L’impiego di una locuzione generica come “verbale di chiusura delle operazioni”, contenuta nel comma 7 dell’articolo 12 dello Statuto del contribuente, comprende tutte le possibili tipologie di verbali che concludono accessi, ispezioni e verifiche, indipendentemente dal loro contenuto.
Ciò al fine di garantire l’esercizio del diritto al contraddittorio anche a seguito di un verbale meramente istruttorio, pur in assenza di un successivo Pvc.
Questo è quanto stabilito dalla Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 15010 del 2 luglio 2014.


Il fatto
Le Commissioni tributarie locali avevano rigettato un ricorso volto all’annullamento dell’avviso di accertamento, per mancato rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni, previsto dal comma 7 dell’articolo 12, legge 212/2000.
La contribuente lamentava, in particolare, l’emissione dell’atto impositivo senza previa redazione del processo verbale di constatazione, dalla cui stesura inizia a decorrere appunto il termine dilatatorio, ispirato a chiare finalità partecipative.
Pertanto, ha presentato ricorso per cassazione.

La norma di riferimento
È opportuno ricordare che il comma 7 dell’articolo 12 dello Statuto del contribuente - oggetto di plurimi interventi giurisprudenziali, anche molto recenti - recita: “nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.

La pronuncia di legittimità
I giudici - nel rigettare il ricorso di parte contribuente - scorgono nella norma in commento una volontà legislativa volta all’ampliamento e al potenziamento del diritto al contraddittorio nella fase istruttoria degli uffici.
Di conseguenza, non rileva la denominazione formale dei verbali redatti dai verificatori e il termine dilatorio di sessanta giorni deve essere rispettato anche qualora il verbale sia meramente descrittivo delle operazioni di verifica e non titolato propriamente Pvc.

La locuzione “processo verbale di chiusura delle operazioni” ha una finalità spiccatamente descrittiva, che rinvia alla circostanza che il verbale concluda di fatto la fase d’indagine preliminare.
Un’interpretazione di tal fatta, secondo i giudici, “è coerente con l’evoluzione del sistema tributario verso moduli partecipativi, in cui le situazioni soggettive dell’Erario possono esaurirsi nell’esercizio imparziale di un potere ad imperatività mitigata, che si arresta all’acquisizione delle informazioni utilizzabili ed al mero controllo dell’osservanza degli obblighi strumentali dei contribuenti. Riconoscere l’esercizio del diritto al contraddittorio anche a seguito di un verbale meramente istruttorio che chiuda le operazioni di accesso, ispezione, verifica significa determinare le condizioni affinché l’Amministrazione possa valutare il proprio interesse non soltanto alla luce degli elementi raccolti, ma anche in base alle osservazioni su di essi rese dal contribuente (…) pur in assenza di un successivo processo verbale di constatazione”.

Osservazioni conclusive
L’ordinanza in commento si inserisce a pieno titolo nel solco di quella giurisprudenza, specie di merito (cfr le conformi della Ctp La Spezia 210/2007, Ctr Lazio 197/2007, Ctp Genova 15/2006, Ctp Trento 83/2008 e Ctp Milano 126/2010), volta ad ampliare l’ambito di operatività dell’articolo 12, comma 7, anche ai casi in cui l’atto presupposto, seppure redatto in contraddittorio, non sia un processo verbale di constatazione, ma un diverso atto endoprocedimentale, conclusivo, comunque, di un contraddittorio amministrativo espletato nell’ambito di una verifica tributaria.

A parere di chi scrive, la soluzione non potrebbe essere diversa, considerato che, dove l’ambito applicativo della norma de qua fosse esclusivamente limitato al Pvc, sorgerebbero seri dubbi di legittimità costituzionale in relazione agli articoli 3, 24 e 97 della Costituzione.
Riconoscere alcuni diritti e facoltà al contribuente, in primis il rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni, esclusivamente in base alla tipologia di atto conclusivo della verifica, produrrebbe una disparità di trattamento notevole, a seconda che l’atto prodromico sia un Pvc o un atto diverso.
In verità, sia il Pvc sia il diverso atto endoprocedimentale conclusivo della verifica sono soggetti ai medesimi requisiti di forma e contenuto previsti, in generale, dalla legge 241/1990 sul procedimento amministrativo (ad esempio: forma scritta, motivazione, indicazione degli elementi essenziali) e, pertanto, una loro differenziazione funzionale, si rivelerebbe lesiva del principio di uguaglianza e causativa di un’irragionevole disparità di trattamento tra contribuenti che vengano a trovarsi in situazioni di controllo analoghe e potenzialmente idonee a generare il medesimo atto impositivo.


Fonte: Agenzia Entrate

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