La Corte di cassazione, con la sentenza n. 25777 del 5 dicembre 2014, ha stabilito che, ai fini del riconoscimento del diritto al rimborso dell’Iva assolta su operazioni passive, il giudice tributario ha il dovere di accertare, sulla scorta delle prove fornite dall’Agenzia delle Entrate, se ricorre “effettivamente” e “in concreto” il presupposto dell’esercizio di un’impresa commerciale munita dei caratteri della professionalità e abitualità.

Il fatto
Per verificare l'esistenza e l'esercizio effettivo dell'attività di una Srl, il competente ente impositore ha eseguito un controllo di rito (ex articolo 52 del Dpr 633/1972), concluso con il diniego del rimborso dell’Iva relativa all'acquisto di un immobile, per assenza del presupposto dello svolgimento dell’attività di impresa.

Il ricorso della contribuente veniva accolto dalla Commissione tributaria provinciale, sull’assunto che la contestazione fosse derivata da un mero equivoco, dato dal fatto che, nel periodo di acquisto dell’immobile, l'oggetto sociale era mutato da “lavorazione delle pietre e marmo” ad “acquisto, vendita e fitto di aziende, di beni immobili, di macchinari e di autoveicoli”, e che l'assenza di beni strumentali di proprietà della società fosse irrilevante, potendo l'attività stessa essere esercitata anche con beni, non di proprietà, ma concessi in godimento da terzi (affitto, uso o comodato gratuito).

Contro la sentenza, confermata in appello, l’ente impositore propone ricorso in Cassazione, sostenendo violazione di legge (articoli 1, 4 e 30, Dpr 633/1972) e vizi di motivazione della sentenza impugnata, in quanto - a fronte di numerose circostanze di fatto rilevate in sede di verifica e attestanti la natura del tutto occasionale dell’attività compiuta dalla contribuente - si limitava a richiamare la decisione di primo grado, fondata solo sulla base del mutato oggetto sociale.

Motivi della decisione
La Suprema corte, nel cassare con rinvio la sentenza impugnata, afferma che, quando dagli elementi offerti dall’ufficio rilevano “operazioni commerciali di scarso numero, occasionali e straordinarie”, oltre che l’assenza di personale, beni e risorse utilizzate, per essere tali fattori impiegati esclusivamente da altra società, il giudice non può non valutarli e sancire il diritto al rimborso senza svolgere l’adeguata verifica.
La sentenza di merito è annullata dalla Cassazione proprio perché, nel caso di specie, la Commissione regionale non aveva assolto tale onere.

Chiarisce a tal fine la Suprema corte che la nozione tributaria dell’esercizio d’impresa commerciale non coincide con quella civilistica: l’articolo 4 del Dpr 633/1972 intende come tale l’esercizio professionale e abituale, ancorché non esclusivo, delle attività indicate agli articoli 2195 e 2135 codice civile, “anche se le stesse non siano organizzate in forma d’impresa, e dunque prescindendo dal requisito organizzativo”. Tale requisito, al contrario, rappresenta un elemento “qualificante” e “indispensabile” ai fini civilistici.
Anche ai sensi della sesta direttiva del Consiglio n. 77/388/Cee, mentre le operazioni attive poste in essere da una società di capitali sono da considerare in ogni caso effettuate nell'esercizio di impresa, ai fini della detrazione o rimborso dell’Iva assolta sulle operazioni passive (come gli acquisti di beni) non è sufficiente il rivestimento formale della qualità di imprenditore societario, dovendosi verificare in concreto l'inerenza e la strumentalità del bene acquistato rispetto alla specifica attività imprenditoriale, compiuta o anche solo programmata (vedi Corte di giustizia, causa C-342/87, del 13 dicembre 1989).

Spetta proprio al giudice tributario, aggiunge la sentenza in esame, accertare la sussistenza dei requisiti di professionalità e abitualità, ossia il carattere continuativo e stabile dell’attività, “che difetta nel compimento di atti isolati di produzione e commercio” (Cassazione 7032/2014).
In tale quadro, l’onere probatorio è così ripartito: la prova della sussistenza del detto carattere continuativo e stabile dell’attività, da valutare “in concreto”, grava sull’ufficio e può essere assolta anche mediante presunzioni, mentre al contribuente è consentito dimostrare che anche un’operazione isolata può rivestire le caratteristiche della professionalità e dell’abitualità, purché provi la sua inerenza all’esercizio d’impresa e, nel caso specifico, dell’acquisto dell’immobile contestato, “la sua strumentalità rispetto alla concreta attività imprenditoriale, effettiva o anche solo programmata”.

Gli assunti esposti, peraltro, costituiscono consolidato orientamento giurisprudenziale, atteso che l’impresa non ha diritto alla detrazione Iva se pone in essere un’operazione commerciale che resta isolata e non seguita da un normale svolgimento dell’attività. Ai fini del beneficio sono, infatti, necessari l’inerenza e l’esercizio effettivo del lavoro.
Ne deriva - in conclusione - che il mancato svolgimento da parte di un soggetto passivo di operazioni imponibili è evento del tutto anomalo, risolvendosi nella inoperatività della società per mancato esercizio dell’attività economica, condizione questa ostativa all’esercizio del diritto alla detrazione/rimborso dell’imposta versata a monte.


Fonte: Agenzia Entrate

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