La pronuncia pregiudiziale è stata resa dai giudici sovranazionali nell’ambito di una controversia insorta tra una società olandese e l’Amministrazione fiscale del medesimo Paese in merito alla questione se l’emissione e la vendita delle carte di sconto siano esenti dall’imposta sul valore aggiunto oppure siano assoggettabili alla stessa.

La società protagonista del contenzioso comunitario
La società ricorrente è una società di diritto olandese che fino al 7 giugno 2004, ha emesso e venduto carte di sconto. Queste carte, che erano vendute ai consumatori, conferivano loro, in cambio, il diritto all’acquisizione o alla prestazione di un certo numero di beni e di servizi a condizioni preferenziali presso commercianti e imprese (affiliati), come ristoranti, cinema, alberghi o saune, che avevano precedentemente concluso un contratto a tal fine con la società olandese.
Dal contratto concluso, le imprese affiliate avevano l’obiettivo di attirare clienti perché comprassero i loro beni e servizi. Le imprese affiliate s’impegnavano ad accettare le carte in corso di validità che venivano loro presentate e a fornire i beni e/o servizi, fino al massimo indicato su quest’ultima. Ogni carta di sconto dava diritto al suo titolare ad una riduzione di prezzo sulle ordinazioni fatte presso le imprese affiliate il cui nome figurava sulla carta di cui trattasi. La riduzione era di varia natura e veniva concessa sulle offerte indicate a seconda di quanto convenuto tra l’impresa affiliata interessata e la società emittente.
In molti casi i titolari della carta di sconto potevano anche ottenere, a titolo di altri vantaggi, due unità del bene o del servizio proposto al prezzo di uno. Le carte non erano personali, erano trasferibili, ma non potevano essere scambiate con denaro o prodotti.
Nel 2005 l’Amministrazione finanziaria olandese ha effettuato una verifica della contabilità della società emittente, ritenendo che la vendita delle carte di sconto da parte di tale impresa costituisse un’operazione soggetta ad Iva. A seguito della verifica, il fisco olandese emetteva avviso di rettifica accertando maggiori imposte da pagare.

Il ricorso di primo grado e in appello
La società destinataria dell’avviso, ricorreva in primo grado, contro l’avviso delle autorità tributarie ritenendo che la vendita delle predette carte fosse esente da Iva. Nella prima fase contenziosa, il giudice respinge il ricorso, argomentando che le carte di sconto non rientravano nelle nozioni di “altri titoli” o di “altri effetti commerciali” a norma della sesta direttiva.
Avverso la decisione del giudice di primo grado, il contribuente proponeva ricorso in appello. Il giudice di secondo grado, apre uno spiraglio alla possibilità che le carte di sconto possano rientrare tra i titoli di pagamenti che siano esenti dall’imposta Iva. Tale giudice ritiene possibile un’interpretazione più ampia delle nozioni di “altri titoli” e di “altri effetti commerciali” di quella adottata dal giudice di primo grado e per tali ragioni decide di sospendere il processo e di sottoporre alla Corte le questioni pregiudiziali.

Le questioni pregiudiziali
Le questioni affrontate dai giudici europei, riguardano le disposizione della sesta direttiva. Agli eurogiudici viene chiesto se con le espressioni “altri titoli” e “altri effetti commerciali”, di cui all’articolo 13, parte B, parte iniziale e lettera d), punti 3 e 5 della sesta direttiva debbano essere interpretate nel senso che esse comprendono una carta trasferibile che viene utilizzata per il pagamento per beni e servizi.
Nel caso in cui, le carte di sconto, appaiano nella categoria di “altri titoli” o “altri effetti commerciali”, se la loro emissione in commercio e la loro vendita sia esente dall’imposta Iva.

Sulle questioni pregiudiziali
La sesta direttiva all’articolo 13, parte B, lettera d), nei punti 3 e 5 definisce le operazioni che sono esentate dall’imposta. L’attenzione viene posta sulle operazioni identificate con i termini altri titoli e altri effetti commerciali. Si deve determinare se siffatte carte di sconto rientrino nella nozione di “altri titoli” o di “altri effetti commerciali”, che figurano, rispettivamente, nei punti 5 e 3 della predetta direttiva europea.
Si deve in primo luogo considerare che l’utilizzo di una carta di sconto, non può costituire un pagamento, ai fini della sesta direttiva, essendo, di fatto, una riduzione di prezzo; in secondo luogo, che i ribassi di prezzo concessi dalle imprese affiliate non sono compresi nella base imponibile delle eventuali operazioni effettuate tra queste ultime e i titolari di una carta. In terzo luogo, le questioni sollevate hanno lo scopo di determinare, se l’operazione di vendita delle carte ai consumatori, indipendentemente da altre operazioni potenzialmente effettuate dai medesimi consumatori nei confronti di imprese affiliate debba essere o meno esente da IVA.
Occorre preliminarmente ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, i termini con i quali sono state designate le esenzioni previste dall’articolo 13 della sesta direttiva costituiscono nozioni autonome del diritto dell’Unione, che mirano ad evitare divergenze nell’applicazione del sistema dell’IVA da uno Stato membro all’altro, e che detti termini devono essere interpretati restrittivamente, dato che tali esenzioni costituiscono deroghe al principio generale secondo cui l’IVA è riscossa per ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo.
Per quanto concerne la lettera della disposizione che prevede l’esenzione di cui trattasi, si deve ricordare che gli Stati membri, in forza dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 5, della sesta direttiva, esentano in particolare le operazioni riguardanti azioni, quote parti di società o associazioni, obbligazioni e altri titoli. Resta fermo il fatto che con il termine “altri titoli” contemplati da detta disposizione vanno comunque considerati “titoli” che hanno la stessa natura dei titoli specificamente menzionati nella medesima disposizione.
Un consumatore che acquista una carta di sconto, non acquista né un diritto di proprietà della società emittente né un diritto di credito su tale impresa né, peraltro, un qualsivoglia diritto che presenti un nesso con detti diritti. In considerazione di ciò, la vendita ai consumatori di una siffatta carta non costituisce, data la sua natura, un’operazione finanziaria, in quanto conferisce al suo titolare  solo il diritto ad ottenere una riduzione sui prezzi dei prodotti e dei servizi offerti dalle imprese affiliate.
In virtù di quanto sopra descritto, le carte di sconto come quelle di cui trattasi nel procedimento principale non rientrano nella nozione di “altri titoli” ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 5, di tale direttiva.
In merito alla seconda pregiudiziale, la sesta direttiva al punto 3, dell’articolo 13, parte B, lettera d), esonera ai fini Iva le operazioni relative “ai depositi di fondi, ai conti correnti, ai pagamenti, ai giroconti, ai crediti, agli assegni e ad altri effetti commerciali”.
Le carte di sconto, conferiscano il diritto a riduzioni di prezzo, ma non costituiscono di per sé uno strumento di pagamento ai fini di detta direttiva. La loro modalità di funzionamento, non implica alcun trasferimento di denaro, contrariamente ai pagamenti, ai giroconti e agli assegni. Per queste ragioni, le carte di sconto menzionate non rientrano nella nozione di “altri effetti commerciali”.
In merito alle questioni pregiudiziali sollevate, la sesta direttiva per la parte che fissa le operazioni che gli stati membri devono esonerare dall’Iva, deve essere interpretata nel senso che la vendita di una carta di sconto, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, non costituisce un’operazione riguardante “altri titoli” o “altri effetti commerciali”.

La decisione della Corte
I giudici della Corte di giustizia europea, alla luce di quanto stabilito dalla sesta direttiva, all’articolo 13, parte B, lettera d), in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, confermano che la vendita di una carta di sconto, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, non costituisce un’operazione riguardante “altri titoli” o “altri effetti commerciali”, ai sensi, rispettivamente, dei punti 5 e 3 della medesima disposizione, che contempla determinate operazioni che gli Stati membri devono esonerare dall’imposta sul valore aggiunto.


Fonte: Agenzia Entrate

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