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Il debitore del de cuius risponde in solido con gli eredi dell’imposta di successione relativa alle cambiali emesse in caso di dubbia esigibilità del credito.
Con l’ordinanza n. 59 del 3 gennaio 2019, la Corte di cassazione ha formulato un interessante principio in tema di solidarietà tributaria basato sull’applicazione ratione temporis dell’articolo 11, primo comma, numero 7, del Dpr 637/1972 che, ai fini della delimitazione di ciò che concorre a formare l’attivo ereditario in materia di imposta di successione, recita testualmente: “Non concorrono a formare l'attivo ereditario: […] i crediti che il contribuente dichiari di dubbia esigibilità qualora il contribuente stesso abbia notificato ai debitori l'invito ad assolvere, per suo conto, l'imposta dovuta sui crediti stessi prima del loro pagamento”.

Posto che l’imposta sulle successioni e donazioni, già soppressa dagli articoli da 13 a 17 della legge 383/2001, è stata nuovamente istituita dal comma 47 dell’articolo 2, Dl 262/2006, come sostituito dalla relativa legge di conversione 286/2006, fatto salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54 dello stesso articolo 2, nel caso sottoposto al vaglio della Corte suprema, al contribuente era stato notificato un avviso di liquidazione, con il quale era stato invitato a pagare l’imposta di successione commisurata a dieci cambiali dal valore complessivo di 500 milioni di lire, di cui era debitore nei confronti del suo defunto creditore, ma di cui non era anche erede.

Facendo applicazione del vecchio brocardo vigilantibus non dormientibus iura succurrunt, sulla base della considerazione che il credito in questione fosse di dubbia esigibilità, gli eredi del de cuiusavevano correttamente e puntualmente dato attuazione al richiamato articolo 11, primo comma, numero 7, notificando al debitore del loro defunto prima un invito ad assolvere l’imposta di successione dovuta in relazione alle cambiali e poi anche un atto di precetto.
Il debitore, infatti, ex articolo 49, comma 3, del Dpr 637/1972, vigente ratione temporis, nel caso in cui l’imposta non fosse stata già pagata dal creditore erede, era tenuto prima a pagare l’imposta calcolata sull’importo del credito e poi a saldare il proprio debito di natura civilistica.

Con la celebrazione del primo grado del giudizio di merito, veniva affermata dalla Commissione tributaria provinciale la qualità di condebitore solidale dell’emittente delle cambiali insieme agli eredi del beneficiario, ma nei successivi gradi, vale a dire nel secondo e in quello svoltosi innanzi alla Commissione tributaria centrale, venivano accolte le ragioni del debitore, che veniva esonerato da qualsivoglia obbligo tributario ereditario, sulla base della semplice considerazione che questi, non essendo erede, non era ex lege tenuto a risponderne.

Avverso tale decisione, l’ufficio formulava ricorso per cassazione evidenziando, alla base dell’unico motivo proposto, la violazione e la falsa applicazione di norme positive, nella specie gli articoli 11, comma 1, n. 7 e 49, comma 3, del Dpr 637/1972, in quanto l’elemento dirimente della vicenda non era l’assenza della qualità di erede nel debitore, bensì la presenza della sua qualità di condebitore solidale scaturita dalla corretta applicazione della normativa richiamata effettuata dagli eredi con l’attestazione di una situazione di dubbia esigibilità del credito, da un lato, e l’invito ad assolvere l’imposta di successione sul credito rivolto al debitore insolvente, dall’altro.

In base all’attuale Testo unico dell’imposta sulle successioni e donazioni (Dlgs 346/1990), l’articolo 12 non contempla più expressis verbis i crediti connotati dalla dubbia esigibilità ai fini della loro non concorrenza alla formazione dell’imponibile ereditario. Sul punto, il legislatore preso atto della difficoltà di stabilire quando un credito fosse oggettivamente esigibile o meno, ha ritenuto di non lasciare libero il contribuente di ricorrere a facili abusi al fine di sottrarre alla base imponibile dei crediti considerati come incerti. In base alla attuale disciplina, però, i crediti connotati dalla caratteristica della dubbia esigibilità, benché non siano espressamente richiamati dalla norma, non sono provvisoriamente compresi nell’attivo ereditario solo nel caso in cui vengano contestati giudizialmente alla data di apertura della successione e fino a quando la loro sussistenza non venga riconosciuta con provvedimento giurisdizionale o con una transazione: in caso di positivo realizzo del credito, la provvisoria esclusione dall’attivo ereditario viene meno ab origine, vale a dire dalla data di apertura della successione (cfr Cassazione, sentenza 1143/1996).
Secondo la suprema Corte, la ratio della provvisoria esclusione dall’attivo ereditario dei crediti litigiosi e giudizialmente contestati risiede nella considerazione in base alla quale, all’esito del relativo giudizio, essi potrebbero anche essere riconosciuti come insussistenti (cfr Cassazione, sentenza 1518/1996).

Fonte: Agenzia Entrate

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