Per la determinazione della plusvalenza, ai sensi dell’articolo 7 della legge 448/2001, il contribuente può assumere – in luogo del costo o valore di acquisto – il valore del terreno rideterminato sulla base di una perizia giurata di stima.
Per la suprema Corte, l’asseverazione di questa perizia, in data successiva al rogito, non comporta decadenza dell’agevolazione. Inoltre, nei casi in cui il contribuente, nell’atto di cessione di terreno, indichi un valore di “poco” inferiore (frutto di mero errore) a quello rivalutato – non facendo menzione dell’intervenuta rideterminazione – per il calcolo della plusvalenza ai fini delle imposte dirette, potrà fare comunque riferimento al valore rivalutato che costituisce il “valore minimo di riferimento”.
Potrà riferirsi, comunque, a questo “valore minimo di riferimento” anche nell’ipotesi in cui, pur avendo dichiarato in atto un corrispettivo sensibilmente inferiore a quello periziato, ha comunque fatto menzione dell’intervenuta rideterminazione del valore del terreno.
Questi i principali chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 53/E del 27 maggio 2015.

Quadro normativo
L’articolo 7 della legge 448 del 2001, nell’introdurre la possibilità di rideterminazione dei valori di acquisto dei terreni edificabili, ha espressamente previsto che “Agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze di cui all’articolo 81, comma 1, lettere a e b), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e successive modificazioni, per i terreni edificabili e con destinazione agricola posseduti alla data del 1° gennaio 2002, può essere assunto, in luogo del costo o valore di acquisto, il valore a tale data determinato sulla base di una perizia giurata di stima (…) a condizione che il predetto valore sia assoggettato ad una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, secondo quanto disposto nei commi da 2 a 6”.
Ai sensi del comma 6, “La rideterminazione del valore di acquisto dei terreni edificabili e con destinazione agricola di cui ai commi da 1 a 5 costituisce valore normale minimo di riferimento ai fini delle imposte sui redditi, dell'imposta di registro e dell’imposta ipotecaria e catastale”.

In particolare, si ricorda che l’articolo 67 del TUIR (ex articolo 81), al primo comma, prevede che “sono redditi diversi… b). le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”.
Il successivo articolo 68 prevede che “Le plusvalenze di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 67 sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo …. Il costo dei terreni suscettibili d’utilizzazione edificatoria di cui alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 67 è costituito dal prezzo di acquisto aumentato di ogni altro costo inerente, rivalutato in base alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati nonché dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili”.

Prassi dell’Amministrazione e orientamento giurisprudenziale
Sull’argomento, in sede di prima interpretazione della disposizione contenuta nella legge 448/2001, l’Amministrazione finanziaria, con circolare 16/2005, ha precisato che “il valore rideterminato non può essere utilizzato prima della redazione e del giuramento della perizia in quanto nell’atto deve essere indicato il valore periziato del bene”. Tale posizione è stata successivamente ribadita con le circolari 47/2011 e 1/2013. Anche nella circolare 47/2011, infatti, l’Agenzia ha confermato che “è necessario che la redazione e il giuramento della perizia siano antecedenti alla cessione del bene, in quanto al fine della determinazione della plusvalenza il valore periziato deve essere indicato nell’atto di cessione dello stesso”.

Tuttavia, come si evidenzia nella risoluzione, più volte la Corte di cassazione si è pronunciata in senso difforme, affermando che il valore del terreno può essere determinato sulla base di una perizia giurata, anche se asseverata in data successiva alla stipulazione della compravendita.
Per tutte, si richiama l’ordinanza 26714/2013, con la quale la Suprema corte ha affermato che può essere assunto come valore iniziale, in luogo del costo o del valore di acquisto, quello determinato “sulla base di una perizia giurata anche se asseverata in data successiva alla stipulazione, attesa l’assenza di limitazioni poste dalla legge a tal proposito…”.
In senso conforme, come anticipato, si erano espresse anche la sentenza 30729/2011 e le ordinanze 22990/2012 e 11062/2013, nonché, da ultimo, l’ordinanza 10561/2014.
Naturalmente la perizia, ancorché non asseverata e giurata, deve essere redatta prima del rogito, stante l’obbligo di indicare in atto il relativo valore periziato.

Con la risoluzione in commento, l’Agenzia si è occupata anche dell’ulteriore problematica relativa all’indicazione nell’atto di cessione del terreno di un valore inferiore a quello risultante dalla perizia.
Sull’argomento, con la circolare 15/2002, è stato precisato che “Per i trasferimenti di terreni “… per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria”, l’ufficio provvede alla rettifica del valore dichiarato se ritiene che il valore venale dei terreni trasferiti sia superiore (Testo unico dell’imposta di registro articolo 51, comma 3). Ovviamente il valore accertato non può essere inferiore a quello rideterminato ai sensi del comma 1 dell’articolo 7 poiché questo, come detto, costituisce il valore normale minimo di riferimento. Qualora, invece, il venditore intenda discostarsi del valore attribuito al terreno dalla perizia - ad esempio perché il terreno ha subito un deprezzamento per cause naturali o per effetto dell’adozione di nuovi strumenti urbanistici - ai fini delle imposte di trasferimento valgono le regole sulla determinazione della base imponibile dettate dalle singole leggi d’imposta e per il calcolo della plusvalenza deve essere assunto, quale valore iniziale di riferimento, il costo o il valore di acquisto del terreno, secondo gli ordinari criteri indicati dall’articolo 82 del TUIR” (indirizzo espresso anche in successivi interventi dell’Amministrazione).

La prassi, quindi, attualmente prevede che il contribuente che indichi direttamente nell’atto un valore inferiore a quello di perizia si espone a una rettifica da parte del Fisco con riferimento alla determinazione della plusvalenza tassabile, non potendo far valere gli effetti della rideterminazione del valore.
A fronte di un valore dichiarato nell’atto di compravendita inferiore a quello periziato – a volte frutto di errore o di una dimenticanza – e in mancanza del richiamo in atto dell’avvenuta rideterminazione di valore, si procede, in sostanza, alla determinazione della plusvalenza secondo le regole ordinarie di calcolo ai sensi dell’articolo 68 del Tuir, fondate sulla differenza tra corrispettivo percepito e prezzo di acquisto.

Con la risoluzione 53/2015, tuttavia, l’Amministrazione riconosce che, se è pur vero che la ratio di tali istruzioni si ricollega a esigenze di speditezza e semplificazione dell’attività di controllo (sarebbe di ostacolo consentire al contribuente di dichiarare in atto un valore inferiore), è anche vero che detta esigenza viene meno nei casi in cui, pur non facendosi menzione in atto della intervenuta rideterminazione, lo scostamento del valore indicato nel medesimo atto rispetto a quello periziato, sia “poco significativo”.
Potrà farsi comunque riferimento al valore rivalutato anche nell’ipotesi in cui il contribuente, pur avendo dichiarato in atto un corrispettivo sensibilmente inferiore al valore periziato, abbia comunque fatto menzione in atto dell’intervenuta rideterminazione.



Fonte: Agenzia Entrate

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