Nella fattispecie esaminata dalla Corte di cassazione (sentenza n. 13467/2014), il contribuente aveva inserito nella propria dichiarazione le somme ricevute a titolo di indennità di fine mandato del rapporto di agenzia e di liquidazione di polizze vita.
Con un documento allegato a detta dichiarazione, tuttavia, aveva specificato che le somme percepite a titolo di liquidazione della polizza vita erano state inserite nella dichiarazione medesima per mero scrupolo, trattandosi, in realtà, di somme non soggette a tassazione.

L’ufficio, in sede di controllo automatizzato, aveva iscritto a ruolo, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 36-bis del Dpr n. 600/1973, l’Irpef dovuta dal contribuente in relazione alle somme percepite sia a titolo di indennità di fine mandato del rapporto di agenzia sia di liquidazione di polizze vita.
Riteneva, infatti, l’ufficio che anche le somme percepite in liquidazione delle polizze vita dovessero confluire nella liquidazione delle imposte dovute in base alla dichiarazione presentata, dal momento che nessun valore poteva attribuirsi all’ulteriore documentazione allegata dal contribuente al modello ministeriale di dichiarazione dei redditi, nella quale veniva indicata la natura esente di dette somme.

Nel contenzioso instaurato dal contribuente avverso la cennata iscrizione a ruolo, veniva eccepita l’illegittimità dell’operato dell’ufficio che, ove avesse inteso disattendere la natura esente delle somme in questione, avrebbe dovuto notificare al contribuente apposito avviso d’accertamento e non già procedere ai sensi e per gli effetti di quanto disposto dall’articolo 36-bis del Dpr n. 600/1973.

A seguito di due gradi di giudizio, conclusisi favorevolmente al contribuente, l’adita Corte di cassazione ha in primo luogo ricordato che, ai sensi dell’articolo 8 del Dpr n. 600/1973 (nel testo vigente ratione temporis), “le dichiarazioni dei redditi devono essere redatte, a pena di nullità, su stampati conformi ai modelli approvati con decreto del Ministero delle Finanze”.
Ebbene, posto che la ratio normativa della cennata disposizione consiste proprio nel fatto di agevolare lo svolgimento dell’attività di controllo delle dichiarazioni in forma automatizzata, deve escludersi la possibilità per il contribuente di integrare il contenuto della dichiarazione con elementi o affermazioni contenuti in documenti separati, anche se allegati alla stessa.

Pertanto, secondo la Suprema corte, in sede di controllo cartolare, l’Amministrazione finanziaria può legittimamente tener conto unicamente dei dati esposti nel modello di dichiarazione; non avendo, viceversa, l’onere di esaminare l’ulteriore documentazione allegata a detto modello.
Tanto più che ciò non esclude la possibilità per il contribuente di far valere l’errore in cui sia eventualmente incorso in sede di compilazione del modello ministeriale, contestando, con l’impugnazione dell’atto impositivo, gli aspetti sostanziali del rapporto impositivo ovvero l’assoggettabilità a tassazione del reddito dichiarato in mancanza dei relativi presupposti.
Non ci consta sussistano precedenti giurisprudenziali in terminis con la sentenza in nota.


Fonte: Agenzia Entrate

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