Le intese di separazione e di divorzio sono esenti dall'imposta di bollo, di registro e da qualunque altra tassa solo se espressione di una soluzione concordata del conflitto tra i coniugi, senza l'intervento di soggetti terzi.
Questo, in sintesi, il principio di diritto stabilito dalla Cassazione, con la pronuncia n. 860, del 17 gennaio 2014.

I fatti
La Ctp di Genova e la Ctr della Liguria concordavano su un annullamento di un avviso di liquidazione, con cui l'ufficio disconosceva l'esenzione di cui all'articolo 19, legge 74/1987, in relazione all'atto di costituzione di usufrutto vitalizio stipulato in esecuzione di accordi raggiunti in sede di separazione personale tra i coniugi.
In particolare, il diritto reale limitato veniva costituito in favore di una donna da una società in accomandita semplice, il cui rappresentante legale era il coniuge della signora.
In considerazione del fatto che il trasferimento del diritto di usufrutto trovava causa nella separazione coniugale, le Commissioni osservavano che l'esenzione era dovuta.

Il ricorso dell'Agenzia
L'ufficio ricorreva per cassazione, eccependo che:
l'atto non era stato concluso direttamente tra i coniugi, ma per mezzo di una società
lo stesso atto non riguardava lo scioglimento della comunione, bensì la rinegoziazione dell'assetto dominicale di un precedente acquisto
i coniugi non avevano provato la diretta riferibilità dello stesso allo scioglimento dei rapporti patrimoniali tra essi intercorrenti.
La pronuncia di legittimità
La Cassazione ritiene fondate le doglianze dell'ufficio, sottolineando la ratio della disposizione, che è quella di garantire l'adempimento delle obbligazioni che i coniugi separati assumono per modificare l'assetto patrimoniale della ex famiglia.
Pertanto, ad avviso dei giudici, “tale agevolazione va riconosciuta in relazione a tutti gli atti e le convenzioni posti in essere al fine di regolare, sotto il controllo del giudice, i rapporti patrimoniali tra i coniugi conseguenti allo scioglimento del matrimonio o alla separazione personale, compresi gli accordi che contengono il riconoscimento o attuino il trasferimento della proprietà di beni mobili ed immobili all'uno o all'altro coniuge, o a favore dei figli” (cfr Cassazione n. 11458/2005).

La speciale normativa fiscale sugli atti esecutivi di tali accordi – questa la puntualizzazione della Cassazione - impone, però, che i soggetti che li pongono in essere siano necessariamente gli stessi coniugi che li hanno conclusi e non anche terzi soggetti.
“Depone in tal senso sia il tenore letterale della norma, che – nel riferirsi a patti assunti in sede di procedimenti di separazione o divorzio – non può che riguardare le prestazioni esecutive rese da un coniuge nei confronti dell'altro; sia la logica dell'agevolazione, che mira a promuovere una soluzione idonea a garantire un nuovo equilibrio, anche economico, per i coniugi di talchè l'inclusione di atti di diversa natura si presterebbe facilmente ad intenti elusivi ...; sia il principio di stretta interpretazione che ispira l'esegesi delle disposizioni tributarie agevolative”.

Osservazioni
Il legislatore fiscale ha – nella materia in esame – interpretato la realtà sociale che, introdotto il principio dell’eguaglianza fra i coniugi e caduto quello dell'indissolubilità del matrimonio, attrae nella sfera del diritto privato la materia familiare, cancellandone quella colorazione pubblicistica di interessi superiori (e indisponibili perfino per i diretti interessati) e dando rilevanza agli interessi personali dei coniugi e dei figli.
Il concedere una specifica esenzione tributaria a queste intese, anche quando comportano trasferimenti immobiliari, è, infatti, chiaro sintomo della considerazione loro accordata di atti socialmente utili di rilievo familiare.
La circolare ministeriale n. 49/2000 afferma che la registrazione degli atti esecutivi di obblighi assunti in sede di separazione/divorzio, deve essere esentata (ex articolo 19 della legge 74/1987), purché ne sia manifestata la causa, connessa funzionalmente alla composizione economica della crisi coniugale.

Nell’ambito degli accordi di separazione grande importanza è attribuita proprio al concetto di negoziabilità-autonomia dei rapporti coniugali, in ossequio al menzionato obiettivo di riconoscere alla famiglia una vocazione “privatistica”, mentre il momento “pubblicistico” si recupera a posteriori mediante il controllo giudiziale sugli accordi e sui negozi che li sostanziano.
L'indisponibilità degli status familiari e l'inderogabilità dei connessi diritti di stampo personalissimo giustificano l'impossibilità della partecipazione di terzi alla conclusione di tali patti.


Fonte: Agenzia Entrate

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