui il terzo erogatore<br />sia anche sostituto d’imposta nei confronti del debitore (per esempio, in qualità di<br />suo datore di lavoro).<br />Bisogna osservare, infatti, che in caso di pignoramenti presso terzi, coesistono e<br />rilevano due distinti rapporti obbligatori: quello fra il debitore e il creditore<br />pignoratizio, che sfocia nella procedura esecutiva, e quello fra il debitore e il<br />terzo erogatore, a sua volta debitore del primo, che giustifica l’esecuzione presso<br />il terzo medesimo. I crediti oggetto di pignoramento, infatti, sono quelli che il<br />debitore vanta nei confronti del terzo esecutato e che quest’ultimo estingue<br />effettuando il pagamento, anziché nelle mani del proprio creditore (il debitore nel<br />meccanismo del pignoramento), in quelle di un terzo soggetto (il creditore<br />pignoratizio ), con effetti liberatori nei confronti del primo (il debitore ).<br />Ne consegue che la somma oggetto di pignoramento potrebbe avere una duplice<br />rilevanza da un punto di vista fiscale ed obbligare il terzo esecutato ad un duplice<br />prelievo alla fonte.<br />Si pensi all’ipotesi in cui un professionista vanti un credito nei confronti di un<br />suo cliente e instauri un giudizio per la soddisfazione di tale credito. Se la<br />sentenza di condanna del cliente esita in una esecuzione forzata comportando il<br />pignoramento di una quota dello stipendio del cliente presso il suo datore di<br />lavoro, quest’ultimo (terzo erogatore) sarà tenuto ad effettuare una duplice<br />ritenuta alla fonte: quella relativa al reddito di lavoro dipendente in forza dell’art.<br />23 del DPR n. 600/1973 e quella di cui all’articolo 21, comma 15, della L. n. 449<br />del 1997, come modificato dall’art. 15, comma 2, del DL n. 78 del 2009.<br />In tali casi, se il pignoramento ha per oggetto somme considerate al netto della<br />ritenuta relativa al reddito derivante dal rapporto intercorrente fra terzo erogatore<br />e debitore (nell’esempio, quella relativa al reddito di lavoro dipendente), non si<br />pongono particolari problemi, in quanto il terzo (che nell’esempio è anche datore<br />di lavoro) dovrà operare la sola ritenuta ai sensi dell’art. 21, comma 15, della<br />legge n. 449 del 1997, nel presupposto che abbia già operato la ritenuta<br />ordinariamente prevista (nell’esempio, per il reddito di lavoro dipendente).<br />Particolari problemi potrebbero, invece, sorgere laddove il pignoramento abbia<br />ad oggetto somme considerate al lordo della prima ritenuta, quella cioè, relativa,<br />nell’esempio, al reddito di lavoro dipendente. In tal caso, infatti, posto che:<br />o sulla base del provvedimento di assegnazione del giudice, il terzo è tenuto<br />a corrispondere al creditore l’esatto ammontare delle somme assegnate, al<br />netto della ritenuta prevista dalla nuova disposizione, <br />o il terzo è comunque tenuto ad operare anche la ritenuta ordinariamente<br />prevista per il reddito di lavoro dipendente, <br />qualora le somme disponibili presso il terzo esecutato non siano sufficienti, in<br />tutto o in parte, a garantire l’effettuazione di entrambe le ritenute, il debitore<br />(sostituito) è obbligato a fornire al terzo erogatore (sostituto) le somme<br />necessarie al versamento, fermo restando che il sostituto dovrà comunque versare<br />le ritenute all’erario nei termini ordinariamente previsti, anche se il sostituito non<br />ha ancora provveduto al pagamento (Circ. n. 326 del 1997, paragrafo n. 3.2).<br />In tal modo è assicurato l’esatto adempimento da un lato dell’ordine contenuto<br />nel provvedimento giurisdizionale, dall’altro delle disposizioni generali in<br />materia di sostituzione d’imposta.<br /><br />Peraltro, posto che in sede di espropriazione forzata, assume un ruolo<br />fondamentale l’udienza in cui il terzo è chiamato a comparire e ad asseverare<br />l’esistenza e l’ammontare del debito ai sensi dell’art. 547 del c.p.c., sarebbe<br />opportuno che in detta sede il terzo esecutato rappresenti di essere il soggetto<br />tenuto alla effettuazione anche del prelievo alla fonte in qualità di datore di<br />lavoro, in modo che la somma che costituirà oggetto di pignoramento e di<br />successiva assegnazione sia quella che residua al netto di tale prelievo.<br /><br /> 2. ADEMPIMENTI A CARICO DEL TE RZO EROGATORE<br />Il Provvedimento, al fine di consentire le operazioni di controllo da parte<br />dell’amministrazione finanziaria, prevede, a carico dei soggetti interessati,<br />determinati adempimenti di certificazione, comunicazione e dichiarazione.<br />In particolare, l’art. 2 del Provvedimento prevede che il terzo erogatore:<br />1. operi e versi la ritenuta d’acconto del 20 per cento sulle somme pignorate<br />utilizzando l’apposito codice tributo;<br />2. comunichi al debitore l’ammontare delle somme erogate al creditore<br />pignoratizio e delle ritenute effettuate;<br />3. certifichi al creditore pignoratizio l’ammontare delle somme erogate e<br />delle ritenute effettuate entro i termini previsti dall’art. 4, comma 6- quater <br />del DPR n. 322/1998;<br />4. indichi nella dichiarazione dei sostituti di imposta i dati relativi al debitore<br />e al creditore pignoratizio, nonché le somme erogate e le ritenute<br />effettuate. Detta indicazione deve essere effettuata anche se non sono state<br />operate ritenute.<br /><br />2.1 Misura e versamento della ritenuta <br />In relazione al punto n. 1, al fine di semplificare l’adempimento del terzo, è<br />previsto che l’importo della ritenuta è sempre pari al 20 per cento e prescinde<br />dalla categoria reddituale cui è riconducibile la somma erogata o parte di essa.<br />Inoltre, il versamento della ritenuta deve essere eseguito entro il giorno 16 del mese successivo a quello di applicazione della ritenuta ai sensi degli artt. 8 del<br />DPR n. 602/1973 e 18 del D.Lgs n. 241 del 1997, utilizzando il codice tributo n.<br />1049, istituito mediante Risoluzione n. 18/E del 9 marzo 2010.<br />Per le Amministrazioni dello Stato di cui all’art. 29, commi 1 e 3, del DPR n. 600<br />del 1973, che non utilizzano il Modello F-24 per il versamento delle ritenute,<br />continueranno ad applicarsi le disposizioni specifiche relative al versamento della<br />ritenuta diretta. <br /><br />2.2 Comunicazione al debitore delle somme erogate al creditore pignoratizio <br />In relazione al punto n. 2, si fa presente che il Provvedimento non prevede<br />particolari termini e formalità per la comunicazione che il terzo erogatore deve<br />inviare al debitore. <br />Tuttavia, nonostante la mancata previsione di un termine di scadenza, si ritiene<br />che la predetta comunicazione debba essere effettuata nei termini utili affinché il<br />debitore possa riportare i dati nella propria dichiarazione di sostituto d’imposta.<br />In tal modo il debitore può osservare tempestivamente l’adempimento posto a<br />suo carico dal successivo articolo 4, comma 1, del Provvedimento e cioè indicare<br />i dati relativi al creditore pignoratizio e alla natura delle somme oggetto del<br />debito nella propria dichiarazione di sostituto d’imposta. <br />Si ritiene che i dati possano essere comunicati al debitore anche in un’unica volta<br />in relazione all’intero periodo d’imposta per il quale deve essere presentata la<br />dichiarazione dei sostituti d’imposta. <br />Per quanto concerne le modalità di trasmissione dei dati, in assenza di indicazioni<br />al riguardo, si ritiene che gli stessi possano essere inviati in forma libera, anche<br />mediante sistemi telematici, purchè se ne possa riscontrare l’avvenuto invio.<br />Con riferimento, infine, ai destinatari della predetta comunicazione, in caso di<br />liquidazione, trasformazione, fusione, scissione o, se persona fisica, in caso di<br />morte del debitore, i dati devono essere comunicati ai soggetti tenuti agli obblighi<br />dichiarativi ai fini delle imposte sul reddito, in base alle disposizioni di cui agli<br />artt. 5, 5- bis e 5- ter del DPR n. 322/1998.<br /><br />La comunicazione, inoltre, deve essere effettuata anche nell’ipotesi in cui il<br />debitore non rivesta la qualità di sostituto di imposta e nell’ipotesi in cui il terzo<br />erogatore non abbia operato le ritenute. <br /><br />2.3 Certificazione della ritenuta nei confronti del creditore pignoratizio <br />In relazione al punto n. 3, si osserva che l’obbligo di certificare al creditore<br />pignoratizio l’ammontare delle somme erogate e delle ritenute effettuate di cui<br />questi deve tener conto in sede di dichiarazione, deve essere osservato entro<br />l’ordinario termine del 28 febbraio dell’anno successivo a quello in cui le somme<br />sono state corrisposte. La certificazione non è soggetta a particolari formalità e<br />deve riportare le somme erogate e le ritenute effettuate.<br />Se le somme erogate costituiscono redditi di lavoro dipendente o assimilati,<br />qualora il creditore pignoratizio (lavoratore dipendente o collaboratore) intenda<br />chiedere al proprio attuale datore di lavoro di tenerne conto in sede di<br />conguaglio, ai sensi dell’art. 23, comma 4, del DPR n. 600/1973, il terzo<br />erogatore (ad es. la banca del datore di lavoro inadempiente) dovrà consegnare la<br />predetta certificazione entro 12 giorni dalla richiesta da parte del creditore<br />pignoratizio.<br />Se l’ordinanza di assegnazione del giudice è riferita a più creditori, il terzo<br />erogatore dovrà rilasciare tante certificazioni quanti sono i destinatari del<br />provvedimento di assegnazione. Così, ad esempio, se il difensore del creditore<br />pignoratizio ha chiesto, in proprio e nella sua qualità di procuratore, l’esecuzione<br />della sentenza di condanna del debitore al pagamento di somme sia nei confronti<br />dell’assistito per i crediti a quest’ultimo riferiti, sia nei propri confronti per le<br />spese distratte in suo favore, il terzo erogatore dovrà consegnare due distinte<br />certificazioni: una al soggetto assistito, per le somme a costui riferibili, e l’altra al<br />difensore, per le somme a costui riferibili; in tal caso, infatti, entrambi i soggetti<br />assumono la veste di creditori pignoratizi.<br />Se nell’ordinanza non è specificata la misura dell’importo riferibile a ciascun<br />creditore, in mancanza di puntuale indicazione da parte dei creditori interessati, mediante dichiarazione da rendere ai sensi del DPR n. 445 del 2000, il terzo<br />erogatore provvederà ad imputare ai creditori le somme e le ritenute in parti<br />uguali.<br /><br />2.4 Obblighi dichiarativi del terzo erogatore in qualità di sostituto d’imposta<br />In relazione al punto n. 4, infine, il terzo erogatore deve indicare nella propria<br />dichiarazione dei sostituti d’imposta (Modello 770) i dati relativi al debitore e al<br />creditore pignoratizio, nonché le somme erogate e le ritenute effettuate. Detto<br />adempimento deve essere effettuato anche se il terzo non ha applicato alcuna<br />ritenuta, ad esempio perché le somme non hanno rilevanza reddituale.<br />Come detto, la necessità di espletare tale adempimento, a cura del terzo, anche in<br />mancanza di ritenuta, consente all’amministrazione finanziaria di esercitare i<br />dovuti controlli, anche incrociati, al fine di recuperare a tassazione eventuali<br />imponibili non dichiarati dal creditore . <br /><br />3. ADEMPIMENTI A CARICO DEL CREDITORE PIGNORATIZIO<br /><br />3.1. Indicazione delle somme nella dichiarazione dei redditi <br />L’art. 3 del Provvedimento stabilisce che “Il creditore pignoratizio è tenuto a<br />indicare i redditi percepiti e le ritenute subite nella dichiarazione dei redditi<br />anche se si tratta di redditi soggetti a tassazione separata, a ritenuta a titolo di<br />imposta o a imposta sostitutiva”. <br />Come precisato nelle motivazioni del Provvedimento, nello spirito della norma<br />che prevede in capo al terzo erogatore la effettuazione di una ritenuta alla fonte a<br />titolo d’acconto nella misura del 20 per cento, la tassazione definitiva delle<br />somme è affidata al creditore pignoratizio, anche nel caso in cui le somme<br />erogate configurino redditi soggetti a tassazione separata, o soggetti a ritenuta a<br />titolo di imposta o a imposta sostitutiva. <br /><br />3.2 Scomputo delle ritenute<br /><br />Le ritenute subìte dal creditore pignoratizio in forza del Provvedimento potranno<br />essere scomputate dall’imposta risultante dalla dichiarazione. Al riguardo si<br />osserva che se l’ammontare delle ritenute subìte è superiore all’imposta risultante<br />dalla dichiarazione, il creditore pignoratizio avrà diritto, a sua scelta, di<br />scomputare l’eccedenza dall’imposta relativa al periodo di imposta successivo o<br />di chiederne il rimborso in sede di dichiarazione dei redditi. <br />Naturalmente, in ipotesi di somme riferite a redditi di lavoro dipendente e<br />assimilati, il creditore pignoratizio potrà richiedere al proprio datore di lavoro di<br />tenerne conto in sede di conguaglio ai sensi dell’art. 23, comma 4, del Decreto<br />del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, consegnando la<br />certificazione rilasciatagli dal terzo erogatore<br />Inoltre, qualora le somme costituiscano reddito di impresa, già tassato secondo i<br />principi di imputazione per competenza, e il terzo erogatore abbia operato la<br />ritenuta, il creditore pignoratizio avrà diritto di scomputare le ritenute subite nella<br />dichiarazione dei redditi relativa all’anno di imposta in cui le somme pignorate<br />sono erogate. <br /><br />4. ADEMPIMENTI A CARICO DEL DEBITORE<br />L’art. 4, comma 1, del Provvedimento stabilisce che “Il debitore tenuto alla<br />presentazione della dichiarazione di cui all’art. 4, comma 1, del decreto del<br />Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, deve indicare i dati relativi<br />al creditore pignoratizio e alla natura delle somme oggetto del debito”. <br />La riportata disposizione prevede che il debitore delle somme debba procedere<br />alla indicazione dei dati relativi al creditore pignoratizio e al rapporto che ha dato<br />origine alla controversia nella dichiarazione dei sostituti d’imposta.<br />La dichiarazione del debitore in relazione alla natura del debito costituisce un<br />elemento significativo e di grande attendibilità, posto che, nei pignoramenti<br />presso terzi, il debitore è senza dubbio il soggetto che più di ogni altro risulta in<br />grado di fornire all’amministrazione finanziaria informazioni precise e dettagliate<br />in merito alla natura delle somme debitorie al fine di verificarne, in sede di<br />controllo, la corretta qualificazione fiscale.<br />Inoltre, l’art. 4, comma 2, del Provvedimento prevede che “Il debitore non è<br />tenuto ad effettuare le operazioni di conguaglio, di cui agli articoli 23, 24 e 29,<br />del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, in<br />relazione alle somme corrisposte dal terzo erogatore”.<br />Ne consegue che, anche se le somme erogate dal terzo hanno natura di reddito di<br />lavoro dipendente o assimilato, il debitore delle stesse non deve tenerne conto in<br />sede di conguaglio. Occorre considerare, infatti, che il debitore potrebbe risultare<br />estinto o non più operativo.<br />Nonostante non ricorra alcun obbligo in capo al debitore di effettuare operazioni<br />di conguaglio, resta fermo quanto osservato nel paragrafo precedente in relazione<br />alla possibilità del creditore pignoratizio di richiedere al debitore, ove operativo e<br />sostituto di imposta, di tenerne conto in sede di conguaglio ai sensi del<br />richiamato art. 23, comma 4, del DPR n. 600/1973, consegnando la certificazione<br />rilasciatagli dal terzo erogatore.<br /><br />5. SPESE DI LITE DISTRATTE IN FAVORE DEL DIFENSORE DEL<br />CREDITORE PIGNORATIZIO<br />Con particolare riferimento alle spese di lite distratte in favore dell’avvocato del<br />creditore pignoratizio si osserva che, anche qualora non ricorra l’ipotesi<br />considerata nel paragrafo 2.3 in cui il difensore chiede il pignoramento oltre che<br />nell’interesse del cliente anche nel proprio, le spese processuali distratte in favore<br />del difensore del creditore pignoratizio per il giudizio di esecuzione sono<br />anch’esse soggette alla ritenuta del 20 per cento in quanto indicate nell’ordinanza<br />di assegnazione.<br /><br />6. LA TUTELA ESECUTIVA AZIONATA DALL’AGENTE DELLA<br />RISCOSSIONE <br /><br />Con riferimento alle procedure esecutive promosse dall’Agente della riscossione<br />per il recupero dei crediti, si ritiene che non trovino applicazione le norme sul<br />prelievo alla fonte dettate dal Provvedimento, esonerando il terzo erogatore dalla<br />effettuazione di ogni adempimento.<br />Infatti, in considerazione della ratio che ispira la nuova disciplina, finalizzata al<br />recupero di materia imponibile, evitando di affidarsi all’autotassazione del<br />creditore pignoratizio, nelle suddette ipotesi tale pericolo non ricorrerebbe dal<br />momento che il creditore pignoratizio coincide con l’Agente della riscossione,<br />cioè il soggetto al quale l’Agenzia delle Entrate affida la riscossione dei tributi.<br />Inoltre, i crediti per i quali si procede, avendo natura prevalentemente tributaria,<br />non potrebbero scontare un ulteriore prelievo fiscale. <br />Peraltro, posto che l’Agente della riscossione non è un soggetto Irpef, verrebbe<br />meno in capo al terzo erogatore l’obbligo di effettuare la ritenuta alla fonte, in<br />base a quanto precisato nel precedente paragrafo 1.2. <br /><br />7. LA TUTELA ESECUTIVA DEGLI ASSEGNI PERIODICI PER IL<br />MANTENIMENTO DEL CONIUGE<br />Gli assegni periodici corrisposti per il mantenimento del coniuge in conseguenza<br />di separazione legale ed effettiva, scioglimento, annullamento o cessazione degli<br />effetti civili del matrimonio, costituiscono redditi assimilati a quelli di lavoro<br />dipendente ai sensi dell’art. 50, comma 1, lett. i), del TUIR, nella misura in cui<br />risultano da provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria; gli stessi assegni, ove<br />corrisposti da un soggetto che rivesta la qualità di sostituto di imposta, sono<br />soggetti a ritenuta alla fonte ai sensi delle disposizioni di cui all’art. 24 del DPR<br />n. 600 del 1973.<br />E’ importante rammentare che, per espressa previsione normativa, gli assegni<br />destinati al mantenimento dei figli non costituiscono reddito (art. 3, comma 3,<br />lett. b), del TUIR). Pertanto, qualora il provvedimento del giudice non distingua<br />la quota dell’assegno destinata al mantenimento dei figli, l’assegno si considera destinato al coniuge per la metà del suo ammontare (art. 3 del DPR n. 42 del<br />1988).<br />Tanto premesso, si osserva che l’ordinamento giuridico vigente prevede norme<br />specifiche per garantire al coniuge avente diritto la concreta attuazione del<br />credito periodico di mantenimento. Si tratta, in particolare, di forme di tutela più<br />immediate ed efficaci rispetto a quelle previste, in via generale, per il recupero e<br />l’attuazione dei crediti, in considerazione della speciale delicatezza degli interessi<br />giuridici coinvolti nell’ambito del diritto di famiglia (art. 156, comma 6, del c.c.<br />per la separazione e art. 8 della legge n. 898 del 1970 per il divorzio).<br />Le procedure contemplate nelle accennate disposizioni, proprio perchè finalizzate<br />ad assicurare al coniuge avente diritto una tutela esecutiva più immediata, non<br />sono scandite dalle fasi che generalmente caratterizzano la ordinaria procedura di<br />pignoramento di cui agli articoli 543 e seguenti del c.p.c.<br />Il carattere speciale delle procedure esecutive contemplate nell’ambito del diritto<br />di famiglia, unitamente a esigenze di semplificazione degli adempimenti a carico<br />del terzo erogatore, il quale, peraltro, non è tenuto a individuare la parte<br />dell’assegno destinata al mantenimento dei figli, comporta che le somme in<br />questione non devono essere assoggettate alla presente ritenuta, fermo restando<br />l’obbligo del terzo erogatore di indicarle nel proprio modello 770, nella sezione I<br />del prospetto SY.<br />Diversamente, se il terzo erogatore conosce la natura delle somme che sta<br />erogando (ad esempio, perché datore di lavoro del coniuge obbligato), applicherà<br />le ordinarie ritenute previste per tale tipologia di reddito.<br /><br /><br /><span style="font-style:italic;">Fonte: Agenzia Entrate</span>

Documenti fiscali: Circolare 8/E del 2 marzo 2011.

OGGETTO : Modalità di effettuazione delle ritenute alla fonte per le somme liquidate a seguito di procedure di pignoramento...

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Circolare 4/E del 15 febbraio 2011.

1. Interventi in materia previdenziale (articolo 12, comma 10) <br />L’art. 12, comma 10, D.L. n. 78/2010 prevede che con “Con effetto sulle <br />anzianità contributive maturate a decorrere dal 1° gennaio 2011, per i lavoratori alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico <br />consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale <br />di statistica (Istat) ai sensi del comma 3 dell’art. 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, per i quali il computo dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, in riferimento alle predette anzianità contributive non è già regolato in base a quanto previsto dall’art. 2120 del codice civile in materia di trattamento di fine rapporto, il computo dei predetti trattamenti di fine servizio si effettua secondo le regole di cui al citato articolo 2120 del codice civile, con applicazione dell’aliquota del 6,91 per cento”. <br />L’articolo in esame pertanto prevede che, a partire dalle anzianità <br />contributive maturate dal 1° gennaio 2011, il computo dei trattamenti di fine servizio del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche, che non sia già sottoposto al regime TFR, si effettui secondo le regole di cui all’art. 2120 c.c. concernente il trattamento di fine rapporto. <br /> L’ambito oggettivo di applicazione dell’art. 12, comma 10, in commento è <br />costituito esclusivamente dal “computo dei predetti trattamenti di fine servizio”; le <br />nuove regole pertanto non mutano il trattamento fiscale delle prestazioni in esame, <br />che resta disciplinato dalle disposizioni contenute nell’art. 19, comma 2 bis, del <br />D.P.R. 22/12/1986, n. 917, concernenti la tassazione per i TFS <br />2. Partecipazione dei comuni all’attività di accertamento tributario e contributivo <br />(articolo 18) <br />Nell’ottica di rafforzamento dell’attività di contrasto all’evasione fiscale, <br />l’articolo 18 del decreto modifica la disciplina relativa alla partecipazione dei <br />Comuni all’attività di accertamento, attraverso un duplice intervento sull’articolo 1 <br />del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203 - recante la disciplina della <br />“Partecipazione dei comuni al contrasto all’evasione fiscale” - e sull’articolo 44 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 – relativo alla “Partecipazione dei comuni <br />all’accertamento”. <br />Per espressa previsione della disposizione in commento, una delle modalità <br />attraverso cui i Comuni partecipano all’attività di accertamento consiste nella <br />segnalazione all’Agenzia delle entrate, alla Guardia di finanza e all’INPS degli <br />elementi utili ad integrare i dati contenuti nelle dichiarazioni presentate dai <br />contribuenti, per la determinazione di maggiori imponibili fiscali e contributivi <br />(comma 2). <br />Per agevolare tale forma di collaborazione, per i Comuni con popolazione <br />superiore a cinquemila abitanti che non vi abbiano già provveduto è stato introdotto <br />l’obbligo di costituire il Consiglio tributario con regolamento del Consiglio <br />comunale ed entro il termine di 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto (comma <br />2, lettera a)). <br />Diversamente, per i Comuni con popolazione inferiore a cinquemila abitanti <br />che non siano già dotati del Consiglio tributario, è stato introdotto l’obbligo di 6<br />riunirsi in consorzio (da costituire secondo le disposizioni di cui al d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, recante il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), ai fini della successiva istituzione del Consiglio tributario (comma 2, lettera b)). La relativa convenzione, unitamente allo statuto del consorzio, deve essere adottata dai rispettivi Consigli comunali per l’approvazione entro il termine di 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto. <br />Con specifico riferimento alle modifiche apportate alla disciplina prevista <br />dall’articolo 44 del d.P.R. n. 600 del 1973, l’articolo 18 del decreto abroga i commi <br />quinto, sesto e settimo dell’articolo 44, contenenti la disciplina relativa alle <br />“proposte di aumento” presentate dai Comuni, e il successivo articolo 45, istitutivo <br />della commissione per l’esame delle proposte presentate dal Comune (comma 4, <br />lettere d) ed e)). <br />Per effetto delle modifiche apportate dal decreto, ai sensi del novellato art. <br />44: <br />- l’Agenzia delle entrate mette a disposizione dei Comuni le <br />dichiarazioni dei contribuenti persone fisiche in essi residenti; <br />- prima di emettere avvisi di accertamento sintetico (di cui all’articolo <br />38, quarto comma e seguenti del d.P.R. n. 600 del 1973) gli uffici <br />inviano una segnalazione ai Comuni di domicilio fiscale dei soggetti <br />passivi affinchè i medesimi Comuni, entro 60 giorni da quello del <br />ricevimento della segnalazione, comunichino ogni elemento in loro <br />possesso utile alla determinazione del reddito complessivo. <br />Il Comune di domicilio fiscale del contribuente (o il consorzio al quale lo <br />stesso partecipa) è tenuto a segnalare all’ufficio fiscale qualsiasi integrazione degli elementi contenuti nelle predette dichiarazioni presentate dalle persone fisiche, indicando dati, fatti ed elementi rilevanti e fornendo ogni idonea documentazione atta a comprovarla. <br />Nel caso di omissione della dichiarazione, al Comune è riconosciuta la <br />facoltà di segnalare dati, fatti ed elementi rilevanti, quando siano provati da idonea documentazione. <br />Il decreto, inoltre, modifica in parte l’articolo 1, comma 1, del d.l. n. 203 del <br />2005, prevedendo l’innalzamento al 33 per cento dell’ammontare della quota <br />(originariamente pari al 30 per cento) spettante ai Comuni che contribuiscano <br />all’accertamento medesimo (comma 5, lettera a)). Tale quota è determinata, per <br />espressa previsione, sulla base delle maggiori somme relative a tributi statali <br />riscosse a titolo definitivo, nonché delle sanzioni civili applicate sui maggiori <br />contributi riscossi a titolo definitivo, a seguito dell’intervento del Comune che abbia contribuito all’accertamento stesso. I tributi su cui calcolare tale quota, nonché le relative modalità di attribuzione, sono individuati con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e d’intesa con la Conferenza Unificata, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto (comma 7). <br />Specularmente, è previsto il medesimo innalzamento della quota percentuale <br />da riconoscere ai Comuni con riferimento all’attività di vigilanza effettuata nei <br />confronti delle persone fisiche che hanno chiesto l’iscrizione nell’anagrafe degli <br />italiani residenti all’estero a far corso dal 1° gennaio 2006, ai sensi dell’articolo 83, comma 17, del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2008, n. 133) (comma 6). <br />Il comma 5, lettera b riformula l’articolo 1, comma 2, del d.l. n. 203 del 2005, <br />al fine di richiamare la partecipazione dell’INPS e della Conferenza Unificata (in <br />luogo della Conferenza Stato-città ed autonomia locali) alla individuazione delle <br />modalità tecniche di accesso alle banche dati e di trasmissione delle copie delle <br />dichiarazioni ai Comuni, nonché per inserire il riferimento della partecipazione dei <br />Comuni anche all’accertamento contributivo. <br />È fatto salvo, comunque, il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle <br />entrate del 3 dicembre 2007, con cui sono state individuate le “Modalità di <br />partecipazione dei comuni all’attività di accertamento, ai sensi dell’articolo 1 del <br />d.l. 30 settembre 2005, n. 203 (…)”, con riferimento alle disposizioni relative alle <br />modalità tecniche di accesso dei Comuni alle banche dati e alle dichiarazioni relative ai contribuenti ai Comuni, alle modalità di partecipazione degli stessi <br />all’accertamento fiscale e contributivo ed alle caratteristiche e modalità di invio <br />delle segnalazioni (comma 8). <br />Coerentemente con l’introduzione delle nuove modalità di partecipazione e di <br />scambio dei dati con i Comuni per l’accertamento fiscale e contributivo, è abrogata <br />la previsione secondo cui il Dipartimento delle finanze era tenuto a fornire, con <br />cadenza semestrale, l’elenco delle iscrizioni a ruolo delle somme derivanti da <br />accertamenti cui i Comuni abbiano contribuito (comma 5, lettera c)). <br />Infine, vengono fissati due rilevanti criteri di ripartizione della quota spettante <br />ai Comuni che abbiano contribuito all’accertamento (comma 9). <br />È, infatti, previsto che gli importi riconosciuti ai Comuni a titolo di <br />partecipazione all’accertamento sono calcolati al netto delle somme spettanti <br />all’Unione europea e ad altri enti. Inoltre, sulle quote delle maggiori somme in <br />questione, che lo Stato trasferisce alle Regioni a statuto ordinario, a quelle a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, spetta ai predetti enti riconoscere ai Comuni le somme dovute a titolo di partecipazione all’accertamento. <br />3. Aggiornamento del catasto (articolo 19) <br />L’articolo 19 del decreto, modificato dalla legge di conversione, dispone <br />l’attivazione dell’Anagrafe Immobiliare Integrata, costituita e gestita dall’Agenzia <br />del territorio, a decorrere dalla data del 1° gennaio 2011 al fine di contrastare <br />l’evasione fiscale e contributiva che si realizza nell’occultamento dell’effettiva <br />consistenza catastale degli immobili oggetto di imposizione. 9<br />Rinviando ai chiarimenti forniti dall’Agenzia del territorio in merito alla <br />nuova disciplina con le circolari n. 3/T del 10 agosto 2010 e n. 2/T del 9 luglio 2010, per ciò che in questa sede rileva, l’articolo 19, comma 15, introduce uno specifico trattamento sanzionatorio con riferimento alla mancata o erronea indicazione dei dati catastali degli immobili nelle richiesta di registrazione di contratti, scritti o verbali, di locazione o affitto di beni immobili esistenti sul territorio dello Stato e relative cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite. <br />In particolare, la mancata o errata indicazione dei dati catastali è considerata <br />fatto rilevante ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro ed è punita con la <br />sanzione prevista dall’articolo 69 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131. <br />Tale disposizione - volta a colpire l’omissione della richiesta di registrazione <br />degli atti e dei fatti rilevanti ai fini dell’applicazione dell’imposta ovvero l’omessa presentazione delle denunce degli eventi successivi alla registrazione - prevede l’applicazione della sanzione amministrativa dal 120 al 240 per cento dell’imposta dovuta. <br />La nuova previsione sanzionatoria si applica per le violazioni compiute a <br />decorrere dal 1° luglio 2010. <br />4. Comunicazioni telematiche alla Agenzia delle Entrate (articolo 21) <br />Nell’ambito delle disposizioni dirette a rafforzare gli strumenti a disposizione <br />dell’Amministrazione finanziaria per il contrasto e la prevenzione dei <br />comportamenti fraudolenti in materia di IVA, l’articolo 21 del decreto introduce <br />l’obbligo, a decorrere dal 2011, di comunicazione telematica delle operazioni <br />rilevanti ai fini IVA, di importo pari o superiore a 3.000 euro. <br />La limitazione dell’obbligo di tale comunicazione alle sole cessioni e <br />prestazioni di importo unitario superiore a 3.000 euro consente di circoscrivere gli <br />adempimenti ad una ristretta platea dei titolari di partita IVA, escludendo quei 10<br />contribuenti di minori dimensioni per i quali gli oneri connessi all’adempimento <br />dell’obbligo in questione appaiono non proporzionati alla finalità della disposizione. <br />Relativamente alle sanzioni previste per gli inadempimenti, la norma in <br />commento stabilisce che l’omissione o l’incompleta trasmissione dei dati richiesti <br />determina l’applicazione della sanzione amministrativa di cui all’articolo 11 del <br />d.lgs. n. 471 del 1997 (da un minimo di 258 euro ad un massimo di 2.065 euro). <br />Al riguardo, si fa presente che con il provvedimento del Direttore <br />dell’Agenzia delle entrate del 22 dicembre 2010 sono stati individuati i soggetti <br />obbligati a tale comunicazione, gli elementi e i dati da comunicare, nonché le <br />modalità di effettuazione della comunicazione. <br />5. Aggiornamento dell’accertamento sintetico (articolo 22) <br />L’articolo 22 del decreto riscrive l’articolo 38 - commi quarto, quinto, sesto, <br />settimo e ottavo - del d.P.R. n. 600 del 1973 che disciplina le modalità con cui <br />l’Amministrazione finanziaria procede alla determinazione sintetica del reddito in <br />base ad elementi e circostanze di fatto presuntivi di una capacità reddituale netta <br />superiore a quella effettivamente dichiarata (cd. redditometro). <br />Tali modifiche tengono conto del dichiarato obiettivo di adeguare <br />l’accertamento basato sulla capacità di spesa del contribuente al nuovo contesto <br />socio-economico, rendendolo più efficiente e dotandolo, nel contempo, di maggiori <br />garanzie per il contribuente stesso. <br />Le modifiche in parola innovano profondamente l’istituto dell’accertamento <br />sintetico, quale importante strumento di contrasto alla evasione dell’imposta sul <br />reddito delle persone fisiche, con la conseguenza che la lista degli elementi <br />indicativi di capacità contributiva messi a base della determinazione sintetica del <br />reddito complessivo deve essere adeguata ai nuovi consumi e alle nuove abitudini <br />economiche dei contribuenti. <br />Si riportano, qui di seguito, le novità introdotte dalla riforma al citato articolo <br />38: • la determinazione sintetica del reddito avviene mediante la presunzione che le <br />spese sostenute dal contribuente nel periodo d’imposta siano state finanziate <br />con redditi posseduti nel periodo medesimo, ferma restando la possibilità, per il <br />contribuente, di provare che le spese sono state effettuate con altri mezzi (ad <br />esempio, con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, <br />comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile) (quarto <br />comma); <br />• a tale presunzione si affianca l’accertamento “da redditometro”, ossia quello <br />basato sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva <br />individuati con decreto ministeriale di prossima pubblicazione attraverso <br />l’analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati in funzione del <br />nucleo familiare e dell’area territoriale di appartenenza. Anche in questa ipotesi <br />resta ferma, a favore del contribuente, la possibilità di prova contraria (quinto <br />comma); <br />• nell’accertamento di cui ai precedenti commi, la determinazione sintetica del <br />reddito complessivo è ammessa a condizione che il reddito complessivo <br />accertabile ecceda di almeno un quinto quello dichiarato (cd. clausola di <br />garanzia che, prima della riforma, era pari ad un quarto) (sesto comma); <br />• in linea con le disposizioni contenute nella legge 27 luglio 2000, n. 212 <br />(Statuto dei diritti del contribuente), l’ufficio finanziario che procede <br />all’accertamento sintetico del reddito complessivo ha l’obbligo di invitare il <br />contribuente a comparire - di persona o a mezzo di rappresentante - per fornire <br />eventuali elementi di prova a proprio favore, e solo successivamente, di avviare <br />il procedimento di accertamento con adesione (settimo comma); 12<br />• dal reddito complessivo determinato sinteticamente sono deducibili i soli oneri <br />previsti dall’articolo 10 del T.U.I.R., ferma restando la spettanza delle <br />detrazioni d’imposta relative ad oneri per i quali le stesse competono (ottavo <br />comma). <br />Per effetto delle modifiche recate dall’articolo 22, è venuta meno la <br />previsione secondo cui per poter procedere con l’accertamento sintetico era <br />necessario che il superamento della soglia si verificasse per due o più periodi <br />d’imposta, anche non consecutivi. Ne consegue che il nuovo accertamento sintetico <br />può essere applicato in relazione a ciascuna annualità per la quale il reddito <br />dichiarato non risulti in linea con quello presunto. <br />Si precisa, tuttavia, che le nuove disposizioni in commento hanno effetto per <br />gli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non era <br />ancora scaduto alla data di entrata in vigore del decreto. <br />Considerata la rilevanza delle modifiche normative in esame, si rinvia ai <br />futuri chiarimenti da parte dell’Agenzia delle entrate. <br />6. Contrasto al fenomeno delle imprese “apri e chiudi” e Contrasto al fenomeno <br />delle imprese in perdita “sistemica” (articoli 23 e 24) <br />Gli articoli 23 e 24 del decreto rispondono alla esigenza di monitorare in <br />modo sistematico, nell’ambito dell’attività di controllo, quelle situazioni a più <br />elevato rischio di evasione, tra le quali rientrano le imprese cosiddette “apri e <br />chiudi” (ossia quelle imprese che cessano l’attività entro un anno dalla data di inizio <br />della stessa), nonché le imprese in perdita “sistemica”. <br />Per questa loro peculiarità, tali imprese sono inserite ex lege nella selezione <br />delle posizioni da sottoporre a controllo da parte dell’Agenzia delle entrate, della <br />Guardia di Finanza e dell’INPS, atteso che, dall’esperienza dei controlli fiscali, a <br />questa categoria di contribuenti sono stati spesso associati comportamenti <br />fraudolenti sia di natura fiscale (false fatturazioni e frodi carosello) che contributiva. 13<br />Si evidenzia, tra l’altro, che la disposizione di cui all’art. 23 in esame fa <br />riferimento alle sole imprese (a prescindere dalla natura giuridica delle stesse) e non <br />ai professionisti, nonché ad un periodo di tempo che non è l’anno di imposta ma <br />l’anno solare. <br />La disposizione contenuta nel comma 1 dell’articolo 24 del decreto si <br />riferisce, nello specifico, alle imprese che si dichiarano in perdita, ai fini delle <br />imposte sui redditi, per più annualità e per le quali il rischio di evasione è del tutto <br />evidente, atteso che perdite reiterate esulano da ogni logica imprenditoriale e <br />depongono per un posizionamento fuori mercato che, ove persistente, non giustifica <br />la sopravvivenza dell’impresa stessa. <br />Ai fini del monitoraggio, la norma esclude espressamente le perdite fiscali <br />determinate da compensi erogati ad amministratori e soci, trattandosi di componenti <br />reddituali tassati in capo ai percettori. <br />La norma non individua un periodo temporale minimo trascorso il quale la <br />perdita può definirsi “sistemica”; pertanto, la perdita fiscale che si protrae per <br />almeno due esercizi consecutivi sarà sufficiente, in assenza di deliberazioni sociali <br />di aumenti di capitale a titolo oneroso, di importo almeno pari alle perdite fiscali <br />stesse, a legittimare l’attività di accertamento da parte degli Organi di controllo. <br />Il 2 comma dell’articolo 24 del decreto – anche al fine di armonizzare <br />l’attività sinergica tra Agenzie delle entrate e Guardia di finanza nell’ambito <br />dell’attività di monitoraggio in esame – prevede coordinati piani di intervento <br />annuali elaborati sulla base di analisi di rischio a livello locale nei confronti dei contribuenti non soggetti agli studi di settore né a tutoraggio che, proprio a causa della reiterata esposizione di perdite fiscali, presentano un rischio di evasione complessiva particolarmente elevato. <br />Al riguardo, si rappresenta che la programmazione di controlli fiscali delle <br />imprese in perdita prevista dalla norma in esame è in linea con quanto ribadito negli <br />ultimi anni, sia dalla prassi amministrativa dell’Agenzia delle entrate (cfr., circolari 14 n. 20/E del 16 aprile 2010 e n. 13/E del 9 aprile 2009), che dalla giurisprudenza di legittimità (cfr., Corte di Cassazione, sentenze n. 24436 del 2 ottobre 2008 e n. 21536 del 15 ottobre 2007). <br />Sulla individuazione dei criteri selettivi da utilizzare per scegliere i soggetti <br />da sottoporre a vigilanza fiscale – che dovranno rappresentare almeno un quinto <br />della platea degli interessati – nonché per l’approfondimento di altri aspetti operativi della norma, si rinvia a successivi documenti ufficiali dell’Agenzia delle entrate. <br />7. Contrasto di interessi (articolo 25)<br />L’articolo 25 del decreto prevede l’assoggettamento a ritenuta d’acconto, ai <br />fini dell’imposta sul reddito dei percipienti, dei compensi corrisposti mediante <br />bonifici bancari o postali, quale modalità obbligatoria di pagamento per beneficiare <br />di oneri deducibili o per i quali spetta la detrazione d’imposta. <br />Trattasi, nello specifico, delle spese di intervento di recupero del patrimonio <br />edilizio, ai sensi dell’articolo 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e successive <br />modificazioni, nonché delle spese per interventi di risparmio energetico, di cui <br />all’articolo 1, commi 344, 345, 346 e 347, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e <br />successive modificazioni. <br />Come precisato nel provvedimento del 30 giugno 2010 del Direttore <br />dell’Agenzia delle entrate, le banche e le Poste Italiane S.p.A. che ricevono i <br />bonifici disposti per le spese citate operano, all’atto dell’accredito dei pagamenti, la ritenuta del 10 per cento a titolo di acconto dell’imposta sul reddito dovuta dai <br />beneficiari, con obbligo di rivalsa. <br />Il versamento delle ritenute deve essere effettuato secondo le ordinarie <br />modalità di cui all’articolo 17 del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui è stata effettuata la ritenuta. 15<br />Con la risoluzione n. 65/E del 30 giugno 2010 e la successiva circolare n. <br />40/E del 28 luglio 2010, cui si rinvia, l’Agenzia delle entrate ha fornito le istruzioni operative in merito alla corretta applicazione delle richiamate disposizioni. <br />8. Adeguamento alle direttive OCSE in materia di documentazione dei prezzi di <br />trasferimento (articolo 26) <br />L’articolo 26 del decreto introduce misure finalizzate a incrementare <br />l’efficacia dell’azione di controllo dell’Amministrazione finanziaria sulle operazioni rientranti nella disciplina sui prezzi di trasferimento di cui all’articolo 110, comma <br />7, del TUIR (transfer pricing). <br />Tale intervento è finalizzato all’adeguamento della normativa nazionale alle <br />disposizioni emanate dall’OCSE ed a Codice di condotta UE in materia di <br />documentazione dei prezzi di trasferimento, nonché ai principi di collaborazione e <br />buona fede tra contribuenti ed Amministrazione finanziaria fissati nell’articolo 10 <br />dello Statuto dei diritti del contribuente. <br />In particolare, l’articolo 26 introduce dopo il comma 2-bis, dell’articolo 1 del <br />d.lgs. n. 471 del 1997, il comma 2-ter con il quale viene esclusa l’applicazione della sanzione prevista dal comma 2, dell’articolo 1 del d.lgs. n. 471 del 1997, in materia di dichiarazione infedele, al verificarsi delle condizioni ivi indicate. <br />In altri termini, la novella normativa attribuisce alle imprese la possibilità di <br />usufruire di un regime di esonero dalle sanzioni per infedeltà delle dichiarazioni <br />fiscali, qualora le stesse offrano la propria collaborazione al fine di consentire <br />all’Amministrazione finanziaria di determinare la loro effettiva capacità <br />contributiva. <br />In particolare, le imprese possono consegnare all’Amministrazione <br />finanziaria, in sede di controllo, una documentazione idonea a consentire agli <br />accertatori il riscontro della conformità al valore normale dei prezzi di trasferimento <br />praticati. <br />In generale, si tratta di documentazione finalizzata a consentire il riscontro <br />della conformità dei prezzi di trasferimento praticati al principio del valore normale. <br />Così operando, l’Amministrazione finanziaria può disporre, in sede di <br />verifica delle operazioni di transfer pricing, della documentazione necessaria a <br />verificare la corrispondenza dei prezzi determinati tra imprese associate <br />multinazionali con quelli praticati in regime di libera concorrenza. <br />La tipologia documentale prevista dalla disposizione in esame è stata <br />individuata con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 29 <br />settembre 2010 (prot. n. 2010/137654), in conformità con i contenuti del codice di <br />condotta sulla documentazione dei prezzi di trasferimento per le imprese associate <br />nell’Unione europea. <br />In particolare, nel citato documento direttoriale sono stati forniti precisi <br />chiarimenti sia in merito alla “idoneità” della documentazione da esibire in sede di <br />controllo, che in ordine alle modalità e termini di presentazione, al competente <br />Ufficio finanziario e prima dell’avvio del procedimento di accertamento, della <br />comunicazione attestante il possesso della documentazione richiesta. <br />Ne consegue che, in caso di accesso, ispezione, verifica o altra attività <br />istruttoria, in assenza di detta comunicazione, è preclusa la possibilità per il <br />contribuente di fruire del regime di favore previsto dalla disposizione in commento. <br />La norma prevede inoltre che, in sede di prima applicazione delle nuove <br />disposizioni, i termini per la presentazione della comunicazione, per i periodi <br />d’imposta anteriori a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto, sono fissati in 90 giorni dalla pubblicazione del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate. <br />La circolare n. 58/E del 15 dicembre 2010 ha fornito chiarimenti sulla <br />corretta applicazione della disposizione in esame. <br /> <br />9. Adeguamento alla normativa europea in materia di operazioni intracomunitarie <br />ai fini del contrasto delle frodi (articolo 27) <br />L’articolo 27 del decreto, in linea con le raccomandazioni espresse dalla <br />Commissione europea in materia di contrasto alle frodi IVA, subordina - attraverso <br />l’integrazione dell’articolo 35 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 - la possibilità di effettuare operazioni intracomunitarie alla preventiva autorizzazione da parte <br />dell’Amministrazione finanziaria. <br />Nello specifico, nel comma 2 del citato articolo 35 è stata aggiunta la lettera <br />e-bis, in base alla quale all’atto della presentazione del modello per l’attribuzione <br />della partita IVA, all’operatore economico viene chiesto di specificare se intende <br />effettuare operazioni intracomunitarie. <br />Sempre all’articolo 35 sono stati aggiunti: <br />- il comma 7-bis con cui viene previsto che, entro 30 giorni dalla data <br />di attribuzione del numero di partita IVA, l’ufficio finanziario può <br />emettere un provvedimento di diniego <br />- il comma 7-ter, che rinvia ad un provvedimento del Direttore <br />dell’Agenzia delle entrate il compito di individuare le modalità di <br />diniego dell’autorizzazione o di revoca di quella precedentemente <br />concessa. <br />La possibilità di effettuare operazioni intracomunitarie è subordinata ad una <br />volontà espressa manifestata dal contribuente nella dichiarazione di inizio attività - ovvero in un momento successivo rispetto all’inizio dell’attività, mediante apposita istanza da presentare direttamente ad un ufficio dell’Agenzia delle entrate - e alla mancata emanazione, entro 30 giorni dalla ricezione della dichiarazione di volontà, del provvedimento di diniego emesso dall’ufficio finanziario. <br />Al riguardo, si evidenzia che la norma non prevede un provvedimento <br />autorizzativo espresso; opera quindi il meccanismo del silenzio-assenso. 18<br />Durante questi 30 giorni l’operatore economico può effettuare solo operazioni <br />interne, non possedendo la soggettività attiva e passiva per effettuare operazioni <br />intracomunitarie e non essendo, peraltro, incluso nell’archivio della banca dati VIES <br />(VAT Information Exchange System). <br />Una volta trascorsi i 30 giorni, qualora non sia stato emanato un espresso e <br />motivato provvedimento di diniego, il contribuente viene inserito nel citato archivio <br />VIES. <br />Da ultimo la novella introduce, sempre all’articolo 35 del d.P.R. n. 633 del <br />1972, il comma 15-quater che, per quanto riguarda le partite IVA già attribuite in <br />Italia in data antecedente all’entrata in vigore delle nuove norme, demanda ad un <br />provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate la definizione dei criteri e <br />delle modalità per la loro esposizione nel sistema comunitario VIES. <br />In attuazione di quanto disposto dai commi 7-ter e 15-quater dell’articolo 35 <br />del d.P.R. n. 633/72, così come modificato dall’articolo 27 del d.l. n. 78 del 2010, <br />con i provvedimenti n. 2010/188376 e prot. n. 2010/188381 sono state stabilite, <br />rispettivamente, le modalità di diniego o revoca dell’autorizzazione ad effettuare <br />operazioni intracomunitarie ad esito delle verifiche svolte dall’Agenzia nonché i <br />criteri e le modalità di inclusione delle partite IVA nella banca dati dei soggetti <br />passivi che effettuano operazioni intracomunitarie. <br />L’argomento sarà oggetto di ulteriori chiarimenti da parte dell’Agenzia delle <br />entrate. <br />10. Incrocio tra le basi dati dell’INPS e dell’Agenzia delle entrate per contrastare <br />la microevasione diffusa (articolo 28) <br />L’articolo 28 del decreto prevede che l’Agenzia delle entrate esegua specifici <br />controlli sui soggetti che, pur essendo titolari presso l’INPS di una posizione <br />contributiva quali lavoratori dipendenti, risultano non aver mai dichiarato il relativo reddito; analoga previsione opera qualora risulti che non siano state effettuate da 19 parte del datore di lavoro le ritenute d’imposta previste dalla vigente normativa. <br />L’incrocio di tali dati è volto a contrastare una microevasione diffusa sul territorio, mediante il potenziamento dell’attività di controllo automatizzata, attribuita ad apposite articolazioni dell’Agenzia delle entrate, con competenza in tutto o parte del territorio nazionale, che dovranno essere individuate mediante regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle entrate di cui all’articolo 71 del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300. <br />L’articolo in parola modifica, peraltro, l’articolo 4 e l’articolo 10 del d.lgs. 31 <br />dicembre 1992, n. 546, che disciplinano rispettivamente la competenza per territorio <br />delle Commissioni tributarie e le parti del processo tributario. Il novellato articolo 4, comma 1, prevede che, in caso di controversia “proposta nei confronti di un centro di servizio o altre articolazioni dell’Agenzia delle entrate…”, è competente la Commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio al quale spettano le attribuzioni sul tributo controverso. In tale evenienza, ai sensi del successivo articolo 10 del d.lgs. n. 546 del 1992, è parte del processo di fronte alla Commissione tributaria l’ufficio al quale spettano le attribuzioni sul rapporto controverso. <br />11. Concentrazione della riscossione nell’accertamento (articolo 29) <br />L’articolo 29 del decreto contiene tutta una serie di disposizioni volte a <br />potenziare l’attività di riscossione. <br />In particolare, il comma 1 disciplina i nuovi contenuti degli avvisi di <br />accertamento relativi alle imposte sul reddito, all’IVA e all’IRAP dei connessi <br />provvedimenti di irrogazione sanzioni, funzionali all’attività di riscossione. <br />A tal riguardo, la lettera a) prevede che i citati atti, notificati a partire dal 1° <br />luglio 2011 e concernenti i periodi di imposta in corso alla data del 31 dicembre <br />2007 e successivi, debbano contenere anche l’intimazione ad adempiere entro il <br />termine di presentazione del ricorso: <br />• all’obbligo di pagamento dei tributi indicati negli avvisi di <br />accertamento ovvero <br />• qualora il contribuente presenti ricorso, degli importi determinabili ai <br />sensi dell’articolo 15 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ossia “la <br />metà degli ammontari corrispondenti agli imponibili o ai maggiori <br />imponibili accertati”.<br />Qualora i tributi dovuti in base all’accertamento vengano rideterminati, gli <br />atti successivi - da notificare anche mediante raccomandata con avviso di <br />ricevimento - devono contenere l’intimazione di pagamento. Tale disposizione si <br />applica anche in caso di accertamento con adesione - quando non sia versata anche <br />una sola delle rate successive alla prima - ovvero quando a seguito di una sentenza <br />della Commissione tributaria provinciale o regionale il tributo sia dovuto nella <br />misura stabilita dall’articolo 68 del d.lgs. n. 546 del 1992 e 19 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472. In tale evenienza il pagamento deve avvenire entro 60 giorni dal ricevimento della raccomandata. <br />Ai sensi del disposto della lettera b), gli accertamenti in parola divengono <br />esecutivi una volta trascorsi 60 giorni dalla notifica e devono espressamente <br />contenere l’avvertimento che, decorsi 30 giorni dal termine ultimo per il pagamento <br />- in deroga alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo - la riscossione delle <br />somme richieste è affidata all’agente della riscossione anche a fini dell’esecuzione <br />forzata. Le modalità di riscossione saranno determinate con provvedimento del <br />Direttore dell’Agenzia delle entrate di concerto con il Ragioniere generale dello <br />Stato. <br />In caso di fondato pericolo per la riscossione, la lettera c) prevede poi -<br />riproducendo il disposto dell’articolo 15-bis del d.P.R. n. 602 del 1973 relativo <br />all’iscrizione nei ruoli straordinari - che, decorsi sessanta giorni dalla notifica degli 21 atti di cui alla lettera a), la riscossione delle somme dovute per il loro intero ammontare, comprensive di interessi e sanzioni, può essere affidata agli agenti della <br />riscossione anche prima dei termini fissati dalle lettere a) e b). Anche in questo caso, quindi, gli accertamenti divengono esecutivi dopo 60 giorni dalla notifica; pertanto l’agente della riscossione non può procedere ad esecuzione forzata prima di tale termine. <br />Le lettere d) ed e) dispongono che l’ufficio competente, anche su richiesta <br />dell’Agente per la riscossione, deve fornire tutti gli elementi utili al potenziamento <br />dell’attività di riscossione, compresi quelli acquisiti in fase di accertamento. <br />L’agente della riscossione, senza la preventiva notifica della cartella di <br />pagamento, sulla base dello stesso accertamento che costituisce titolo esecutivo, <br />procede all’espropriazione forzata con le stesse modalità previste per i tributi iscritti <br />a ruolo, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di notifica <br />dell’accertamento. Trascorso un anno dalla notifica dell’accertamento, si applicano <br />le disposizioni dell’articolo 50 del d.P.R. n. 602 del 1973, secondo cui l’agente della <br />riscossione ha l’obbligo di notificare al debitore un avviso che contiene <br />l’intimazione ad effettuare, entro 5 giorni, il pagamento delle somme risultanti <br />dall’atto di accertamento. <br />A partire dal giorno successivo al termine ultimo per la presentazione del <br />ricorso, le somme dovute sono maggiorate degli interessi di mora, calcolati dal <br />giorno successivo a quello di notifica dell’atto. All’agente per la riscossione spetta <br />l’aggio, interamente a carico del debitore, e il rimborso delle spese di esecuzione, <br />così come previsto dall’articolo 17 del d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112. <br />Al fine di coordinare le disposizioni già vigenti con le nuove norme, la lettera <br />g) dispone che i riferimenti al ruolo e alla cartella di pagamento contenuti in norme <br />vigenti si intendono effettuati agli atti di accertamento in parola. L’Agente della <br />riscossione, solo dopo l’affidamento del carico, può concedere la dilazione di <br />pagamento prevista dall’articolo 19 del d.P.R. n. 602 del 1973. 22<br />Nel caso in cui sia presentato ricorso avverso l’atto di accertamento, si rende <br />applicabile l’articolo 39 del d.P.R. n. 602 del 1973, che prevede la facoltà per <br />l’ufficio delle entrate di sospendere in tutto o in parte il ruolo fino alla sentenza della <br />Commissione tributaria provinciale. <br />La lettera h) prevede, infine, che con regolamenti adottati ai sensi <br />dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 siano razionalizzate, in armonia con le nuove procedure, quelle di riscossione coattiva delle somme dovute <br />anche a seguito dell’attività di liquidazione, controllo e accertamento sia ai fini delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto che ai fini degli altri tributi amministrativi dall’Agenzia delle Entrate e delle altre entrate che si riscuotono mediante ruolo. <br />Il comma 2 dell’articolo 29 modifica il primo comma dell’articolo 182-ter<br />del Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (di seguito L.F.) prevedendo che in sede di <br />transazione fiscale le ritenute d’imposta effettuate e non versate possano essere solo oggetto di dilazione e non di falcidia. <br />Il medesimo comma interviene anche sul comma 6 del citato articolo 182-ter<br />e, ponendo fine ad una situazione di incertezza, dispone che la proposta di <br />transazione fiscale presentata nell’ambito delle trattative che precedono la stipula <br />dell’accordo di ristrutturazione dei debiti (disciplinato dall’articolo 182-bis) deve <br />essere corredata dalla documentazione prevista dall’articolo 161 della L.F. che, a sua volta, disciplina il concordato preventivo. Alla proposta di transazione deve, inoltre, essere allegata una dichiarazione sostitutiva, resa dal debitore o dal legale rappresentante, che la documentazione prevista dal citato articolo 161 rappresenta fedelmente ed integralmente la situazione dell’impresa, con particolare riguardo alle poste attive del patrimonio. Tale obbligo è volto alla tutela dei terzi, ai quali l’accordo di ristrutturazione formatosi con procedura stragiudiziale offre minori garanzie rispetto al concordato preventivo che si svolge sotto il controllo degli organi giudiziali. <br />Viene, infine, inserito nell’articolo 182-ter un ultimo comma che prevede, per <br />le sole ipotesi di transazione fiscale conclusa nell’ambito degli accordi di <br />ristrutturazione dei debiti, la revoca di diritto della transazione nel caso in cui il <br />debitore non esegua integralmente, entro 90 giorni dalle scadenze previste, i <br />pagamenti dovuti alle Agenzie fiscali ed agli enti gestori di forme di previdenza e <br />assistenza obbligatorie. <br />La disposizione di cui al comma 3 dell’articolo 29 prevede che l’agente della <br />riscossione, al quale venga comunicata una proposta di concordato fallimentare, <br />deve trasmetterla tempestivamente all’Agenzia delle entrate avvalendosi di ogni <br />mezzo idoneo anche in deroga ai tempi ed alle modalità di cui all’art. 36 del D. Lgs. <br />112 del 1999, e può approvare la proposta in sede di votazione ai sensi dell’art. 127 <br />del R.D. 267 del 1942, solo previa espressa autorizzazione di quest’ultima. <br />La norma recata dal comma 4 dell’articolo 29 riformula l’articolo 11 del <br />d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, che disciplina il reato di sottrazione fraudolenta al <br />pagamento di imposte. <br />La novellata norma prevede, al comma 1, che sia punito con la reclusione da <br />sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte sul <br />reddito e IVA, alieni simultaneamente o compia altri atti fraudolenti sui propri beni <br />o su beni altrui, tali da rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di <br />riscossione coattiva delle imposte. Se l’ammontare delle imposte, interessi e <br />sanzioni è superiore a 200.000 euro, è prevista una aggravante (reclusione da un <br />anno a sei anni). <br />Il successivo comma 2 riconduce al reato in questione - e, quindi, alla <br />medesima pena - anche la condotta di chi, nell’ambito della transazione fiscale, al <br />fine di ottenere per sé o per altri il riconoscimento di un debito tributario di minore <br />importo, indica nella documentazione presentata elementi passivi fittizi oppure 24<br />espone elementi attivi in misura inferiore al reale, per un ammontare complessivo <br />superiore a 50.000 euro (soglia di punibilità così individuata, in considerazione del <br />fatto che la sottovalutazione del patrimonio, nell’ambito di procedure concorsuali o <br />comunque preconcorsuali, equivale alla sottrazione di un importo pari alle somme <br />destinate al pagamento delle imposte dovute e dei relativi accessori). Anche per <br />questo reato è prevista una aggravante specifica qualora il falso riguardi <br />l’indicazione di elementi attivi in misura inferiore al reale o di elementi passivi <br />fittizi per un ammontare complessivo superiore a 200.000 euro (reclusione da un <br />anno a sei anni). <br />Rispetto al testo precedentemente in vigore, pertanto, la riformulazione <br />dell’articolo 11 riduce la soglia di punibilità, fissandola a 50.000 euro, introduce uno <br />specifico reato in caso di transazione fiscale, volto a punire comportamenti <br />fraudolenti e prevede, nel contempo, una specifica aggravante sia nel caso di <br />sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, che nel caso di presentazione di <br />falsa documentazione nell’ambito della transazione fiscale. <br />Il comma 5 dell’articolo 29 modifica l’articolo 27, comma 7, del d.l. 29 <br />novembre 2008, n. 185, che, in relazione agli importi iscritti a ruolo, prevedeva a <br />favore dell’Agente della riscossione, senza bisogno di annotazione o altra formalità, <br />la conservazione della validità e del grado delle misure cautelari adottate dopo la <br />notifica del provvedimento “con il quale vengono accertati di maggiori tributi”. La <br />modifica in parola estende tale automatismo anche quando le misure cautelari sono <br />adottate in base al processo verbale di constatazione, al provvedimento di <br />irrogazione della sanzione oppure all’atto di contestazione. <br />Il successivo comma 6 prevede che il curatore fallimentare, entro i 15 giorni <br />successivi all’accettazione della nomina, comunichi all’Agenzia delle entrate, ai 25<br />sensi dell’articolo 9 del d.l. 31 gennaio 2007, n. 7, i dati relativi al fallimento, <br />necessari per l’eventuale procedura d’insinuazione nel passivo fallimentare. <br />Il comma 7, infine, estende l’ipotesi di circostanze aggravanti del reato di <br />corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio, previste dall’articolo 319-bis del <br />codice penale, al caso di omesso o ritardato pagamento o rimborso di tributi da parte <br />di pubblico ufficiale. <br />Lo stesso comma, infine, per deflazionare il contenzioso e favorire l’uso di <br />strumenti volti ad una definizione concordata della pretesa tributaria - che spesso <br />necessita di valutazioni complesse basate su mezzi di prova che soffrono di <br />particolari limitazioni - circoscrive la responsabilità dei soggetti sottoposti alla <br />giurisdizione della Corte dei Conti in materia di contabilità pubblica (articolo 1, <br />comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20) alla sola ipotesi di dolo, con riguardo <br />alle valutazioni di diritto o di fatto effettuate ai fini della definizione del contesto mediante transazione fiscale (articolo 182-ter della L.F.), di accertamento con adesione (d.lgs. 19 giugno 1997, n. 218) e di conciliazione giudiziale (articolo 48 del d.lgs. n. 546 del 1992), lasciando, peraltro, invariata la responsabilità <br />amministrativa. <br />12. Preclusione alla autocompensazione in presenza di debito su ruoli definitivi <br />(articolo 31) <br />Il comma 1 dell’articolo 31 del decreto pone un limite alla compensazione <br />dei crediti relativi alle imposte erariali prevista dall’articolo 17, comma 1, del d.lgs. <br />n. 241 del 1997, precludendo al contribuente la possibilità esercitarla in presenza di debiti per imposte erariali e relativi accessori iscritti a ruolo, se di importo superiore a 1.500 euro e per i quali sia scaduto il termine di pagamento . <br />La preclusione vale anche per le cartelle già notificate nel 2010 e, comunque, <br />per tutte quelle il cui termine di pagamento sia già scaduto anteriormente al primo <br />gennaio 2011. <br />La compensazione è, dunque, ancora possibile solo entro 60 giorni dalla <br />notifica della cartella, ovvero qualora il pagamento dei ruoli sia eseguito <br />tempestivamente. <br />L’indebita compensazione è punita con una sanzione pari al 50 per cento <br />degli importi iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori e per i quali è <br />scaduto il termine di pagamento e non può, comunque, superare il limite del 50 per <br />cento dell’ammontare indebitamente compensato. La sanzione per indebita <br />compensazione non può essere applicata finché sulla iscrizione a ruolo penda <br />contestazione in sede giurisdizionale o amministrativa. In tale evenienza i termini <br />per applicare la sanzione decorrono dal giorno successivo alla definizione della <br />contestazione. <br />Nelle ipotesi in cui sull’iscrizione a ruolo penda contestazione, la decorrenza <br />dei termini decadenziali per la notificazione dell’atto di contestazione decorre dal <br />giorno successivo alla data della definizione della contestazione medesima . <br />Coerentemente con la stessa ratio della disposizione, la quale è stata <br />introdotta al precipuo fine di contrastare le compensazioni immediate da parte di chi, <br />pur disponendo di un credito erariale, sia nel contempo debitore di somme iscritte a <br />ruolo per debiti erariali e relativi accessori, a volte di considerevole ammontare e <br />risalenti nel tempo, costringendo spesso gli organi della riscossione a defatiganti <br />attività esecutive spesso vanificate da deliberate spoliazioni preventive del proprio patrimonio, la disposizione va interpretata nel senso che al contribuente titolare di crediti di importo superiore a quello iscritto a ruolo, non è consentito effettuare <br />alcuna compensazione se non assolve, preventivamente, l’intero debito per il quale è <br />scaduto il termine di pagamento, unitamente con i relativi accessori. <br />La disposizione, pertanto, configura un obbligo di preventiva estinzione dei <br />debiti iscritti a ruolo e non una “riserva indisponibile” del credito pari all’ammontare di tali debiti. 27<br />La disposizione chiarisce, poi, che la compensazione è vietata fino a <br />concorrenza dell’importo dei debiti iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi <br />accessori (per i quali è scaduto il termine di pagamento). <br />Quanto ai tributi cui fa riferimento, devono intendersi, ad esempio, le imposte <br />dirette, l’imposta sul valore aggiunto ed le altre imposte indirette, con esclusione, <br />quindi, dei tributi locali e dei contributi di qualsiasi natura . <br />La disposizione in esame ammette, poi, il pagamento, anche parziale, delle <br />somme iscritte a ruolo per imposte erariali e relativi accessori mediante la <br />compensazione dei crediti relativi a dette imposte, secondo modalità che saranno <br />stabilite con apposito decreto del Ministero dell’Economia e delle finanze. <br />Prevede, inoltre, che nell’ambito delle attività di controllo dell’Agenzia delle <br />entrate sia assicurata la vigilanza sull’osservanza del previsto divieto di <br />compensazione. <br />13. Stock options ed emolumenti variabili a dirigenti e collaboratori del settore <br />finanziario (articolo 33) <br />L’art. 33 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con <br />modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha introdotto per i dirigenti e i <br />collaboratori di imprese che operano nel settore finanziario un’aliquota addizionale <br />del 10% su specifici compensi. <br />L’addizionale, in particolare, si applica agli emolumenti variabili, <br />corrisposti sotto forma di bonus e stock options, per la parte degli stessi che eccede il triplo della parte fissa della retribuzione. <br />L’intervento normativo si ricollega alle decisioni assunte in sede di G-20 <br />volte ad eliminare gli effetti distorsivi prodotti sul sistema finanziario e <br />sull’economia mondiale dai premi erogati sotto forma di bonus e stock options legati <br />agli andamenti del mercato. 28<br />13.1 Ambito di applicazione dell’aliquota addizionale: individuazione del Settore <br />finanziario In mancanza di una espressa definizione di “settore finanziario” da parte <br />della norma in esame, si ritiene che questo vada individuato nelle banche e negli <br />altri enti finanziari, nonché negli enti e nelle altre società la cui attività consista in via esclusiva o prevalente nell’assunzione di partecipazioni. <br />Sono quindi comprese nell’ambito applicativo della norma le banche <br />nonché, ad esempio, le società di gestione (Sgr), le società di intermediazione <br />mobiliare (Sim), gli intermediari finanziari, gli istituti che svolgono attività di <br />emissione di moneta elettronica, le società esercenti le attività finanziarie indicate nell’art. 59, comma 1, lettera b), del Testo Unico Bancario, le holding che assumono e/o gestiscono partecipazioni in società finanziarie, creditizie o industriali. <br />13. 2 Dipendenti e collaboratori soggetti a prelievo <br />L’addizionale trova applicazione nei confronti dei dipendenti che rivestono <br />la qualifica di dirigenti e dei collaboratori che operano nel settore. Il riferimento ad una specifica categoria di lavoratori subordinati, tra quelle menzionate dall’art. 2095 c.c. che indica accanto ai dirigenti, i quadri, gli impiegati e gli operai comporta che <br />il requisito di appartenenza alla categoria, il cui ruolo in linea generale è <br />caratterizzato da un elevato grado di professionalità, autonomia e potere decisionale, non essendo oggetto di specifica previsione normativa, è demandato al contratto di lavoro. <br />La disposizione, inoltre, è rivolta ai titolari di rapporti di collaborazione <br />coordinata e continuativa, sul presupposto che anche a tali figure possa essere <br />attribuita un elevato grado di autonomia e potere decisionale come si evince dalla <br />relazione illustrativa al decreto che menziona tra i destinatari della norma gli <br />amministratori di società. <br />La finalità della norma, tesa a assoggettare al prelievo aggiuntivo un <br />particolare settore di attività ritenuto responsabile della recente crisi economico finanziaria, porta inoltre a ritenere che siano soggetti al prelievo dell’addizionale <br />anche i dirigenti del settore bancario e finanziario che prestano la loro attività <br />lavorativa all’estero, per i quali, ai fini dell’applicazione dell’aliquota addizionale <br />del 10 per cento, occorrerà tener conto della retribuzione effettiva prevista dal <br />contratto di lavoro, a prescindere dai criteri convenzionali di determinazione del <br />relativo reddito da lavoro dipendente dettati dall’art. 51, comma 8-bis), del TUIR <br /> 13.3 Retribuzione imponibile <br /> Presupposto per l’applicazione dell’aliquota addizionale è l’articolazione <br />della retribuzione in una parte fissa e in una parte variabile, atteso che la base <br />imponibile dell’addizionale è stabilita nella quota della retribuzione variabile che <br />eccede il triplo di quella fissa annua. <br /> Ai fini di tale rapporto, i compensi da assoggettare all’aliquota addizionale <br />devono essere individuati sulla base delle pattuizioni contrattuali senza tener conto, <br />pertanto, della rilevanza fiscale delle varie componenti retributive né del criterio <br />temporale di individuazione del momento impositivo. In particolare, occorre <br />considerare le componenti retributive fisse previste dal contratto di lavoro o di <br />collaborazione (al lordo quindi delle ritenute fiscali e previdenziali) e raffrontarle con la retribuzione variabile maturata per il medesimo anno. <br /> L’eventuale importo da assoggettare al prelievo aggiuntivo andrà quindi <br />individuato a prescindere da eventuali rateazioni del premio di erogazione dello <br />stesso dovendo ritenersi applicabile l’addizionale nell’ipotesi in cui, sommando i <br />premi che maturano nel periodo d’imposta, risulti superato il triplo della retribuzione fissa prevista per il medesimo periodo, fermo restando che l’applicazione del <br />prelievo sarà effettuata al momento della erogazione del premio. <br />Per quanto concerne gli emolumenti premiali erogati anziché in denaro <br />sottoforma di stock options si ritiene che tra questi ultimi, attesa la formulazione <br />generica della norma, rientrino tutte le forme di incentivazione realizzate con azioni, <br />le quali rileveranno in ragione del loro valore normale, individuato ai sensi <br />dell’articolo 9 del TUIR, alla data in cui vengono assegnate al dirigente o al <br />collaboratore, al netto delle somme da questi corrisposte. <br />13.4 Modalità applicative dell’addizionale <br />L’aliquota addizionale, disciplinata da una norma autonoma, non è inserita tra <br />le aliquote IRPEF previste dal TUIR essendo rivolta soltanto ad alcune categorie di <br />contribuenti e non alla generalità; si configura, pertanto, come un prelievo d’imposta <br />indipendente dall’IRPEF anche se ne mutua la disciplina per quanto concerne <br />l’accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso. <br />Trattandosi di una tassazione aggiuntiva ma distinta dall’applicazione <br />dell’IRPEF ordinaria, l’addizionale, in particolare: <br />• non concorre all’importo sul quale possono essere fatte valere le eventuali <br />detrazioni d’imposta; <br />• non rileva nella determinazione dell’aliquota media da applicare ai fini della <br />tassazione separata; <br />• non deve essere considerata nell’imposta italiana che costituisce il limite <br />entro cui può essere attribuito il credito d’imposta per l’imposta pagata <br />all’estero. <br />In ragione del rinvio alle modalità applicative dell’IRPEF, l’addizionale può <br />essere oggetto di compensazione sia interna che esterna.<br />Ai sensi dell’art. 33 del decreto legge in commento, l’addizionale è <br />trattenuta dal sostituto d’imposta al momento di erogazione dei bonus e delle stock <br />options, ed è da questi versata utilizzando i codici tributo istituiti con Risoluzione 4 <br />gennaio 2011, n. 1/E. <br />Nel rispetto del principio di cassa, che regola il momento impositivo per la <br />categoria del reddito di lavoro dipendente e assimilato, il prelievo deve essere <br />operato al momento dell’erogazione della parte di premio che eccede il triplo della 31<br />retribuzione fissa; tale condizione, qualora non sia riscontrabile al momento della <br />corresponsione, andrà verificata al momento del conguaglio ed in tale sede andrà <br />applicata l’addizionale.. <br />Qualora i premi siano rateizzati in più periodi d’imposta, l’addizionale <br />troverà applicazione nel momento in cui, tenuto conto delle precedenti <br />corresponsioni, si verificherà il superamento del limite previsto dalla norma. La <br />parte fissa della retribuzione di riferimento sarà sempre quella contrattuale dell’anno <br />di maturazione del premio stesso. <br /> Nell’ipotesi in cui il datore di lavoro sia un soggetto estero, non tenuto agli <br />obblighi di sostituzione in Italia, sarà il lavoratore dipendente residente che dovrà <br />determinare e versare la maggiore imposta con le medesime modalità di versamento <br />dell’IRPEF. <br />13.5 Decorrenza <br />L’articolo 56, comma 1 del decreto legge n. 78, prevede che lo stesso entra <br />in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale avvenuta il 31 <br />maggio 2010. Pertanto, il maggior prelievo troverà applicazione sui compensi <br />variabili corrisposti a partire dalla predetta data, anche se maturati in anni <br />precedenti. <br />14. Obbligo per i non residenti di indicazione del codice fiscale per l’apertura di <br />rapporti con operatori finanziari (Articolo 34)<br />L’articolo 34 del decreto modifica l’articolo 6 del d.P.R. 29 settembre 1973, <br />n. 605, che individua gli atti in cui deve essere indicato il codice fiscale. <br />Come si evince dalla relazione illustrativa, con la novella in commento si <br />sono volute superare le difficoltà connesse all’acquisizione dei dati relativi ai <br />rapporti finanziari continuativi dei clienti non residenti e privi di codice fiscale, così <br />da rendere più facilmente accertabili le violazioni fiscali da parte degli stessi o di <br />terzi. 32<br />A tal fine è stata introdotta nel citato articolo 6, al comma 1, la lettera gquinquies) che dispone l’obbligo di indicare il codice fiscale anche su “atti o negozi <br />delle società e degli enti di cui all’articolo 32, primo comma, numero 7), del d.P.R. <br />29 settembre 1973, n. 600”, ossia delle banche, Poste Italiane S.p.A, intermediari <br />finanziari, imprese di investimento, organismi di investimento collettivo del <br />risparmio, società di gestione del risparmio e società fiduciarie, “conclusi con i <br />clienti per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi clienti, riguardanti <br />l’apertura o la chiusura di qualsiasi rapporto continuativo”. <br />Le persone fisiche non residenti in Italia prive del codice fiscale, possono <br />chiederne l’attribuzione alla rappresentanza diplomatico-consolare italiana nel Paese <br />di residenza, presentando la domanda (modello AA4/7) personalmente o a mezzo di <br />persona delegata (cfr. decreto ministeriale 17 maggio 2001, n. 281; circolari n. 7/E <br />del 22 febbraio 2010; n. 40/E del 9 settembre 2004; n. 30/E del 12 aprile 2002; n. <br />74/E del 2 agosto 2001); in alternativa, possono presentare la domanda ad un <br />qualsiasi ufficio dell’Agenzia delle Entrate. All’atto della presentazione della <br />domanda, il richiedente deve esibire un documento di identità valido; in caso di <br />delega, la persona delegata deve esibire un proprio documento di identità e la copia <br />del documento di identità del richiedente, entrambi in corso di validità. <br />I soggetti diversi dalle persone fisiche non obbligati alla dichiarazione di <br />inizio attività IVA, possono richiedere il codice fiscale presentando il Modello <br />AA5/6 ad un qualsiasi ufficio dell’Agenzia delle entrate, direttamente (in duplice <br />esemplare, anche tramite persona delegata) o tramite raccomandata (in unico <br />esemplare, allegando copia di un documento di identità valido del rappresentante). <br />Si rammenta inoltre che per “rapporto continuativo” si intendono i “rapporti <br />finanziari caratterizzati, in generale, da un unico rapporto di durata, rientrante <br />nell’esercizio dell’attività istituzionale dell’operatore finanziario, che possa dar 33<br />luogo a più operazioni di versamento, prelievo o trasferimento di denaro o di altri <br />valori” (cfr. circolare n. 42/E del 24 settembre 2009 che rinvia alla circolare n. 18/E <br />del 4 aprile 2007). L’elenco di tali rapporti è riportato nella tabella “allegato 1” al <br />provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 29 febbraio 2008. Sono, <br />invece, escluse dal novero dei rapporti continuativi le operazioni “extra conto”, <br />ossia “quelle effettuate per cassa (cd. operazioni allo sportello) contro <br />presentazione di denaro contante o assegni, senza transito in un qualsiasi rapporto” <br />(cfr. citata circolare n. 42/E del 2009). <br />15. Razionalizzazione dell’accertamento nei confronti dei soggetti che aderiscono <br />al consolidato nazionale (Articolo 35)<br />Il comma 1 dell’articolo 35 inserisce nel d.P.R. n. 600 del 1973 l’articolo 40-<br />bis. <br />La norma, nell’ottica di migliorare l’efficienza dell’azione amministrativa <br />nonché garantire una maggiore tutela del diritto di difesa dei contribuenti sottoposti <br />a controllo nell’ambito del consolidato nazionale di cui agli articoli 117 e seguenti <br />del TUIR, introduce alcune novità per quel che concerne il procedimento di <br />accertamento. <br />Di seguito si commentano le principali novità. <br />Al controllo delle dichiarazioni proprie presentate dalle società consolidate e <br />dalla consolidante, nonché alle relative rettifiche, è preposto, ai fini IRES, l’ufficio <br />dell’Agenzia delle entrate competente alla data in cui è stata presentata la <br />dichiarazione (comma 1). <br />Le rettifiche del reddito complessivo proprio di ciascun soggetto che <br />partecipa al consolidato, la conseguente maggiore imposta accertata riferita al <br />reddito complessivo globale e le relative sanzioni sono operate mediante <br />l’emanazione di un atto unico da notificare sia alla consolidata che alla consolidante <br />(comma 2). 34<br />Tale disposizione, eliminando il meccanismo del doppio livello accertativo <br />(disciplinato dall’articolo 17 del decreto ministeriale 09 giugno 2004 che, ai sensi <br />dei commi 3 e 4 dell’articolo 35 del decreto, è abrogato con effetto dal 1° gennaio <br />2011), consente ad entrambi i soggetti coinvolti nell’accertamento di partecipare sin <br />dall’inizio alle diverse fasi del procedimento. <br />La norma, inoltre, introduce sul piano processuale un’ipotesi di litisconsorzio <br />necessario tra la società consolidata e la consolidante. In tal guisa, la definizione <br />dell’atto unico in sede contenziosa produce i suoi effetti in modo univoco nei <br />confronti di entrambi i soggetti, evitando il formarsi di giudicati contrastanti. Inoltre, <br />il pagamento delle somme scaturenti dall’atto unico estingue l’obbligazione sia se <br />effettuato dalla consolidata che dalla consolidante. <br />Dal 1° gennaio 2011, la consolidante può chiedere che le perdite di periodo <br />del consolidato non utilizzate vengano computate in diminuzione dei maggiori <br />imponibili, accertati a seguito dalle rettifiche del reddito complessivo proprio di <br />ciascun soggetto che partecipa al consolidato e fino a concorrenza del loro importo. <br />A tal fine, la consolidante dovrà presentare un’apposita istanza, all’ufficio <br />competente ad emanare l’atto unico di accertamento, entro il termine per la <br />proposizione del ricorso (comma 3). <br />Con tale previsione, il legislatore ha inteso eliminare la compensazione <br />“automatica” del maggior reddito complessivo globale accertato con le perdite del <br />consolidato non utilizzate - così come disciplinata dal comma 2, secondo periodo, <br />dell’articolo 9 del citato decreto ministeriale 09 giugno 2004, che, giusto quanto <br />disposto dal comma 3 dell’articolo 35 del decreto, è abrogato con l’entrata in vigore <br />dell’articolo 40-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 - subordinandola alla presentazione di <br />una apposita istanza. <br />La presentazione di tale istanza sospende il termine per l’impugnazione <br />dell’atto, sia per la consolidata che per la consolidante, per un periodo di 60 giorni. <br />Entro i successivi 60 giorni dalla presentazione dell’istanza, l’ufficio - previo 35<br />riscontro dell’utilizzabilità delle perdite - procede al ricalcolo dell’eventuale <br />maggiore imposta dovuta, degli interessi e delle sanzioni correlate e comunica <br />l’esito alla consolidata ed alla consolidante. <br />Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 29 ottobre <br />2010, prot. n. 2010/154309 - previsto dal comma 3 dell’articolo 35 - è stato <br />approvato il modello per la presentazione della predetta istanza, le modalità di <br />presentazione (esclusivamente per via telematica direttamente dai contribuenti <br />abilitati ad Entratel o Fisconline, ovvero mediante soggetti incaricati di cui ai <br />commi 2-bis e 3 dell’articolo 3 del d.P.R. n. 322 del 1998) e le conseguenti attività <br />dell’ufficio competente. <br />In particolare, il provvedimento suddetto specifica che “per perdite di <br />periodo del consolidato” che possono essere richieste in diminuzione dei maggiori <br />imponibili “devono intendersi sia le perdite relative al periodo d’imposta oggetto di <br />rettifica, sia quelle ancora utilizzabili alla data di chiusura dello stesso ai sensi <br />dell’art. 84 del TUIR… scomputando prioritariamente le perdite relative al periodo <br />d’imposta oggetto di rettifica”. <br />Inoltre, il provvedimento precisa quali siano le perdite che si considerano già <br />utilizzate al momento di presentazione dell’istanza, e, conseguentemente, non più <br />usufruibili da parte della consolidante. <br />Le perdite richieste in diminuzione mediante la presentazione del modello <br />non sono più nella disponibilità della consolidante. <br />Le attività di controllo della dichiarazione dei redditi del consolidato e le <br />relative rettifiche, diverse da quelle conseguenti la rettifica delle singole <br />dichiarazioni delle consolidate e della consolidante, sono attribuite all’ufficio <br />dell’Agenzia delle entrate competente nei confronti della società consolidante alla <br />data in cui è stata presentata la dichiarazione (comma 4). 36<br />Fino alla scadenza del termine di decadenza stabilito nell’articolo 43 del <br />d.P.R. n. 600 del 1973, l’accertamento del reddito complessivo globale può essere <br />integrato o modificato in aumento, mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base <br />agli esiti dei controlli previsti dai precedenti commi (comma 5). <br />Il comma 2 dell’articolo 35 del decreto, in conseguenza di quanto previsto <br />dal citato articolo 40-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, inserisce nel d.lgs. n. 218 del <br />1997 l’articolo 9-bis, apportando importanti novità in tema di accertamento con <br />adesione qualora a prendere parte al procedimento siano soggetti aderenti al <br />consolidato nazionale. <br />In particolare, il nuovo articolo 9-bis dispone che: <br />• al procedimento di accertamento con adesione avente ad oggetto le <br />rettifiche delle singole dichiarazioni di ciascuna consolidata (previste dal <br />comma 2 dell’articolo 40-bis del d.P.R. n. 600 del 1973) partecipano sia la <br />consolidante che la consolidata interessata dalle rettifiche, innanzi <br />all’ufficio dell’Agenzia delle entrate competente alla data in cui è stata <br />presentata la dichiarazione. L’atto di adesione, sottoscritto anche da una <br />sola di esse, si perfeziona qualora gli adempimenti di cui all’articolo 9 del <br />d.lgs. n. 218 del 1997 (ovvero, il versamento delle somme dovute in base <br />all’atto di adesione o il versamento della prima rata con la prestazione <br />della garanzia, nei termini e secondo le modalità di cui all’articolo 8 del <br />medesimo d.lgs.) siano posti in essere anche da parte di uno solo dei <br />predetti soggetti (comma 1); <br />• specularmente a quanto disposto dal comma 2 dell’articolo 40-bis, anche <br />in fase di adesione la consolidante ha la facoltà di chiedere che siano <br />computate, in diminuzione dei maggiori imponibili, le perdite di periodo <br />del consolidato non utilizzate, fino a concorrenza del loro importo <br />(comma 2). 37<br />Il medesimo comma 2 detta la disciplina anche per le ipotesi di adesione <br />all’invito a comparire e di adesione ai verbali di constatazione, previste, <br />rispettivamente, dagli articoli 5, comma 1-bis, e 5-bis del d.lgs. n. 218 del 1997. In <br />entrambi i casi, alla prescritta comunicazione di adesione deve essere allegata <br />l’istanza cartacea, presentata in ogni caso in via telematica, per l’eventuale <br />compensazione con le perdite del consolidato non utilizzate, prevista dal comma 3 <br />dell’articolo 40-bis del d.P.R. n. 600 del 1973. <br />Con il citato provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 29 <br />ottobre 2010 – cui si rinvia - sono stati delineati i tempi, le modalità di <br />presentazione, nonché le conseguenti attività dell’ufficio nell’ipotesi in cui l’istanza <br />per il computo in diminuzione delle perdite sia presentata nel corso del <br />procedimento di accertamento con adesione, ovvero di adesione ai sensi degli <br />articoli 5, comma 1-bis, e 5-bis del d.lgs. n. 218 del 1997. <br />Il comma 4 dell’articolo 35, infine, fissa l’entrata in vigore delle disposizioni <br />di cui ai commi precedenti al 1° gennaio 2011, le quali si applicano con riferimento <br />ai periodi di imposta per i quali, alla predetta data, sono ancora pendenti i termini <br />per l’accertamento di cui all’articolo 43 del d.P.R. n. 600 del 1973. <br />16. Disposizioni antifrode (Articolo 36) <br />L’articolo 36 del decreto apporta significative modifiche al d.lgs. 21 <br />novembre 2007, n. 231. <br />In primo luogo, il comma 1, lettera a), aggiunge i commi 7-bis, 7-ter e 7-<br />quater all’articolo 28 del citato d.lgs. n. 231. <br />L’articolo 7-bis, al fine di contrastare quei Paesi nei quali è maggiore il <br />rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo e non vi è un adeguato <br />scambio di informazioni anche in materia fiscale, prevede che il Ministro <br />dell’economia e delle finanze, con proprio decreto e sentito il Comitato di sicurezza <br />finanziaria, provveda alla loro individuazione in una apposita lista. 38<br />Conseguentemente, il successivo articolo 7-ter dispone che i soggetti <br />sottoposti agli obblighi di cui al d.lgs. n. 231 del 2007 in materia di antiriciclaggio <br />(e, precisamente, gli enti e le persone di cui agli articoli 10, comma 2, ad esclusione <br />della lettera g), 11, 12, 13 e 14, comma 1, lettere a), b), c) ed f) del medesimo d.lgs.) <br />dovranno astenersi dall’instaurare un rapporto continuativo, eseguire operazioni o <br />prestazioni professionali ovvero vi dovranno porre fine se già in essere, di cui siano <br />parte direttamente o indirettamente società fiduciarie, trust, società anonime o <br />controllate attraverso azioni al portatore che hanno sede nei Paesi individuati con il <br />predetto decreto. <br />Trattasi, ad esempio, delle diverse società di gestione operanti nel mercato <br />finanziario, nonché delle società che svolgono attività - subordinate al possesso di <br />licenze, autorizzazioni, iscrizioni in albi o registri - di commercio e mediazione, <br />compresa l’esportazione e l’importazione di oro e di oggetti preziosi, di <br />fabbricazione, di esercizio di case d’asta o gallerie d’arte, etc…(articolo 10, comma <br />2); degli intermediari finanziari e degli altri soggetti esercenti attività finanziaria <br />(articolo 11); dei professionisti, ossia i soggetti iscritti nell’albo dei dottori <br />commercialisti e degli esperti contabili, nell’albo dei consulenti del lavoro, i notai e <br />gli avvocati e degli altri soggetti (articolo 12); dei revisori contabili (articolo 13), <br />nonché degli altri soggetti di cui all’articolo 14, comma 1, lettere a), b), c) ed f), <br />ossia delle società di recupero crediti per conto terzi, di custodia e di trasporto di <br />denaro contante, titoli o valori, delle agenzie di affari in mediazione immobiliare. <br />L’applicazione di tali misure è, altresì, prevista nei confronti di ulteriori entità <br />giuridiche altrimenti denominate aventi sede nei Paesi sopra individuati di cui non è <br />possibile identificare il titolare effettivo e verificarne l’identità. <br />L’articolo 7-quater, infine, prevede che con il medesimo decreto di cui al <br />comma 7-bis verranno stabilite anche le modalità applicative ed il termine degli <br />adempimenti di cui al comma 7-ter. 39<br />La successiva lettera b) aggiunge un ulteriore periodo all’articolo 41, primo <br />comma, del d.lgs. n. 231 del 2007, in tema di segnalazione di operazioni sospette. <br />Più precisamente, nell’intento di individuare le operazioni a rischio <br />riciclaggio, il legislatore introduce un nuovo “elemento di sospetto” costituito dal <br />ricorso “frequente o ingiustificato” ad operazioni in contante, anche se di importo <br />inferiore al limite previsto dall’articolo 49 del già citato d.lgs. n. 231 del 2007 <br />(ovvero, la soglia di 5.000 euro, così come modificata dall’articolo 20, comma 1, <br />del decreto), ed, in particolare, il prelievo o il versamento in contante con <br />intermediari finanziari di importo pari o superiore a 15.000 euro. <br />In presenza di operazioni compiute con le predette modalità, i soggetti sopra <br />indicati hanno l’obbligo di inviare una segnalazione alla UIF (Unità di Informazione <br />Finanziaria). <br />Il Ministero dell’Economia e delle Finanze con la circolare dell’11 ottobre <br />2010, prot. n. 297944, ha fornito chiarimenti sulla corretta applicazione della <br />disposizione per quanto riguarda gli obblighi di segnalazione alla UIF (Unità di <br />Informazione Finanziaria) da parte dei soggetti indicati negli articoli 10, comma 2, <br />11, 12, 13 e 14, del d.lgs. n. 231 del 2007, in presenza di operazioni compiute con le <br />predette modalità. <br />In particolare, il documento di prassi precisa che “la mera ricorrenza <br />dell’indicatore di cui all'articolo 36 del decreto legge 78/2010 non è motivo di per <br />sé sufficiente per la segnalazione di operazioni sospette, per la quale rimane quindi <br />indispensabile una valutazione complessiva fondata su una serie di elementi sia di <br />natura oggettiva che soggettiva”. <br />La lettera c) dell’articolo 36 in commento inserisce il comma 1-ter<br />all’articolo 57 del d.lgs. n. 231 del 2007, al fine di disciplinare il regime <br />sanzionatorio applicabile nell’ipotesi di violazione dell’articolo 28 comma 7-ter del 40<br />medesimo decreto, prevedendo un inasprimento delle pene pecuniarie al crescere <br />dell’importo delle operazioni effettuate. <br />In particolare, si applicano le sanzioni nelle seguenti misure: <br />• 5.000 euro per operazioni di importo fino a 50.000 euro; <br />• dal 10 al 40 per cento dell’importo dell’operazione qualora la stessa <br />sia superiore a 50.000 euro; <br />• da 25.000 a 250.000 euro nel caso in cui l’importo dell’operazione non <br />sia determinato o determinabile. <br />17. Disposizioni antiriciclaggio (articolo 37) <br />In ossequio al principio di trasparenza del sistema economico-finanziario, <br />l’articolo 37 del decreto detta le disposizioni atte ad assicurare la compiuta <br />conoscenza degli operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi <br />black list (di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 e al decreto del <br />Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001) ammessi a partecipare <br />alle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e <br />forniture ai sensi del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163. <br />A tal fine, la norma introduce al comma 1 l’obbligo del rilascio di <br />un’autorizzazione preventiva da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, <br />secondo le modalità che verranno stabilite con successivo decreto del Ministro <br />stesso entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. <br />Il rilascio di tale autorizzazione è subordinato alla previa individuazione <br />dell’operatore economico, individuale o collettivo, mediante la comunicazione dei <br />dati che identificano gli effettivi titolari delle partecipazioni societarie - anche per il <br />tramite di società controllanti e per il tramite di società fiduciarie - nonché alla <br />identificazione del sistema di amministrazione, del nominativo degli amministratori <br />e del possesso dei requisiti di eleggibilità previsti dalla normativa italiana. Ciò anche <br />in deroga ad accordi bilaterali siglati con l’Italia che consentano la partecipazione 41<br />alle procedure per l’aggiudicazione dei contratti di cui al d.lgs. n. 163 del 2006, a <br />condizioni di parità e reciprocità. <br />Il comma 2 della disposizione in commento prevede che il Ministro <br />dell’economia e delle finanze, con proprio decreto, possa escludere tale obbligo nei <br />confronti di alcuni dei Paesi suddetti, ovvero di settori di attività svolte negli stessi, <br />oppure estendere l’obbligo anche a Paesi cosiddetti non black list nonché a specifici <br />settori di attività e a particolari tipologie di soggetti, al fine di prevenire fenomeni a <br />particolare rischio di frode fiscale. <br />18. Altre disposizioni in materia tributaria (Articolo 38) <br />L’articolo 38 del decreto dispone, ai commi 1, 2 e 3, che gli enti erogatori di <br />prestazioni sociali agevolate, comprese quelle erogate nell’ambito delle prestazioni <br />del diritto allo studio universitario, a seguito della presentazione di dichiarazione <br />sostitutiva di cui all’articolo 4 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 109, comunicano <br />all’INPS, nel rispetto delle norme a tutela della privacy, i dati dei soggetti fruitori <br />delle prestazioni medesime. Tali dati sono nome, cognome, luogo e data di nascita e <br />codice fiscale. <br />Le comunicazioni in parola sono effettuate in modalità telematica, secondo le <br />indicazioni dell’INPS, sulla base di direttive del Ministero del lavoro e delle <br />politiche sociali; dette informazioni alimentano il Sistema informativo dei servizi <br />sociali, di cui all’articolo 21 della l. 8 novembre 2000, n. 328. <br />Al fine di far emergere eventuali abusi nella fruizione delle prestazioni sociali <br />agevolate è previsto che Agenzia delle entrate ed INPS si scambino ogni <br />informazione necessaria, previa stipula di apposita convenzione, nel rispetto delle <br />disposizioni in materia di protezione dei dati personali. <br />L’INPS, sulla base di informazioni trasmesse telematicamente dall’Agenzia <br />delle entrate è, quindi, in grado di individuare i soggetti che, in ragione del maggior 42<br />reddito accertato in via definitiva, hanno fruito indebitamente, in tutto o in parte, <br />delle prestazioni in argomento. <br />In tale eventualità, oltre alla restituzione del beneficio indebitamente fruito, è <br />prevista una sanzione da 500 a 5.000 euro, applicata dall’INPS in forza dei poteri e <br />secondo le modalità previste dalle norme vigenti. <br />Le medesime sanzioni si applicano nei confronti di coloro per i quali si <br />accerti, sulla base dello scambio di informazioni tra l’INPS e l’Agenzia delle entrate, <br />uno scostamento tra reddito dichiarato ai fini fiscali e reddito indicato nella <br />dichiarazione sostitutiva unica di cui all’articolo 4 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 109, <br />qualora tale scostamento abbia consentito l’accesso alle prestazioni agevolate in <br />rassegna. <br />Il comma 4 dell’articolo 38 in commento mira a razionalizzare la materia <br />delle notifiche fiscali. In particolare, la lettera a) elimina all’articolo 60 del d.P.R. n. <br />600 del 1973, il riferimento alle articolazioni interne all’Amministrazione <br />finanziaria interessate da riforme che ne hanno mutato la competenza per materia, <br />nonché la competenza territoriale. <br />Con la medesima disposizione vengono inoltre ridefinite le modalità di <br />comunicazione all’Agenzia delle entrate, da parte del contribuente, del domicilio - <br />diverso dalla residenza - eletto ai fini della notificazione degli atti e degli avvisi che <br />lo riguardano. Le nuove modalità, prevedono esclusivamente la comunicazione: <br />- mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento indirizzata <br />al competente ufficio; <br />- in via telematica, con modalità stabilite con provvedimento del <br />Direttore dell’Agenzia delle entrate. <br />La comunicazione non può più essere presentata tramite la dichiarazione annuale. <br />La nuova forma di comunicazione consente di individuare con certezza la <br />decorrenza della variazione di domicilio, che ha effetto, ai sensi dell’articolo 60, 43<br />secondo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, dal trentesimo giorno successivo a <br />quello della data di ricevimento della raccomandata con avviso di ricevimento <br />ovvero della comunicazione telematica. <br />Si osserva, inoltre, che il terzo comma dell’articolo 60 del d.P.R. n. 600 del <br />1973 non rinvia più, nella nuova formulazione, all’articolo 36 del medesimo decreto <br />- abrogato dall’articolo 37 della l. 24 novembre 2000, n. 340 - ma agli articoli 35 e <br />35-ter del d.P.R. n. 633 del 1972, relativi alla dichiarazione di inizio attività, <br />variazione dati o cessazione attività ai fini IVA, ed al modello attualmente previsto <br />per la domanda di attribuzione del numero di codice fiscale da parte dei soggetti, <br />diversi dalle persone fisiche, non obbligati alla dichiarazione di inizio attività IVA., <br />né al modello relativo alla identificazione diretta ai fini IVA di soggetti non <br />residenti. <br />La lettera b) dello stesso comma 4 in commento modifica, a sua volta, <br />l’articolo 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, che, nella nuova formulazione, consente che <br />la cartella sia notificata con le modalità di cui al d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, a <br />mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo risultante dagli elenchi a tal fine <br />previsti dalla legge, consultabili anche telematicamente, dagli agenti della <br />riscossione. È esclusa, in questo caso, l’applicazione dell’articolo 149-bis del codice <br />di procedura civile, che disciplina la notificazione a mezzo posta elettronica eseguita <br />dall’ufficiale giudiziario. <br />La nuova previsione consente, pertanto, l’utilizzo della posta elettronica, <br />altrimenti inibito per effetto dell’esclusione di cui all’articolo 48, comma 2, del <br />d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale). <br />La norma autorizza, altresì, gli Agenti della riscossione alla consultazione <br />degli elenchi degli indirizzi di posta elettronica certificata (ad esempio quelli di cui <br />all’articolo 16, commi 6 e 7, del d.l. n. 185 del 2008). 44<br />Il comma 5 della disposizione in esame prevede che il Ministero <br />dell’economia e delle finanze, le Agenzie fiscali e gli enti previdenziali, assistenziali <br />e assicurativi, al fine di potenziare ed estendere i servizi telematici, possano definire <br />termini e modalità per l’utilizzo esclusivo dei propri servizi telematici ovvero della <br />posta elettronica certificata, anche a mezzo di intermediari abilitati, per la <br />presentazione da parte degli interessati di denunce, istanze, atti e garanzie <br />fideiussorie, per l’esecuzione di versamenti fiscali, contributivi, previdenziali, <br />assistenziali e assicurativi, nonché per la richiesta di attestazioni e certificazioni. <br />I citati enti ed amministrazioni definiscono l’utilizzo dei servizi telematici o <br />della posta certificata anche per gli atti, comunicazioni o servizi dagli stessi resi. <br />La disposizione consente di ridurre l’accesso fisico del cittadino presso i <br />pubblici uffici e favorisce la dematerializzazione degli archivi, nell’ambito di un più <br />diretto rapporto fra cittadini e pubblica amministrazione improntato a criteri di <br />efficacia, efficienza ed economicità. <br />Nella richiesta e nella ricezione degli atti tramite i servizi telematici in parola <br />i cittadini possono avvalersi degli intermediari abilitati alla trasmissione telematica, <br />ferma restando, in ogni caso, la possibilità di utilizzare le modalità tradizionali da <br />parte delle fasce più deboli. <br />La norma demanda ad un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle <br />entrate la definizione degli atti per i quali la registrazione prevista per legge è <br />sostituita da una denuncia esclusivamente telematica di una delle parti, la quale <br />assume qualità di fatto ai sensi dell’articolo 2704, primo comma, del codice civile. <br />L’ultimo periodo del comma 5 eleva da 30 a 60 giorni, decorrenti dalla <br />presentazione del modello unico informatico, il termine entro cui l’ufficio, una volta <br />controllata la regolarità dell’autoliquidazione e del versamento delle imposte ai sensi <br />dell’articolo 3-ter, comma 1, del d.lgs. 18 dicembre 1992, n. 463, notifica avviso di <br />liquidazione per l’integrazione dell’imposta versata, qualora, sulla base degli <br />elementi desumibili dall’atto, risulti dovuta una maggiore imposta. 45<br />Il comma 6, primo paragrafo, dell’articolo 38 prevede che <br />l’Amministrazione finanziaria consenta a chiunque di verificare, con apposito <br />servizio di libero accesso, l’esistenza e la corrispondenza tra il codice fiscale e i dati <br />anagrafici disponibili in Anagrafe Tributaria. <br />Il secondo paragrafo prevede che l’Amministrazione finanziaria, al fine di <br />favorire la qualità delle informazioni presso la Pubblica Amministrazione, renda <br />accessibili il codice fiscale registrato in Anagrafe Tributaria e i dati anagrafici ad <br />esso correlati: <br />- alle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del d.lgs. 30 <br />marzo 2001, n. 165; <br />- alle società interamente partecipate da enti pubblici o con prevalente <br />capitale pubblico inserite nel conto economico consolidato della pubblica <br />amministrazione, come individuate dall’Istituto Nazionale di statistica <br />(ISTAT), ai sensi dell’articolo 1, comma 5, della l. 30 dicembre 2004, n. <br />311; <br />- ai concessionari e gestori di pubblici servizi; <br />- ai privati che cooperano con le attività dell’Amministrazione finanziaria. <br />L’accesso ai dati disponibili in Anagrafe Tributaria è subordinato alla <br />stipula di apposita convenzione. <br />L’articolo 38, comma 7, prevede una modalità agevolata di effettuazione del <br />conguaglio fiscale, a favore di coloro che percepiscano un redditi di pensione non <br />superiori ad euro 18.000, nel caso in cui la relativa imposta risultante dal conguaglio <br />di fine anno sia di importo complessivamente superiore a 100 euro. <br />In presenza delle condizioni richieste, le imposte dovute sono prelevate dal <br />sostituto d’imposta in un numero massimo di undici rate a partire dal mese 46<br />successivo a quello in cui è effettuato il conguaglio, in deroga alla regola generale <br />prevista dall’articolo 23, comma 3, del d. P.R. n. 600 del 1973. <br />La rateizzazione del pagamento non comporta l’applicazione degli interessi. <br />La norma, riferita ai soli redditi da pensione di ammontare annuo non <br />superiore a 18.000 euro, si prefigge, dunque, il chiaro intento di favorire i pensionati <br />più deboli per i quali il debito d’imposta derivante dal conguaglio potrebbe risultare <br />particolarmente oneroso, prevedendo la dilazione nel pagamento delle imposte <br />dovute e l’eliminazione dal carico impositivo degli interessi. <br /> L’ente pensionistico, pertanto, verificando sulla base delle informazioni <br />messe a disposizione dal Casellario Centrale Pensioni che il reddito da pensione <br />annuo è di importo non superiore a 18.000 euro, opera le ritenute in 11 rate a partire <br />dal mese successivo a quello in cui ha effettuato il conguaglio e non oltre quello per <br />il quale sono versate le ritenute per il mese di dicembre, se l’imposta dovuta risulta <br />di importo superiore a 100 euro. <br />Per i soggetti che percepiscono più trattamenti pensionistici dal medesimo sostituto <br />d’imposta, quest’ultimo deve tener conto dell’imposta complessivamente dovuta in <br />relazione a tutti i trattamenti pensionistici che eroga. <br />Nel caso in cui l’imposta non possa essere trattenuta per incapienza del rateo di <br />pensione, tornano applicabili le disposizioni dell’articolo 23, comma 3, del dpr n. <br />600 del 1972 che regolano tale ipotesi. In particolare il pensionato, che non abbia <br />fornito al sostituto d’imposta la provvista, potrà o chiedere che la ritenuta sia operata <br />sulle rate successive a quella in cui si è verificata l’incapienza, con applicazione <br />degli interessi dello 0,50 per cento mensile, ovvero versare entro il 15 gennaio <br />dell’anno successivo l’ammontare che non è stato trattenuto <br />La disposizione, in assenza di specifici termini di decorrenza risulta applicabile a <br />partire dal conguaglio di fine anno relativo al periodo d’imposta 2010. 47<br />Il comma 10 della disposizione in esame consente alle società che, in virtù <br />dell’articolo 3, comma 24, lettera b), del d.l. n. 203 del 2005, risultino cessionarie di <br />rami d’azienda relativi alle attività svolte in regime di concessione per conto degli <br />enti locali, di richiedere ai medesimi enti i dati e le notizie relative ai beni dei <br />contribuenti iscritti a ruolo. Tali dati, strettamente necessari per la riscossione dei <br />ruoli in carico alle predette società cessionarie, possono essere forniti dagli enti <br />locali tramite accesso al sistema informativo del Ministero dell’economia e delle <br />finanze. <br />La disposizione rileva ai fini e per gli effetti dell’articolo 19, comma 2, lettera <br />d), del d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112, ai sensi del quale costituiscono causa di perdita <br />del diritto al discarico il mancato svolgimento dell’azione esecutiva su tutti i beni <br />del contribuente la cui esistenza, al momento del pignoramento, risultava dal sistema <br />informativo del Ministero dell’economia e delle finanze, a meno che i beni pignorati <br />non fossero di valore pari al doppio del credito iscritto a ruolo, nonché sui nuovi <br />beni la cui esistenza è stata comunicata dall’ufficio ai sensi del comma 4 del <br />medesimo articolo 19. <br />Il comma 11 dell’articolo 38 ricomprende l’esercizio di attività previdenziali <br />e assistenziali da parte di enti privati di previdenza obbligatoria fra le attività non <br />aventi natura commerciale ai sensi dell’articolo 74, comma 2, lettera b), del TUIR. <br />La previsione in commento estende, quindi, l’ambito applicativo della norma citata <br />che, nella precedente formulazione, limitava l’esclusione della natura commerciale <br />alle sole attività previdenziali, assistenziali e sanitarie esercitate da enti pubblici <br />istituiti esclusivamente a tal fine, comprese le Aziende sanitarie locali. <br />È previsto, inoltre, che gli apporti effettuati da enti pubblici e privati di <br />previdenza obbligatoria, costituiti da una pluralità di immobili prevalentemente <br />locati al momento dell’apporto, sono soggetti alle previsioni dell’articolo 8, comma 48<br />1-bis, del d.l. 25 settembre 2001, n. 351, con conseguente applicazione delle imposte <br />indirette in misura fissa. <br />Il comma 12 dell’articolo 38 in commento stabilisce che i termini di <br />decadenza per l’iscrizione a ruolo dei crediti degli enti pubblici previdenziali, di cui <br />all’articolo 25 del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, non si applicano, limitatamente al <br />periodo compreso tra il 1° gennaio 2010 e il 31 dicembre 2012, ai contributi non <br />versati e agli accertamenti notificati successivamente alla data del 1° gennaio 2004, <br />dall’Ente creditore. <br />Si evidenzia che, ai sensi del citato articolo 25, i contributi o premi dovuti <br />agli enti pubblici previdenziali sono iscritti in ruoli resi esecutivi, a pena di <br />decadenza: <br />• per i contributi o premi non versati dal debitore, entro il 31 dicembre <br />dell’anno successivo al termine fissato per il versamento; in caso di denuncia <br />o comunicazione tardiva o di riconoscimento del debito, tale termine decorre <br />dalla data di conoscenza, da parte dell’ente; <br />• per i contributi o premi dovuti in forza di accertamenti effettuati dagli uffici, <br />entro il 31 dicembre dell’anno successivo alla data di notifica del <br />provvedimento ovvero, per quelli sottoposti a gravame giudiziario, entro il 31 <br />dicembre dell'anno successivo a quello in cui il provvedimento è divenuto <br />definitivo. <br />Il comma 13 della disposizione in esame prevede l’esclusione dagli obblighi <br />dichiarativi di cui all’articolo 4 del d.l. 28 giugno 1990, n. 167 (modulo RW della <br />dichiarazione del redditi), in capo: <br />• alle persone fisiche che prestano lavoro all’estero per lo Stato italiano, per <br />una sua suddivisione politica o amministrativa o per un suo ente locale, e le 49<br />persone fisiche che lavorano all’estero presso organizzazioni internazionali <br />cui aderisce, l’Italia la cui residenza fiscale in Italia sia determinata, in deroga <br />agli ordinari criteri previsti dal TUIR, in base ad accordi internazionali <br />ratificati. Tale esonero si applica limitatamente al periodo di tempo in cui <br />l’attività lavorativa è svolta all’estero; <br />• ai soggetti residenti in Italia che prestano la propria attività lavorativa in via <br />continuativa all’estero in zone di frontiera ed in altri Paesi limitrofi, con <br />riferimento agli investimenti e alle attività estere di natura finanziaria <br />detenute nel Paese in cui svolgono la propria attività lavorativa. <br />Beneficiano dell’esclusione in parola i dipendenti di ruolo pubblici che <br />risiedono all’estero per motivi di lavoro, per i quali sia prevista la notifica alle <br />autorità locali ai sensi delle convenzioni di Vienna sulle relazioni diplomatiche e <br />sulle relazioni consolari e che, in virtù dell’articolo 1, comma 9, lettera b), della l. 27 <br />ottobre 1988, n. 470, mantengono ai fini fiscali la residenza in Italia. <br />La disposizione si applica, altresì, a quei soggetti che prestano la propria <br />attività lavorativa all’estero presso organizzazioni internazionali cui aderisce l’Italia, <br />vale a dire i lavoratori presso organizzazioni internazionali (ad esempio ONU, <br />NATO, Unione europea, OCSE). La residenza fiscale di tali soggetti è fissata, in <br />base agli accordi internazionali che riconoscono particolari privilegi e immunità alle <br />organizzazioni internazionali, nello Stato di provenienza, indipendentemente dai <br />requisiti indicati nella normativa interna di ciascuno Stato. <br />L’esonero dall’obbligo di compilazione del modulo RW della dichiarazione <br />annuale dei redditi è giustificato, per esigenze di semplificazione degli adempimenti <br />tributari, fintanto che i predetti soggetti prestano la propria attività all’estero e viene <br />meno al rientro in Italia, qualora questi mantengano, per qualsiasi motivo, gli <br />investimenti o le attività all’estero. 50<br />La disposizione esonera dall’obbligo dichiarativo anche i frontalieri, <br />limitatamente agli investimenti e alle attività estere di natura finanziaria detenute nel <br />Paese in cui svolgono la propria attività lavorativa. <br />Il comma 13-sexies dell’articolo 38 in commento dispone l’esonero delle <br />società a prevalente partecipazione pubblica, che esercitano l’attività di <br />accertamento e di riscossione dei tributi e di altre entrate delle Province e dei <br />Comuni, dal rispetto dei requisiti di capitalizzazione minimi previsti per l’iscrizione <br />all’albo di cui di cui all’articolo 53, comma 1, del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446. <br />Il comma 13-septies della disposizione in esame modifica l’articolo 2, comma <br />1, del d.P.R. 21 dicembre 1996, n. 696, recante operazioni non soggette all’obbligo <br />di certificazione. Nella nuova formulazione, l’esonero da tale obbligo è esteso alle <br />prestazioni di servizi effettuate dalle imprese di cui all’articolo 23, del d.lgs. 22 <br />luglio 1999, n. 261, attraverso la rete degli uffici postali e filatelici, dei punti di <br />accesso e degli altri centri di lavorazione postale cui ha accesso il pubblico, nonché <br />quelle rese al domicilio del cliente tramite gli addetti al recapito. Attualmente, le <br />prestazioni di servizi in rassegna sono rese dalla società Poste Italiane S.p.A., <br />esercente il servizio universale di cui all’articolo 3 del citato d.lgs. n. 261. <br />19. Regime fiscale di attrazione europea (Articolo 41) <br />Con l’articolo 41 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 viene introdotto <br />nell’ordinamento tributario domestico un regime che favorisce, come si legge nella <br />relazione illustrativa al decreto, “la circolazione di sottosistemi giuridici all’interno <br />dell’Unione Europea”. Si tratta di una disposizione volta ad incoraggiare le imprese <br />europee ad intraprendere nuove iniziative in Italia, consentendo loro di scegliere uno <br />tra i regimi fiscali vigenti negli altri Stati membri dell’Unione. 51<br />Più precisamente, la norma consente alle imprese estere residenti in uno <br />Stato membro dell’Unione Europea, che intendono avviare nuove attività <br />economiche in Italia, di chiedere l’applicazione della normativa tributaria vigente in <br />un qualunque altro Stato membro in luogo di quella italiana. <br />Tale opzione è preclusa ai soggetti che risultano avere residenza fiscale in <br />Italia. L’accordo di ruling concluso rimane in vigore per tre periodi d’imposta. <br />Il regime impositivo che l’impresa estera può scegliere di sostituire è quello <br />riferito alla “normativa tributaria statale italiana”; in altri termini, restano escluse <br />dall’ambito di applicazione della norma in commento le imposte locali di <br />competenza, ad esempio, di Comuni, Province e Regioni. <br />Al fine di attrarre realmente nuovi investimenti di soggetti esteri nel nostro <br />Paese, mediante l’avvio di ulteriori iniziative imprenditoriali rispetto a quelle già <br />esistenti in Italia, il comma 1-bis della norma in esame subordina la facoltà di essere <br />assoggettati ad un regime fiscale “alternativo” al rispetto di due condizioni. In <br />particolare, il legislatore ha previsto che la disposizione possa generare un concreto <br />impulso positivo sulla vigente economia nazionale, circoscrivendone il campo di <br />applicazione alle attività economiche che: <br />a) non risultino già esistenti alla data del 31 maggio 2010 (data di entrata in <br />vigore del decreto legge); <br />b) siano effettivamente esercitate nel territorio dello Stato italiano. <br />Per poter beneficiare del regime fiscale prescelto e consentire <br />all’Amministrazione finanziaria di verificare anche la sussistenza dei suddetti <br />requisiti, i soggetti interessati devono presentare apposita istanza di interpello <br />secondo la procedura di cui all’articolo 8 del decreto legge 30 settembre 2003, n. <br />269. <br />Occorre evidenziare, inoltre, che il regime fiscale facoltativo introdotto dal <br />citato articolo 41 viene concesso non solo alle imprese estere che decidono di 52<br />svolgere una nuova attività economica nel nostro Paese ma anche ai loro dipendenti <br />e collaboratori. <br />L’ultimo comma dell’articolo 41, infine, delega a un decreto di natura non <br />regolamentare del Ministero dell’economia e delle finanze tutte le necessarie <br />disposizioni attuative del regime ivi previsto. <br />Tale decreto provvederà, pertanto, a disciplinare sia gli aspetti sostanziali <br />sia quelli procedurali non espressamente regolati dalla norma in commento. <br />20. Reti di imprese (Articolo 42) <br />La disciplina sulle reti d’impresa è stata originariamente introdotta <br />dall’articolo 3, commi da 4-ter a 4-quinquies, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. <br />5, convertito con modificazioni dalla legge 9 aprile 2009, n. 33.<br />L’articolo 42 del decreto interviene in materia: <br />- sul piano civilistico, con i commi 2-bis e 2-ter, che sostituiscono <br />rispettivamente i commi 4-ter e 4-quater dell’articolo 3 del decretolegge n. 5 del 2009, di tal che la principale fonte normativa regolatrice <br />dell’autonomia privata in materia deve continuare a ravvisarsi nel <br />novellato articolo 3 da ultimo citato e nelle norme ivi richiamate; <br />- sul piano fiscale, con i successivi commi da 2-quater a 2-septies, che<br />istituiscono, in favore delle imprese che sottoscrivono o che <br />aderiscono a un contratto di rete, una misura agevolativa a carattere <br />temporaneo, subordinata all’autorizzazione della Commissione <br />europea. <br />Il comma 2 dell’articolo 42 dispone, inoltre, che alle reti di impresa, <br />riconosciute in base alle previsioni dei commi successivi, “competono vantaggi <br />fiscali, amministrativi e finanziari, nonché la possibilità di stipulare convenzioni <br />con l’A.B.I. nei termini definiti con decreto del Ministro dell’economia e delle <br />finanze”. 53<br />Al riguardo si segnala che con decisione C(2010)8939 def. del 26 gennaio <br />2011 la Commissione europea ha ritenuto che la misura in favore delle reti di <br />imprese non costituisce aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del <br />Trattato sul funzionamento dell’Unione europea <br />20. 1 Elementi principali del contratto di rete <br />Per quanto di più immediato interesse ai fini della misura agevolativa, è <br />opportuno evidenziare che elemento essenziale del contratto di rete disciplinato dal <br />comma 4-ter dell’articolo 3 del decreto-legge n. 5 del 2009 è il “programma comune <br />di rete”, sulla base del quale gli imprenditori si obbligano a “collaborare in forme e <br />ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a<br />scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale commerciale tecnica o <br />tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti <br />nell’oggetto della propria impresa” per perseguire lo scopo di “accrescere, <br />individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria <br />competitività sul mercato”. <br />Il contratto di rete, inoltre, “può anche prevedere l’istituzione di un fondo <br />patrimoniale comune e la nomina di un organo comune incaricato di gestire, in <br />nome e per conto dei partecipanti, l’esecuzione del contratto o di singole parti o fasi <br />dello stesso”. <br />La norma in commento, innovando rispetto alla previgente disciplina, <br />stabilisce quindi che l’istituzione del fondo patrimoniale comune e la nomina <br />dell’organo comune non costituiscono elementi essenziali ai fini della <br />configurabilità del contratto di rete. <br />Il medesimo comma 4-ter, nell’indicare analiticamente il contenuto del <br />contratto di rete, annovera alla lettera c) “la definizione di un programma di rete, <br />che contenga l’enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascun <br />partecipante, le modalità di realizzazione dello scopo comune e, qualora sia 54<br />prevista l’istituzione di un fondo patrimoniale comune, la misura e i criteri di <br />valutazione dei conferimenti iniziali e degli eventuali contributi successivi che <br />ciascun partecipante si obbliga a versare al fondo nonché le regole di gestione del <br />fondo medesimo; se consentito dal programma, l’esecuzione del conferimento può <br />avvenire anche mediante apporto di un patrimonio destinato costituito ai sensi <br />dell’articolo 2447-bis, primo comma, lettera a), del codice civile. … ;”. <br />20.2 Agevolazione fiscale per utili accantonati e investiti <br />L’agevolazione è prevista in favore delle imprese che sottoscrivono o <br />aderiscono a un contratto di rete e consiste in un regime di sospensione di imposta di <br />cui possono fruire gli utili d’esercizio accantonati ad apposita riserva e destinati alla <br />realizzazione di investimenti previsti dal programma comune, preventivamente <br />asseverato. Detto beneficio spetta a condizione che le somme accantonate siano <br />destinate al fondo patrimoniale comune o al patrimonio destinato all’affare per <br />realizzare entro l’esercizio successivo gli investimenti previsti dal programma di <br />rete. <br />In merito alla determinazione dell’importo agevolabile viene stabilito, <br />altresì, che gli utili che non concorrono alla formazione del reddito non possono <br />eccedere, in ogni caso, il limite di euro 1.000.000 per ciascuna impresa, nonché per <br />ciascun periodo d’imposta in cui è consentito l’accesso all’agevolazione, fermo <br />restando il limite stabilito dal comma 2-quinquies pari a 20 milioni di euro per <br />l’anno 2011 e 14 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013. <br />Il regime di sospensione di imposta cessa, e quindi gli utili accantonati <br />concorrono alla formazione del reddito, nell’esercizio in cui la riserva è utilizzata <br />per scopi diversi dalla copertura di perdite di esercizio ovvero in cui viene meno <br />l’adesione al contratto di rete. <br />Il beneficio fiscale in commento opera esclusivamente in sede di versamento <br />del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta relativo 55<br />all’esercizio cui si riferiscono gli utili destinati al fondo patrimoniale comune o al <br />patrimonio destinato all’affare. Per il periodo d’imposta successivo, l’acconto delle <br />imposte dirette è calcolato assumendo come imposta del periodo precedente quella <br />che si sarebbe applicata in mancanza delle previsioni di cui al comma 2-quater. <br />L’agevolazione spetta esclusivamente ai fini delle imposte sui redditi e non <br />opera ai fini dell’IRAP. <br />Sotto il profilo temporale si rileva che l’agevolazione opera fino al periodo <br />d'imposta in corso al 31 dicembre 2012. In proposito si sottolinea che il comma 2-<br />septies dell’articolo 42 subordina l’operatività della norma in commento <br />all’autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell’articolo 108, par. 3, del <br />TFUE (c.d. clausola di stand still). <br />Si evidenzia infine che l’adesione al contratto di rete non comporta <br />l’estinzione, né la modificazione della soggettività tributaria delle imprese che <br />aderiscono all’accordo in questione, né l’attribuzione di soggettività tributaria alla <br />rete risultante dal contratto stesso. <br />20.3 Disposizioni di attuazione e controlli <br />Le norme in esame demandano a successivi atti la definizione di taluni <br />aspetti procedimentali e attuativi del regime agevolativo. <br />Il comma 2-quater dell’articolo 42 stabilisce che il programma comune di <br />rete deve essere “preventivamente asseverato”. L’asseverazione comporta la previa <br />verifica della sussistenza nel caso specifico degli elementi propri del contratto di rete <br />e dei relativi requisiti di partecipazione in capo alle imprese che lo hanno <br />sottoscritto. L’asseverazione è rilasciata da “organismi espressione <br />dell’associazionismo imprenditoriale muniti dei requisiti previsti con decreto del <br />Ministro dell’economia e delle finanze, ovvero, in via sussidiaria, da organismi <br />pubblici individuati con il medesimo decreto”. <br />Il successivo comma 2-sexies demanda a un provvedimento del Direttore 56<br />dell’Agenzia delle entrate, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore <br />della legge di conversione, l’individuazione di “criteri e modalità di attuazione <br />dell’agevolazione”, anche ai fini del rispetto del limite degli stanziamenti, stabiliti in <br />misura pari a 20 milioni di euro per il 2011 e di 14 milioni di euro per ciascuno degli <br />anni 2012 e 2013 dal comma 2-quinquies. <br />La norma dispone infine che l’Agenzia delle Entrate, avvalendosi dei propri <br />poteri di accertamento e di controllo, “vigila sui contratti di rete e sulla <br />realizzazione degli investimenti che hanno dato accesso all’agevolazione, <br />revocando i benefici indebitamente fruiti” (articolo 42, comma 2-quater). <br />21. Agevolazioni per il rientro in Italia di ricercatori e docenti (articolo 44) <br />L’art. 44 ha previsto un’agevolazione fiscale ai fini IRPEF e IRAP per <br />incentivare i ricercatori e i docenti residenti all’estero ad esercitare in Italia la loro <br />attività. <br />La disposizione riproduce sostanzialmente l’agevolazione prevista dall’art. 17, <br />comma 1, del DL n. 185/2008 (conv. L. n. 2/2009) e, come spiegato dalla relazione <br />illustrativa, ne costituisce una estensione temporale. <br />Il richiamato articolo 17 del D.L. n. 185 trova applicazione fino al periodo <br />d’imposta 2015 in quanto favorisce il rientro dei docenti e ricercatori residenti <br />all’estero che vengono a svolgere l’attività in Italia e acquistano e mantengono la <br />residenza in Italia, nell’arco dei cinque anni successivi a quello di entrata in vigore <br />del decreto stesso, ed è applicabile nel periodo d’imposta in cui il ricercatore o il <br />docente diviene fiscalmente residente in Italia e nei due periodi d’imposta <br />successivi. <br />La nuova disposizione estende l’agevolazione fino al 31 dicembre 2017; si <br />applica, infatti, ai docenti o ricercatori che vengono a svolgere attività in Italia e <br />assumono qui la residenza nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore del <br />provvedimento (31 maggio 2010) e i cinque anni solari successivi (31 dicembre 57<br />2015) ed è, anche essa, applicabile nel periodo d’imposta in cui il ricercatore <br />acquista la residenza e nei due periodi d’imposta successivi. <br />Si ricorda che il beneficio consiste, ai fini IRPEF, nella esclusione dal reddito <br />di lavoro dipendente (o dal reddito assimilato a quello di lavoro dipendente) e di <br />lavoro autonomo del novanta per cento dei compensi percepiti da detti soggetti in <br />relazione all’attività di ricerca.. <br />Ai fini IRAP detti compensi non concorrono alla formazione della base <br />imponibile del ricercatore, se si tratta di un lavoratore autonomo, oppure del <br />sostituto che eroga i compensi, nel caso questi si riferiscano a redditi di lavoro <br />dipendente o assimilato. <br />Il ricercatore può prestare l’attività a favore di Università o altri centri di <br />ricerca pubblici e privati, nonché di imprese o enti che, in ragione della peculiarità <br />del settore economico in cui operano, dispongano di strutture organizzative <br />finalizzate alla ricerca. <br />L’agevolazione trova applicazione nei confronti dei ricercatori o docenti che si <br />trovano nelle seguenti condizioni: <br />-siano in possesso di un titolo di studio universitario o ad esso equiparato; <br />-non siano occasionalmente residenti all’estero; <br />-abbiano svolto documentata attività di ricerca o docenza all’estero presso <br />centri di ricerca pubblici o privati o università per almeno due anni continuativi; <br />-acquistino e mantengano la residenza fiscale in Italia per tutto il periodo in cui <br />usufruiscono dell’agevolazione. <br />Per quanto riguarda gli altri profili applicativi dell’art. 44 del D.L in <br />commento si rinvia ai precedenti documenti di prassi e in particolare ai chiarimenti <br />forniti in materia dalla circolare 22 dell’08/06/2004, illustrativa di analoga <br />disposizione recata dall’art. 3 del DL n. 269/2003 (conv. L. n. 326/2003). 58<br />22. Disposizioni in materia di procedure concorsuali (Articolo 48) <br />L’articolo 48 introduce alcune disposizioni nel Regio decreto del 16 marzo <br />1942, n. 267, recante la disciplina del fallimento, del concordato preventivo e della <br />liquidazione coatta amministrativa (di seguito L.F.), volte ad agevolare il <br />risanamento della crisi d’impresa che precede il fallimento. <br />Al fine di favorire e promuovere l’erogazione di nuovi finanziamenti alle <br />imprese in difficoltà da parte sia di intermediari bancari e finanziari che, ove <br />l’impresa sia esercitata in forma societaria, dei soci, nel concordato preventivo e <br />negli accordi di ristrutturazione dei debiti è stata espressamente disposta la <br />prededucibilità di alcune specifiche categorie di crediti. <br />Nello specifico, il comma 1 della disposizione in commento introduce nella <br />L.F., successivamente all’articolo 182-ter, relativo alla “Transazione fiscale”, <br />l’articolo 182-quater, contenente, per l’appunto, “Disposizioni in tema di <br />prededucibilità dei crediti nel concordato preventivo, negli accordi di <br />ristrutturazione dei debiti”. <br />La norma intende tutelare i crediti derivanti da finanziamenti effettuati in <br />qualsiasi forma da banche ed intermediari, iscritti negli elenchi di cui agli articoli <br />106 e 107 del d.lgs. del 1° settembre 1993, n. 385 (c.d. Testo unico delle leggi in <br />materia bancaria e creditizia nella formulazione precedente alle modifiche introdotte <br />dal D. Lgs. 13 agosto 2010, n. 141), erogati in esecuzione di un concordato <br />preventivo, ai sensi degli articoli 160 e seguenti, ovvero di un accordo di <br />ristrutturazione dei debiti, omologato ai sensi dell’articolo 182-bis, riconoscendo che <br />tali crediti siano considerati prededucibili, ai sensi dell’articolo 111. <br />A norma del primo comma del citato articolo 111 “le somme ricavate dalla <br />liquidazione dell’attivo sono erogate nel seguente ordine: <br />1. per il pagamento dei crediti prededucibili; <br />2. per il pagamento dei crediti ammessi con prelazione sulle cose <br />vendute secondo l’ordine assegnato dalla legge; 59<br />3. per il pagamento dei creditori chirografari, in proporzione <br />dell’ammontare del credito per cui ciascuno di essi fu ammesso, <br />compresi i creditori indicati al n. 2, qualora non sia stata ancora <br />realizzata la garanzia, ovvero per la parte per cui rimasero non <br />soddisfatti da questa”. <br />Ai fini procedurali, infatti, si devono considerare prededucibili ai sensi <br />dell’articolo 111 della L.F. sia i crediti previsti da una specifica disposizione di <br />legge che quelli sorti in occasione o in funzione di procedure concorsuali, tenendo in <br />considerazione che i medesimi devono essere soddisfatti in via prioritaria con <br />l’utilizzo delle somme realizzate a seguito della liquidazione dell’attivo. <br />Sono, inoltre, prededucibili i crediti derivanti da finanziamenti effettuati dai <br />predetti soggetti nella fase precedente il deposito della domanda di ammissione alla <br />procedura di concordato preventivo o della domanda di omologazione dell’accordo <br />di ristrutturazione dei debiti. <br />In quest’ultima ipotesi, i suddetti finanziamenti dovranno essere previsti dal <br />piano di cui all’articolo 160, con cui l’imprenditore propone ai creditori un <br />concordato preventivo, o dall’accordo di ristrutturazione dei debiti. <br />Ulteriore condizione richiesta è che la prededuzione dei menzionati crediti sia <br />espressamente disposta nel provvedimento con cui il Tribunale accoglie la domanda <br />di ammissione al concordato preventivo, ovvero con cui l’accordo sia omologato. <br />In deroga a quanto previsto dagli articoli 2467 e 2497-quinquies del codice <br />civile, la prededucibilità di cui al comma 1 dell’articolo 182-quater, trova <br />applicazione anche per i crediti derivanti dai finanziamenti effettuati dai soci, fino a <br />concorrenza dell'ottanta per cento del loro ammontare. <br />In particolare, l’articolo 2467 del codice civile prevede la “postergazione” dei <br />finanziamenti dei soci a favore della società, rispetto alla soddisfazione degli altri <br />creditori. Analoga previsione è contenuta nell’articolo 2497-quinquies del codice <br />civile (che fa riferimento al citato articolo 2467) con riguardo ai finanziamenti 60<br />effettuati a favore della società da chi esercita attività di direzione e coordinamento <br />nei suoi confronti o da altri soggetti ad essa sottoposti. <br />Sono, infine, prededucibili i compensi spettanti al professionista incaricato di <br />predisporre la relazione che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del <br />piano, nel caso del concordato preventivo (ai sensi dell’articolo 161, terzo comma, <br />della L.F.), ovvero la relazione sull’attuabilità dell’accordo, nel caso della <br />ristrutturazione dei debiti (ex articolo 182-bis, primo comma, della L.F.). Occorre, <br />tuttavia, che a tal riguardo vi sia una esplicita previsione nel provvedimento con cui <br />il tribunale accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo ovvero con <br />cui l’accordo sia omologato. <br />Ai sensi dell’articolo 177 della L.F. “(…) i creditori muniti di privilegio, <br />pegno o ipoteca (…) non hanno diritto al voto se non rinunciano in tutto od in parte <br />al diritto di prelazione”. Pertanto, i creditori sopra menzionati sono esclusi dal voto <br />e dal computo delle maggioranze richieste per l’approvazione del concordato, ai <br />sensi dell’articolo 177, nonché dal computo della percentuale dei crediti, in materia <br />di accordi di ristrutturazione dei debiti, prevista dall’articolo 182-bis, primo e sesto <br />comma. <br />Il comma 2, dell’articolo 48 del decreto integra anche la disciplina dettata in <br />materia di ristrutturazione dei debiti, prevedendo che dopo il quinto comma <br />dell’articolo 182-bis, della L.F., siano aggiunte le seguenti disposizioni: <br />• sesto comma: il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive, <br />di cui al terzo comma, può essere richiesto dall’imprenditore anche durante lo <br />svolgimento delle trattative e prima della formalizzazione dell'accordo di <br />ristrutturazione dei debiti, laddove abbia raggiunto un’intesa con la <br />maggioranza qualificata dei creditori. In tal caso, occorrerà depositare presso il <br />tribunale competente, ai sensi dell’articolo 9 della L.F.: 61<br />1. la documentazione di cui all’articolo 161, primo e secondo comma, <br />ossia la documentazione richiesta per la proposizione della domanda per <br />l’ammissione alla procedura di concordato preventivo; <br />2. una proposta di accordo, correlata da una dichiarazione <br />dell'imprenditore, avente valore di autocertificazione, attestante che <br />sulla proposta sono in corso trattative con i creditori, che rappresentano <br />almeno il sessanta per cento dei crediti; <br />3. una dichiarazione del professionista, circa la sussistenza delle condizioni <br />per assicurare il regolare pagamento dei creditori con i quali non sono in <br />corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a <br />trattare. <br />Si precisa che quest’ultima dichiarazione dovrà avere i requisiti di cui <br />all’articolo 67, terzo comma, lettera d), della L.F., secondo cui “non sono soggetti <br />all’azione revocatoria: (…) d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni <br />del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano (…) la cui <br />ragionevolezza sia attestata da un professionista iscritto nel registro dei revisori <br />contabili e che abbia i requisiti previsti dall’articolo 28, lettere a) e b) ai sensi <br />dell’articolo 2501-bis, quarto comma, del codice civile”. <br />La predetta istanza di sospensione viene pubblicata nel registro delle imprese <br />e produce l’effetto del divieto di inizio o prosecuzione delle azioni esecutive e <br />cautelari, nonché del divieto di acquisire titoli di prelazione, se non concordati, dalla <br />pubblicazione. <br />• comma settimo: Il tribunale, dopo aver verificato la completezza della <br />documentazione depositata, provvede a fissare con decreto l’udienza entro il <br />termine di 30 giorni dal deposito dell’istanza di cui al sesto comma, <br />disponendo la comunicazione ai creditori della documentazione stessa. <br />Durante il corso dell’udienza, riscontrata la sussistenza dei presupposti per <br />pervenire ad un accordo di ristrutturazione dei debiti, con le maggioranze di cui al 62<br />primo comma, e delle condizioni per il regolare pagamento dei creditori, con i quali <br />non sono in corso trattative o che hanno, comunque, negato la propria disponibilità a <br />trattare, il Tribunale dispone con decreto motivato il divieto di iniziare o proseguire <br />le azioni cautelari o esecutive. <br />Va, peraltro, precisato che con lo stesso decreto il Tribunale può disporre di <br />acquisire titoli di prelazione, se non concordati, assegnando il termine di non oltre <br />60 giorni per il deposito dell’accordo di ristrutturazione e della relazione redatta dal <br />professionista, a norma del primo comma. Il suddetto decreto è reclamabile a norma <br />del quinto comma, in quanto applicabile. <br />• comma ottavo: Solo a seguito del deposito dell’accordo di ristrutturazione dei <br />debiti, nei termini assegnati dal tribunale, trovano applicazione le disposizioni <br />di cui al secondo, terzo, quarto e quinto comma. <br />Il comma 2-bis della disposizione in esame prevede, infine, che dopo <br />l’articolo 217 della L.F., relativo alla “bancarotta semplice” sia inserito l’articolo <br />217-bis, che stabilisce l’“esenzioni dai reati di bancarotta” di cui ai precedenti <br />articoli 216, terzo comma, e 217, in relazione ai pagamenti e alle operazioni <br />compiuti in esecuzione di un concordato preventivo, di cui all’articolo 160, o di un <br />accordo di ristrutturazione dei debiti, omologato ai sensi dell’articolo 182-bis ovvero <br />del piano di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d). <br />Sulle materie disciplinate dall’articolo 48 si rinvia ad un successivo <br />documento di prassi amministrativa di approfondimento. <br />23. Disposizione in materia di contenzioso tributario (Articolo 48-ter) <br />L’articolo 48-ter del decreto, inserito dalla legge di conversione, modifica la <br />lettera b) dell’articolo 3, comma 2-bis, del d.l. del 25 marzo 2010, n. 40 che <br />contempla disposizioni volte a deflazionare il contenzioso pendente innanzi alla <br />Commissione tributaria centrale e alla Corte di Cassazione. 63<br />La novità interessa le controversie tributarie pendenti presso i menzionati <br />organi giurisdizionali, per le quali: <br />• i ricorsi siano stati iscritti a ruolo nel primo grado entro e non oltre il <br />25 maggio 2000; <br />• l’Amministrazione finanziaria dello Stato risulti soccombente nei <br />precedenti gradi del giudizio. <br />Per le modalità della definizione in esame è previsto un meccanismo <br />differenziato, a seconda dell’organo giurisdizionale innanzi al quale è pendente la <br />controversia (cfr. circolare n. 37/E del 21 giugno 2010). <br />Più precisamente, la lettera a) del comma 2-bis, del citato articolo 3, prevede <br />che “le controversie tributarie pendenti innanzi alla Commissione tributaria <br />centrale, (…) sono automaticamente definite con decreto assunto dal presidente del <br />collegio o da altro componente delegato. (…)”. <br />La successiva lettera b) del medesimo comma 2-bis stabilisce, invece, che “le <br />controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di Cassazione possono essere <br />estinte con il pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della <br />controversia determinato ai sensi dell’articolo, comma 3, della l. 27 dicembre 2002, <br />n. 289, e successive modificazioni, e contestuale rinuncia ad ogni eventuale pretesa <br />di equa riparazione ai sensi della l. 24 marzo 2001, n. 89 (…)”. A tale previsione si <br />è quindi aggiunto, con l’articolo 48-ter in commento, che “l’avvenuto pagamento <br />estingue il giudizio a seguito di attestazione degli uffici dell’amministrazione <br />finanziaria comprovanti la regolarità della istanza ed il pagamento integrale di <br />quanto dovuto ai sensi del presente decreto”. <br />24. Garanzia per il versamento di somme dovute per effetto di accertamento con <br />adesione (Articolo 52-bis) <br />L’articolo 52-bis del decreto, inserito dalla legge di conversione, introduce, <br />in via sperimentale, a partire dal 31 luglio 2010 e fino al 31 dicembre 2011, la 64<br />possibilità, ai fini del perfezionamento dell’accertamento con adesione in forma <br />rateizzata di cui all’articolo 9 del d.lgs. n. 218 del 1997, qualora le rate successive <br />alla prima siano superiori a 50.000 euro, di avvalersi di una ulteriore forma di <br />garanzia - diversa da quelle già previste, ossia polizza fideiussoria, o fideiussione <br />bancaria ovvero fideiussione rilasciata dai consorzi di garanzia collettiva dei fidi <br />iscritti in apposito albo- da prestarsi attraverso ipoteca volontaria di primo grado. <br />In particolare, la norma prevede due condizioni essenziali affinché la garanzia <br />possa assumere la forma dell’ipoteca volontaria: <br />• deve trattarsi di ipoteca volontaria di primo grado, cioè sullo stesso <br />bene non devono essere iscritte altre ipoteche aventi un numero <br />d’ordine progressivo precedente; <br />• il valore dell’ipoteca, che deve essere pari al doppio del debito erariale <br />o della somma oggetto di rateizzazione, deve essere comunque <br />accettato dall’amministrazione finanziaria. 65<br />25. Disposizioni finanziarie (Articolo 55) <br />L’articolo 55, commi 1 e 2, del decreto interviene sul versamento <br />dell’acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, disponendo il <br />differimento dello stesso, per il periodo di imposta 2011 e 2012, nei limiti che <br />saranno determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su <br />proposta del Ministro dell’economia e delle finanze. <br />Per ciò che concerne i soggetti che si avvalgono dell’assistenza fiscale, i <br />commi 1 e 2 dell’articolo sopra citato prevedono che i sostituti di imposta <br />trattengano l’acconto, tenendo conto del differimento che sarà disposto con il citato <br />DPCM.

Circolare 4/E del 15 febbraio 2011.

1. Interventi in materia previdenziale (articolo 12, comma 10) L’art. 12, comma 10, D.L. n. 78/2010 prevede che con “Con effetto sulle anzia...

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