Il processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza o da un altro organo di controllo fiscale, che sia allegato a un atto impositivo o il cui contenuto sia trascritto nella motivazione dello stesso, ha la valenza probatoria dell’atto pubblico che il giudice di merito è tenuto a valutare, dandone adeguato conto nella motivazione della sentenza.
Questo in sintesi il contenuto dell’ordinanza n. 15191, emessa il 3 luglio 2014 dalla Corte di cassazione.

Il fatto
La controversia è stata promossa da una società cooperativa avverso l’atto di diniego relativo a un rimborso di Iva del 2005.
Il ricorso proposto dalla società è stato accolto in entrambi i gradi di giudizio.

L’Agenzia delle Entrate ha impugnato la decisione di secondo grado dinanzi ai giudici della Corte suprema, affidando il ricorso a tre motivi.
Con la prima causa di doglianza, l’ufficio ha denunciato la violazione dell’articolo 2699 del codice civile, nel punto in cui i giudici della Commissione tributaria regionale avevano escluso il valore probatorio delle risultanze del processo verbale di constatazione allegato all’atto di diniego.
Con il secondo motivo di ricorso, l’Amministrazione ha lamentato che i giudici dell’appello avevano posto a fondamento della loro decisione l’estraneità della cooperativa alla mancata dichiarazione dei redditi da parte di un’impresa fornitrice.
Con la terza e ultima motivazione, l’Agenzia ha assunto la violazione degli articoli 19 e 30 del Dpr 633/1972, dato che la Commissione di merito aveva riconosciuto il diritto al rimborso dell’Iva, pur in presenza di contestazioni relative a operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti.

Esaminato il ricorso, la Corte suprema ha accolto le ragioni del Fisco, decidendo per la cassazione con rinvio della sentenza impugnata.

La decisione
In merito al primo punto di doglianza, i giudici di legittimità hanno confermato il valore probatorio delle risultanze contenute nel processo verbale di constatazione allegato all’atto di diniego del rimborso Iva, erroneamente escluso dalla Ctr.
A sostegno del principio, i giudici hanno ribadito quanto enunciato con la sentenza 4306/2010, emessa in tema di violazione Iva oggetto di accertamento nell’ambito dell’attività di polizia tributaria.
In quella sede, è stato chiarito che le risultanze delle indagini e dei controlli – ad esempio, dichiarazioni rilasciate da terzi, controlli nei confronti di altre società, atti trasmessi dalla Guardia di finanza o verbali contenenti intercettazioni telefoniche disposte in sede penale – “se contenuti negli atti (come il processo verbale di constatazione) allegati all’avviso di rettifica notificato o trascritti essenzialmente nella motivazione dello stesso, costituiscono parte integrante del materiale indiziario e probatorio”.
In tale ambito, il giudice tributario di merito è tenuto a valutare il valore probatorio della documentazione, dandone adeguata motivazione nella sentenza.

Per consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, il processo verbale di constatazione, redatto dalla Guardia di finanza o da altro organo di controllo fiscale, gode della medesima efficacia dell’atto pubblico.
A tal riguardo, ai sensi dell’articolo 2700 del codice civile, l’atto è assistito da “fede privilegiata” in merito alla provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, alle dichiarazioni delle parti e agli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti e, “per contestare tali fatti, è pertanto necessaria la proposizione della querela di falso”.

La Corte ha ritenuto altresì fondato il motivo di doglianza proposto dall’Agenzia delle Entrate in merito alla violazione – da parte dei giudici di merito – delle norme che regolano il diritto alla detrazione dell’Iva e il rimborso dell’eccedenza.
È principio oramai consolidato che i diritti alla detrazione dell’Iva e al rimborso della relativa eccedenza, disciplinati rispettivamente dagli articoli 19 e 30 del Dpr 633/1972, sono condizionati alla regolarità delle scritture contabili, con particolare riguardo alla conformità della fattura, in quanto documento idoneo a rappresentare un costo dell’impresa.
Fatto salvo tale principio, in caso di contestazione di indebita detrazione dell’Iva riferita a operazioni oggettivamente o soggettivamente inesistenti, spetta in primis all’Amministrazione finanziaria, che adduce la falsità del documento, provare che l’operazione commerciale in realtà non è mai stata posta in essere. La prova può essere fornita “anche attraverso elementi presuntivi che il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente”.
Soltanto nel caso in cui il giudice adito ritenga tali elementi dotati dei caratteri di “gravità, precisione e concordanza consentirà al contribuente, che ne diviene onerato, di provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate (v. Sent. n. 17977 del 24/07/2013)”.

Nel caso di specie, i militari verificatori avevano rilevato una serie di indizi gravi, precisi e concordanti tali da ritenere le operazioni commerciali – alle quali si riferiva il rimborso dell’Iva – inesistenti, ossia: la mancanza di subappaltatori, nonché l’assenza di strutture, di beni strumentali e di contabilità della società appaltatrice. Elementi che, tuttavia, non erano stati valutati dai giudici di merito, i quali – al contrario – si erano limitati a riconoscere il diritto al rimborso dell’imposta a favore della cooperativa, senza dare adeguata motivazione sulla legittimità e fondatezza dell’atto di diniego.


Fonte: Agenzia Entrate

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