È soggetto a sanzione il notaio che, consapevole delle finalità elusive del suo cliente, stipula atti (di costituzione di un fondo patrimoniale e di una rendita vitalizia, e di istituzione di un trust) idonei a integrare la “sottrazione” prevista dall’articolo 11 del Dlgs 74/2000.
La Cassazione, con la sentenza n. 1716 del 29 gennaio 2016, ha chiarito che anche strumenti negoziali leciti e che non presentano caratteri di invalidità possono realizzare l’intento fraudolento del soggetto agente.

I fatti
La Commissione amministrativa regionale di disciplina ha ritenuto sussistente la violazione dell’articolo 28 della legge 89/1913 (legge notarile), a carico di un notaio che aveva ricevuto, nello stesso giorno, atti relativi a beni di proprietà della stessa persona.
In particolare, si era prestato alla stipula del contratto costitutivo di fondo patrimoniale vietato dall’articolo 334 del codice penale, in quanto aveva per oggetto, tra gli altri, beni immobili sottoposti a sequestro preventivo penale. Aveva inoltre rogato i contratti di rendita vitalizia e di istituzione di un trust, ponendo in essere le finalità criminose sanzionate dall’articolo11 del Dlgs 74/2000, in quanto tali atti erano finalizzati a rendere meno efficace la riscossione coattiva delle imposte.
Il professionista, cioè, invece di rifiutarne la stipula, aveva comunque apposto il proprio sigillo, consapevole che il cliente aveva un debito con l’Erario, per imposte evase, di 42 milioni di euro.
Di conseguenza, la Commissione amministrativa ha accolto le contestazioni disciplinari del consiglio notarile.

Tale decisione è stata impugnata dal notaio e la Corte d’appello, riducendo la sanzione pecuniaria irrogata:
ha confermato la sussistenza della violazione dell’articolo 11 del Dlgs 74/2000 (che punisce chiunque aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti su beni, propri o altrui, idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la riscossione coattiva di imposte non pagate), a prescindere da una preesistente attività di verifica, accertamento o iscrizione a ruolo
ha, invece, ritenuto che la violazione dell’articolo 334 cp non sussisteva poiché il vincolo giuridico apposto al bene con il sequestro non impediva l’attuazione della misura disposta dall’autorità giudiziaria e, comunque, rendeva inopponibile a terzi la successiva trascrizione della costituzione del fondo patrimoniale.
Di diverso avviso il procuratore generale presso la Corte d’appello, secondo il quale restava applicabile l’articolo 334 cp anche nel caso del “vincolo” di indisponibilità dell’immobile sequestrato poiché la “sottrazione” era di certo configurabile in presenza di una condotta idonea a ledere l’interesse pubblico tutelato (di conservazione del vincolo).

La Cassazione ha ritenuto, con la sentenza in esame, pienamente fondato il ricorso e ha affermato che “l’attività professionale del notaio è stata svolta nella sua piena consapevolezza dell’evidente finalità elusiva perseguita dal cliente, integrante, quest’ultima, quanto meno reato tentato…”.

Osservazioni
Dopo aver evidenziato che la funzione notarile non può essere snaturata consentendo al professionista di svolgere la propria attività nei confronti dei privati in vista della realizzazione di loro attività elusive di norme inderogabili, la Cassazione ha preso in esame l’elemento materiale del reato negli articoli 334 cp e 11 del Dlgs 74/2000.

Al di là della valutazione di profili di responsabilità penale, non oggetto di contestazione nella fattispecie esaminata, la Corte suprema ha valutato il comportamento del notaio, tenendo conto “dell’attuale evoluzione dell’etica sociale verso un ordinamento economico/finanziario” caratterizzato sia dal limitare le fattispecie di elusione delle norme imperative al fine di proteggere i beni comuni tutelati sia dalla crescente responsabilizzazione della funzione, specifica e delicata, dei professionisti che, per la loro qualificazione, sono chiamati a intervenire nelle transazioni commerciali, tutelando non solo gli interessi delle parti contraenti ma anche quelli della collettività dei cittadini.

Alla luce di tale evoluzione, la Corte ha letto e interpretato gli articoli 27 e 28 della legge notarile, definendo i confini dell’attività del professionista tra l’obbligo di rogare gli atti richiesti dal cliente e l’obbligo di rifiutarli. In particolare, il Collegio di legittimità ha chiarito che l’obbligo di rogare l’atto, previa adeguata informativa sul suo contenuto e sui suoi effetti, non può risultare tanto ampio da imporre al notaio di prestare la propria assistenza per realizzare evidenti strumenti elusivi di norme imperative, sanzionati in sede penale, ma non necessariamente integranti la nullità sotto il profilo civilistico.
Al riguardo, i giudici di legittimità hanno dato atto che il notaio aveva violato le norme poste dal legislatore con la specifica ed evidente finalità di garantire, allo Stato, la soddisfazione della pretesa fiscale e, alla collettività, l’efficacia dell’azione di recupero del dovuto.

La Corte ha poi chiarito che il “fatto sottrazione” non era diversamente inteso ai fini della sussistenza dell’elemento materiale del reato ex articolo 334 cp e, ai fini della configurazione della fattispecie delittuosa, ex articolo 11, Dlgs 74/2000.
Deve osservarsi, infatti, che il reato di sottrazione di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale (ex articolo 334 cp) mira a punire qualunque condotta rivolta a rendere anche solo più difficoltosa la procedura di recupero coattivo; il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (ex articolo11, Dlgs 74/2000) è integrato in presenza di una condotta idonea a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva da parte dello Stato.

Nella fattispecie al suo esame, quindi, la Cassazione ha concluso che, per la violazione del richiamato articolo 11, la costituzione del fondo patrimoniale era idonea a integrare la “sottrazione” prevista dalla norma (Cassazione, pronuncia 21013/2012) e che anche l’istituzione del trust, nonostante la formale liceità dello strumento utilizzato, poteva realizzare l’intento frodatorio avuto di mira dal contribuente (Cassazione, decisione 15449/2015).

I giudici hanno, poi, cassato l’ordinanza della Corte d’appello per il capo relativo alla violazione dell’articolo 28 della legge notarile, sotto il profilo dell’articolo 334 cp, enunciando il principio secondo il quale l’atto dispositivo sui beni immobili sequestrati è nullo di per sé, poiché è idoneo a eludere il vincolo o a rendere più difficoltoso il conseguimento delle sue finalità (Cassazione sezioni unite, sentenza 43428/10). Non è necessario, cioè, che la nullità sia conseguente a una previsione testuale dell’articolo 334 cp per gli atti compiuti in contrasto con la stessa norma, proprio perché tale “nullità” discende dalla violazione di norme imperative (Cassazione, sentenze 4657/2010 e 7665/1998).


Fonte: Agenzia Entrate

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