Con l’ordinanza 8699 del 14 aprile, la Cassazione, accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate e confermando un orientamento che può dirsi consolidato, ha ribadito che la completa e puntuale compilazione della scheda carburante (necessaria per ciascun veicolo utilizzato nell’esercizio dell’impresa), nonché la sua sottoscrizione da parte dell’addetto alla distribuzione rappresentano condizioni imprescindibili per la deducibilità del costo di acquisto del carburante per autotrazione e per la detraibilità della relativa Iva, non essendo ammessi adempimenti alternativi: ciò a prescindere dalla contabilizzazione dell’operazione nelle scritture dell’impresa.

La vicenda processuale
Una società impugnava un avviso di accertamento a fini Ires, Iva e Irap relativo al 2005, con il quale venivano recuperati a tassazione costi per l’acquisto di carburante in quanto ritenuti privi del requisito dell’inerenza; i primi due gradi di giudizio si chiudevano con opposte statuizioni: a fronte del rigetto del ricorso da parte della Ctp, la Ctr accoglieva l’appello, annullando l’atto impositivo.

Di qui, il ricorso per cassazione, con cui l’Agenzia delle Entrate denunciava, tra l’altro, la violazione degli articoli 109 del Dpr 917/1986, 1 del Dpr 444/1997 e 21 del Dpr 633/1972, per avere la Ctr ritenuto non essenziali le prescrizioni formali previste ai fini della procedura di netting, il particolare sistema di vendita di carburante che si articola in un rapporto trilaterale tra titolare del veicolo, gestore dell’impianto di distribuzione e compagnia petrolifera (cfr circolare 205/1998 e risoluzione 106/996). In base a tale meccanismo, è possibile sostituire la scheda carburante con una speciale procedura di fatturazione posta in essere con l’utilizzo di un’apposita carta di credito e sulla base di specifici contratti di somministrazione. In questi casi, gli utilizzatori dei veicoli della società devono compilare, mensilmente, un documento, numerato e datato, nel quale devono essere indicati il numero di targa del veicolo e i chilometri percorsi.

Tale eccezione ha fatto breccia nei giudici di legittimità, che hanno richiamato un orientamento consolidato (non a caso la pronuncia è stata resa in forma di ordinanza), secondo cui “la possibilità di detrarre dall'imposta dovuta quella assolta per l'acquisto di carburanti destinati ad alimentare i mezzi impiegati per l'esercizio dell'impresa è subordinata al fatto che le cosiddette “schede carburanti", che l'addetto alla distribuzione è tenuto a rilasciare, siano complete in ogni loro parte e debitamente sottoscritte, senza che l'adempimento a tal fine disposto ammetta equipollente alcuno e indipendentemente dall'avvenuta contabilizzazione dell'operazione nelle scritture dell'impresa”(cfr Cassazione, sentenze 26539/2008 e 21941/2007).

In merito alla procedura di netting, i giudici hanno precisato che la stessa non esonera il contribuente (sul quale del resto ricade l’onere probatorio in virtù del consolidato principio – desumibile dall’articolo 2697 del codice civile – secondo cui, in materia tributaria e con riguardo alla determinazione dei reddito d’impresa, l’onere della prova circa l’esistenza dei fatti che danno luogo a oneri e costi deducibili, ivi compreso il requisito dell’inerenza, incombe sul contribuente che li invoca) dal comprovare l’inerenza dell’acquisto di carburante all’attività di impresa.
Di conseguenza, laddove la fatturazione (nel caso di specie, il documento che l’utilizzatore del veicolo è tenuto a compilare mensilmente) sia priva degli elementi che consentono di riferire specificamente e univocamente l’acquisto di carburante ai singoli mezzi strumentali all’attività di impresa, va esclusa la possibilità di dedurre il costo.
La Commissione tributaria regionale non si è attenuta a tali principi laddove ha operato una valutazione “forfettaria” dell’inerenza in base al numero considerevole di autoveicoli e della quantità di carburante utilizzato.
Di qui, l’accoglimento del ricorso dell’Agenzia delle Entrate con rinvio della controversia, anche per la quantificazione delle spese, ad altra sezione della Ctr.

Ulteriori osservazioni
Nella gestione contabile delle imprese di trasporto, le spese per carburanti sono di solito documentate in parte con schede carburante e in parte con fatture di netting, relative a contratti stipulati direttamente con società petrolifere.

Per quanto riguarda la disciplina delle schede carburante, il Dpr 444/1997 prevede che gli acquisiti effettuati presso gli impianti stradali di distribuzione debbano risultare da apposite annotazioni in una scheda, da istituirsi per ciascun veicolo utilizzato nell’esercizio dell’impresa. Il documento deve contenere, oltre agli estremi di individuazione del veicolo, la ditta, la denominazione o ragione sociale, ovvero il cognome e il nome, il domicilio fiscale e il numero di partita Iva del soggetto d’imposta che acquista il carburante. In occasione di ogni rifornimento l’addetto alla distribuzione, con firma di convalida, deve certificare la data del rifornimento, l’ammontare del corrispettivo (al lordo dell’imposta sul valore aggiunto), nonché, anche a mezzo di apposito timbro, la denominazione o la ragione sociale dell’esercente l’impianto di distribuzione, ovvero il cognome e il nome se persona fisica e l’ubicazione dell’impianto stesso. Inoltre, prima della registrazione nell’apposito registro Iva acquisiti, deve essere annotato sulla scheda il numero dei chilometri, rilevabile, alla fine del mese o trimestre, dall’apposito dispositivo esistente nel veicolo.
Si tratta di disposizioni dirette a facilitare l’accertamento del consumo del veicolo in rapporto ai chilometri percorsi, ispirate, come sottolineato anche dalla circolare 205/1998, da motivi di cautela fiscale, al fine di rendere possibile un’attività di controllo su una voce di costo (quella del carburante) che si presta a facili abusi.

La necessità dell’indicazione della targa sulla scheda carburante, ai fini della deduzione del costo nella determinazione delle imposte sul reddito, è stata sostenuta anche dalla Cassazione con la sentenza 21769/2005, secondo cui, anche se il numero di targa non è espressamente richiesto dalla normativa, non c’è dubbio che esso debba ritenersi prescritto obbligatoriamente, costituendo il principale elemento di individuazione del veicolo. In caso contrario, verrebbe a mancare ogni garanzia circa l’identità del veicolo effettivamente rifornito e l’effettiva riferibilità del relativo costo all’attività d’impresa.

La predetta circolare 205/1998, nel legittimare la prassi del netting, ha previsto la possibilità di sostituire la scheda carburante con una particolare procedura di fatturazione posta in essere con l’utilizzo di un’apposita carta di credito e sulla base di determinati contratti di somministrazione. Con tale sistema, in sostanza, l’attività di rifornimento si scinde in due operazioni distinte:
il gestore dell’impianto di distribuzione emette nei confronti della società petrolifera fattura per le somministrazioni di carburante effettuate alle società beneficiarie dei rifornimenti
la società petrolifera, a sua volta, emette fattura nei confronti della società che usufruisce della somministrazione sulla base delle informazioni automatizzate dei prelievi effettuati con l’utilizzo di carte magnetiche.

In altri termini, le aziende di trasporto stipulano un contratto direttamente con le società petrolifere (aderendo a un sistema di tessere magnetiche) che, a loro volta, provvedono al rifornimento per il tramite dei gestori degli impianti con i quali stipulano un altro contratto di somministrazione.

Il netting rappresenta una deroga legittima al divieto di fatturazione di cui all’articolo 1 del Dpr 444/1997 che, secondo l’interpretazione fornita con la richiamata circolare 205, è previsto a carico esclusivo dei gestori di impianti di distribuzione di carburante, non delle società petrolifere.
Gli utilizzatori dei veicoli della società, similmente a quanto avviene con il sistema delle schede carburante, devono compilare, mensilmente, un documento, numerato e datato, nel quale devono essere indicati anche i chilometri percorsi: anche tale disciplina serve a facilitare l’accertamento del consumo del veicolo in rapporto ai chilometri percorsi.

Laddove, perciò, le fatture riepilogative dei rifornimenti eseguiti con l’utilizzo di carte magnetiche non riportino il chilometraggio del mezzo rifornito, oppure, quando l’indicazione dei chilometri fornisca un quadro inattendibile, l’ufficio ne potrà disconoscere il relativo costo, come del resto avvenuto nella vicenda di cui sopra.
Spetterà quindi al contribuente fornire la prova contraria in base al consolidato principio per cui “in tema di accertamento delle imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione dei reddito d'impresa, l'onere della prova circa l'esistenza dei fatti che danno luogo ad oneri e costi deducibili, ivi compreso il requisito dell'inerenza, incombe al contribuente che invoca la deducibilità” (cfr ex plurimis Cassazione, sentenze 26539/2008 e 12330/2001).
Né può ritenersi sufficiente una prova generica o di tipo presuntivo (quale quella avallata dalla sentenza della Ctr cassata dall’ordinanza in commento) in un ambito (quello del carburante per autotrazione) in cui le prescrizioni formali hanno, per così dire, valenza sostanziale, rappresentando un requisito imprescindibile per la deducibilità del costo.


Fonte: Agenzia Entrate

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