La cessione, entro i cinque anni, dell’immobile acquistato con l’agevolazione “prima casa” al coniuge, in fase di giudizio di separazione consensuale, determina la decadenza dai benefici stessi, laddove il coniuge cedente non proceda all’acquisto di un altro, entro l’anno successivo.
In questi termini si è espressa la sezione tributaria della Cassazione nella pronuncia n. 2263 del 3 febbraio 2014, che, nel cassare la sentenza di appello, ha accolto le ragioni dell’Amministrazione finanziaria.

Le ipotesi di decadenza dai benefici fiscali connessi all’acquisto della prima casa - materia sempre di stretta attualità - ha alimentato, nel corso degli anni, un notevole contenzioso, stante le difficoltà applicative e i dubbi interpretativi concernenti la struttura normativa di riferimento, che, di seguito, ricordiamo brevemente.

La normativa di riferimento
L’attuale nota II-bis) dell’articolo 1 della tariffa, parte I, allegata al Dpr 131/1986 (Tur) prevede l’applicazione agevolata dell’imposta di registro con aliquota del 2% (con un minimo di 1.000 euro), nonché le imposte ipocatastali in misura fissa pari a 50 euro ciascuna, agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione “non di lusso” e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse, a condizione che:
l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l’acquirente svolge la propria attività
nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare
nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni in parola.
Detti requisiti soggettivi e oggettivi devono ricorrere congiuntamente per l’applicazione delle aliquote agevolate previste ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale.
La norma non prevede, invece, che l’immobile acquistato venga di fatto destinato ad abitazione da parte dell’acquirente, il quale potrebbe, ad esempio, anche locare a terzi l’immobile stesso. Nell’ipotesi in cui l’acquirente sia un cittadino italiano emigrato all’estero, l’immobile deve essere acquistato come “prima casa” nel territorio italiano. In tal caso, non è richiesta l’ubicazione in un determinato comune.

Il comma 4, dell’articolo 1, della citata nota, dispone, poi, che, nelle ipotesi di trasferimento (a titolo oneroso o gratuito) degli immobili acquistati con i benefici in parola prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, le imposte in trattazione sono dovute nella misura ordinaria, mentre l’ultimo periodo del comma prevede che “Le predette disposizioni non si applicano nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con i benefici di cui al presente articolo, proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale”.
Ne consegue che, nel caso di immobili acquistati con i benefici prima casa e rivenduti prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, l’Amministrazione finanziaria procede al recupero della differenza fra l’imposta calcolata in assenza di agevolazioni e quella risultante dall’applicazione dell’aliquota agevolata.

Come detto, la revoca dell’agevolazione non ha luogo, invece, nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con i benefici prima casa, acquisti un altro immobile da adibire a propria abitazione principale.

I fatti di causa
L’Amministrazione finanziaria ricorre in Cassazione avverso la sentenza dei giudici tributari di appello che, nel confermare la decisione della Ctp, hanno annullato l’avviso di liquidazione per il recupero delle ordinarie imposte di registro, ipotecaria e catastale emesso nei confronti di un contribuente che aveva trasferito alla moglie e alla figlia l’immobile acquistato coi benefici “prima casa”, entro il quinquennio, senza provvedere ad acquistarne un altro entro l’anno successivo.
In particolare, secondo i giudici d’appello, il trasferimento della casa familiare, avvenuto a seguito di separazione consensuale, trovava il suo titolo nel relativo provvedimento di omologazione, che costituiva pur sempre un provvedimento decisionale.

Nel ricorso, l’Amministrazione deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1, nota II-bis), comma 4, del Tur e dell’articolo 711 cpc (secondo cui, la separazione consensuale acquista efficacia con l’omologazione del tribunale), laddove la Ctr non aveva considerato che la cessione della casa attuata in sede di separazione consensuale comportava, pur sempre, il trasferimento del diritto reale sul bene e che il titolo di detto trasferimento era costituito dall’accordo assunto volontariamente dai coniugi, e non già dal provvedimento di omologazione del tribunale.

La sentenza della Cassazione
Per la Corte suprema il ricorso è fondato, atteso che, secondo un pacifico orientamento giurisprudenziale, “…le convenzioni concluse dai coniugi in sede di separazione personale, contenenti attribuzioni patrimoniali da parte dell’uno nei confronti dell’altro relative a beni mobili o immobili, non sono né legate alla presenza di un corrispettivo né costituiscono propriamente donazioni, ma rispondono, di norma, al peculiare spirito di sistemazione dei rapporti in occasione dell’evento di ‘separazione consensuale’,…in funzione della complessiva sistemazione ‘solutorio-compensativa’ di tutta la serie di possibili rapporti aventi significati patrimoniali maturati nel corso della convivenza matrimoniale” (Cassazione, sentenze 5741/2004 e 5473/2006).

In sostanza, per la Cassazione, il regolamento concordato fra i coniugi, pur acquistando efficacia giuridica solo in seguito al provvedimento di omologazione - finalizzato a controllare che i patti intervenuti siano conformi ai superiori interessi della famiglia - trova la sua fonte nell’accordo delle parti. Ne consegue che, “…il trasferimento di un bene attuato mediante la fattispecie complessa cui dà vita il procedimento di cui all’art. 711 cpc costituisce, comunque, un trasferimento riconducibile alla volontà del cedente”.


Fonte: Agenzia Entrate

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