Laddove la notificazione del ricorso sia eseguita a mezzo del servizio postale, ex articolo 149 cpc, la mancata allegazione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato determina l’inammissibilità dell’impugnazione quando la controparte non sia costituita e l’interessato non sia in grado di fornire la prova della corretta instaurazione del contraddittorio.
Questo il principio ribadito dalla Cassazione con la sentenza 19014 del 24 settembre 2015, che lascia peraltro salva la possibilità di rimessione in termini per il deposito dell’avviso quando risulti la tempestiva richiesta all’amministrazione postale di un duplicato dell’avviso stesso.

La vicenda processuale
Una società impugnava dinanzi alla Commissione tributaria provinciale una cartella di pagamento relativa a imposte dovute per il 2003.
Avverso la sfavorevole pronuncia di primo grado, l’interessata proponeva appello che veniva rigettato dalla Commissione tributaria regionale del Lazio.
Costituendosi in sede di legittimità, la parte privata depositava il ricorso asseritamente notificato all’Agenzia delle Entrate e a Equitalia Sud che, peraltro, non dispiegavano difese.

Per quanto d’interesse, il Collegio di nomofilachia, in sede di verifica della corretta instaurazione del contraddittorio, dichiarava l’inammissibilità dell’impugnazione proposta nei confronti dell’Agenzia perché, si legge nella pronuncia, l’avviso di ricevimento non risulta prodotto in atti, “sicché deve dedursene che il rapporto processuale non è stato instaurato”.

I passaggi salienti della sentenza della Corte
La declaratoria di inammissibilità, spiega la Corte, discende dalla circostanza che, quando la notifica del ricorso è eseguita a mezzo del servizio postale, la correttezza dell’iter di notificazione deve essere verificata attraverso il riscontro dell’avviso di ricevimento della raccomandata contenente l’atto di gravame.
La produzione dell’avviso di ricevimento, precisa la Cassazione, è infatti richiesta dalla legge “esclusivamente in funzione della prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio (si veda, in senso conforme, l’articolo 4 della legge 890/1982, nda) e, dunque, della corretta instaurazione del contraddittorio”.

In particolare, nel giudizio di legittimità, l’avviso in questione può essere prodotto fino all’udienza di discussione di cui all’articolo 379 cpc, prima però che abbia inizio la relazione ivi prevista ovvero fino all’udienza in camera di consiglio di cui al successivo articolo 380-bis.
La mancata produzione dell’A/R, laddove la controparte non sia costituita, precisa la sentenza in commento, rende il ricorso inammissibile perché non può essere concesso un ulteriore termine per il deposito né è ammissibile il rinnovo della notificazione ai sensi dell’articolo 291 del codice di procedura civile.
L’unica possibilità per evitare la declaratoria di inammissibilità, chiosa la pronuncia, è la richiesta di rimessione in termini per il deposito dell’avviso di ricevimento, ma soltanto quando si offra “la prova documentale di essersi tempestivamente attivati nel richiedere all’amministrazione postale un duplicato dell’avviso stesso”, secondo quanto previsto dalla disciplina di settore.

Osservazioni
La corretta notificazione alla controparte di un ricorso giurisdizionale costituisce un momento essenziale della dinamica processuale, perché è finalizzata a garantire all’intimato l’esercizio del diritto di difesa sancito dall’articolo 24, secondo comma, della Costituzione.
Quando la notifica viene eseguita personalmente dall’ufficiale giudiziario o da altro agente notificatore, la relativa attività viene documentata nella “relazione” di notifica che, secondo quanto previsto dall’articolo 148 cpc, indica la persona alla quale è consegnata la copia dell’atto e le sue qualità, il luogo della consegna oppure le ricerche svolte dal notificatore con i motivi della mancata consegna e le notizie raccolte sulla reperibilità del destinatario.

Nei casi in cui per la notificazione ci si avvalga dello strumento postale e, quindi, l’atto venga trasmesso al destinatario a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, è quest’ultimo il documento che, compilato dall’agente postale nella fase di recapito, contiene tutte le indicazioni in ordine al tempo, al luogo della notifica, al soggetto cui l’atto è stato consegnato e alle sue qualità personali.

È diritto vivente, valorizzato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza 3/2010, il principio per cui, in tutte le fattispecie di notificazione a mezzo raccomandata A/R, quest’ultimo assume un rilievo essenziale ai fini della verifica della correttezza del procedimento notificatorio, quale attestazione sia dell’avvenuta consegna della raccomandata sia, in alternativa, del compimento della “compiuta giacenza” (al riguardo si rinvia a quanto disposto dagli articoli 7 e 8 della legge 890/1982).
Per questo motivo, la legge prevede che, quando non si disponga materialmente del documento in parola (ad esempio, per mancata restituzione da parte dell’ufficio postale, per successiva perdita o deterioramento da parte dell’interessato, eccetera), è possibile richiedere un duplicato all’amministrazione postale, ai sensi dell’articolo 6 della legge 890/1982 (per quanto riguarda gli avvisi di ricevimento delle raccomandate “per atti giudiziari”).

La regola ribadita dalla pronuncia in commento (confermata anche nella successiva sentenza 19623/2015) è dunque un invito ai soggetti del processo a farsi parte attiva, nei tempi precisati dalla giurisprudenza oramai costante della Corte suprema, per rimediare a eventuali lacune documentali ed evitare l’inammissibilità dell’impugnazione proposta.



Fonte: Agenzia Entrate

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