Nella notifica postale, il raggiungimento dello scopo, ovvero l’intervenuta conoscenza dell’atto, sposta l’onere probatorio, in ordine alla data di effettiva ricezione, sulla parte che agisce in giudizio per far valere una pretesa da esercitare entro un termine decadenziale.
Questo, in sintesi, l’innovativo principio affermato dalla sezione tributaria della Cassazione con la sentenza 23213 del 31 ottobre 2014, ove è stato precisato che la regola in questione opera quando l’interessato non contesta di non aver ricevuto l’atto tributario, ma si limita soltanto a mettere in discussione la data di consegna.

La vicenda di merito e il ricorso in Cassazione
Una società ricorreva avverso la cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato ai sensi degli articoli 36-bis del Dpr 600/1973 e 54-bis del Dpr 633/1972, con la quale le era stata irrogata la sanzione e liquidati gli interessi moratori per ritardato versamento degli importi dovuti a titolo di Iva, Irpeg e Irap, esposti nella dichiarazione presentata per l’anno 2002.

La sfavorevole pronuncia di primo grado veniva impugnata dalla contribuente nella Commissione tributaria regionale, che rigettava l’appello ritenendo che l’istante non poteva fruire della riduzione al 10% dell’importo della sanzione, in quanto la cartella risultava notificata il 20 ottobre 2006 e il versamento delle somme richieste era stato eseguito soltanto il successivo 22 novembre, oltre il termine di 30 giorni entro il quale avrebbe dovuto essere effettuato per avvalersi del beneficio.

La pronuncia del giudice regionale veniva sottoposta al parere della Cassazione.
Per quanto d’interesse, la società lamentava che la Ctr aveva erroneamente ritenuto perfezionato il procedimento notificatorio (prima della “comunicazione di irregolarità” e poi) della cartella, pur in mancanza della prova della consegna di detti atti, non avendo l’ufficio prodotto in giudizio gli avvisi di ricevimento della notifica eseguita a mezzo del servizio postale.

La pronuncia di legittimità
La Corte ha ritenuto infondata la doglianza, rilevando in primis che, essendo la disciplina della notificazione finalizzata a portare a conoscenza del destinatario l’atto notificato, “eventuali vizi del procedimento notificatorio rimangono sanati, in virtù del principio generale di conservazione degli atti giuridici, laddove la notifica se pure viziata abbia comunque raggiunto il risultato della conoscenza dell’atto da parte del destinatario” (principio della “sanatoria della nullità per raggiungimento dello scopo” fissato dall’articolo 156, terzo comma, cpc).

Nel caso di notificazione a mezzo posta, spiega la pronuncia, vale la regola per cui la mancanza della prova legale, costituita dall’avviso di ricevimento dell’atto, non può essere surrogata dalle informazioni presenti in registri o archivi informatici, quali, ad esempio, i dati dell’Anagrafe tributaria, né da attestazioni dell’ufficio postale relative alla data di consegna dell’atto.
Peraltro, laddove l’interessato non contesti di aver effettivamente ricevuto l’atto tributario, ma si limiti soltanto a mettere in discussione la data di consegna (nella specie, quella risultante dagli estratti dell’Anagrafe tributaria e dall’attestazione dell’ufficio postale prodotto in giudizio dall’ufficio), il raggiungimento dello scopo (cioè l’effettiva conoscenza dell’atto) realizzato attraverso la notifica postale, “viene a spostare l’onus probandi in ordine alla data di effettiva ricezione dell’atto sulla parte che agisce in giudizio per far valere una pretesa… il cui esercizio è assoggettato a termine di decadenza, nella specie stabilito in relazione al dies a quo della data di effettiva consegna dell’atto notificato”.
In sostanza, secondo il Collegio di piazza Cavour, spetta all’interessato fornire la prova del presupposto di valido esercizio del diritto, ovvero la tempestività del pagamento rispetto alla data di notifica dell’atto, mentre l’ufficio “avrebbe potuto anche limitarsi a contestare soltanto la tardività del versamento, senza ulteriori specificazioni, e cioè ad eccepire la decadenza dal termine per la fruizione del beneficio”.

Dal rigetto del ricorso è derivata anche la condanna della parte privata alla rifusione delle spese di lite in favore dell’Agenzia, liquidate in 7mila euro per compensi, oltre le spese prenotate a debito.

Osservazioni
In materia tributaria, la legge stabilisce che gli atti, con i quali l’ufficio o l’ente impositore, nell’esercizio delle proprie potestà, manifestano una pretesa fiscale, debbono essere portati legalmente a conoscenza del contribuente attraverso la notificazione.
Per gli atti tributari, la notificazione può essere eseguita anche a mezzo del servizio postale, sia mediante le forme fissate dalla legge 890/1982, attraverso la spedizione dell’atto a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento (AR) di colore verde (“per atti giudiziari), sia – per alcuni specifici atti – utilizzando la raccomandata “ordinaria” (quella con AR di colore bianco).
In entrambi i casi, all’AR che accompagna il piego viene attribuita una peculiare valenza probatoria, tanto è vero, ad esempio, che l’articolo 4 della legge 890/1982 prevede che tale documento “costituisce prova dell’eseguita notificazione” e che i termini che decorrono dalla notifica postale “si computano dalla data di consegna del piego risultante dall’avviso di ricevimento…”.
L’AR, in linea generale, non ammette equipollenti, nel senso che la sua mancanza non può essere surrogata da informazioni presenti in banche dati o registri informatici (salvi alcuni casi particolari: ad esempio, in base all’articolo 55, comma 6, del Dlgs 104/2010 – “Codice del processo amministrativo” – nell’ambito del giudizio cautelare, se la notificazione è effettuata a mezzo del servizio postale, il ricorrente che non è ancora in possesso dell’AR, può provare la data di perfezionamento della notifica “producendo copia dell’attestazione di consegna del servizio di monitoraggio della corrispondenza nel sito internet delle poste”).

Tanto premesso, c’è da dire che la pronuncia in esame – che, a quanto consta, non ha precedenti – contiene un principio interpretativo piuttosto dirompente rispetto al quadro giurisprudenziale formatosi in materia di notificazioni.
Certamente, l’affermazione secondo cui grava sulla parte, che intende avvalersi del diritto alla riduzione dell’importo liquidato a titolo di sanzione, provare la tempestività del pagamento rispetto alla data di notifica risente anche della motivazione della sentenza di appello dove, secondo quanto si legge nella sentenza, i giudici “hanno esaminato puntualmente gli elementi probatori dedotti dalle parti, pervenendo in seguito a compiuta valutazione probatoria a ritenere comprovata la data della notifica tanto della comunicazione di irregolarità, quanto della cartella di pagamento”.

Di contro, peraltro, la regola iuris sancita nella pronuncia in commento non è un assunto meramente incidentale, ma costituisce il risultato di un ben preciso e articolato percorso argomentativo.
Allo stato, dunque, non resta che prendere atto della sentenza e attendere altre pronunce di legittimità sul tema, per verificare se l’indirizzo oggi affermato possa o meno trovare conferma.


Fonte: Agenzia Entrate

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