Come noto, l’articolo 1360 del codice civile, rubricato “Retroattività della condizione”, dispone che gli effetti dell’avveramento della condizione retroagiscono al tempo in cui è stato concluso il contratto, salvo che, per volontà delle parti o per la natura del rapporto, gli effetti del contratto o della risoluzione debbano essere riportati a un momento diverso, mentre parimenti noto è che, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, vale il principio di competenza economica.
Infatti, l’articolo 75 del Tuir, nella versione vigente fino al 2004 (oggi articolo 109), alla lettera a del secondo comma, dispone che i corrispettivi delle cessioni si considerano conseguiti alla data della stipulazione dell’atto per gli immobili e per le aziende, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo della proprietà o di altro diritto reale, che - nel caso di specie - i contribuenti hanno ritenuto verificatosi nel successivo periodo d’imposta, perché in esso intervenne l’autorizzazione regionale al trasferimento della farmacia.
L’ufficio finanziario, invece, sottopose a tassazione l’intera plusvalenza nel periodo d’imposta 1996, nel quale il contratto di cessione venne stipulato, ancorché nel corso di esso venne versato solo un acconto del prezzo, mentre i giudici di merito ritennero imputabili in ognuno dei due periodi d’imposta il corrispettivo percepito, in quanto la somma percepita nell’anno 1996 non presentava la natura di caparra ma, “come emergente dal contratto di cessione”, di acconto prezzo.

La pronuncia n. 12747/2014 della Corte regolatrice del diritto afferma l’irrilevanza, ai fini della determinazione della base imponibile dell’impresa cedente l’azienda, della retroattività degli effetti dell’avvenuto verificarsi della condizione sospensiva legale cui era sottoposto l’atto di cessione, nella scia dell’interpretazione della giurisprudenza di legittimità espressasi sulla natura del provvedimento autorizzativo (prima del medico provinciale, ora della Regione), previsto dall’articolo 12, comma 2, della legge 2 aprile 1968, n. 475.
In questo senso, vengono citate la pronuncia delle sezioni unite 8 novembre 1983, n. 6587, nella quale si statuì che la condizione legale sospensiva assegnata al riconoscimento del medico provinciale dei requisiti legali comporta che “la vendita, come più in generale, ogni atto traslativo, tra vivi o di una farmacia non solo non consente all'acquirente prima del riconoscimento, l'esercizio della farmacia, ma neppure produce il suo effetto reale del trasferimento della proprietà dell'azienda, che solo dopo il predetto atto amministrativo, avente la natura giuridica di un'autorizzazione costitutiva, si realizza con efficacia retroattiva”.

La sentenza della Suprema corte in rassegna applica tale principio alla determinazione del reddito d’impresa, ma giustificandolo con la disciplina dettata in tema di imposta di registro dall’articolo 43, comma 1, lettera a), del Dpr n. 131/1986, che per il Supremo collegio, nelle sentenze richiamate (18 maggio 2012, n. 7878; 28 settembre 2012, n. 16562; 11 maggio 1999, n. 4657), determina che gli effetti traslativi o costitutivi sono prodotti non dalla stipulazione del contratto condizionale, destinato a rimanere inoperante senza l’avveramento dell’evento futuro, ma dall’accadimento di questo, con la conseguenza che “la retroattività degli effetti stessi, una volta prodottisi, non implica mutamento del fatto generatore”.

La soluzione prospettata dalla sentenza in commento sull’imputazione del provento nell’esercizio in cui si verifica la condizione sospensiva ha interessato la giurisprudenza di legittimità espressasi con la sentenza 23 luglio 2010, n. 17395, in tema di contributo ottenuto in conto esercizio sottoposto a condizione sospensiva, rilevando che quand’anche esso sia determinabile nell’ammontare, non è certo nell’esistenza.
In questo senso, anche I’Amministrazione finanziaria che, nella circolare n.73/E del 1994 del Ministero delle finanze, proprio in tema di contributi, li ha ritenuti conseguiti solo al momento in cui si verifichi la condizione sospensiva, escludendo alcun effetto retroattivo al momento in cui i contributi fossero stati concessi.

Diversamente, nella pronuncia del Supremo collegio 6 giugno 2012, n. 9096, venne affermato che la quota di commissione passiva subordinata al regolare adempimento da parte del cliente finale entro un periodo di osservazione è da ritenersi comunque maturata con la stipula del contratto di leasing procurato, con l’effetto della sua imputazione non nel periodo di realizzazione della condizione, in quanto tale momento attiene soltanto a un aspetto finanziario relativo al pagamento della commissione, ma in quello della stipula del contratto.

Diversa soluzione è stata prospettata riguardo al periodo di competenza nel quale imputare il provento derivante dalle cessioni onerose di immobili storico-artistici, atteso che l’efficacia delle cessioni è sottoposta alla condizione del mancato esercizio del diritto di prelazione da parte dello Stato, nei cui riguardi la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 28/E del 2003 ha ritenuto legittimo imputare i componenti reddituali al periodo d’imposta nel quale il rogito è stato redatto.
In una successiva risposta a un interpello del 2009 (non trasfuso in alcuna atto amministrativo), l’Agenzia delle Entrate – pur affermando in via generale che in “talune ipotesi” il trasferimento del diritto di proprietà può verificarsi in un periodo diverso da quello di stipula dell’atto di cessione – reputa che, “per l’alienante il verificarsi o meno della condizione sospensiva prevista ex lege determina solo l’individuazione di un cessionario diverso da quello originariamente previsto dal contratto, senza incidere in alcun modo sulla certezza del componente reddituale derivante dall’alienazione del bene vincolato”.

Da parte nostra, possiamo soltanto evidenziare – come ben rilevato anche dalla decisione della Corte di legittimità in esame – che l’allora vigente articolo 54, comma 4, del Tuir (ante 2004, e ora articolo 86, comma 4), dispone che concorrono alla formazione del reddito anche le plusvalenze delle aziende, compreso il valore di avviamento, unitariamente realizzate mediante cessione a titolo oneroso, “nell'esercizio in cui sono state realizzate”.
Tale espressione, però, non comporta necessariamente l’applicazione del principio di cassa a tale provento conseguito nell’esercizio dell’attività commerciale, potendolo riferire al momento di esistenza del fatto, per la cui individuazione del profilo temporale valgono le regole ordinarie dettate dall’articolo 109 del Tuir, ora vigente.
Peraltro nella controversia oggetto della sentenza in commento, i contribuenti non hanno avuto ragione perché “l’accertamento in fatto compiuto dal Giudice di merito in ordine all'avvenuto incasso di parte di prezzo nell'anno 1996 non è stato idoneamente censurato, onde la sentenza impugnata che ha ritenuto che la relativa plusvalenza andasse imputata a quell'esercizio, appare, alla luce dei principi sopra esposti corretta ed immune da censure”.


Fonte: Agenzia Entrate

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