La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dei principi di proporzionalità e di neutralità fiscale relativamente al sistema comune di imposta sul valore aggiunto. La controversia nasce a seguito di una cessione imponibile ai fini Iva compiuta nell’ambito di una vendita giudiziale di un immobile al pubblico incanto. Il diritto polacco prevede degli obblighi in capo all’ufficiale giudiziario coinvolto nella vendita giudiziale, ritenendolo responsabile in caso di violazione degli obblighi Iva connessi.

Il fatto all'origine della controversia
La controversia contrappone l’Amministrazione tributaria polacca e un ufficiale giudiziario del tribunale distrettuale in merito alla vendita giudiziale di un immobile al pubblico incanto. L’ufficiale giudiziario, su richiesta di un creditore, ha avviato un procedimento esecutivo contro una società (soggetto passivo ai fini dell’Iva), procedendo al pignoramento di un bene immobile.
Il bene era venduto all’asta a una coppia di coniugi polacchi con atto definitivo eseguito nell’agosto 2007. L’ufficiale giudiziario, responsabile del procedimento, provvedeva nel mese di ottobre 2008 ad effettuare un piano di riparto della somma ai creditori, specificando che l’importo ai fini Iva doveva essere accreditato sul conto dell’amministrazione finanziaria. A seguito della definitività del piano di riparto, il tribunale distrettuale versava sul conto dell’ufficiale giudiziario nel mese di agosto 2009 la somma della vendita e lo stesso provvedeva ad emettere una fattura comprensiva di Iva per la vendita dell’immobile. Nel mese di settembre 2009, lo stesso ufficiale informava l’amministrazione finanziaria dell’avvenuto versamento dell’imposta.
Il direttore dell’ufficio tributario, nel rispetto della normativa tributaria polacca, in particolare, dell’articolo 18 della legge sull’Iva, in combinato disposto con gli artt. 8 e 30, paragrafi 1, 3 e 4, del codice tributario, ha avviato un procedimento nei confronti dell’ufficiale giudiziario addetto alla vendita dell’immobile. L’autorità fiscale eccepiva che l’imposta dovuta sulla vendita del bene immobile, non fosse stata versata entro i termini previsti. Secondo l’ufficio tributario, l’ufficiale era tenuto a emettere nel novembre del 2007, in nome del debitore, e a titolo della vendita del bene immobile di tale società, una fattura comprensiva di Iva, e doveva versare tale imposta prima del 25 dicembre 2007 sul conto dell’autorità fiscale competente.
L’ufficiale giudiziario contro la decisione dell’ufficio finanziario proponeva ricorso al tribunale amministrativo regionale. Il giudice respingeva il ricorso ritenendo che sussistessero le condizioni giuridiche per l’assolvimento da parte dello stesso degli obblighi a esso incombenti ai sensi dell’articolo 18 della legge sull’Iva.
Avverso la sentenza del tribunale regionale, l’ufficiale ricorreva per cassazione alla Corte amministrativa suprema. L’ufficiale eccepiva tra le motivazioni l’errata interpretazione dell’articolo 18 della legge sull’Iva, e la mancata considerazione delle disposizioni del diritto dell’Unione applicabili in materia di Iva.
La Corte amministrativa suprema, ritenendo necessaria un’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione, sospende il procedimento e sottopone alla Corte le questioni pregiudiziali.

Le questioni pregiudiziali
La Corte è chiamata a esprimersi su una prima questione pregiudiziale, e in particolare se gli articoli 9 e 193, in combinato disposto con l’articolo 199, paragrafo 1, lettera g), possano ammettere che una disposizione di diritto nazionale come quella dell’articolo 18 della legge relativa all’Iva, introduca deroghe ai principi generali dell’imposta, con riguardo ai soggetti tenuti, in luogo del soggetto passivo, a calcolare l’importo dell’imposta, a riscuoterla dal soggetto passivo ed a pagarla, entro un determinato termine, all’autorità fiscale.
Se tale caso è contemplato dalla normativa, si chiede se, alla luce del principio di proporzionalità, sia ammissibile una disposizione di diritto nazionale, nella quale un ufficiale giudiziario che compie gli atti esecutivi, in qualità di sostituto d’imposta, risponde per l’omesso adempimento dell’imposta sulla cessione di beni immobili effettuata nell’ambito di un procedimento esecutivo.
Inoltre, si chiede se alla luce degli articoli 206, 250 e 252 della direttiva Iva, e del conseguente principio di neutralità, sia ammissibile una disposizione di diritto nazionale, che preveda che il sostituto d’imposta sia tenuto a calcolare, riscuotere e pagare l’importo dell’Iva su una cessione dei beni di proprietà del soggetto passivo (società proprietaria), senza avere la possibilità di detrarre da tale importo l’imposta pagata a monte dall’inizio del periodo d’imposta fino alla data di riscossione dell’imposta dal soggetto passivo.

Sulle questioni pregiudiziali
In merito alla prima questione pregiudiziale, va chiarito che dalle osservazioni presentate dal governo polacco risulta che il sistema di intermediazione istituito dalla normativa nazionale è volto ad evitare che il soggetto passivo, violi il proprio obbligo fiscale di pagamento dell’imposta. Una normativa simile può rientrare nell’ambito dell’articolo 273 della direttiva Iva, visto che la Repubblica di Polonia ritiene siffatta misura necessaria per garantire la certezza della riscossione. Secondo l’articolo 18 della legge sull’Iva, la funzione dell’ufficiale giudiziario che effettua una vendita mediante esecuzione forzata corrisponde a quella di un intermediario che si limita a garantire la riscossione dell’ammontare dell’imposta e il suo pagamento all’autorità fiscale in nome del soggetto passivo. In tale situazione, l’obbligo fiscale, incombe sempre sul soggetto passivo, mentre l’ufficiale giudiziario si limita a garantire che l’importo dell’imposta corrispondente a una particolare operazione sia versato al fisco. Dalle suesposte considerazioni risulta che gli articoli 9, 193 e 199, paragrafo 1, lettera g), della direttiva Iva devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una disposizione del diritto nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale.
La Corte analizza la seconda questione e in particolare il rispetto del principio di proporzionalità.
In linea generale, non può essere considerata proporzionata una normativa che attribuisce all’ufficiale giudiziario la responsabilità di un comportamento che non gli è personalmente imputabile. L’ufficiale giudiziario dovrebbe avere tutti gli strumenti giuridici per adempiere al proprio incarico senza che la sua responsabilità possa dipendere da elementi sui quali non ha alcuna influenza, comprese le azioni o le omissioni imputabili a terzi.
Secondo la Corte, spetta al giudice del rinvio verificare che gli ufficiali giudiziari abbiano gli strumenti giuridici idonei ad adempiere entro i termini l’obbligo di riscuotere e versare l’Iva dovuta. Se tale condizione è soddisfatta, allora l’ufficiale giudiziario, in caso di inadempienza, deve rispondere con tutto il suo patrimonio dell’importo dell’Iva dovuta sul ricavato della vendita.
Infine, la Corte è chiamata a esprimersi sul rispetto del principio della neutralità fiscale nel caso del procedimento principale. Gli articoli 206 e 250 della direttiva Iva prevedono che l’importo dell’Iva versato all’Erario deve essere un importo netto, vale a dire un importo che tenga conto delle detrazioni da operare, e che tutte le detrazioni devono essere effettuate in relazione al periodo d’imposta durante il quale esse sono sorte. Nel procedimento in esame, è il soggetto passivo proprietario dei beni venduti all’asta dall’ufficiale giudiziario, e non il soggetto pagatore, ad avere l’obbligo di depositare una dichiarazione Iva che tenga conto dell’operazione di vendita dei suoi beni. È sempre il soggetto passivo, e non il soggetto pagatore, che ha il diritto di detrarre l’Iva pagata a monte dall’Iva dovuta sull’operazione.

La decisione della Corte
I giudici della Corte, in merito alle questioni sollevate, hanno chiarito che l’ufficiale giudiziario, nell’ambito della vendita di un bene immobile mediante esecuzione forzata, risponde degli obblighi di calcolo, riscossione e versamento dell’imposta sul valore aggiunto dovuta sul ricavato di tale operazione entro i termini richiesti.
In merito al principio di proporzionalità, i giudici della Corte, confermano che un ufficiale giudiziario deve rispondere con tutto il suo patrimonio dell’ammontare dell’imposta sul valore aggiunto dovuta sul ricavato della vendita di un bene immobile effettuata mediante esecuzione forzata, a condizione che lo stesso disponga di qualunque strumento giuridico per adempiere tale obbligo. Infine, per quanto riguarda il principio di neutralità fiscale, la Corte dichiara che l’ufficiale giudiziario non può detrarre l’ammontare dell’imposta sul valore aggiunto pagata a monte dall’inizio del periodo d’imposta fino alla data di riscossione dell’imposta presso il soggetto passivo.


Data della sentenza
26 marzo 2015
Numero della causa
C-499/13

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