L’articolo 21, comma 3, del Dpr 633/1972, riprendendo il testo dell’articolo 233 della direttiva 2006/112/Ce, statuisce che “il soggetto passivo assicura l’autenticità dell’origine, l’integrità del contenuto e la leggibilità della fattura dal momento della sua emissione fino al termine del suo periodo di conservazione”.
Lo stesso comma 3 precisa, inoltre, che è possibile trasmettere, al medesimo destinatario, più fatture elettroniche raccolte in un unico lotto. In questa ipotesi, i requisiti devono riferirsi al lotto e non alla singola fattura (circolare n. 18/2014, paragrafo 1.4).
Sempre nella stessa circolare è stato chiarito che: per autenticità dell’origine si intende la certezza dell’identità del fornitore/prestatore di beni/servizi o dell’emittente della fattura (se è un terzo); per integrità della fattura si intende che il contenuto della stessa e, in particolare, ai fini fiscali, i dati obbligatoriamente previsti dall’articolo 21 del Dpr 633/1972, non possono essere alterati (il formato originario della fattura può essere convertito in altri formati a condizione che sia garantita l’invariabilità del contenuto); per leggibilità si intende che la fattura deve essere resa leggibile dall’uomo (non da un software).

Con riferimento a quest’ultimo requisito, visto che il formato xml – obbligatorio per la fatturazione verso le Pa – non è considerato direttamente “leggibile per l’uomo” (ma solo dopo un processo di conversione), le note esplicative alla direttiva 2010/45/Ue, che rappresentano un lavoro di collaborazione tra gli Stati membri e hanno lo scopo di fornire una migliore comprensione della normativa comunitaria, nonché la circolare 18/2014 (paragrafo 1.2), chiariscono che, in questa ipotesi, la leggibilità delle fatture elettroniche si ritiene soddisfatta se:
la fattura può essere resa disponibile su richiesta entro un termine ragionevole e senza indugio, anche dopo il processo di conversione, in una forma leggibile per l’uomo, su schermo o tramite stampa
è possibile verificare che le informazioni del file elettronico originale non siano state alterate rispetto a quelle del documento leggibile presentato.
Per garantire la leggibilità, in tutto il periodo di archiviazione deve essere disponibile un visualizzatore adeguato e affidabile per il formato elettronico delle fatture.
Gli stessi documenti precisano, inoltre, che la leggibilità di una fattura elettronica, dal momento dell’emissione fino al termine del periodo di archiviazione, può essere garantita in qualsiasi modo. Tuttavia, la firma elettronica avanzata e la trasmissione on line dei dati non sono di per sé sufficienti per assicurare la leggibilità.

Invece, le modalità indicate dall’articolo 21, comma 3, del Dpr 633/1972 – riprese dalla circolare 18/2014 (paragrafo 1.3) – per garantire i requisiti di integrità e autenticità della fattura, sono: un sistema di controllo di gestione che assicuri un collegamento affidabile tra la fattura e la cessione di beni o la prestazione di servizi a essa riferibile; l’apposizione della firma elettronica qualificata o digitale dell’emittente; i sistemi Edi (Electronic data interchange) di trasmissione elettronica dei dati; infine, altre tecnologie in grado di garantire i predetti requisiti di autenticità e integrità.

Con specifico riferimento alla fattura elettronica, la direttiva 2010/45/Ue (punto 10 della premessa) suggerisce l’uso di un sistema di controllo di gestione per stabilire una pista di verifica affidabile (letteralmente reliable audit trails) tra le fatture e le operazioni (vendita o acquisto di merci/servizi), quale strumento per dimostrare l’autenticità e l’integrità delle fatture stesse.

La circolare 18/2014, paragrafo 1.3.1, chiarisce che il sistema di controllo di gestione, che deve essere adeguato alle dimensioni e all’attività del soggetto passivo, è un processo con il quale un soggetto passivo assicura l’autenticità/integrità durante tutto il ciclo di vita della fattura, configurando un percorso che fornisce, passo dopo passo, la storia di una operazione dal suo inizio – rappresentato dal documento originario, ad esempio, un ordine d’acquisto – fino al suo completamento.
Pertanto, non deve essere conservata solo la fattura, ma, per lo stesso periodo, anche tutta la documentazione che ne garantisce i descritti requisiti (ad esempio, contratti, ordini ai fornitori, documento di trasporto, eccetera).

In alternativa ai sistemi di gestione, come già anticipato, i requisiti di autenticità dell’origine e integrità del contenuto, possono essere garantiti mediante l’apposizione della firma elettronica qualificata o digitale dell’emittente (Dpcm 22 febbraio 2013), ovvero mediante le altre tecnologie riportate nell’articolo 21.

Qualora il cedente o prestatore abbia incaricato il proprio cliente (o un terzo) a emettere per suo conto la fattura, occorre che l’origine e l’integrità del documento elettronico siano garantiti dall’emittente con una delle predette modalità. In questo caso, occorre annotare in fattura che la stessa è stata compilata dal cliente ovvero, per conto del cedente o prestatore, dal terzo (circolare 18/2014, paragrafo 1.3.2). È importante non confondere il soggetto emittente (il cedente/prestatore ovvero il cliente/terzo delegato), con il momento di emissione della fattura stessa.
Così, la fattura elettronica, che si avrà per emessa al momento della sua spedizione o messa a disposizione del destinatario, dovrà recare la firma elettronica qualificata/digitale del soggetto che l’ha “chiusa” (ossia compilata e dotata dei requisiti per essere definita tale) e non di quello che semplicemente ne cura la spedizione.
Diversamente ragionando, vista anche la parificazione tra strumento cartaceo ed elettronico, si arriverebbe al paradosso per cui l’emittente della fattura cartacea sarebbe il “postino” e non il cedente/prestatore o un suo delegato alla compilazione.

L’imposta di bollo
Fino all’entrata in vigore del Dm 17 giugno 2014, l’imposta di bollo sui documenti informatici era assolta con le modalità previste dall’articolo 7 del Dm 23 gennaio 2004, secondo cui, in estrema sintesi, occorreva una prima comunicazione all’Agenzia contenente il numero presuntivo degli atti, documenti e registri da emettere, il versamento dell’imposta tramite modello F23 e, poi, una successiva comunicazione (consuntiva) entro il mese di gennaio dell’anno successivo, con relativo conguaglio del dare/avere.
L’importo complessivo corrisposto, risultante dalla comunicazione, veniva poi assunto come base provvisoria per la liquidazione dell’imposta per l’anno in corso (l’anno deve essere inteso come anno solare e il numero presuntivo degli atti, dei documenti e dei registri che potranno essere emessi o utilizzati, anche se riferiti alle frazioni di due distinti periodi d’imposta, deve essere calcolato in relazione a tale periodo – circolare 5/2012 e risoluzione 161/2007).

Dal 27 giugno 2014 l’imposta è invece assolta secondo l’articolo 6 del Dm 17 giugno 2014, dunque:
senza alcuna preventiva comunicazione
con modalità esclusivamente telematica, tramite modello F24
in un’unica soluzione, entro 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio
annotando, sulle fatture per le quali è obbligatorio il bollo, la specifica indicazione di assolvimento dell’imposta secondo il dettato del Dm 17 giugno 2014.
Quest’ultimo elemento va, peraltro, posto in relazione con il dettato del Dm 55/2013 che richiede, come informazione rilevante ai fini fiscali, “Numero Bollo: estremi della relativa autorizzazione rilasciata dall’Ufficio delle Entrate per l’assolvimento in modo virtuale, da valorizzare nei casi in cui sia prevista l’imposta di bollo…”.

La nuova disposizione, recata con l’entrata in vigore del Dm 17 giugno 2014, lascia tuttavia intendere che tale obbligo di informazione sia cessato e, secondo quanto indicato sul sito www.fatturapa.gov.it, cioè che “l’assoluzione dell’imposta di bollo può essere rappresentata in fattura inserendo nel campo la stringa “DM-17-GIU-2014””.
Non sarà, pertanto, più necessario il rilascio dell’apposita autorizzazione al pagamento del bollo in modo virtuale, ex articolo 15, del Dpr 642/1972.


Fonte: Agenzia Entrate

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