La procedura di collaborazione volontaria, normativamente a regime dal 01.01.2015, offre la possibilità di regolarizzare i patrimoni esteri detenuti in violazione della normativa sul monitoraggio fiscale.
È bene sottolineare che la procedura può essere intrapresa anche per la regolarizzazione delle attività non dichiarate detenute in Italia. La collaborazione volontaria sarà fruibile fino al 30.09.2015 e riguarderà le violazioni commesse fino al 30 settembre 2014.

Gli effetti premiali della collaborazione volontaria, oltre alla riduzione delle sanzioni, riguardano anche alcuni reati espressamente indicati nella normativa di riferimento (dichiarazione infedele, dichiarazione fraudolenta mediante documenti falsi, dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, omessa dichiarazione, omesso versamento di ritenute certificate, omesso versamento Iva) per i quali la punibilità è esclusa.
Tale ultima circostanza, si ribadisce, è limitata alle fattispecie indicate nella normativa e non è applicabile indistintamente a tutte le tipologie di reati che possono essere integrati , ad esempio, dalla condotta di chi ha trasferito all'estero proventi sottratti a tassazione in Italia.

Si ricorda che la procedura non preclude per l'Amministrazione la possibilità di effettuare ulteriore attività di accertamento e che le imposte, unitamente agli interessi, sono dovute per intero.

La voluntary disclosure, inoltre, non potrà essere fruita dopo che l'autore della violazione degli obblighi di monitoraggio abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, per violazione di norme tributarie, relativi all'ambito oggettivo di applicazione della procedura di collaborazione volontaria. Lo stesso vale per i coobbligati in solido al pagamento del tributo evaso e per i concorrenti nel reato.

Ad oggi la procedura non è oggetto di commento da parte dell'Agenzia che ha comunque reso nota l'emanazione di una circolare esplicativa entro la metà di febbraio.

Quanto ai costi della procedura, si riportano alcuni esempi volti a dare un indicazione approssimativa del “costo” del rimpatrio sulla base della disciplina sulla collaborazione volontaria in vigore dal 01.01.2015.
Gli esempi presentano il caso di un investimento estero produttivo di un reddito di capitale costante nel tempo (ipotizzato al 5%) assoggettato ad imposta sostitutiva, in assenza di nuovi “apporti patrimoniali”. Si ripropone l'ipotesi della dichiarazione infedele cioè, regolarmente presentata senza l'indicazione dell'investimento e del reddito estero.
Per giustificare l'uniformità dell'imposta applicata, si assume che l'investimento si detenuto da una persona fisica italiana, non esercente l'attività d'impresa, e che riguardi la partecipazione non qualificata in una società i cui titoli sono negoziati in un mercato regolamentato.

Per semplicità, inoltre, si è scelto proporre la medesima ipotesi cambiando l'allocazione dell'investimento per offrire la possibilità di verificare, in via approssimativa, i possibili “costi” derivanti dalle diverse casistiche di collaborazione volontaria.

Nella pratica è possibile che gli investimenti esteri non siano produttivi di redditi in alcune annualità, ovvero, siano produttivi di redditi diversamente tassabili (si pensi all'utile percepito dal socio con partecipazione qualificata) o di redditi di natura diversa dai redditi di capitale (si pensi all'utile di un impresa o ai compensi incassati all'estero da un professionista).

La molteplicità dei casi che si possono presentare può variare sensibilmente l'incidenza del costo della procedura anche in funzione delle imposte evase: è il caso della società che detenga all'estero ricavi non dichiarati. I ricavi, saranno soggetti anche all'imposta sul valore aggiunto ed all'i.r.a.p. con le relative sanzioni. Gli eventuali utili distribuiti – o non distribuiti in ipotesi di trasparenza fiscale – potranno essere oggetto di emersione in capo ai soci. Ulteriori dubbi possono sorgere circa la sorte degli oneri contributivi dipendenti dalle attività emerse.

L'esempio, inoltre, non tratta l'ipotesi in cui l'intera consistenza estera sia interamente tassata in virtù della presunzione di cui all'art. 12, comma 2, d.l. n. 78/2009.

Sul tema, in attesa dei chiarimenti dell'Agenzia, si segnala che il raddoppio delle sanzioni relative ai redditi esteri detenuti in Stati a fiscalità privilegiata (art. 12, comma 2, d.l. n. 78/2009) non dovrebbe operare automaticamente ma, presumibilmente, soltanto qualora il contribuente non dimostri che le attività patrimoniali detenuti in paesi balck list non siano state costituite con redditi sottratti a tassazione.

Negli esempi riportati le sanzioni relative ai redditi sono applicate, per i paesi black list, nella misura doppia dall'anno 2008 pari al 200%. Tale dato, ricavato da un precedente orientamento della prassi Amministrativa contrasta, comunque, con il dato letterale della norma sanzionatoria (combinato disposto dell'art. 12, comma 2, d.l. n. 78/2009 e dell'art. 1, commi 2 e 3 del d.lgs. n. 471/97) che comporterebbe, in tali situazioni, l'applicazione della sanzione minima pari al 266%.




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