La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 30 TFUE e 110 TFUE. La domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia pendente tra un’ impresa con sede in Belgio specializzata nella produzione di concimi agricoli e l’agenzia del governo fiammingo responsabile della pianificazione e della gestione degli spazi pubblici nella regione fiamminga.
Nell’ambito della sua attività, tale impresa importa letame proveniente da altri Paesi, che trasforma in ammendanti e concimi organici, che vengono successivamente esportati verso altri Stati membri dell’UE.
L’impresa, sulla base di quanto previsto dalla normativa interna, vale  a dire l’articolo 21, par. 5, del decreto sui concimi, è stata assoggettata ad un prelievo.
In seguito a detta imposizione, la questione è stata affrontata in sede di contenzioso e l’autorità giurisdizionale adita ha sollevato, dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea, alcune questioni pregiudiziali.
Con una prima questione, si chiede in sostanza se l’articolo 30 TFUE e 110 TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostano a un dazio, quale quello di cui al citato articolo 21 del decreto sui concimi, che è applicabile soltanto alle importazioni nella regione fiamminga di eccedenze di effluenti di allevamenti e di altri concimi, che è dovuto dall’importatore, mentre invece la tassa sulle eccedenze di concimi prodotti all’interno del territorio fiammingo è dovuta dal produttore e che è calcolato secondo una aliquota uniforme, mentre il dazio di base cui sono soggetti gli effluenti di allevamento prodotti nel territorio fiammingo è calcolato in base ad una aliquota che varia in funzione del processo produttivo.
Inoltre, si chiede se il fatto che lo Stato membro di origine dei prodotti importati considerati preveda una riduzione dell’imposizione in caso di esportazione verso altri Stati membri possa incidere sull’interpretazione da dare agli articoli 30 e 110 TFUE.

Le valutazioni della Corte Ue
Le disposizioni comunitarie relative alle tasse di effetto equivalente e quelle relative alle imposizioni interne discriminatorie non sono applicabili cumulativamente, così che la stessa misura non può appartenere contemporaneamente a queste due categorie.
La Corte Ue è stata pertanto chiamata ad esaminare, in primo luogo, se il prelievo di cui all’articolo 21, par. 5 del decreto sui concimi possa essere qualificato come tassa di effetto equivalente a dazi doganali all’importazione ai sensi dell’articolo 30 del TFUE. Se così non fosse, si dovrà verificare se tale prelievo costituisca una imposizione interna discriminatoria vietata dall’articolo 110 del TFUE.
In ordine alla qualificazione del dazio controverso come tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale, va rilevato che la giustificazione del divieto di dazi doganali e di qualunque tassa di effetto equivalente va ricercata nella circostanza che gli oneri pecuniari riscossi in seguito al passaggio delle frontiere costituiscono un ostacolo alla circolazione delle merci.
Al riguardo, consolidata giurisprudenza comunitaria ritiene che qualsiasi onere pecuniario, imposto unilateralmente, che colpisca le merci per il fatto stesso che esse attraversano una frontiera, costituisce una tassa di effetto equivalente, ai sensi dell’articolo 28 e 30 del TFUE.
Inoltre, una tassa imposta all’atto del superamento di un confine all’interno di uno Stato membro costituisce una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale.
Da quanto risulta dagli elementi a disposizione della Corte Ue, il dazio in parola concerne gli importatori di eccedenze di effluenti di allevamento.
Il dazio previsto dall’articolo 21, par. 5, del decreto sui concimi colpisce i concimi che non hanno una origine fiamminga vista la loro importazione nella regione fiamminga, cosicchè il prelievo è riscosso su tali concimi a causa del passaggio della frontiera di tale regione e tale passaggio va considerato come il fatto generatore del dazio.
Ciò posto, la Corte UE perviene alla conclusione che il dazio di cui all’articolo 21, par. 5, del decreto sui concimi costituisce una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale ed in quanto tale  risulta vietata dall’articolo 30 del TFUE.
Ciò comporta che lo stesso non sia assimilabile alle imposizioni interne generali.
Al riguardo, si rileva che ciò che distingue una tassa di effetto equivalente da una imposizione interna generale sta nel fatto che la prima colpisce esclusivamente il prodotto che varca la frontiera in quanto tale, mentre la seconda colpisce sia prodotti importati, sia quelli esportati e nazionali.
Per far parte di un sistema generale di imposizioni interne, l’onere fiscale deve colpire il prodotto nazionale e l’identico prodotto esportato con la stessa imposta allo stesso stadio commerciale e il fatto generatore dell’imposta deve essere identico per entrambi i prodotti.
Il dazio previsto all’articolo 21, par. 5 del decreto sui concimi colpisce i prodotti in quanto tali, che varcano la frontiera della regione fiamminga.
Occorre a tal punto verificare se, qualora lo Stato membro di origine dei concimi applichi una riduzione delle tasse in caso di esportazione verso altri Stati membri, un dazio all’importazione potrebbe sfuggire alla qualificazione di tassa equivalente a un dazio doganale, in considerazione della necessità di mantenere il controllo delle scorte fiamminghe di concime e di tutelare la produzione interna contro misure esterne idonee a falsare la concorrenza e a pregiudicare ulteriormente l’ambiente nelle Fiandre.
La Corte Ue ha già a tal proposito precisato che i dazi doganali e le tasse ad effetto equivalente a tali dazi sono vietati a prescindere da altre valutazioni relative allo scopo per il quale sono stati istituiti, come pure sulla destinazione dei proventi che ne derivano.

Le conclusioni della Corte dell’Ue
La Corte Ue perviene alla conclusione che l’articolo 30 TFUE osta a un dazio, come quello di cui all’articolo 21, paragrafo 5 del decreto sui concimi, applicabile soltanto alle importazioni nella regione fiamminga di eccedenze di effluenti di allevamento e di altri concimi, che è dovuto dall’importatore, mentre la tassa sulle eccedenze di concimi prodotti all’interno del territorio fiammingo è dovuta dal produttore, e che è calcolato secondo modalità diverse da quelle che disciplinano il calcolo di tale ultima tassa.
Al riguardo, è irrilevante che lo Stato membro dal quale le eccedenze di effluenti sono importate nella regione fiamminga applichi una riduzione della tassazione in caso di esportazione di tali eccedenze verso altri Stati membri.
                                                                                           

Data della sentenza
2 ottobre 2014
Numero della causa
Causa C-254/13

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