L’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi e dell’Iva è stato disciplinato dal Dpr n. 322/1998, il cui articolo 3, al secondo comma, ne dispone la trasmissione all’Amministrazione finanziaria anche in via telematica, direttamente o tramite gli incaricati indicati al successivo terzo comma, i quali, ai sensi dell’ancora successivo sesto comma, debbono rilasciare al contribuente o al sostituto di imposta ricevuta di presentazione della dichiarazione nonché copia della dichiarazione contenente l’impegno a trasmettere in via telematica all’Amministrazione finanziaria i dati in essa contenuti.

A sua volta, il decimo comma dell’articolo 3 stabilisce che la prova della presentazione della dichiarazione è data dalla ricevuta della banca, dell’ufficio postale o di uno dei predetti soggetti, o dalla ricevuta di invio della raccomandata di cui al quinto comma ovvero dalla comunicazione dell’Amministrazione finanziaria attestante l’avvenuto ricevimento della dichiarazione presentata direttamente in via telematica, la quale ricevuta non viene inviata se la dichiarazione viene scartata dal servizio telematico per la presenza di “errori bloccanti”. In tale ipotesi, la circolare dell’Agenzia delle Entrate 23 aprile 2002, n. 35/E (a integrazione della precedente circolare del ministero delle Finanze n.195 del 1999), illustrò come la tempestività della dichiarazione si verifichi “qualora, dopo avere effettuato i dovuti controlli e la rimozione di eventuali errori, venga ritrasmessa entro i 5 giorni successivi dal ricevimento della comunicazione dell'Agenzia delle Entrate che ne motiva lo scarto”.

La pronuncia dei giudici di legittimità in commento (sentenza 21 maggio 2014, n. 11156) ritiene che la cennata ricevuta di spedizione in via telematica a opera dell’intermediario, non soltanto dimostra l’avvenuta consegna da parte del contribuente, ma è necessaria per verificare la tempestività di tale consegna “al fine di assicurare il controllo sul regolare adempimento degli obblighi di presentazione della dichiarazione, pur sempre sul contribuente gravanti”.
A tal proposito, la Corte di cassazione, nella sentenza 30 maggio 2012, n. 8630, aveva rilevato che l’assegnazione dei compiti svolti dall’intermediario autorizzato nei confronti del fisco non vale a escludere la natura privatistica del rapporto tra l’intermediatore e il contribuente, in quanto detti incaricati adempiono gli obblighi dei soggetti tenuti alla presentazione della dichiarazione, in nome e per conto di questi, “in seno ad un rapporto che, sebbene dotato di rilevanza esterna, rimane interno, confinato entro il perimetro dell'incarico conferito”.

La giurisprudenza penale della Suprema corte si è interessata al tema della modalità di presentazione della dichiarazione con la decisione 8 maggio 2012, n. 16958, statuendo che l’affidamento a un commercialista del mandato a trasmettere per via telematica la dichiarazione dei redditi alla competente Agenzia delle Entrate - ai sensi dell’articolo 3, comma 8, del Dpr n. 322/1988, come modificato dal Dpr n. 435/2001 - non esonera il soggetto obbligato alla dichiarazione dei redditi a vigilare affinché tale mandato sia puntualmente adempiuto.

La questione oggetto dell’intervento della Corte regolatrice del diritto concerne la contraddittorietà della sentenza del giudice d’appello, il quale dopo avere accertato, in fatto, che la dichiarazione dei redditi risultava essere stata “scartata per data non conforme”, “successivamente, asserisce che la stessa dichiarazione dei redditi era risultata regolare in quanto priva di errori bloccanti, cosicché il contribuente non aveva avuto alcuna segnalazione di errori”.
Pertanto, la pronuncia in commento ritiene elemento fondamentale l’avvenuta comunicazione di scarto come già affermato – in tema di comunicazione dell’avvenuta ricezione della dichiarazione – dalla giurisprudenza della Corte regolatrice del diritto nella pronuncia 4 dicembre 2013, n. 27202, per la quale il contribuente, che si sia avvalso di un intermediario autorizzato per la presentazione della dichiarazione dei redditi, può provare di aver tempestivamente provveduto a detta presentazione unicamente producendo la ricevuta che, ai sensi del comma 6 dell’articolo 3, gli deve essere rilasciata dall’intermediario medesimo. In tale occasione, fu evidenziato che nessuna efficacia probatoria può, viceversa, essere attribuita, al possesso di una copia della dichiarazione contenente l’impegno alla trasmissione telematica della stessa, anche perché nell’appena successiva sentenza 11 dicembre 2013, n. 27712, si statuì che la procedura di presentazione della dichiarazione in via telematica, prevista dall’articolo 3 del Dpr 22 luglio 1998, n. 322, comporta che la dichiarazione e la sua presentazione costituiscano - diversamente dal sistema cartaceo (per il quale vi è una dichiarazione distinta dalla prova del suo invio o della sua presentazione all’ufficio) - un unico, complesso atto, che viene a esistenza giuridica soltanto con l’invio da parte del contribuente.

In buona sostanza, nella decisione della Corte di legittimità in commento viene ribadito quanto delineato nella citata sentenza 11 dicembre 2013, n. 27712, per la quale il contribuente non può addurre dati diversi desunti da una propria dichiarazione cartacea (salvo il caso di errore da lui compiuto nel formare e inviare la dichiarazione, eventualmente emendabile secondo le regole generali), attesa la irrilevanza di quest’ultima, poiché non costituente copia della dichiarazione presentata all’ufficio, in quanto l’elaborazione telematica attribuisce certezza (superabile solo con rigorosa prova contraria attinente al sistema informatico di trasmissione dei dati) della conformità del file (contenente la dichiarazione) giunto all’Amministrazione finanziaria a quello inviato dal contribuente.

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