In materia Iva, è indebita la detrazione d’imposta relativa a fatture per omaggi, per sconti o abbuoni dovuti a merce deteriorata e per premi di fedeltà o di fine anno se non viene fornita dal contribuente la prova che legittima il suo diritto. Lo ha affermato la Cassazione, con la sentenza n. 21182 dell’8 ottobre 2014.

I fatti di causa
Con tre avvisi di rettifica relativi agli anni di imposta 1994, 1995, 1996, notificati a una società per azioni, l’ufficio recuperava a tassazione l’Iva indebitamente detratta in relazione, tra l’altro, a:
1) fatture relative ad acquisti di beni destinati a omaggi, in relazione ai quali la contribuente non aveva dimostrato l’inerenza all’attività di impresa
2) fatture o note di debito emesse a fronte di sconti o abbuoni per merce non conforme all’ordine o deteriorata
3) fatture o note di debito aventi a oggetto premi fedeltà o premi di fine anno corrisposti ai clienti.

Gli atti impositivi, impugnati dalla società, venivano annullati dalla Commissione tributaria provinciale di Lucca e poi in parte confermati dal giudice di appello, che ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado, convenendo con l’ufficio che la società non aveva fornito prove idonee a giustificare l’effettuata detrazione d’imposta.

La contribuente ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, tra l’altro:
violazione e falsa applicazione dell’articolo 19, Dpr 633/1972 e dell’articolo 2697 cc (articolo 360 cpc, comma 1, n. 3) poiché, a suo parere, la Commissione tributaria regionale avrebbe errato nel ritenere che l’Iva assolta in relazione alle fatture concernenti acquisti di beni destinati a omaggi fosse indetraibile, nonostante l’inerenza di detti acquisti all’attività di impresa fosse desumibile dalla stessa natura dei beni acquistati, in relazione al contesto in cui si inseriva l’attività della società
violazione e falsa applicazione degli articoli 2, comma 3, lettera a), 19 e 26, Dpr n. 633/1972, dell’articolo 2967 cc e dell’articolo 115 cpc (articolo 360, comma 1, n. 3), in quanto il giudice di appello aveva confermato la legittimità degli atti impositivi, nella parte in cui l’ufficio aveva qualificato come mere cessioni di denaro a titolo di liberalità o come somme corrisposte a titolo risarcitorio, come tali al di fuori del campo di applicazione dell’Iva, pagamenti che erano da considerarsi, invece, corrispettivi per servizi resi dai clienti, oppure sconti o abbuoni per merce difforme, deteriorata o invendibile, in conformità agli accordi contrattuali
insufficiente motivazione della sentenza di secondo grado (articolo 360, comma 1, n. 5 cpc), fondata sulla mancanza di prova in ordine alla pattuizione di sconti.
La Corte, respingendo i primi due motivi di ricorso e rinviando per il terzo alla Commissione regionale, ha affermato che “si tratta – com’è del tutto evidente - di rilievi mossi in ordine a detrazioni operate in relazione ad attività del tutto differenti, implicanti indagini diverse, e che avrebbero, di conseguenza, richiesto, in sede giurisdizionale, un percorso motivazionale differenziato per ciascuna di esse”.

Osservazioni
La sentenza di legittimità fornisce chiarimenti in relazione allo specifico regime Iva da adottare per:
omaggi: l’Iva assolta in relazione alle fatture concernenti acquisti di beni destinati a omaggi è indetraibile in quanto l’inerenza di detti acquisti all’attività di impresa non può essere desunta dalla “natura” (orologi, piante di agrumi, argenteria eccetera) dei beni acquistati (proprio perché tali beni possono essere elargiti a chiunque, per le ragioni più diverse), e “in relazione al contesto imprenditoriale” in cui si inseriva l’attività della contribuente, senza indicare i destinatari degli omaggi e i motivi per i quali gli acquisti di tali oggetti dovevano considerarsi inerenti all’attività imprenditoriale esercitata dalla società. E, in tema di onere della prova, nella fattispecie sottoposta al suo esame, la Corte ha ribadito (Cassazione, sentenze 3518/2006, 16730/2007, 2362/2013, 16653/2013) il principio secondo cui la prova dell’inerenza delle spese, ai fini della detrazione Iva relativa, cade a carico del contribuente
sconti o abbuoni per merce non conforme o deteriorata: l’Iva è indetraibile. Poiché le censure della società, piuttosto che alla ricognizione o all’esatta applicazione di una disposizione normativa a fatti incontrovertibilmente accertati dal giudice, o pacifici tra le parti, tendevano alla ricostruzione di alcuni profili del fatto controverso attraverso l’esame e la valutazione delle risultanze di causa precluse al giudice di legittimità, i pagamenti rimanevano cessioni di denaro a titolo di liberalità o somme corrisposte a titolo risarcitorio (di conseguenza, al di fuori del campo di applicazione dell’Iva)
premi di fine anno o di fedeltà: al riguardo la Corte ha richiamato la distinzione operata dalla propria giurisprudenza (sentenze 5006/2007, 6475/2007, 5208/2012, 13312/203 e 17021/2014) tra gli sconti o abbuoni praticati ai clienti e i premi di fine anno o di fedeltà.
A tale riguardo, è stato chiarito che l’articolo 26, comma 2, Dpr 633/72, nell’attribuire al cedente del bene o al prestatore del servizio il diritto di portare in detrazione l’Iva, registrando la corrispondente variazione d’imposta quando l’operazione commerciale per la quale sia stata emessa fattura veda ridotto il suo ammontare in conseguenza di abbuoni o sconti commerciali contrattualmente previsti, pone due condizioni: che venga praticato dal contribuente uno sconto sul prezzo di vendita; che la riduzione del corrispettivo al cliente sia frutto di un accordo, sia esso documentale, verbale e anche successivo, non operando la norma alcuna distinzione. Con la precisazione che, invece, non può procedersi a detrazione d’imposta quando nelle riduzioni operate è ravvisabile la natura di premio di fine anno (e cioè un contributo autonomo riconosciuto indistintamente a fine esercizio al cliente al raggiungimento di un determinato fatturato o comunque per incentivarlo a futuri acquisti) piuttosto che di sconto (e cioè una componente che incide direttamente sul prezzo della merce compravenduta o del servizio scambiato, riducendone l’ammontare dovuto per le singole operazioni compiute).
Il giudice del rinvio, in relazione agli sconti o abbuoni, dovrà verificare la sussistenza dei presupposti per la detrazione; per i premi fedeltà o di fine anno, invece, dovrà escludere completamente l’esercizio del diritto di detrazione.


Fonte: Agenzia Entrate

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